/Giap/ nuova serie n.1 - Genova: dal tempo del racconto al tempo del progetto - 26 luglio 2001
 

1. Il movimento è globale e la sua forza anche! (WM1)
2. Il Magical Mystery Tour del falso Black Bloc a Genova (WM1)
3. Mi dispiace per le tue costole (WM4)
4. Sono un coglione, adesso posso dirlo (WM2)
5. Repressione e geometria euclidea (WM4)
6. "Ma chi cazzo è 'sto Frank Henausen che nominate sempre?" (WM5)
7. Il giorno del progetto (WM3)
8. La "Benemerita": sempre più forte, "Stato nello Stato"
9. Brandelli di una narrazione corale
10. Proposta per i tempi (duri) che verranno

Questo numero di /Giap/ viene spedito a 1328 abbonati.

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1. IL MOVIMENTO È GLOBALE E LA SUA FORZA ANCHE!

di Wu Ming 1 (26/07/2001)

La risposta non viene solo dalle piazze d'Italia, ma da tutto il mondo.
Avevamo evocato le moltitudini, le avevamo chiamate con riti sciamanici, sedute medianiche, in trance parlavamo con gli eroi di leggende antiche, manifestavamo xenoglossia come nella Pentecoste, mesmerismo come nei racconti di Poe e Lovecraft, "atavismi" di demoni come nei libri di Aleister Crowley, eravamo posseduti dagli spiriti di chi s'era ribellato prima di noi, ectoplasmi uscivano da ogni nostro orifizio.
Le moltitudini sono arrivate. Sono arrivate una, due, tre, innumerevoli volte a soccorrerci, a dirci che non eravamo soli.
Il ragazzo indio del Chiapas agita un ramo e fa allontanare gli elicotteri militari che ronzano sul villaggio. Gli chiedono come ha fatto e lui risponde: "E' tecnologia maya!".
Gli elicotteri mi ronzano ancora nelle orecchie. Ogni notte sogno carabinieri, perquisizioni, cariche. Ma sogno anche persone per le vie, sogno grida e risate. Sogno teoremi giudiziari, montature implausibili ma possibili. Ma sogno anche chi le denuncia. E sogno tecnologie maya.
Il giorno prima Carlo Giuliani era morto e la piazza aveva subito provocazioni pesantissime. Le massime autorità dello Stato e del governo, oltre al più grande (ancora per pochissimo) partito della sedicente sinistra, tutte prese a dissuadere, a dire: "non andate!", "restate a casa vostra!".  In questo clima, sono arrivate a Genova più di duecentomila persone, disabili sulla sedia a rotelle, famiglie intere, giovani e anziani. Nessuno si è lasciato intimidire. Spaventare sì, intimidire no.
E quelle duecentomila persone sono venute a SALVARCI, perché senza di loro sarebbe stata una giornata di caccia all'uomo e di mattanza, il percorso del corteo sarebbe stato una lunga tonnara, e per questo la mia gratitudine durerà finché campo. Se arriverò ad avere dei nipoti glielo racconterò che tra il 20 e il 21 luglio 2001 MASSIMO D'ALEMA, CARLO AZEGLIO CIAMPI E SILVIO BERLUSCONI HANNO INVITATO IL POPOLO A LASCIARMI UCCIDERE, a non intervenire, a fottersene di me, e invece il popolo è accorso in massa e ha rischiato il culo per salvarmi la vita.
Quella notte, un'irruzione che a tutti ha ricordato il Cile o l'Argentina, mentre a me è sembrata molto statunitense, modello "distruzione del Black Panther Party" (1968-70). I compagni di Ya Basta!-New York erano atterriti, ma loro sono bianchi: per i neri del loro paese questo è ed è sempre stato pane quotidiano.
Il giorno dopo, cortei spontanei in tutta Italia e in tutto il pianeta. Ventiquattr'ore più tardi, piazze gremite, proteste davanti alle ambasciate e ai consolati italiani, attacchi alle sedi di multinazionali italiane, la stampa nazionale non appiattita sulla posizione del governo (per motivi di schieramento, certo, ma anche perché sui media si è lavorato bene), testimonianze della brutalità poliziesca, torture, desaparecidos, nuove inquisizioni all'orizzonte. A Bologna AN è cacciata a furor di popolo da Piazza Re Enzo, dove aveva allestito un banchetto e cercava di raccogliere firme in solidarietà agli aguzzini di Genova.
Abbiamo la "sventura" di vivere un tempo interessante.
Questo movimento può sfuggire alla tagliola senza doversi strappare la gamba a morsi: può aprirla, la tagliola, perché è intelligente. E' intelligente perché ha le mani e ha i pollici opponibili, può impugnare, maneggiare e usare oggetti nuovi. I suoi campi sinaptici si estendono e moltiplicano a ogni nuova esperienza. Queste sinapsi sono i vincoli solidali che coprono l'intero pianeta, da Port Moresby a Goteborg, da Melbourne a Quebec, da Porto Alegre a Okinawa. I neuroni sono milioni e milioni di persone che per il solo fatto di non considerare "naturale" la tirannide liberista l'hanno fatta precipitare in una nera crisi di legittimità.
Questo movimento ha la maturità per non cadere nella dialettica perversa tra repressione e risposta alla repressione. Ha questa maturità perché non ha precedenti. Non ha precedenti perché non sta godendo dell'ora d'aria nell'angusto cortile del carcere-Italia, con qualche eco di manifestazioni di solidarietà oltre le mura. No: sta scorrazzando, gioioso e incazzato, dai poli all'equatore. Cavalca gli tsunami del Pacifico e si lascia illuminare dalle aurore boreali. Balla il sirtaki e si contorce nella capoeira. Lancia tegole dal tetto del mondo e si riorganizza nel fitto della giungla. L'Imperatore dovrà continuare a grattarsi il capo fino a farlo sanguinare.

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2. IL MAGICAL MYSTERY TOUR DEL FALSO BLACK BLOC A GENOVA

di Wu Ming 1 (22/07/2001)

