54 - commenti dei lettori - maggio 2002


Ho letto con passione Q ed ora, dopo essere tornato in Italia, dopo 8 anni passati in  Germania, sto appassionandomi a 54. Di entrambi i libri, da storico, apprezzo sia l'impianto teorico sia l'interpretazione e l'esplicazione della situazione geopolitica in cui si svolgono le vicende descritte...
Delle guerre contadine, della controriforma e della guerra dei trent'anni, in germania, non esistono che le statue decapitate dei santi e della Madonna, in Hessen... Lutero ha vinto ed il suo progetto di fondare una chiesa nazionale. Nazionale nel senso romantico del termine, cultural-etnico-linguistica. La differenza non e' ideologica o religiosa, e' quella tradizionale e brutale tra "membro della tribu'" ed altro.
SI parla di ecumenismo e di difesa della Leitkultur, in Germania ed anche la sinistra ufficiale, eccezion fatta per il Pds dell'Est, tollera e si ingrassa  in un sistema basato sul censo e,sopratutto, sullo sfruttamento degli stranieri. 6 milioni di lavoratori stranieri, schiavi, andavano reintegrati, dopo la fine della guerra, dopo che gli schiavi del lager tornarono a casa... e 6 milioni di stranieri-schiavi la Germania ha avuto, con l'Italia che preferi' mandar via braccia piuttosto che avere una rivoluzione proletaria.... Hanno voluto la guerra,i Tedeschi, come sempre..., contro la Serbia, hanno finanziato la secessione di Croazia e Slovenia, foraggiano l'irredentismo degli albanesi....La politica balcanica e' quella di sempre...durante la guerra arruolavano ustascia ed albanesi,
massacravano e bruciavano..finita la guerra, le menti e le braccia della politica germanica -consolidata in almeno 40 anni- sono stati riutilizzati, riciclati, usati nella guerra contro i "rossi". Servivano menti e "professionalità" contro il comunismo e si voleva una forte Germania. Hanno coperto, insabbiato, depistato e c'era la Chiesa, gli Americani ed il centrosinistra italiano... i vecchi criminali.. I mostri di Jugoslavia, Grecia, Cefalonia, Russia hanno lavorato e fatto carriera, alcuni sono andati persino ad addestrare soldati contro i comunisti nei paesi "amici" del terzo mondo..... L'Alto Adige non ritorno' all'AUstria, servivano posti
sicuri per gli ex camerati da riciclare in sudamerica... De Gasperi e la Cia, la Chiesa e gli Americani, i tedeschi e la Nato...., i vecchi nazi in viaggio verso il sudamerica... I vecchi camerati della Edelweiss fondarono la Svp, si creo'* un sistema razzista e di apartheid nel Sudtirolo..., la sinistra ando' al governo con la Svp..... Dopo Trieste, forse, dopo 54, bisognerebbe parlare anche di questo....
Buon lavoro, L.D.

