Si può quel che si fa
Giap #4, VIIa serie - Sabbatico fase "dura" - 18 gennaio 2006


0. Il vero Fefe
1. 2006, il Sabbatico di Wu Ming nella sua fase "dura"
2. 54 tra i "best of 2005" secondo The Independent e The Times
3. United We Stand, l'action movie europeista
4. Yo Yo Mundi: tutte le date del tour britannico
5. Jazz News (Switters: rassegna stampa; antologia New Thing; Bifo su NT)
6. La potenza di Eymerich e altri romanzi totali
7. La Calabria
8. Santiago Horror Tour – da due giapster in viaggio




AL VERO FEFE

Il 27 dicembre scorso, Fefe è morto davvero, anche se nessuno l'ha mai chiamato così.
Come spesso accade, il personaggio di Ferruccio, fratello di Angela in 54, era ispirato a una persona *vera*, Adriano "Ciccio" Morselli. Non è stato Odoacre Montroni, non sono stati i farmaci. O almeno, non solo quelli.
Dedicato a lui.

E a Federico Aldrovandi, massacrato a Ferrara il 25 settembre 2005;
a Roberto Bellogi, avvocato difensore;
alla comandante Ramona dell'EZLN.




2006, IL SABBATICO DI WU MING NELLA SUA FASE "DURA"



"Sarebbe un lavoro magnifico, se desse da campare. L'altra settimana avevo un invito per Parigi. All'ultimo momento, invece di prendere il treno, ho preso la corriera e sono andato ad Abbadia San Salvatore, ho preso una stanza in albergo e ho fatto lo scrittore. Sorretto da un ottimo calorifero, da una cucina sana e non troppo piccante e dallo spettacolo della neve che cadeva fuori della finestra come un presepio, scrivevo a macchina otto-nove ore al giorno, e così per sette giorni, e a venir via mi veniva da piangere. Di queste settimane purtroppo nella vita ne avrò poche."
Gianni Rodari, Lettera a Giulio Einaudi, 8 dicembre 1963

"Enfatizza i difetti"
Brian Eno, Strategie oblique, responso del 7 gennaio 2005


Vorremmo parlare di noi, oggi, qui, domani, Giap, Wu Ming, il romanzo, il tempo che manca, noi = noi + voi, il presente, quel che ci aspetta, il 2006, il Sabbatico.

Il "presente" escresce, fuori dalla gabbia che lo comprime. Si gonfia ed esonda, spacca le sbarre dell'attenzione.
Cos'è il "presente" e cosa ha a che fare con quello che stiamo scrivendo?
Banalità di base. Il "presente" è la fase che va dal passato molto recente all'immediato futuro, un "tempo della coscienza" che corrisponde più o meno a: le cose che ci accadono di giorno in giorno.
A rigore, tutti gli scrittori raccontano il loro presente, anche quando scrivono di medioevo o di un futuro post-atomico.
Il presente fa irruzione in ogni riga, in ogni scelta linguistica e narrativa, in ogni emozione che si deposita sulla pagina.
Il presente lascia tracce di sé, si racconta tramite l'autore (che è qualcosa di simile a un medium, salvo che il processo non ha nulla di soprannaturale).
Il presente influenza in modo decisivo il modo di raccontare il passato, anche al di là dell'intento allegorico (che può esserci oppure no).
Ogni romanzo si rivolge all'oggi (e al domani, ma questo è un altro discorso), ogni romanzo parla anche dell'oggi.
Non necessariamente chi ambienta un romanzo nel 2005 racconta il presente più di chi lo ambienta nel Settecento, e nemmeno si assume più responsabilità.

La nostra dichiarazione di poetica è sempre stata: raccontare le comunità, soprattutto le comunità in lotta, quel che le tiene insieme e quel che a un certo punto le mette in crisi, raccontare la "teleologia del comune", cioè l'evolversi dello scambio, della condivisione, del mito collettivo.
E' una narrativa del legame sociale, la nostra. Tutti i nostri libri sono così, ciascuno a suo modo.
Non facciamo romanzi "a tesi", però: anche se volessimo scrivere puri romanzi d'evasione, improvvisando in trance, macinando pagina dopo pagina senza sapere cosa sta per accadere, finiremmo comunque per metterci dentro quello in cui crediamo.
Il passato non è un rifugio. E' il punto d'origine del presente.
Se vi sembriamo assenti, è perché siamo qui, nell'oggi. Nell'oggi in senso lato, però. Stiamo scrivendo, c'è meno tempo per l'oggi in senso stretto.