Da Genova sono tornato sfinito, infuriato, febbricitante, coi legamenti delle ginocchia logorati, senza un filo di voce e dico: non scateniamo la caccia all'anarchico.
E' difficile mantenere l'equilibrio, distinguersi con forza da una pratica (quella del Black Bloc) al contempo facendo capire che quella pratica ha - o perlomeno ha avuto - una sua "storicità" e coerenza, e non corrisponde in alcun modo a quanto visto a Genova, dove il "vero" Black Bloc proprio non sì è visto.
E' un compito che richiede lucidità, nervi saldi, attento dosaggio delle parole. Si tratta di criticare il Black Bloc internazionale (col quale siamo in evidente disaccordo) senza criminalizzarlo. Si tratta di distinguere tra il percorso del Black Bloc e quello che è successo a Genova. E c'è un terzo inghippo da evitare: sarebbe assurdo accusare di essere un infiltrato chiunque a Genova abbia praticato quel genere di azione diretta. Il pogrom e la psicosi del complotto non sono nella nostra cultura.
Col male alle gambe che ho, mi tocca pure fare lo slalom gigante.
A Genova venerdì c'erano anarchici tedeschi dello Schwarze Block, che hanno praticato l'azione diretta contro precisi obiettivi (banche e sedi di multinazionali) e non avevano intenzione di attaccare le iniziative degli altri dimostranti. Sabato un giornalista olandese della rivista di sinistra Vrij Neederland mi ha detto di aver incontrato mentre facevano i bagagli, forse per tornare in Germania, e gli hanno detto di essere irritati per le azioni degli altri nero-vestiti. Non sono in grado di confermare, ma in effetti quello che è successo venerdì c'entra molto poco col modo d'agire del Black Bloc, che pratica l'azione diretta con un criterio magari non condivisibile da molti (di certo, non condiviso da noi) ma che un criterio rimane, e soprattutto fa la sua strada senza interferire con altre forme d'azione. Invece a Genova per tutta la giornata di venerdì i carabinieri hanno ACCOMPAGNATO i devastatori, senza mai caricarli, e questo non perché questi fossero troppo mobili e informali, come qualcuno ha scritto: costoro hanno avuto il tempo di entrare in alcune banche e metterle a ferro e fuoco, rimanendo all'interno per più di un quarto d'ora mentre i carabinieri li aspettavano all'esterno per RIPARTIRE insieme e raggiungere i luoghi dove il GSF manifestava con altre modalità. Lungo il tragitto sono stati attaccati negozietti, incendiate auto che sicuramente non appartenevano a miliardari, distrutte piccole pompe di benzina. I neri sono stati letteralmente SCAGLIATI contro il sit-in della rete Lilliput, i carabinieri hanno massacrato donne e bambini, scouts, dimostranti pacifici, poi sono ripartiti INSIEME ai neri. In Piazzale Kennedy i neri hanno fatto da "lepre" per l'accerchiamento e l'attacco del convergence center, poi Benemerita e presunto Black Bloc sono partiti verso Brignole per incrociare il corteo del blocco della disobbedienza civile, in un punto ancora lontano dalla "zona rossa". I carabinieri hanno caricato il corteo (autodifeso e fino a quel momento più che pacifico), e mentre lo facevano alcuni finti black blocsters sono penetrati nelle fila delle tute bianche aggredendo alcuni compagni. Uno di costoro era sicuramente un praticante di arti marziali molto esperto e addestrato, perché ha atterrato un grosso compagno del Rivolta di Marghera con un un paio di diretti al volto e una ginocchiata alle reni. Dopodiché la Benemerita ha continuato a caricare il corteo per sei ore consecutive, mentre questo cercava di defluire. L'ultima carica è avvenuta a meno di cinquecento metri dallo stadio Carlini. Nel frattempo i neri chissà dov'erano finiti.
Questo non ha nulla a che vedere con la prassi del Black Bloc. In effetti molte persone hanno visto questi falsi black blocsters uscire dai cellulari dei carabinieri, infilarsi il passamontagna e fare casino, o devastatori mettersi d'accordo con marescialli, carabinieri dare spranghe in mano a personaggi nerovestiti etc. La stampa va riportando queste storie, e qualcosa s'è visto persino in tv.
Rimando a un documento delle tute bianche di Bologna del 19 giugno scorso:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/garibaldi.html
Il mio parere non è nemmeno un parere, dato che ci sono testimonianze e documenti: venerdì scorso sei o sette carabinieri infiltrati [c'erano anche hooligans nazisti italiani e stranieri, a cui le forze dell'ordine avevano promesso totale impunità, la qual cosa ha creato scompiglio nell'ultradestra, cfr. http://members2.boardhost.com/forzanuova/,  N.d.A. 25/07/2001] hanno incanalato e diretto la (giusta ma cieca) rabbia di centinaia di giovani anarchici inconsapevoli della strumentalizzazione. Probabilmente è successo anche sabato.
Sabato noi abbiamo deciso di tenere fuori dal nostro spezzone gente con spranghe o pietre. Di sicuro abbiamo respinto provocatori che ci chiamavano "sbirri" ed erano sbirri. Probabilmente ci è capitato di picchiare anche qualcuno che non c'entrava, e se è successo ci dispiace, ma dovevamo proteggere il nostro gruppo d'affinità da infiltrazioni e provocazioni. Un Black Blocster, credo fosse inglese, ha detto a Wu Ming 5: "You like to give orders, uh? You communist!". Ma a noi NON piace dare ordini.
Ora, anziché inaugurare una caccia all'anarchico, dovremmo tenere in mente che non tutti gli anarchici sono black blocsters  e non tutti i black blocsters sono sbirri travisati. Dall'altra parte, è necessario che venga ripensata una tattica tanto facilmente infiltrabile e pervertibile. Tale ripensamento è compito di chi quella pratica la adotta, ma riguarda anche quanti soffrono le dure consequenze di tanta permeabilità.

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3. MI DISPIACE PER LE TUE COSTOLE

di Wu Ming 4 (26/07/2001)

Avevo i nervi tesi quel sabato mattina, quando le nostre strade si sono incrociate per la seconda volta. Tutti avevamo i nervi tesi. Dopo quello che era successo venerdì, il riot, le infiltrazioni, il ragazzo ucciso, nessuno si fidava più di nessuno. Ogni spezzone del grande corteo di massa aveva la consegna di autodifendersi. Dai provocatori, dagli infiltrati, dai casinisti sfasciatori con le mazze. Bisognava evitare che le famiglie, i signori e le signore di cinquant'anni, i nostri genitori, ci andassero di mezzo.
E tu, poveraccio, ti sei trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Eri lì seduto, e tenevi la mazza nascosta in un giornale. Noi te l'abbiamo spiegato che non potevi rimanere lì, ai bordi del corteo, col bastone. Che dovevi mollarlo o andartene a fare in culo lontano da lì. Ma tu hai voluto fare il duro, ci hai detto di farci i cazzi nostri. Tu, coglione!, il giorno dopo che c'era stato un morto in piazza, dopo che i carabinieri infiltrati ne avevano fatte di tutti i colori, tirandosi dietro ogni scoppiato che volesse sfasciare vetrine e incendiare macchine, dopo tutto questo, con la paranoia che ci aveva contagiati tutti e i nervi a fior di pelle, tu, coglione!, vieni in manifestazione (una manifestazione pacifica di centinaia di migliaia di persone) con la spranga! E per di più ti fai trovare nel nostro spezzone.
Io non volevo incrinarti due costole. Io non sono un picchiatore né un violento. Che tu ci creda o no mi sono buttato su di te per proteggerti, coglione che non sei altro!, perché i miei compagni, in preda alla paura e alla paranoia, potevano disfarti la faccia a calci. Mi sono buttato su di te urlando "Fermi! Fermi!" per evitare che ti facessero male sul serio. Solo che peso ottanta chili.
E' stato quando ti ho fatto rialzare che mi sono ricordato dove ci eravamo incontrati la prima volta. Un paio di mesi fa, alla presentazione di Asce di Guerra in un centro sociale. Mi avevi chiesto perché nel romanzo non si parlava degli anni Settanta. Te l'avevo spiegato. E forse sabato scorso ho soltanto ribadito il concetto. Perché della merda degli anni Settanta non ne voglio più: non ne voglio più delle mazze, delle bottiglie molotov, di poche decine di irresponsabili che mettono a repentaglio la sicurezza di migliaia di persone e favoriscono la criminalizzazione di un intero movimento da parte dello stato. Se volete affrontare la polizia corpo a corpo, mazze contro manganelli, se volete misurare il vostro livello di testosterone con gli sbirri, e farvi rompere il culo dai suddetti, se è questo che vi piace, non sarò certo io che verrò a cercarvi uno a uno per impedirvelo, ho di meglio da fare. Ma non sono disposto ad alcuna indulgenza se lo fate ai margini di un corteo pacifico o che pratica la disobbedienza civile. Per questo ti dico, che mi dispiace per le tue costole, ma te le sei cercate.
Spero per entrambi che non ci sia una terza volta.