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Sono un "ragazzo" di quasi trentuno anni, nato e vissuto in Calabria fino a diciotto anni e da allora vivo a Bologna. Per caso ho iniziato ad appassionarmi alla vostra bibliografia iniziando a leggere Q. Il vostro modo di scrivere o meglio di raccontare le storie è molto interessante. Penso che la ricerca della verità o presunta verità o meglio ancora la ricerca di una versione alternativa a ciò che ci propinano i libri di storia sia  una delle cose più belle che oggi ci resta. Lo scoprire che esiste una versione alternativa forse mi da qualche speranza per il futuro. Ideologicamente non so come mi posso identificare o definire. Nelle mie prime legislature ho votato a destra principalmente perché i miei zii sono dei comunisti cronici e hanno cerca di impormi la loro fede ed io per spirito di ribellione ho fatto il contrario vedendo nelle imposizioni qualcosa di inconcepibile. Sicuramente di fascista non ho proprio nulla anzi al contrario sono  contro ogni forma di sopruso e d'intolleranza verso gli altri. Sono del parere che ognuno è libero di fare ciò che meglio crede, l'importante che non invada gli spazi altrui. Credo proprio che alle prossime elezioni voterò scheda bianca visto che sia la desta attuale che la sinistra non fanno altro che fare i loro porci comodi infischiandosene della povera gente. Ritengo inoltre che il non votare sarebbe uno smacco nei confronti di tutte quelle persone che hanno lottato e perso la vita per farci ottenere il diritto di voto. Ora tralasciando questa tediosa parentesi vorrei permettermi di darvi un piccolo suggerimento su una possibile storia da narrare. Qualche anno fa nel Meridione circolava un piccolo giornale, forse un poco anacronistico ma secondo me molto efficace. Questo piccolo settimanale composto esclusivamente da quattro pagine era di natura filo Borbonica. Il Direttore del giornale non faceva altro che auspicare il ritorno dei Borboni e del Regno delle Due Sicilie. Non considerando questo aspetto sicuramente ridicolo ed improponibile, considererei alcuni articoli veramente significativi. I vincitori scrivono la storia e questo è quello che è successo al Sud. Al momento dell'Unità di Italia il Regno delle Due Sicilie era uno degli stati più ricchi d'Europa, quando sono arrivati i piemontesi a liberare il Meridione cosa hanno fatto, hanno smantellato tutte le industrie siderurgiche presenti, hanno smantellato tutte le ferrovie (infatti la prima ferrovia Europea è stata la Napoli-Pozzuoli), portandosi tutto al Nord ed hanno oppresso la popolazione. I primi Briganti responsabili di aver dato origine alla Mafia non erano altro che dei partigiani che hanno lottato contro l'invasione dei piemontesi. Garibaldi l'eroe dei due mondi in Calabria è stato preso a calci in culo, proprio per il suo, non proprio ortodosso, modo di comportarsi con la popolazione autoctona. Il grande Eroe non ha esitato ad abbandonare la sua amata Anita nelle paludi ferraresi perché ammalata gli intralciava la fuga. I Borboni pur essendo dei Monarchi non esitavano a compiere alcuni atti apprezzabili. Quando ci fu il terremoto nel Salento non esitarono a tassarsi personalmente per favorirne la ricostruzione. Questi sono soltanto pochi esempi documentati nei vari archivi dei comuni calabresi che nei libri di storia non sono stati riportati. Oltre a tutto ciò quante asce di guerra ci sono nascoste nella famosa QUESTIONE MERIDIONALE, quante cazzate abbiamo sentito in televisione o letto sui giornali?  Sto leggendo Asce di guerra, anch'io ho un grosso rimpianto quello di aver perso mio nonno all'età di dieci anni, non riuscendo a chiedergli molte cose che forse mi avrebbero illuminato, avendo lui fatto la guerra d'Africa con i fascisti anche se di fascista non aveva nulla essendo stato una delle persone più buone e caritatevoli che io abbia mai conosciuto, incapace di fare male ad una mosca. Penso che la ricerca della Verità è l'unica cosa che ci rimane a prescindere dai colori visto che gli scheletri nell'armadio li abbiamo tutti. Ringraziandovi per il tempo dedicatomi vi porgo i miei cordiali saluti.