Quando abbiamo lanciato il "Sabbatico" per poterci dedicare alle famiglie e al romanzo, pensavamo bastasse smettere di fare presentazioni.
Nel 2004 avevamo fatto un tour di cento date dal Friuli alla Calabria, con grandissimo investimento di tempo ed energie. Pensavamo: restandocene a casa, risparmieremo una quantità di giorni, ore e minuti tale da potere non soltanto scrivere il romanzo, ma anche fare meglio tutto il resto.
Il resto: curare i numeri di Giap, rispondere alle mail di chiunque ci scriva, aggiornare e migliorare il sito, contribuire a discussioni sui blog letterari, riflettere insieme ad altri su alcune questioni importanti (vedasi uno scambio di mail sul noir da cui è nato l'intervento di Tommaso De Lorenzis sul "Termidoro del romanzo di genere").

La nostra dichiarazione programmatica (gennaio 2000) si concludeva con la frase: "Wu Ming intende valorizzare la cooperazione sociale tanto nella forma del produrre quanto nella sua sostanza: la potenza del collettivo è allo stesso tempo contenuto ed espressione del narrare."
Il Sabbatico serviva e serve a riscoprire la potenza del collettivo in tutte le sue sfumature. "You don't grow as a band unless you shake things up, you know." (George Harrison)
Così, eccoci in assemblea permanente. Lanciamo idee e ci lavoriamo sopra, forsennati. Registriamo ogni seduta. Ci facciamo il culo quadro.

Tuttavia, non basta.
Ci siamo sopravvalutati, abbiamo sottovalutato i casini tutt'intorno, abbiamo sottovalutato la fase che attraversano la città, il Paese e il pianeta (perchè conta anche quello, conta parecchio).
Coi tempi e le energie siamo con l'acqua alla gola. Le mail arretrate si impilano "out of sight", abbiamo disdetto ogni intervista via e-mail, da mesi riusciamo solo a spedire dei "quasi-giap", le nascite dei nostri figli (tre negli ultimi due anni) sono causa di una continua re-invenzione del metodo di lavoro sul romanzo, in un delirio centrifugo di pannolini, pappine, biberon, balocchi che volano per ogni dove, nottate in cui non si dorme un cazzo.

Per il 2006, dobbiamo dare un ulteriore giro di vite alle nostre vite, e scusate il bisticcio.
Di fronte abbiamo mesi saturi di impegni e sbattimenti, paternità nella fase intensiva, *nuove nascite*, altri lavori... E il romanzo entra nella sua fase clou, si sale sulle montagne russe, verso l'apice.
"Ottimizzare". Riassestarci.

Dobbiamo anche resistere alle tentazioni di coinvolgimento militante nell'oggi in senso stretto.
Questo è l'anno in cui ci giochiamo tutto, ci giochiamo il mondo, il Paese si gioca il futuro nei prossimi cento anni.
Certo, il tempo è un continuum e ogni istante conta, in ogni istante ci giochiamo tutto, ci giochiamo il mondo e il secolo ad andare. Ma quest'anno è denso, è lo sfregarsi reciproco di materia e antimateria, inutile dire il perché, lo sappiamo tutti. Dobbiamo liberarci di lui e dei suoi. Dobbiamo provarci.
Dopo, non ci sarà catarsi. Niente cieli nuovi e terra nuova. Non c'è da aspettarsi molto. Eppure dobbiamo liberarci di lui, è tempo.
La tentazione sarà di calarci nel vivo delle controversie. In una certa misura lo faremo, ma terremo tale coinvolgimento al *minimo indispensabile*. Faremo solo il necessario per non sentirci degli "imboscati".
Eppure nel frattempo verso un bosco ci muoviamo. Di nuovo "chi va al bosco", il Waldganger, la figura che ci ispirava ai tempi di Luther Blissett. "Il bosco è dappertutto [...] Il bosco è nel deserto, il bosco è nella macchia [...] "Ma il bosco è soprattutto nelle retrovie del nemico stesso". Nel bosco "sono a disposizione mezzi diversi oltre al semplice 'no' da scrivere in una determinata casella" (Ernst Juenger).