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4. SONO UN COGLIONE, ADESSO POSSO DIRLO

di Wu Ming 2 (22-26/07/2001)

Caldo stronzo e soffocante. Sudore sotto protezioni, tute bianche e zaini, indossati prima di salire sul treno, perché il questore di Bologna, con acrobazia gesuita, ha promesso che non sequestrerà ciò che non sarà visibile. Quindi casco, maschera e occhialini, dentro lo zaino. Tutto il resto, addosso. Visibile ed evidente sotto le trasparenze della tuta.
Atrio della stazione, mi tolgo tutto. Soffoco (imparerò presto cosa voglia dire davvero). Arriva il treno, di nuovo addosso. Polizia quasi zero.Tutto liscio. Ma a Genova, si sa, non passa uno spillo: per il casco, possibile strumento di offesa, ci sono poche speranze.
Bologna Parma La Spezia Genova Brignole. Sei ore di viaggio. Una fermi a Modena: dicono che uno ha sfondato il vetro dello scompartimento battendoci sopra col cilone allo scopo di sturarlo. Andiamo bene.
Anche a Brignole, polizia quasi zero. Interpreto: la zona rossa è talmente inattaccabile che non hanno bisogno di perquisirci. E poi quanto ci mettevano a controllarci tutti?
Sono un coglione, adesso posso dirlo.

Pioggia battente, infinita, fitta, graffia le luci dei riflettori nello stadio Carlini. Le tende si allagano, il campo pure. Chi dormiva sulla sabbia non sa se ringraziare: l'alluvione tiene a bada la polvere e protegge da forme gravi di silicosi. Corridoi interni, seminterrati e tribune in versione rifugio postatomico. Questa mattina un amico prima di entrare qui ha dovuto fornire le generalità. Paranoie assurde, abbiamo pensato. Impossibile registrare tutti. Fiumi di persone invadono lo stadio trasportati dall'acqua.

Dopo il panico, la vertigine. Più razionale e fredda. Non la fuga dal predatore che ti vuole braccare, ma lo sguardo gettato sull'abisso dal ciglio instabile del burrone.
Il presidente Ciampi ha invitato a restare a casa.
I DS fanno sapere che non verranno a Genova. Non dopo scontri così cruenti. Non dopo la morte di Carlo Giuliani.
Vedetevela voi, ci fanno sapere. Non contate sui nostri occhi per testimoniare.
Pazzi. Se tutti facessero come voi domani ci ritroveremmo in cinquantamila: fermi, arresti, manganellate e soprusi per tutti. Non è la paura degli scontri a tenervi a casa. E' questo movimento a farvi paura. Poi, ci sono i soliti trenta denari.
Vaffanculo, butto lì prima di addormentarmi con un corpetto di gommapiuma come cuscino. Forse noi moriremo domani. Voi siete già morti.

Scajola plaude l'operato delle forze dell'ordine per il loro esemplare autocontrollo unito ad addestramento non comune. Non a caso, plaude anche all'operato delle Tute Nere, imprendibili, veloci, dediti alla cosiddetta tattica del mordi e fuggi che presuppone perfetta conoscenza del territorio. In prevalenza si trattava di stranieri: chi li avrebbe edotti sulla complicata topografia genovese?
Scajola vomita balle, convinto forse che il parlamento sia solo un bivacco sordo e grigio. Dice che i lacrimogeni sono stati utilizzati per evitare il contatto diretto con i manifestanti. Dice che nella giornata di sabato i violenti sono stati dispersi , vanificando la loro strategia di coinvolgimento del corteo. Dice che le forze dell'ordine si sono accordate con il corteo dei disubbidienti per farli retrocedere. Nulla di tutto questo: il gruppo di contatto è stato bersagliato di lacrimogeni. Della Digos nemmeno l'ombra. Dice che il carabiniere ha sparato senza mirare.
Scajola tace sull'irruzione nel centro stampa del GSF.
Scajola enuncia il teorema: Le Tute Bianche, con i loro messaggi non pacifici, con l'esplicito invito alla resistenza e all'assalto, con la violenza verbale hanno favorito di fatto la strategia di gruppi eversivi. Non è un caso che il morto ci sia stato in prossimità del loro corteo (in effetti, non è davvero un caso, vero ministro? ) che non era stato autorizzato, si proponeva lo sfondamento della Zona Rossa, includeva persone violente. L'intero GSF è responsabile per il consenso incondizionato dato a certi movimenti senza valutazioni attente.
Scajola finisce.
Parte Violante.
Chiede le dimissioni del ministro dell'Interno.
Aggiunge che occorre prendere con fermezza le distanze da coloro che scendono in piazza per sfondare i cordoni della polizia con mazze o con scudi.
OK. La vertigine non mi aveva ingannato. Avevo visto giusto, oltre l'orlo del burrone.
Avevo visto giusto: ci avete venduto.

E' acido il sapore dei lacrimogeni. Vedo la gente strapparsi la maschera e correre. Mi concentro, respiro col naso, la maschera tiene. Provo a star saldo sulle gambe e a capire dove sono finiti quelli che mi stavano davanti. Laggiù, oltre il gruppo di carabinieri che torna alla carica. Una corsa di decine di gambe mi travolge, mi schiaccia contro un auto, devo issarmi sul tetto per non diventare marmellata, perdo una scarpa, è la fine, poi la recupero.
Penso che se avessi la tuta bianca dovrei decidere tra perdere tre minuti a stracciarmela da addosso, oppure correre come Orzowei, candido nella notte della giungla.
Un brivido. Poteva andare peggio e non c'è limite all'ingenuità.

