Wu Ming  
Dichiarazione d'intenti (gennaio 2000)

Autocritica
alla "Dichiarazione d'intenti"
(gennaio 2003)
La nostra posizione sul copyright
addendo alla "Dichiarazione d'intenti"
in forma d'intervista, giugno 2002


Wu Ming è un laboratorio di design letterario, all'opera su diversi media e per diverse committenze.

Il marchio Wu Ming è gestito da un collettivo di agitatori della scrittura, costituitosi in impresa indipendente di "servizi narrativi". L'accezione che diamo al termine è la più vasta immaginabile, fino a coprire attività di raccordo tra letteratura e nuovi media.

Fondatori di wu-ming sono Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Luca Di Meo, Federico Guglielmi (membri del Luther Blissett Project nel quinquennio 1994-99 e autori del romanzo Q) e Riccardo Pedrini (autore di diversi saggi e del romanzo Libera Baku Ora), tuttavia i nomi anagrafici hanno scarsa  importanza, tant'è che in mandarino wu ming significa "nessun nome". In Cina, quest'espressione viene spesso usata per siglare pubblicistica dissidente. Il nome rende conto della nostra ferma intenzione di non diventare "personaggi", romanzieri pacificati da salotto o scimmie ammaestrate da premio letterario. All'opposto, nel nuovo progetto sopravvivono, opportunamente modificate, molte delle caratteristiche che hanno reso grande il Luther Blissett Project: radicalità di proposte e contenuti, slittamenti identitari, eteronimie e tattiche di comunicazione-guerriglia, il tutto applicato alla letteratura e, più in generale, finalizzato a raccontare storie (qualunque sia il linguaggio o il supporto: romanzi, sceneggiature, reportages per organi d'informazione, concepts per videogiochi o giochi da tavolo etc.) o curare/lanciare storie scritte da altri (editing, talent scouting, consulenze editoriali, traduzioni da e in diverse lingue etc.)

Come nei mesi che seguirono l'uscita di Q, la nostra linea di condotta sarà: "essere presenti, ma non apparire : trasparenza di fronte ai lettori, opacità verso i media". Tale comportamento è molto diverso dal non-concedersi di Thomas Pynchon o di J.D. Salinger: Wu Ming si "sporca le mani" con le attività promozionali (interviste, presentazioni pubbliche di libri etc.), a condizione che ciò non degeneri nel tedioso culto del "personaggio" (servizi fotografici, comparsate in TV, gossip etc.). A ogni richiesta di posare per riprese o fotografie, Wu Ming opporrà un cortese  rifiuto e chiederà invece la messa in onda o pubblicazione del proprio logo ufficiale, composto dai due relativi ideogrammi.

La scelta di un nome cinese è dovuta anche alla convinzione che il futuro della comunità umana dipenda in larga misura da ciò che succederà e sta succedendo sul versante del Pacifico. Nessuna coscienza ecologico-sociale,  nessuna critica pratica degli squilibri esistenti tra sovrappopolazione, controllo delle risorse e razzia capitalistica può oggi prescindere dalla creazione di ponti culturali con l'Estremo Oriente, e in particolare con la Cina continentale: è là che si gioca quasi tutto, tanto in termini di catastrofe globale (umana, ambientale...) quanto in termini di ricerca di alternative ;è là che va spostandosi l'immaginario del pianeta.

L'approccio di Wu Ming alla produzione culturale implica l'irrisione continua d'ogni pregiudizio idealistico e romantico sul genio, l'ispirazione individuale e altra merda del genere. Wu Ming  persegue la messa in crisi della logica del copyright. Non crediamo alla proprietà privata delle idee. Come già per Luther Blissett, i prodotti firmati Wu Ming - su supporto cartaceo, magneto-ottico e quant'altro - saranno  liberi da copyright, di volta in volta con le specificazioni e limitazioni che wu-ming riterrà necessarie. Per quanto riguarda collaborazioni ufficiali tra Wu Ming e altri soggetti individuali o collettivi, la questione verrà negoziata caso per caso. Il fatto che sia un'impresa di lavoro mentale - il più tipico attore del capitale post-fordista - a voler superare i miti, riti e detriti della proprietà intellettuale è un fecondo paradosso, che porta il conflitto nel cuore stesso del mercato, oltre la prassi di un soggetto informale quale il Luther Blissett Project. Se si vuole rintracciare un'affinità, Wu Ming intende porsi sullo stesso terreno dei programmatori e imprenditori che lavorano sull'open source software o "software libero".

N.B. wu-ming rinuncia a qualsivoglia forma di royalties e proventi sulle versioni delle proprie opere in lingua castigliana edite nella Repubblica di Cuba. Questo vuole essere un modesto contributo al rilancio delle attivita' editoriali e culturali sull'isola, attivita' messe a dura prova dal perdurare del criminale embargo economico deciso e imposto dagli Stati Uniti.