F.P., 29/04/2002

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Carissimi Wu Ming,
vi scrivo innanzitutto x complimentarmi x il vostro ultimo libro, 54. Permettetemi di definirlo geniale negli intrecci inaspettati di alcuni protagonisti, ed utile ad offrire uno spaccato di storia di una Italia e di un periodo dimenticato (e, forse, mai conosciuto) dai più.
Grazie a questo romanzo, come dei link di una pagina sul web, meglio di un qualsiasi libro che pretende di insegnarci la storia, ho riscoperto ed ho successivamente approfondito il periodo post-bellico, la Trieste divisa in una zona A ed una zona B, il movimento irredentista, il maccartismo, il caso Montesi, le misure introdotte dal ministro Scelba . . .
Nel leggere la varie interviste che avete concesso x la promozione del libro, ricordo che vi siete ispirati ad un modello di scrittori americani, mi sembra, se la memoria non mi tradisce, che avete consigliato la lettura di Don DeLillo e James Ellroy.
Visto che, recentemente, sono interessato alla storia contemporanea, in particolare a quella del secondo novecento, ho subito acquistato "American Tabloid" e "Sei pezzi da Mille" di Ellroy e "Underworld" di DeLillo, confidandovi che di qust'ultimo ne ho iniziato la lettura subito dopo aver terminato di leggere il vostro romanzo (è implicito che vi sarei grato se mi consigliaste ulteriori libri, che si svolgono nel periodo storico di cui sono interessato).
Nel congedarmi permettetemi un'ultima osservazione su 54: la ripetizione del n. 15 è solo un caso della cabala oppure sottende un significato, una metafora che non sono riuscito a cogliere?
- 15 è il numero della roulette che esce ripetutamente, facendo vincere a Kociss una somma considerevole;
- 15 sono i Kg di cocaina che Steve Cemento cerca di piazzare, per ritirarsi in pensione in Sudafrica;
- 15 è il numero ritenuto sfortunato (come il nostro 17) dai francesi;
- 15 (o meglio in questo caso XV) è lo stile mancante, tra Luigi XIV e Luigi XVI, di cui Betsy si interroga sulla sua eventuale esistenza.
Concludendo, per ricollegarmi ai possibili intrecci che il futuro può riservarci, in "Underworld" di DeLillo, cho ho iniziato di leggere da pochi giorni, 15 è il numero dei ragazzi di strada che, non potendo permettersi il biglietto di ingresso alla finale della partita di baseball, cercano di forzare l'ingresso con una sortita collettiva, al grido di "Geronimo" . . .

L.B. 04/05/2002

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54: ovvero come mai le cose sono andate proprio così e non diversamente.
Appena finito di leggerlo mi sono detto: come loro non ce n'è; dicono le cose e la pensano come me, con lo stesso modo di vedere, di affrontare la Storia e i suoi problemi.
Poi sono arrivate le domande, anche a seguito delle recensioni dei lettori che ho appena letto.
Quando ci si misura con la Storia si entra in una specie di gabbia di ferro:
i fatti, i personaggi, le date sono quelle e non è possibile cambiarle, a meno di fare tutt'altra operazione, sul tipo di "Contropassato prossimo" di Guido Morselli. Durante la lettura vengono in mente parecchi "e se", che sono poi la genesi di tutte le storie:  se Tito avesse scelto il campo occidentale avremo poi avuto le guerre nell'ex-Jugoslavia? E se la Jugoslavia fosse passata nel campo occidentale, quanto sarebbe cambiata e, soprattutto, quanto sarebbero cambiati i rapporti di forza fra i due blocchi? Oppure: l'eventuale cambio di fronte avrebbe rappresentato il casus belli per una nuova guerra europea e mondiale?
Ci hanno sempre insegnato - forse sbagliando - che con la Storia non si gioca, per cui, agli "e se" iniziali a un certo punto bisogna opporre un jolly - altrimenti la Storia non farebbe il suo corso - in questo caso l'incontro di Pierre con suo padre (ma il Capponi, a proposito di rimandi, arriva mica da: "voi suonerete le vostre trombe e noi suoneremo le nostre campane?", quello era solo Pier).
Il punto è un po' questo: in realtà 54 non è uno, ma due romanzi, in cui McGuffin fa da virus latente nella prima parte, per diventare manifesto e primo mobile nella seconda. Ma il punto è che - così come congegnata - la storia raccontata rischia di essere un divertissement, mentre la seconda parte, tutta incentrata sull'eroina, non è poi uno spunto così originale, dato che i vari Bondurant in diversi libri di Ellroy fanno la stessa cosa;
per cui sottendere che eroina e spionaggio sono le pure essenze del potere economico e politico non rappresenta una grande scoperta.
E qui veniamo a un altro punto, che tocca credo le linee di fondo di Wu Ming: quello di impostare un racconto con l'intento pedagogico di dimostrare, o di mostrare l'essenza della realtà. E' il limite di Q - per tutti gli altri versi splendido - e non lo è per Asce di guerra dove, non a caso, l'operazione è un'altra, ovvero quello di recuperare una storia non detta, sotterranea, ma soprattutto vera.
Quando si ha a che fare con personaggi reali la differenza si sente, c'è più facilità di introspezione - data dalla conoscenza diretta - e soprattutto viene data una chiave di lettura, che è quella dei sentimenti di tanta parte degli italiani (così si spera), oltre che a uno spiraglio su una storia che davvero è entrata a far parte della Storia. Soprattutto viene detta la verità, senza infingimenti o artifici. Per inciso, non è importante che la vicenda di Vitaliano Ravagli sia davvero avvenuta; è importante il modo in cui questa è stata presentata, che la fa amare e rende la storia appassionante, che offre un punto di vista, uno spiraglio.
In 54 le storie di Pierre e di Steve Cemento sono il nucleo passionale del romanzo, che infatti assume una nuova veste dal momento del loro incontro: bisognava coronare l'intreccio e i vari fili finiscono in una sparatoria dietro Mentone, che ormai niente hanno più a che fare con la Storia; è solo un thriller e non siamo più nel campo della meta-Storia o del meta-romanzo.
Per arrivare a questo, c'era bisogno di tirare in ballo Tito e Cary Grant? O forse si sono messe incongruamente insieme due diverse linee che non si sono bene incontrate: quella di Q (che tende a dimostrare, a descrivere) e quella di Asce di Guerra (che tende solo a raccontare)?