Dov'è il camion? Dove cazzo è finito? Possibile sia andato su di qua? Ci si passa a mala pena in due! Scalette, viuzze tortuose, vecchie frane, sentieri zapatisti del camminare domandando.ai genovesi da che parte andare. Quartiere di San Fruttuoso, un oratorio in cima al colle. Panorama: Genova dall'alto è bellissima. Scappiamo come guerriglieri del cazzo dalla piazza, in realtà un incrocio di strade, che doveva accogliere il corteo dei duecentomila e si è invece trasformata in un tappo: impossibile entrare, bloccati sul viale d'accesso, con il sapore dei lacrimogeni negli occhi e la gente caricata, un centinaio di metri dietro, che non sa dove andare.
Torniamo al Carlini. Il camion si perde. Qualcuno finisce dalla parte opposta, a Marassi.
Scendendo dall'oratorio, già ribattezzato il Monte Calvario, ci troviamo di fronte a tre macchine della polizia: è il commissariato di zona, deserto.
Nunzio grida nel microfono, più romanaccio che mai: "Aò, adesso noantri passamo de fronte alla stazione d'a polizia e nun se l'inculiamo.anche perché si no ce se'nculano loro."

 

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5. REPRESSIONE E GEOMETRIA EUCLIDEA

di Wu Ming 4 (25/07/2001)

Chiusa la trappola militare di Genova, cominciano i teoremi. Il governo mostra la sua vera faccia: dopo aver dato carta bianca ai Carabinieri nella gestione "argentina" della piazza genovese, adesso li copre e giustifica su tutta la linea. In parlamento il ministro degli interni Scajola ha puntato il dito sulle tute bianche. Praticamente ha sostenuto che l'area della disobbedienza civile sarebbe l'anello di congiunzione tra i pacifisti non-violenti e il black bloc anarchico; insomma, dei doppiogiochisti che si spacciano per buoni, ma in realtà puntano all'insurrezione violenta.
Luca Casarini è sulla bocca di tutti gli sgherri del centro-destra, ma il discorso vale per tutti noi: quello che vogliono dimostrare è che esistono dei "cattivi maestri" (per il centro-destra) e dei pericolosi "compagni che sbagliano" (per il centro-sinistra). Non è una battuta, sono state usate queste stesse parole in parlamento, sembra di essere tornati indietro di venticinque anni in quarantott'ore.
Ma se in questa vicenda ci sono dei responsabili ben evidenti, ossia i vertici dei Carabinieri, della Polizia e dei servizi segreti italiani, e un complice che li ha coperti, il governo, è anche vero che ci sono dei conniventi. Hanno nomi e cognomi: sono i leader dell'Ulivo.
Nella serata di venerdì, dopo che a Genova c'era scappato il morto, i DS e Rutelli hanno letteralmente VENDUTO il GSF e le decine di migliaia di manifestanti che stavano confluendo a Genova, come fossero carne da macello. Le alte sfere dell'Ulivo devono aver ricevuto una telefonata con una comunicazione molto semplice: i Carabinieri non si sarebbero fermati, sabato sarebbe andata come venerdì, cioè una mattanza indiscriminata. Quindi era meglio se non mandavano i loro tesserati in piazza e lasciavano perdere qualsiasi ipotesi di adesione alla manifestazione. E così hanno fatto.
Anche il Presidente della Repubblica Ciampi deve aver ricevuto la stessa telefonata, visto che, con un certo quale senso distorto della responsabilità che la sua carica impone, si è affrettato a consigliare agli italiani di non andare a Genova sabato.
I DS, che in quel momento avevano appena deciso di aderire alla manifestazione, HANNO RITIRATO I TRENI SPECIALI E I PULLMAN, ABBANDONANDO I MANIFESTANTI NELLE MANI DEI CARABINIERI fuori controllo, e giustificando in questo modo non solo l'attacco indiscriminato di venerdì, ma anche la rappresaglia cilena di sabato. I testimoni di quello che è successo il 21 luglio sono (per fortuna!) più di duecentomila: ripetute cariche con lacrimogeni urticanti, manganelli, blindati e idranti, su un corteo inerme di gente comune. E' un puro caso che i morti a Genova non siano stati decine. Era dai tempi di Scelba che in Italia non si assisteva a una cosa del genere. Per non parlare del sanguinoso raid notturno alle scuole Diaz, e delle torture subite da TUTTI i fermati e gli arrestati.
Oggi l'Ulivo chiede le dimissioni di Scajola per incompetenza, ma questo fa parte del giochino politico delle parti. La verità è che venerdì sera D'Alema e Rutelli hanno deciso di sacrificare il GSF per poter sopravvivere. E' sotto gli occhi di tutti da mesi che in questo momento storico il Genova Social Forum è l'unico reale soggetto di sinistra esistente in Italia. La sua criminalizzazione da parte del governo per aver "coperto" i violenti tutto sommato può star bene all'Ulivo: in questo modo si cerca di costringere il resto del GSf a prendere le distanze dalle tute bianche; la spaccatura tra il mondo delle associazioni e quello dell'antagonismo sociale che non si è riuscita a provocare prima delle giornate di Genova, si tenta ora di imporla con la forza delle menzogne. D'Alema e Rutelli sono disposti a "distinguere" tra due anime del GSF, salvando le associazioni pacifiste che possono essere fatte rientrare sotto la loro ala, e lasciando in pasto a Fini e Berlusconi i centri sociali. Se infatti è difficile far passare quelli del commercio equo e solidale, dell'Arci e della Lila per terroristi, non è difficile mettere i centri sociali e i "disobbedienti" nel centro del mirino. Basta appunto dipingerli come "doppiogiochisti". Sono le tute bianche di Casarini & co. il bersaglio ideale, in quanto punta antagonista più avanzata del GSF e del movimento, in quanto con la disobbedienza civile erano riusciti negli ultimi due anni a praticare il conflitto di piazza mantenendo alto il livello del consenso, dimostrando tra l'altro una capacità di usare i mass media incredibile. Sono le tute bianche adesso che devono essere sacrificate sull'altare del quieto vivere delle due parti politiche di questo paese.
Non c'è niente da fare: questo paese non può permettersi i movimenti.
Si prepara un altro 7 aprile? Difficile dirlo. Speriamo di no. Ma dopo quello che si è visto a Genova, non è possibile meravigliarsi più di niente. La risposta di massa del 24 luglio, che ha visto decine di migliaia di persone in tutte le piazze d'Italia è confonrtante e lascia credere che questa seconda trappola non funzionerà. Ma guai ad abbassare la guardia.
C'è un grande motivo di soddisfazione, nella tragedia. Se hanno deciso di mettere in piedi questo livello di repressione, significa che questo movimento globale fa paura, per la sua estensione geografica e per la sua eterogeneità. La strategia dello stato è sempre la stessa: favorire le frange scalmanate, i disperati, facili da infiltrare, i ragazzotti scoppiati delle periferie, perché prendano il sopravvento sulle anime intelligenti del movimento. Una trappola in cui siamo cascati a Genova, e da cui adesso dobbiamo uscire quanto prima. E credo anche che questa sia la nostra unica via di salvezza dal regime che si sta instaurando in questo paese.

