Un convoglio di esuli istriani dileggiato dai ferrovieri «rossi». Un episodio ambientato nel 1947, ma che non ha riscontro in nessuna fonte dell’epoca e ha preso la sua attuale forma soltanto nel XXI secolo.
di Nicoletta Bourbaki *
di Nicoletta Bourbaki *
Dopo decenni di assenza è tornato in libreria il romanzo di William Morris Il sogno di John Ball (Alegre, €15, p. 135), con una nuova traduzione e una lunga prefazione, entrambe firmate da Wu Ming 4.
Torna in libreria mentre un nuovo movimento sorge nel paese e nel mondo, mosso dal rifiuto di assistere impotenti allo sterminio della popolazione palestinese nell’indifferenza – e spesso con la complicità – di troppi governi. Una nuova generazione si è mossa, riempiendo non solo le piazze, ma le città intere. Senza la “rete” di strutture pre-esistenti, o comunque eccedendo qualunque organizzazione politica già in essere.
È l’irrompere sulla scena delle mobilitazioni di massa di persone che per troppo tempo si sono sentite descrivere come alienate, social-dipendenti, apatiche ecc.
Persone che quand’erano adolescenti, durante la pandemia, vennero rinchiuse nelle loro stanze e colpevolizzate perché non si ammalavano, trattate alla stregua di “untori” egoisti e menefreghisti, e i cui corpi vennero confinati e mortificati.
Giovani che oggi hanno vent’anni o poco più e che riscoprono quei corpi e la forza che dà essere fisicamente insieme in un numero incalcolabile, con un sentimento condiviso.
Ogni vera lotta ha questa componente fisica, sensuale, perfino erotica. Ben venga. Prosegui la lettura ›
Milano, 22 settembre, lo spezzone di chi lavora coi libri.
Da ieri è evidente, anzi, eclatante, e oggi viene scritto in lungo e in largo: non si tratta più di “mobilitazioni”, ma di un movimento.
Si era subodorato con le immagini di Genova alla partenza della Freedom Sumud Flotilla, e Connessioni Precarie aveva parlato di «un movimento già nato, che pure non c’era mai stato». Il nostro «Bloquons tout» – che, rispetto a quello francese del 10 settembre, si è più concentrato sul genocidio palestinese e sul rifiuto della guerra – lo ha confermato oltre ogni dubbio: c’è un movimento.
Anzi, «un mondo», titola Il manifesto, alludendo alla pluralità che si è espressa in piazza. Con sorpresa e clamore, ma – non dimentichiamolo – dopo aver seminato per due anni.
Un’ecologia, diremmo noi, seguendo l’indicazione di Rodrigo Nunes. Prosegui la lettura ›
La Vergine col Bambino, dal dittico di Melun di Jean Fouquet (circa 1450) riprende l’iconografia della Madonna del Latte, che ha un posto centrale nella trama – e nel villaggio – di Mensaleri.
È arrivato il giorno, l’approdo di Mensaleri sugli scaffali delle librerie. Se non ce lo trovate, chiedete. Così magari lo tirano fuori dallo scatolone dei nuovi arrivi. E se invece una libreria in legno e mattoni è troppo distante da dove abitate, allora visitatene una online. Come Bookdealer, che mette in Rete i rivenditori indipendenti.
Dopo le anticipazioni sulla copertina e sul primo capitolo, l’ultima riguarda le citazioni in esergo, che sono tre.
La prima è tratta da un Dialogo sui massimi sistemi socialista e repubblicano. Compariva a puntate, senza firma, sul settimanale Lotta di classe, «organo centrale del Partito socialista dei Lavoratori italiani». In questo caso si tratta del capitolo dedicato al cottimo, pubblicato sul numero 15, anno III, del 14-15 aprile 1894.
Voi borghesi, quando cercate il vostro vantaggio, siete chiaroveggenti e sinceri; quando cercate il vantaggio comune, v’illudete e mentite.
«Quelli che trascurano di rileggere si condannano a leggere sempre la stessa storia.»
Roland Barthes
Se nel corso degli anni gli estimatori destrorsi di Tolkien non hanno mai perso occasione di rinfacciare a quelli sinistrorsi un certo quale “abusivismo”, finanche accusandoli di appropriazione indebita, è pur vero che noi altri non ci siamo mai fatti mancare un certo bisogno di autogiustificazione per apprezzare un narratore reazionario come Tolkien. Ne è un buon esempio l’articolo uscito recentemente sulla rivista Dissent, intitolato «Tolkien against the grain» e tradotto e pubblicato in Italia da Internazionale (n. 1631, 12/09/2025) col titolo «Tolkien controcorrente».