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.

Saluti e complimenti, in Italia comunque come voi non ce n'è e nel mondo chissà... non ne conosco, traduzioni dal coreano o dal cinese non ne sono ancora arrivate.

G.S. 15/05

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Ho appena finito di leggere 54 e mi è venuta voglia di ringraziarvi, non per il libro che l'ho pagato prima di leggerlo come ho fatto con Q asce di guerra e havana glam ma per aver descritto in modo così inequivocabile e preciso un tratto della gente
romagnola: il desiderio di migliorarsi e di farlo fin dalla giovane età scegliendo una visione e seguendola per sempre.
Mio padre veniva da lì. Nato in provincia di Forlì nel '38 e cresciuto a Piacenza e morto a Roma nel '95. Era così e vi ringrazio di nuovo per avermi fornito materiale per questa intuizione così importante per me perchè anch'io sono così.
Un altro ringraziamento perchè asce di guerra si è rivelato un regalo graditissimo per il nuovo compagno di mia madre che è del '23 ed è stato comandante partigiano in piemonte oltre ad essere un uomo difficile al quale fare regali.

L.P. 20/05

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Vi ho "scoperti" leggendo il vostro grande romanzo Q vi firmavate Luther Blissett, veramente un gran libro,appassionante, intelligente,pregnante,storicamente corretto, è stata una rivelazione.
Sembrava impossibile nell'attuale società individualistico-borghese mettere in parallelo più cervelli e creare un'opera con una valenza stilistica e strutturale cosi compatta.Complimenti.
Ho letto di recente 54 e ASCE DI GUERRA, siete aumentati come numero e vi firmate Wuming, sono due romanzi molto belli ben costruiti, forse però in 54 c'è troppa "trippa", Asce di guerra è per certi versi entusiasmante e duro allo stesso tempo, forse troppo "Ellroyano", ma comunque rimane un libro da gustare.
Avete inventato un modo nuovo di fare letteratura e spero che il vostro esempio sia seguito da altri non solo in campo letterario ma in tanti altri settori, soprattutto in politica, il popolo di sinistra ha bisogno di cervelli che lavorino in parallelo.
Al prossimo libro e comunque giova ricordare quanto diceva  Brecht a proposito del comunismo che può valere per qualsiasi forma d'arte: "Il comunismo è la semplicità che è difficile a farsi".
Fraterni saluti e buon lavoro.
GMP 21/05


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