N.B. Occorre essere chiari nel condannare le pratiche del BB come inutili e dannose per il movimento. Quella del BB non è un'esperienza interessante, anzi, in questa fase - con o senza infiltrati - è dannosa per noi e avalla i giudizi qualunquisti e il fare d'ogni erba un fascio. E' giusto dire la verità sul BB e non cadere in facili criminalizzazioni o cacce all'anarchico, ma senza mai dimenticarsi che la scelta delle pratiche "distruttive" è una scelta che ha dimostrato tutta la sua pericolosità, perché ha consentito l'infiltrazione sbirresca e l'aggregazione delle bande di giovani scoppiati a cui del movimento non frega assolutamente niente e vogliono solo spaccare tutto, consentendo in questo modo allo stato di gettare merda su tutti e scatenare la rappresaglia indiscriminata.
GLI EVENTI DI GENOVA (infiltrazioni, devastazioni, saccheggi) SANCISCONO LA MORTE EFFETTIVA DEL BLACK BLOC COME ESPERIENZA "POLITICA" CHE SI E' DETERMINATA A PARTIRE DA CERTE PRATICHE. Nessuna indulgenza per gli utili idioti che a Genova si sono fatti usare dallo stato e dalle forze dell'ordine CONTRO il movimento. Hanno una responsabilità gravissima proprio per il ruolo dannoso che hanno avuto. Nel momento in cui le pratiche del BB sono state sussunte dallo stato e usate contro di noi, dobbiamo dire con forza che oggi costoro sono a tutti gli effetti politicamente morti. E se avessero un po' di intelligenza dovrebbero essere i primi a fare un esame di coscienza e SUICIDARE un'esperienza che, ripetiamo, a Genova è DI FATTO finita.

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6. "MA CHI CAZZO È 'STO FRANK HENAUSEN CHE NOMINATE SEMPRE?"

di Wu Ming 5 (26/07/2001)

Mi chiamo Riccardo Pedrini, Wu Ming Wu. Faccio parte del collettivo di autori noto come Wu Ming. Ero a Genova il 21 luglio dell'anno del signore 2001. I compagni con i quali lavoro hanno scritto un libro, Q. Il libro è stato molto letto e apprezzato. Tra le le altre cose, racconta della rivolta dei contadini nella Germania del XVI secolo.
Genova è stata la nostra Frankenhausen, ha detto qualche compagno.
Mentre scalavo la collina con gli sbirri alle spalle, ho pensato che quei compagni avessero ragione.

Ho trentasei anni. Come molti di quelli che hanno fatto le mie scelte, ho vissuto sulla mia pelle, e molte volte, la violenza e la brutalità di polizia e carabinieri. Non mi sono mai fatto illusioni sulla natura delle strutture repressive dello sporco comitato d'affari che chiamano stato. In un certo modo, questo rientrava nella logica delle cose. Fai politica, ti esponi. Puoi aspettarti che non tutto fili sempre liscio.
Migliaia, decine di migliaia di persone credevano di poter esercitare il diritto al dissenso. Non avevano fatto alcuna scelta radicale: non erano militanti, se non in senso molto lato: "militia est vita hominis super terram", dice il libro di Giobbe. Credevano di poter dissentire e passarla liscia. Si sbagliavano. Non black blocsters. Non autonomi. Non tute bianche.
Il popolo. La moltitudine.
Sono stati assaliti con ferocia. Sono stati assaliti con metodo. Sono stati assaliti con ripugnante efficienza.
Il giorno prima, un carabiniere ausiliario, età vent'anni, si era fatto latore di un messaggio diretto a ogni uomo e ogni donna in quella moltitudine.

Il messaggio era giunto, puntuale. Tragico, non certo inaspettato. L'euforia politicista dei giorni, dei mesi precedenti il G8 lasciava il campo ai dubbi, all'angoscia. La repressione del resto è di per se stessa una strategia. Disarticolare, rompere i vincoli di solidarietà, gettare nella sconforto, nella disperazione.
Non ci sono riusciti. La criminale arroganza dello stato e dei sui apparati repressivi è riuscita, semmai, in un compito che fino a qualche mese fa sembrava arduo. *Risvegliare le coscienze*, nientemeno.

Genova agisce, per chi ha vissuto quelle giornate, come uno specchio deformante. L'analisi deve farsi largo tra le macerie, proprio come si è dovuto attraversare il fumo dei lacrimogeni, trarre ancora un altro respiro, i polmoni in fiamme, per non perdere i compagni, per non rimanere in mano alle bestie, per non lasciare nessuno in mano alle bestie. Il rischio, ora, è di perdere il contatto con la realtà. Di restringere la prospettiva fino a includere nel campo problematico solo quanto avviene qui, nella più triste delle periferie dell'impero. Certo, la puzza di teoremi si avverte. La preoccupazione per l'integrità fisica e per la libertà personale è legittima. Per salvaguardare equilibri sempre più marci, sempre più criminalmente avulsi dalla realtà, una generazione, ancora un'altra, potrebbe essere decimata da una repressione che, in prospettiva appare ancora più dura di quella che i compagni, i fratelli e le sorelle di vent'anni fa dovettero fronteggiare e subire. La sorte non pare in tutto avversa: di giorno in giorno prende forma, nella società civile, la coscienza che quello che è stato perpetrato a Genova è un attentato alle garanzie e ai diritti di tutti e di ognuno.

La bocca del Leviatano è spalancata. Pronta a inghiottarci, proprio come fece con Giobbe, il primo a rendersi conto che esseri vivi, su questa terra, significa militare, da una parte o dall'altra. L'ambito di solidarietà che abbiamo saputo creare attorno al movimento, attorno alle nostre istanze, alle nostre proposte, alle nostre pratiche è il nostro scudo. Ciò che può trattenere la bestia dall'inghiottirci e la megamacchina dal macinarci. La verità, da sola, non basta.
La solidarietà: un patrimonio che non possiamo giocarci con una mano sbagliata.
Quello che succederà in Italia dipende, in ultima analisi, dalla nostra capacità di capire e di prevedere le mosse dell'avversario. La responsabilità è nostra, ed è grande. Noi siamo, oggi, la sinistra di questo paese.

Ma il movimento che distrugge lo stato di cose presente è globale, come le scelte di morte dei grandi della terra. Il movimento è in marcia. Il trionfalismo è l'antidoto migliore contro la depressione: la soglia d'attenzione va elevata, la guardia alzata. La resistenza contro il neoliberismo e contro le politiche omicide di un capitalismo che si propone come paradigma ontologico è generalizzata. Questa è la vera forza del movimento. Il capitalismo che si appropria come merce del DNA degli esseri viventi sarà sconfitto. Non dalla vendetta divina, ma dalla forza morale delle moltitudini. Ogni pratica di resistenza è legittima, di fronte alla prospettiva della morte del pianeta. Dalla preghiera collettiva all'azione diretta. Lo spettro è ampio: tale deve restare. Non cadremo nel tranello di militarizzare la pratica, e nemmeno di criminalizzare chicchessia.

La lucha sigue!
 
