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Sono stato un tossico di notizie

Wu Ming 5, ottobre 2004

PRELIMINARI: IL BAMBINO NELL’ACQUA SPORCA NON SMETTE DI FRIGNARE.
Sono uno di quelli che ritiene l’armamentario scientifico e filosofico di tanti compagni antiquato, antieconomico (costa un sacco di energia conservarlo in buono stato) e pesante. Andrebbe buttato a mare in gran parte senza timori e senza alcuna esitazione. Infatti il bambino (la consapevolezza che il Re Economico è nudo) è ben visibile in mezzo all’acqua sporca. Non si corre nessun rischio di gettarlo via assieme alla vecchia ferraglia: pesa ormai parecchi chili, la sua presenza è ineludibile, i segnali che lancia sono affinati da milioni d’anni d’evoluzione e non c’è essere umano insensibile al richiamo etologico che impone la salvaguardia degli infanti. Il bambino piange e smania mentre il pensiero composizionista di matrice negriana, deleuziana o guattariana continua ad essere, in un certo senso perverso, Avanguardia. I riferimenti letterari, filosofici e teorici di molti sono infatti ancora più datati. Gli autori citati, poi, vengono letti poco e male.
L’idea negriana più feconda degli ultimi anni (esiste una via materialista per occuparsi delle cose dello spirito) è rimasta sepolta in pagine poco lette, dimenticate oppure citate a sproposito.
Non è di riferimenti direttamente filosofici, però, che sentiamo tutti la mancanza. C’è un’ignoranza totale, generalizzata che riguarda campi decisivi. Le teorie cosmologiche sulla natura dell’universo, le teorie fisiche che riguardano la natura della materia, dello spazio e del tempo, le teorie psicologiche e della neuroscienza relative alla natura e alle funzioni della mente: alcune di queste costituiscono narrazioni progressive in grado di indurre decisivi mutamenti di paradigma. I massimi sistemi agiscono vita quotidiana quando sono conosciuti, discussi, confrontati con l’esperienza individuale e sociale, configurati in macchine da guerra, direbbe il buon composizionista del recente passato, tali da traghettare quanti più esseri possibile verso la felicità qui e ora, proprio in questo mondo.

PRELIMINARI: NON C’E’ NESSUN MATERIALISMO CHE NON SIA ETEREO
Uccidere Prometeo, diventare femmina. Un approccio critico davvero conseguente impone di considerare dogmatici e indimostrabili gli assunti alla base dell’idealismo -l’esistenza di un soggetto- e del materialismo classico -l’esistenza di un’estensione. Per un’argomentazione distesa contro questi assunti rimando al Madhyamikakarika di Nagarjuna. Se qualcuno ha problemi con il pensiero orientale, fatti suoi. Chi divide il pensiero prodotto dalla Specie secondo coordinate geografiche che atterrebbero a culture “diverse” è in un certo senso irrecuperabile.
Ma non è di astruserie fricchettone che voglio parlare. In questo momento sono le teorie occidentali (qualsiasi cosa voglia dire) sulla natura della coscienza a fornire gli spunti più interessanti per chi ritiene che esista un movimento in corso, con quel che segue. Dimenticatevi la meccanica. I tempi sono maturi perché al materialismo venga restituito il carattere di ipotesi di lavoro, perché lo si decanti da presunte solidità, concretezze, oggettività e si badi in prima istanza alla qualità dei processi che una consapevolezza davvero immanentista mette in moto. Materialismo sarebbe quindi sporcarsi le mani con il dato originario, con il fatto fondamentale, con la presenza della Totalità nell’istante presente, con molteplicità delle infinite relazioni che costituiscono la Totalità.