L’articolo è firmato da Gerry Canavan, allievo di Fredric Jameson (1934-2024) e professore d’inglese alla Marquette University di Milwakee. Non un’università qualunque per gli studiosi di Tolkien, ma quella che custodisce il “reliquiario”, cioè i manoscritti originali dello Hobbit e del Signore degli Anelli, e dove l’opera di Tolkien viene studiata regolarmente. Lo stesso Canavan nell’articolo fa sapere che, avvalendosi di quel materiale di prim’ordine, tiene un corso su Tolkien ogni due anni. E come lui anche il professor Robert T. Tally jr., altro allievo di Jameson, il quale
«scava nel testo alla ricerca di una serie d’indizi che suggeriscono che il declino degli elfi non è poi così tragico, o che, in fondo, la ragione sta dalla parte degli orchi. Nei rari momenti in cui vediamo gli orchi senza filtri, esprimono anche loro il desiderio di mettere fine alla guerra, manifestando disprezzo per il signore oscuro Sauron che li comanda e per i suoi orrendi Nazgûl, gli spettri dell’anello».
In effetti l’irrisolto problema degli orchi è uno di quelli più interessanti della costruzione di mondo tolkieniana, che impegnò l’autore fino alla fine dei suoi giorni.
Tuttavia, secondo Canavan il vero aggancio per un critico jamesoniano – cioè per un marxista dialettico – non consiste tanto, o comunque non soltanto, nell’esaltare determinati aspetti dell’opera tolkieniana a discapito di altri, cioè nel giocare l’ecologia, l’antimilitarismo, l’eroe proletario Sam, contro il razzismo, l’idealismo e il legittimismo monarchico che convivono in quelle pagine. Il vero spunto per un’analisi critica “di sinistra” consisterebbe nella storicizzazione e relativizzazione delle fonti interne al mondo secondario inventato da Tolkien. Prosegui la lettura ›
L’ingresso del villaggio Leumann di Collegno (TO), uno dei luoghi che hanno ispirato Mensaleri.
Manca ormai solo una settimana all’uscita di Mensaleri, il nuovo romanzo scritto da Wu Ming 2.
Chi ha dato un’occhiata alla quarta di copertina, sa che la vicenda si svolge a Mensaleri, il villaggio operaio costruito accanto alla cartiera Mensa, sul fiume Leri, nei primi anni dell’Italia unita. Lo stabilimento, dopo diversi passaggi di mano, chiude i battenti nel 1993, nonostante le lotte e i presidi.
Ma a tramutare lo sconcerto in speranza, si presenta un imprenditore di grido, bisnipote del mitico Fondatore. La sua proposta è un irresistibile progetto di rigenerazione del sito industriale: un museo, un centro congressi, un laboratorio di ricerca sul riciclo della carta, le sedi di quattro grandi marchi di moda, un nuovo quartiere. E uno spettacolo teatrale, affidato alla regista Toni Pohlmann, scritto e recitato dalla gente del paese, per celebrarne la prima età dell’oro, all’alba della seconda.
La storia è raccontata da tre diverse voci che si alternano. Prosegui la lettura ›
[Il racconto che segue, scritto da Wu Ming 1, è alla base della suite Canti divergenti, che sarà eseguita per la prima volta stasera a Bologna, Serre dei Giardini Margherita. Il pianista Fabrizio Puglisi e il chitarrista Domenico Caliri hanno composto la musica, una suite per duo jazzistico e ensemble orchestrale. Quest’ultimo altri non è che il FontanaMIX Ensemble diretto da Francesco La Licata.
La serata inizierà alle 20 ed è parte delle celebrazioni del centenario della nascita di Luciano Berio (1925 – 2025). Il programma di sala include anche Chemins II dello stesso Berio e una composizione di Fabio Cifariello Ciardi basata sulla trascrizione strumentale della voce di Hind Rajab, la bambina palestinese a cui è dedicato anche il recente film della regista tunisina Kaouther Ben Hania, intitolato proprio The Voice of Hind Rajab.
Mezzo appuntamento con Luciano Berio è uno spin-off del romanzo Gli uomini pesce. Buona lettura e, a chi verrà stasera, buon ascolto.]
La gondola attende, carica di organi sessuali recisi. I fiori altro non sono. L’uomo omaggia gli amori e le morti con organi riproduttivi strappati ai loro corpi, destinati ad avvizzirsi in pochi giorni o poche ore. Ci sarà forse un’altra dimensione, un altro mondo in cui la specie dominante è un vegetale evoluto che corteggia l’amata o saluta i defunti con mazzi o corone di peni o vulve di vari animali, da odorare tagliati di fresco – senti che profumo – e gettar via quando sono marciti…
Guarda un po’ che vado a pensare si dice Ilario. Forse mi sto occupando troppo di piante? Prosegui la lettura ›