Wu Ming è una impresa politica autonoma. "IMPRESA", perché è la forma di cui i brainworkers di tutto il mondo - non ci piace la parola "artisti" -   devono riappropriarsi direttamente, dal basso ma con l'ambizione di assaltare il cielo, contro e oltre il parassitismo delle grandi corporations e dei dinosauri statali in andropausa. Non si tratta semplicemente di essere free-lance , ma di acquisire più forza e stabilire un sempre maggiore controllo sui processi produttivi e gli esiti del nostro lavoro creativo.  "AUTONOMA" poiché, per iniziative e progetti che dovessero trascendere  la scrittura e l'editoria, Wu Ming non praticherà alcun sentiero "assistenziale". Nessuna questua di fondi pubblici, la scommessa è interamente sull'auto-valorizzazione del lavoro mentale e sulla nostra capacità imprenditoriale. Non subordinazione alla burocrazia municipale,  regionale, statale o europea, bensì rapporto paritario tra Wu Ming e le  imprese con cui interagisce. "POLITICA" perché è scomparsa da tempo la figura dell'intellettuale separato dall'insieme della produzione sociale (e quindi della politica, che non ha alcuna autonomia). Oggi l'informazione è la più importante forza produttiva; quella che un tempo era l'"industria culturale" è in connessione dinamica con l'intera galassia delle merci e dei servizi. Non esiste più nulla che non sia "multimediale" (parola che suona già vecchia perché pleonastica), né ha più senso l'arcaica distinzione tra saperi tecnici e saperi umanistici. Che status può mai rivendicare per sé uno "scrittore", quando raccontare storie è solo uno dei tanti aspetti del  lavoro mentale, di una grande cooperazione sociale che integra programmazione di software, design, musica, giornalismo, intelligence, servizi sociali, politiche del corpo etc. etc.? Di conseguenza, non esiste più l'"impegno" come scelta o ipotesi praticabile o meno da parte di "coloro che creano": il lavoro mentale, in  tutti i suoi aspetti, è completamente dentro le reti dell'impresa, ne è anzi la principale forza ri/produttiva. Chi crea non può in alcun modo astrarsi, evitare di intervenire. Scrivere è già produzione, narrare è già politica. C'è chi lo capisce, poi c'è la legione dei reazionari, consapevoli o meno.

Che tipo di storie interessano a Wu Ming?
Innanzitutto, storie che abbiano un capo, un intreccio e una coda. Lo sperimentalismo è accettabile solo ed esclusivamente se aiuta a raccontare meglio. Se invece non è che il proverbiale dito dietro cui si nascondono mediocri o pessimi narratori, per quel che ci riguarda possono ficcarselo nel culo.  Quelle che ci interessano sono storie di conflitti, intessute sui telai dell'epos e della mitopoiesi, storie che adottino i meccanismi e stilemi propri della narrativa "di genere", del biopic, dell'inchiesta militante o della microstoria. Romanzi che attingano materia viva dalle zone d'ombra della storia, storie vere narrate come romanzi e/o viceversa, recupero di vicende dimenticate, al centro o ai margini delle quali si sviluppano le  nostre trame:
"La nostra narrazione ininterrotta è confusa al di là di ogni verità o giudizio retrospettivo. Soltanto una radicale verosimiglianza senza scrupoli è in grado di rimettere tutto in prospettiva" (James Ellroy,  premessa ad American Tabloid ).   Ciò che conta, è mettere anni-luce tra noi e la narrativa borghese: vero   protagonista della storia non è il Grande Personaggio né l'Individuo-monade, bensì l'anonima folla dei comprimari e, dietro di essi  o per loro tramite, l'anonima e brulicante moltitudine di eventi, destini, movimenti, vicissitudini:   "Nell'affresco sono una delle figure di sfondo. Al centro campeggiano il Papa, l'Imperatore, i cardinali e i principi d'Europa. Ai margini, gli agenti discreti e invisibili, che fanno capolino dietro le tiare e le corone, ma che in realtà reggono l'intera geometria del quadro, lo riempiono e, senza lasciarsi scorgere, consentono a quelle teste di occuparne il centro." (Q, nell'incipit del suo diario). Vogliamo narrare il farsi, l'emergere e l'interagire della multitudo, che nulla ha a che vedere con la massa, blocco omogeneo da mobilitare o "buco nero" del senso da stimolare a colpi di sondaggi:  "Un orizzonte di fisicità scoperta e di selvaggia molteplicità. Un mondo di intrecci e di combinazioni fisiche, di associazioni e dissociazioni, di fluttuazioni e di concretizzazioni, secondo una logica perfettamente orizzontale, realizzante il paradosso dell'incrocio di causalità e casualità, di tendenza e possibilità: ecco l'originaria dimensione della multitudo." (Antonio Negri, Spinoza sovversivo).

Tirando le somme, Wu Ming intende valorizzare la cooperazione sociale tanto nella forma del produrre quanto nella sua sostanza : la potenza del collettivo è allo stesso tempo contenuto ed espressione del narrare.


Autocritica
alla "Dichiarazione d'intenti"
(gennaio 2003)
La nostra posizione sul copyright
addendo alla "Dichiarazione d'intenti"
in forma d'intervista, giugno 2002



 

woba.jpg (3274 byte)

 

logosmall.gif (1149 byte)