1- SEI FAMILIARE CON IL CONCETTO DI “ONFENE”?
Credo che il punto di vista fondamentale della neuroscienza sia sensato. Ogni processo della mente corrisponde a un processo biochimico ed elettrico del cervello. Dobbiamo lavorare con ciò che abbiamo, con ciò che possiamo vedere. E’ un punto di vista assai meno riduzionista di quanto possa sembrare.
1) Christof Koch, che ha lavorato per anni con il Nobel recentemente scomparso Francis Crick, direbbe: chi legge queste righe è cosciente. Coscienza è attenzione selettiva agli eventi del mondo. I Qualia - gli stati di prima persona, gli eventi soggettivi- sono “reali” perchè corrispondono a processi cerebrali specifici.
L’idea sottesa è che la mente “catturi” un mondo esterno e lo soggettivizzi. E’ una visione dualistica. Dogmatica. Si ripropone il problema dell’Immagine, dello Stato di Cose e della loro relazione, problemi che Wittgenstein credette di aver risolto (*Tractatus Logico-Philosophicus*) nel segno di una sorta di “strutturalismo” o meglio “consonantismo strutturale”. L’idea di “cattura”, di contemporanea “esternità” e “internità” della mente rispetto allo stato di cose è difficile. Non “spiega” nulla. Vede una cosa (la mente) in mezzo ad altre cose (la realtà). Illustra una cosa eterogenea rispetto ad altre cose eppure capace di entrare in relazione con esse attivando un processo dinamico di introiezione-rappresentazione. Un bel casino.
2) Molto interessante la posizione di Daniel C. Dennet. Da trentacinque anni si occupa di mente in maniera tanto scientifica quanto filosofico-psicologica. Le sue tesi hanno un afflato aperto, lasciano entrare spazio nella scatola cranica che troppi vorrebbero confine e prigione dell’esperienza cosciente. Non ci sarebbe “una” coscienza fenomenica. Diverse “agenzie cognitive” opererebbero in parallelo, senza un “agente centrale”. Il senso dell’Io sarebbe un effetto complessivo di questa interazione, che darebbe luogo a coalizioni transitorie, mutevoli, cangianti. Non ci sarebbe nessun “Io” a osservare lo spettacolo del mondo. L’esperienza di prima persona e la sensazione di essere agenti autonomi, unitari nascerebbero da un’illusione supersemplificata, frutto dell’evoluzione, che permette di assumere decisioni in tempo utile per la sopravvivenza.
3) Riccardo Manzotti e Vincenzo Tagliasco, due ingegneri-filosofi che operano al dipartimento di informatica, sistemistica e telematica dell’università di Genova sono autori di una teoria cognitiva assai avanzata. La teoria è nota come Mente Allargata, e introduce un concetto semplice, economico, esteticamente pregevole, che si porrebbe alla base della realtà e dell’esperienza, intese come non-divisibili.
Il principio di Heisenberg stabilisce l’impossibilità di separare il fenomeno misurato dall’apparato sperimentale. Cade così, per estensione, la discriminazione tra Soggetto e Oggetto. Idealismo e Materialismo “solidista” crollano. Per Manzotti e Tagliasco quando sorge una rappresentazione mentale non c’è una distinzione vera tra evento e ciò che lo rappresenta. Non esiste un “dentro” e un “fuori”. La realtà è complessiva e non può essere mutilata dalla discriminazione linguistica tra Io e Altro. La realtà sussiste come Onfene (da Ontos, Phenomenon e Episteme), processo fisico singolare, molteplice, soggettivo e oggettivo insieme, complessivo, con contenuto fenomenico. Quando osserviamo un tramonto, il processo che definiamo “noi stessi” si allarga fino a comprendere nuovi eventi, senza che sia possibile discriminare tra qui e là, esterno e interno, punti di vista relativi che non indicherebbero niente di sostanziale, di originario.

2- SONO STATO UN TOSSICO DI NOTIZIE
Il mondo è un sistema. Ogni cosa è interrelata con ogni altra cosa. Ogni evento è frutto di una catena causale che coinvolge dinamiche planetarie.
La società del tempo reale vive nella consapevolezza dei limiti del mondo: ciò che accade, ciò che entra nel dominio dell’essere rimbalza entro pareti invisibili ma non per questo meno efficaci, viene rimesso in gioco in un incessante continuum, le traiettorie molteplici intersecano vertiginosamente tutte le altre. Per definizione: non esiste evento che non ci tocchi. Per questo sono stato un tossico di notizie. O meglio, questo era il motivo in qualche modo nobile. Craving da telegiornali, vere e proprie crisi d’astinenza. Li seguivo tutti, e tutti i programmi di approfondimento possibili, compreso Porta a Porta. Passavo ore a leggere quotidiani. Credevo di poter discernere, di poter cogliere un riflesso di Verità, anche se una parte della mia mente era edotta da sempre sulla non-originarietà ontologica di ogni forma di rappresentazione del reale. Mi dicevo: queste sono immagini della realtà. Possono fungere da guida per la riflessione e per l’azione, ma vanno filtrate. Tale primitiva griglia intellettuale giustificava ai miei occhi che io spendessi tanta parte del mio tempo di vita e tante delle mie energie per inseguire una rappresentazione sempre cangiante, in qualche modo allucinatoria, di mondi inesistenti. Benché sapessi che la realtà è un effetto psicologico collettivo, e che l’oggettività è un contenuto idealistico illusorio quanto la soggettività, continuavo a introiettare notizie su notizie. Difendevo ai miei occhi il vizio pensando che favorisse la comprensione dell’interdipendenza di ogni processo in corso, di ogni evento che ha luogo sullo scenario (sulla fabbrica) del sistema-mondo. La sproporzione tra Immagine-Mondo e capacità di intervento efficace è sconcertante. Frustrante. Nondimeno, dovevo sapere, nel senso generale di assistere, essere testimone di.