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7. IL GIORNO DEL PROGETTO

di Wu Ming 3 (25/07/2001)

Convulsione, spasimo, singulto.
Come tutto il resto in questi giorni, anche il pensiero assume questa sembianza. Nessun tentativo di imbrigliarlo in una goffa razionalità. .solo lasciare libero il diaframma di abbandonarsi alle contrazioni.
Poi seguirà il tempo - a breve - di sintesi più rigorose.

Ancora frastuono d'elicotteri dentro la pancia, sopra la testa, braccati, il fumo bianco dietro ogni incrocio, colonne d'umani in fuga, scavalcando colline, in seimila sopra scalette da percorrere uno alla volta, troppi amici dispersi, gruppi allo sbando, portare tutti a casa un miracolo.
Venuti a Genova a mostrare la forza delle idee e la straordinaria energia del movimento globale.
Annientati nelle piazze, sistematicamente, con preordinazione meticolosa ed efferata esecuzione.
Centinaia di migliaia di persone ridotte all'impotenza e al terrore, sospensione forse irreversibile dello stato di diritto, squadroni della morte, informazione blindata, notti cilene.
Se fossimo un esercito, di quelli veri, si tratterebbe di immagini e sensazioni da una disfatta, ignominiosa e definitiva.
Eppure.
Nell'imminenza della battaglia avevamo scritto: la settima chiave siete voi.
La moltitudine. L'abbiamo evocata, suscitata inviato ad essa messaggi, parabole, esortazioni. Abbiamo messo il nostro sapere, modesto, e i nostri strumenti, poca cosa, nelle sue mani.
E la moltitudine si è materializzata davanti ai nostri occhi disperati e felici. E la sua potenza si è dispiegata dinanzi al nostro terrore e all'impreparazione.
La moltitudine ha portato ciascuno di noi a casa.
Essa ha impedito la strage.Si è miracolosamente autorganizzata, mirabilmente ha tenuto il sangue freddo, ha condotto e distribuito il suo enorme ventre in mille chilometri d'intestino, che abbiamo percorso traendoci in salvo. Ha sparso su di noi il suo alito di invulnerabilità. Ha blandito la nostra evocazione ed è accorsa in aiuto.
E' da essa che ripartiamo.
Non accetteremo di essere meno. La moltitudine ha disobbedito, fermando il massacro.
Digerendolo.

Abbiamo commesso errori, ingenuità, non avevamo previsto la " guerra sucia", inadeguati alle reazioni che abbiamo scatenato, ma il nostro lavoro è stato premiato comunque.
La disobbedienza civile umiliata nelle strade, le tute bianche aggredite e diffamate, i pacifisti pestati a sangue, i boys scouts e i comboniani offesi, le donne in nero o i Cobas e tutti gli altri calpestati , gassificati, oltraggiati, non sono più deboli dopo essere stati sciolti di fatto dal blocco nero fascista.
Sono, siamo, moltitudine. Questo cambia tutto.
Dobbiamo nutrirla, informarla, curarla. Ne saremo curati, informati, nutriti.
Il codice dell'Impero contro quello della Moltitudine. Ecco la prossima battaglia. Che tutti, noi per primi, comprendano il codice delle moltitudine.
La ferocia d'annientamento mostrata dal nemico può essergli ribaltata contro. Non tornando più ad essere quelli di prima, non accettando più quei panni stretti, ma contaminando, popolando,disseminando e dissolvendosi in essa, percorrendole sue reti come i sentieri di Ho Chi Minh.
Nell'imminenza della battaglia avevamo scritto: già da domani è il giorno del progetto.
Divenuti moltitudini il progetto non può essere che: strutturare il suo codice; renderlo comune; declinarlo in ogni forma possibile; farne il volano essenziale della nuova modalità della cooperazione sociale; di un nuovo orizzonte di senso; di altre relazioni tra gli umani.
E' per questo che bisogna lavorare ora, timone a dritta, senza tentennamenti o nostalgia per ciò che siamo stati. Solo così possiamo sottrarci alle trappole disseminate sul nostro cammino.
La moltitudine penserà al resto.
E se il piombo e il sangue sono i simboli che l'Impero erge sui suoi vessilli, per noi propongo i nostri corpi, il pane e l'acqua, che in fondo, non abbiamo bisogno d'altro.

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8. LA "BENEMERITA": SEMPRE PIU' FORTE; "STATO NELLO STATO"

Links utili a scoprire le radici (piantate dal centro-sinistra!) di un putsch fujimoriano interamente gestito dai "fratelli Acchiappa", quelli che arrestarono Garibaldi e Mazzini, quelli del "Piano Solo", quelli che fuori dalle barzellette fanno paura.
Perché sulla "riforma" dell'Arma fece controinformazione quasi soltanto la P.S.? Dov'eravamo tutti/e? Dovremmo vergognarci.

http://www.rifondazione.it/sicurezza/doc/co_arma.html

http://www.uni.net/anfp/d'avanzo.htm

http://www.parlamento.it/dsulivo/XIII%20legislatura/intervis/int001003_1.htm

http://www.militari.org/legge_78_2000_riforma_carabinieri.htm
 

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9. BRANDELLI DI UNA NARRAZIONE CORALE
 

<<Io e il mio amico Mingo eravamo in testa al corteo della disobbedienza civile, venerdì 20 luglio 2001. Io e il mio amico Mingo, insieme ad altri compagni, spingevamo gli scudi collettivi, montati su ruote, che dovevano servire a proteggere la testa del corteo dalla carica delle forze dell'ordine.
Io e il mio amico Mingo sudavamo e faticavamo per quel lunghissimo viale, Corso Europa, che diventa via Tolemaide, sotto il sole e sotto i corpetti di plastica e gomma piuma. Non avevamo oggetti contundenti, tanto meno l'intenzione di fare del male a chicchessia. Insieme a tutte le tute bianche avevamo sottoscritto la "Dichiarazione di pace alla città di Genova", in cui avevamo reso noto a tutti che non avremmo danneggiato la città né attaccato le persone (agenti di pubblica sicurezza inclusi).
Davanti a noi, oltre gli scudi di plexiglass c'era il gruppo di contatto, composto da parlamentari, avvocati, portavoce dei centri sociali e don Vitaliano della Sala.
Avanzavamo pacificamente, senza danneggiare nulla, con l'intenzione di arrivare il più vicino possibile alla zona rossa, resistere il più possibile alla carica delle forze dell'ordine e quindi ritirarci in buon ordine (il più possibile).
Ma quando eravamo ancora ad almeno mezzo chilometro dal confine della zona rossa, arrivati a un incrocio, il gruppo di contatto è stato attaccato con un lancio di lacrimogeni da una strada laterale, dove un plotone di carabinieri era schierato in attesa del nostro passaggio.
Non ci è stato ultimato di fermarci. Né di disperderci. Dopo i primi lacrimogeni i carabinieri sono spuntati davanti al corteo e hanno caricato.
Io e il mio amico Mingo non abbiamo avuto il tempo di renderci conto di niente: un secondo prima stavamo spingendo gli scudi, un secondo dopo ci siamo ritrovati a premere sugli scudi stessi per proteggerci dai calci, dalle manganellate e dai lacrimogeni sparati ad altezza d'uomo.
Abbiamo retto. Ma da sotto gli scudi i carabinieri hanno fatto rotolare tra i nostri piedi i lacrimogeni al gas urticante, contro i quali le mascherine antigas che portavamo hanno potuto poco o niente.
Non so cosa fosse quella sostanza verde. Urticava la pelle e le mucose, ma soprattutto toglieva letteralmente il fiato, impedendoti di respirare. Io ho dovuto lasciare la presa e correre indietro, avvolto nella nebbia fitta, in preda al vomito e alle convulsioni.
Il mio amico Mingo non è stato così "fortunato". Lo scudo di fianco al suo è caduto e la testuggine  si è aperta: i carabinieri sono piombati su di lui, manganellandolo, rompendogli il setto nasale e trascinandolo via. Sulla camionetta l'hanno picchiato a turno, minacciandolo di morte e definendo quel simpatico turn-over il loro "giochino". Non si sono nemmeno presi la briga di identificarlo o fermarlo: dopo averlo pestato a dovere l'hanno lasciato al pronto soccorso.
Più tardi, mentre il corteo indietreggiava e tornava sui suoi passi, verso lo stadio Carlini da cui era partito, i carabinieri hanno continuato ad attaccare le ultime file con lacrimogeni urticanti, idranti e blindati, col rischio di schiacciare qualcuno. Migliaia di persone che pacificamente si ritiravano, sono state attaccate per un chilometro e mezzo, fino a poche centinaia di metri dallo stadio, con la gente che si calpestava a vicenda in preda al panico. Per fortuna abbiamo collocato gli scudi collettivi sull'ultima fila e siamo riusciti a proteggere la ritirata senza che il terrore disperdesse il corteo in mille rivoli. E' stato merito nostro, dei disobbedienti, se quel corteo non si è trasformato in un fuggi fuggi indistinto e impazzito, col rischio che tutto finisse in riot e guerriglia urbana.
Ma chi siamo io e il mio amico Mingo? Chi siamo, noi due pericolosi "facinorosi" e "criminali" che meritano l'attacco feroce, sul fronte e alle spalle, l'intossicazione e le botte da parte dei tutori dell'ordine?
Io sono figlio di un operaio e di un'insegnante. Ho ventotto anni. Sono laureato in filosofia. Sono incensurato. Non ho nemmeno mai partecipato a una rissa o a una lite violenta. Di mestiere scrivo, faccio il romanziere. Più altri lavoretti saltuari per arrotondare. Vivo in un appartamento modestissimo a Bologna.
Il mio amico Mingo ha la mia età, fa il dj in alcuni locali bolognesi e in una radio indipendente della stessa città. E' piuttosto conosciuto e apprezzato da tutti per il suo umorismo.
Chi pensavano di stare attaccando i ragazzi in divisa che ci sono stati scagliati contro? Cosa gli era stato raccontato sul nostro conto per scatenare tanta ferocia? E soprattutto: cosa abbiamo fatto di male per meritarci tanto, a parte voler manifestare contro l'ingiustizia planetaria esercitata dai paesi ricchi su quelli poveri? >> (WM4)

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Bambini di Satana contro il G8
 
Sono partito per Genova alle 4 di mattina del 21 luglio 2001, con me c'era un nostro direttore. Tutta l'intenzione era quella di unirci ad un corteo pacifico contro il G8; il nostro abbigliamento era costituito da un paio di pantaloncini e una maglietta, nessun casco, nulla di altro. Dopo ore di viaggio si arriva a destinazione, 400 - 500 mila persone sotto al sole manifestavano contro il G8, uomini, donne, bambini, anziani... qualcuno scrive con uno spray nero sulla caserma della polizia: assassini. L'incommentabile gesto delle forze dell'ordine che ha spento una giovane vita, ci lascia tutti senza parole. I cittadini di Genova si mostrano a malapena dalle finestre, ci danno solidarietà, ci tirano pane ed acqua, ci salutano ma sono terrorizzati. Procediamo poco alla volta lungo il mare, lungo le strade, il sole picchia e le forze sono poche, qualcuno si sente male. Verso le 14.00 una carica di lacrimogeni ci divide tutti; mi trovo in una città che non conosco fra gente che non ho mai visto prima. Ancora gas lacrimogeni ed un fuggi fuggi generale al grido di "assassini" ; elicotteri sono fermi sulle nostre teste, bassissimi, filmano tutto e tutti; sirene a volume massimo spargono terrore. Ci attaccano da tutte le parti, attaccano cittadini con le mani alzate, inermi, i gas arrivano contro tutti, chi ha un fazzoletto si protegge il volto. L'immenso corteo continua a procedere per poi fermarsi per un dibattito. Alle 16.00 la nostra manifestazione finisce ma siamo impossibilitati a tornare a casa, la stazione Genova Brignole è sotto assedio, ci sono scontri violenti, ci dicono di aspettare, di non avvicinarci. Aspettiamo, cerchiamo dell'acqua, un po' dombra.   Proprio mentre ero seduto su uno scalino vedo la polizia avanzare nel tentativo di disperedere un gruppetto di manifestanti che fuggono impauriti, la carica non si ferma, gas lacrimogeni vengono sparati a raffica ad altezza d'uomo, colpi su colpi che finiscono contro i cittadini, i giornalisti, i fotografi; mi sono sentito bersagliato, saltando i colpi che arrivavano ai miei piedi, cercando di fare scudo al mio corpo per non essere colpito e ferito; sento gridare un'anziana signora accerchiata dai gas, l'afferro e la trascino dietro una colonna per metterla in salvo, ma i colpi arrivano anche attorno a noi, non vedo più nulla, non riesco a respirare e non ho nulla da mettere davanti al volto, riesco a raggiungere una viuzza trasversale, faccio sedere l'anziana e poi cerco riparo ma, non conoscendo Genova, mi trovo in una stradina dove la gente caricata dalla polizia mi correva incontro, ancora una volta cerco la fuga, mi infilo giù per scale esterne ad una casa, sento le sirene arrivare attorno a me, a quel punto mi riparo come posso. Dopo un'ora, i disordini diminuiscono e riesco a raggiungere la stazione Brignole; anche qua la polizia arriva e gira attorno ai manifestanti che attendevano il treni per il ritorno a casa, sfila con ogni mezzzo a sirene spiegate, idranti, auto, elecotteri, la gente non sa più che fare: "basta, basta!" gridava e si ammassava sul marciapiede all'entrata della stazione. Pura provocazione, puro terrore.
Ci opponiamo a questo clima di fascismo e contestiamo vivamente l'operato delle forze dell'ordine, le loro provocazioni e i loro attacchi pericolosissimi contro cittadini e manifestanti pacifici, ricordiamo che un ragazzo è stato ammazzato dal loro modus operandi, ricordiamo di essere stati attaccati con colpi di gas lacrimogeni sparati ad altezza d'uomo, ricordiamo che ci è stato promesso garantismo e libertà.
 