3- IL VITELLO MALSANO E L’IMMAGINE DEL MONDO
I mezzi di comunicazione di massa si sovrappongono e si integrano, non importa se appartengono a quest’éra informatica, al passato più o meno recente, alla scorsa età del moderno o al neolitico. L’immagine culturale del mondo -la narrazione del mondo- è prodotta, veicolata e ritrasmessa da terminali disparati. Segnali di luce attraversano il deserto, la voce dei cacciatori vibra attorno al fuoco, una tipografia clandestina incita alla rivolta; giornali vengono stampati alla luce del sole in migliaia d’alfabeti; immagini elettriche animano schermi accesi nei quattro angoli del globo e ancora lettere di alfabeti disparati compongono significati su altri infiniti schermi, tutti cablati, tutti interconnessi. La comunità umana, che si vuole immersa nel dominio dell’Immediato, del Tempo Reale, conosce al suo interno velocità differenziali.
Le notizie sugli eventi del mondo viaggiano di mente in mente secondo modalità di trasmissione disparate. Utilizzano l’energia vocale di un parlante, i suoi gesti, le pause e i silenzi. A volte richiedono un piano rituale per essere condivise; a volte le notizie viaggiano su un pezzo di specchio, con frecce e arco; con mezzi di trasporto sospinti da energia animale, buoi e cavalli; oppure sul dorso di macchine che operano per mezzo di flussi energetici ben più compressi, frenetici e funesti: carbone, petrolio, combustibili fossili in genere. Anche le reti informatiche complesse, le antenne svettanti, i satelliti devono la loro azione efficace alla spinta di combustibili i cui giacimenti (sempre più radi, pare) si annidano nella pancia del pianeta.
Risultato dall’attività che abbiamo descritto è una versione distorta, dopata di significati del piano ontologico originario, quello degli eventi così-come-sono, della realtà colta dai sensi e antecedente alla concettualizzazione; un’immagine di mondo che racconta bene le patologie e le ossessioni, le visioni e le istanze della mente collettiva e delle menti individuali, proprio perché prodotto culturale, frutto della proiezione di significati su ciò che, a rigore, ne è privo. L’immagine culturale del mondo è un vitello concettuale nutrito a ormoni della crescita, cascami industriali e farine animali. La narrazione del mondo, malsano vitello grasso, retroagisce sul mondo, condiziona lo svolgersi degli eventi sul piano di realtà che antecede la rappresentazione in molti modi e affligge i contenuti emotivi e le “visioni del mondo” dei singoli, delle comunità.
Immersi nella frenesia dei messaggi che attraversano l’infosfera, stentiamo a cogliere il segno complessivo del sovra-mondo mediatico anche se ci sembra di intuire che la natura di questa proiezione riassuntiva contribuirà a determinare almeno in parte i prossimi eventi, i prossimi passaggi, le contingenze nel mondo pre-concettuale, dove gli eventi hanno luogo. I messaggi sono contraddittori.

4- MODESTA PROPOSTA
Occorrerebbe quindi aggiornarsi, riflettere, andare alla ricerca, nell’infosfera, delle parole e dei concetti che possono essere masticati, assimilati, che possono diventare buon cibo, fortificare ossa e tendini, far funzionare il cervello mediante scarti improvvisi, inversioni di rotta, provocazioni, cercare le idee e le parole che ci chiamano davvero in causa. Per quelli tra noi ormai non più giovani questo è un esercizio vitale, visto che le nostre azioni sono spesso stereotipate e inefficaci. Rimandano a mondi trascorsi. Inscenano strategie di sopravvivenza perdenti perché l’ambiente muta incessantemente, senza alcun riguardo per ciò che riteniamo vero e giusto.
In modo più massimalista, volevo proporre un esercizio, una pratica che dovrebbe durare al minimo una settimana, al massimo due-tre mesi. La pratica andrebbe ripetuta ciclicamente, una volta l’anno o giù di lì. Avevo in animo di suggerire un’astensione pressoché completa dalle notizie che non fossero veicolate oralmente, o attraverso canti e segnali di fumo, non perché ci sia qualcosa di “sbagliato” nella tecnologia che veicola le informazioni, ma solo come momento d’astensione, di ritiro dai mondi contraddittori e allucinati che ci sovrastano, come immersione nel quotidiano sul quale possiamo in qualche modo agire se non altro spegnendo la TV, cercando di esplorare e capire il territorio attorno a casa, i processi economici e sociali, le patologie individuali e collettive, le ritualità, i passaggi di stato, come funziona l’alternarsi di giorno e notte in un contesto urbano. Prestare attenzione alla propria dieta. Niente di primitivista, in nessuna delle accezioni che potremmo dare al termine. Il ritiro dai media potrebbe chiudersi con un ascensione a piedi fino a un luogo abbastanza elevato: una collina, oppure la torre Asinelli, per quelli tra noi irriducibilmente *urbani*.
Poi, semplicemente guardarsi attorno.
Vedere che il mondo si estende fin dove arriva lo sguardo.

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