Marco Dimitri
Presidente Bambini di Satana
P.S. per chi vuole vedere l'intervista video che mi hanno fatto in manifestazione l'indirizzo è
http://bolognacity.monrif.net/groups/2/108/artI4420.html>>
 
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<<Io c'ero a Genova. Posso dirlo ma mi sembra falso. Forse non c'ero e non ci sono ancora anche adesso che sono a casa.
Tre giorni di incubo. Non è facile tornare alla normalità.
Di solito quando l'incubo finisce ci si sveglia e ci si sente straniti, la paura man mano svanisce.
Ma quando l'incubo ce l'hai intorno, lo vivi da sveglio, lo guardi con gli occhi aperti, la paura non ce l'hai. Quella ti arriva dopo, quando tenti di svegliarti e capisci che invece non stavi dormendo.
E allora il ritorno alla normalità della vita quotidiana ti sembra difficile, ti sembra incredibile e l'incubo continua e diventa ricordo. Rivivo col pensiero tutto ciò che mi è passato davanti agli occhi in quei tre giorni, senza sforzarmi più di tanto, un fiume di immagini che scorrono.
Ora sono qui, tutto quello che vorrei dire a commento dei tre giorni di Genova mi sembra retorica, banale, già detto e scritto dalle migliaia di penne, macchine fotografiche e videocamere che erano in strada.
Il ricordo, solo quello è unico, solo quello è mio perchè lo hanno visto solo i miei occhi, o, meglio, solo io l'ho visto da quell'angolazione. Chi era accanto a me anche ha visto, ma è un ricordo diverso. Centinaia di migliaia di ricordi diversi.
Il ricordo è quello che conta, il resto è cronaca. Il ricordo ti fa cambiare, ti fa capire, ti fa avere paura.  Paura senza nome, paura forse di perdere il ricordo.
Perchè, nonostante tutto, io quest'incubo non lo voglio dimenticare, e forse neanche potrei.
Non si dimentica il fumo del lacrimogeno che allontano con un calcio, non si dimentica il battere dei manganelli sugli scudi al ritmo dei passi mentre il cordone di polizia si avvicina, non si dimentica il poliziotto che rompe i vetri del furgoncino sanitario del corteo.
Non si cancellano le colonne di fumo nero che si alzano nel cielo sopra i tetti di Genova, non si cancella il volto rosso e intriso di terrore del ragazzo che torna al camion del corteo per raccontare che nella piazza accanto la polizia ha sparato e uno forse è rimasto secco. E non si dimenticano la foto in anteprima del tg5 di un ragazzo col passamontagna steso a terra in una pozza di sangue e  quella di una camionetta dei carabinieri con due piedi che escono da sotto le ruote con Mentana che manco se n'era accorto e indicava solo i finestrini rotti.
E' un pugno che mi arriva dentro quando accanto a tutto questo aggiungo il ricordo dello stadio Carlini, della tribuna piena di gente, di colori, di moltitudini, dei sacchi a pelo sotto il tendone, della pioggia, delle immense assemblee, delle comunità sparse per tutto lo stadio, dell'acqua rinfrescante che piove sul corteo dalle finestre di Genova.
A tutto questo colore mi sfugge il nero, il fragore delle vetrine in frantumi, la sensazione di essere preso in giro da chi sembra essere, come me, contro il g8 e invece appare sempre più come uno strumento manovrato contro di me da chi il g8 lo difende.
Grande si fa largo anche l'impotenza davanti alla scelta tra un corteo gioioso e festoso, impossibile con il sangue sull'asfalto, e un corteo a lutto, impossibile perchè certe volte il silenzio uccide di più.
Il turbine del ricordo non si ferma, si arrotola come un caracoll infinito.
Uscirne per me è ora impossibile.
Ho con me le immagini di un terzo occhio, la mia telecamera. Con quelle, se volete, posso farvi entrare nell'incubo. C'è spazio per tutti.
Ma quello che porto dentro non posso darvelo.
fabio.pelagalli@luxa.it >>
 

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<<[.] Oggi [25/07] per la prima volta mi sono collegato al vostro sito ed ho letto tra gli archivi della rivista on line la lettera di Q sul G8 datata 15/6/01. Ma davvero l'avete scritta un mese prima del G8? E' veramente inquietante.
A parte il caso che ha voluto che non fosse il carabiniere a morire ma un manifestante, la strategia di Q ha funzionato ancora una volta. Infiltrarsi nel gruppo, aizzare i più violenti per poi criminalizzare e massacrare tutti. Davvero non si può uscire da questo cerchio (o Q)?
Nello stesso testo è riportata una difesa dei Black bloc che presta il fianco alle accuse del governo sulle coperture ai violenti. E allora o i black bloc sono bravi ragazzi che raccolgono l'immondizia e i violenti sono solo gli infiltrati oppure vanno prese le distanze nettamente ( o vanno individuati gli infiltrati).
Questa è solo la modesta opinione di un lettore dei vostri libri che non manifesta più da 20 anni.
Cordialmente
Gabriele>>

[N.d.R. Come si è visto sopra, sul Black Bloc abbiamo risposto. La lettera di Q non l'abbiamo scritta noi ma Fritz '75, lungimirante membro di Ya Basta! Bologna]
 

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10. PROPOSTA PER I TEMPI (DURI) CHE VERRANNO

"Questa è per le signore. Voglio dire alle signore, e ricordarvi che non scherziamo, che la situazione è molto seria. Voi avete il potere di porre bruscamente fine a una quantità di cose che succedeono, e quello noi lo chiamiamo il potere della fica. Il potere politico, diciamo noi, il potere rivoluzionario nasce dalle labbra di una fica. Mi rincresce per tutti i vittoriani che si sentiranno moralmente offesi, ma state buoni un momento e cascherete dalle nuvole. Calma, capito? Abbiamo detto che o fate parte della soluzione o fate parte del problema. Se fate parte della soluzione, perché andare a letto con chi fa parte del problema? Tutto può essere progressista, tutto può essere rivoluzionario. E può essere controrivoluzionario, può essere reazionario o conservatore, se vai a letto con [Ronald Reagan] o [Max Rafferty]. Insisto. Guardate questi maschi che si dicono uomini e ditegli che devono diventare parte della soluzione o la piantino di telefonarvi. La smettano di scrivervi lettere d'amore e la smettano di venirvi a cercare a casa vostra. Ditegli di schiarirsi le idee e poi di tornare. E potete farlo. Potete esercitare su di loro una pressione molto maggiore di quella che posso esercitare io coi miei discorsi. Potete tagliargli i viveri. E potete farli correre a destra e sinistra come tanti Lenin, Mao Tse Tung e Jerry Rubin. E se non ci credete, provate. Metteteli con le spalle al muro. E se non vogliono mettere la testa a posto, sono sicuro che là fuori c'è un sacco di gente pronta a segnare il proprio numero di telefono sul quadro avvisi, e a correre in vostro aiuto nell'ora del bisogno. Grazie."

Eldridge Cleaver, Discorso alla Stanford University, 1 ottobre 1968