Il Sabbatico entra nella sua fase "dura".

E' una decisione che abbiamo preso un mese fa e annunciato a pochi intimi poco prima delle feste. Chi di noi interveniva sui blog si è sentito chiedere spesso, negli ultimi giorni: "Ma dove ti sei ficcato?".
Abituatevi a questa nostra assenza dal web (wumingfoundation a parte).
Chiediamo scusa in anticipo a chiunque ci contatterà se durante il 2006 la scioltezza del comunicare e la prontezza nel rispondere non saranno quelle di una volta.
Continueremo a confezionare e spedire numeri di Giap (o quasi), accompagneremo in rete le varie uscite che ci riguardano (a cominciare da Free Karma Food di WM5), scriveremo e spediremo i "prolegomeni" al romanzo, e ci saranno due occasioni due di incontrarci (date di riparazione per "pacchi" tirati l'anno scorso). Però i ritmi saranno più distesi, le cadenze irregolari, le risposte meno tempestive.
Abbiate pazienza.
Non chiedeteci interviste, articoli, interventi sul vostro blog, contributi di qualsiasi tipo.
Abbiate pazienza.
Nel frattempo, c'è tanto da fare.





54 TRA I "MIGLIORI DEL 2005" SECONDO "THE INDEPENDENT" E "THE TIMES"


54 verrà pubblicato negli Stati Uniti nel luglio 2006. L'editore è Harcourt, lo stesso di Q. La copertina sarà la stessa dell'edizione britannica.
Q, contro ogni aspettativa e scontando l'antipatia dei pre-recensori (Kirkus Reviews etc.), è andato discretamente. Benino. Bene, per un romanzo europeo che più europeo non si poteva.
Non nascondiamo che stavolta, con un romanzo "trans-atlantico" come 54, ci piacerebbe investire l'America con la forza di un uragano, come i Beatles con I Want to Hold your Hand.
"Oh yeah, I'll tell you something, / I think you'll understand..."
Ci piacerebbe, sì :-)

Nel frattempo, 54 è stato giudicato tra i "migliori del 2005" in Gran Bretagna, sull'Independent e sul Times.

"Una vena di pura tonteria scorre in 54 di Wu Ming, scritto dal quartetto di burloni italiani già noti come 'Luther Blissett'. Si svolge nel 1954 e in qualche modo riesce a portare in scena Cary Grant, Alfred Hitchcock, Lucky Luciano e un errabondo televisore di marca McGuffin, il tutto in uno scherzoso romanzo criminale che vale anche come inchiesta sulle radici del consumismo. Di sfavillante intelligenza, ma tanto svergognato, chiassoso e divertente che durante le feste dovrete fare penitenza con la nuova traduzione di Guerra e pace."
(Boyd Tonkin, "The best of 2005" su The Independent, venerdì 2 dicembre 2005).

"54 (Heinemann), il nuovo romanzo del collettivo italiano che ha scelto di chiamarsi Wu Ming (e nella precedente impresa Luther Blissett), a pieni polmoni soffia nuova vita in un genere alquanto abusato, il romanzo di spionaggio."
(Robert Conquest su The Times, venerdì 2 dicembre 2005)

Per una rassegna stampa internazionale su 54, clicca qui.

"...non essendo più ridicolo di tanti altri, eccomi celebre su Marte e Travet in patria: da anni vado chiedendo scusa al prossimo di tanta e tanto sterile fama, mi astengo dai viaggi all'estero, non rispondo alla posta. Che si vuole da me? Il suicidio per eccesso di fama? Giammai: ho centomila altre ragioni per restare al mondo, e poi ho appena rifatto il motore alla macchina, il dovere di un coscienzioso rodaggio mi trattiene."
Gianni Rodari, Lettera a Giulio Einaudi, 10 aprile 1961




UNITED WE STAND, L'ACTION MOVIE EUROPEISTA


I più attenti si saranno accorti che, su alcuni blog, figuriamo come soggettisti di un kolossal con Ewan McGregor e Penelope Cruz, "United We Stand".
Questo è il sito ufficiale del film.
Come avrete visto, nei credits non ci siamo. Il film lo ha scritto Ellmore Dice Fiuggi.
Ma che film è "United We Stand"?
Tutti i particolari qui.
Qui ne parla L'Unità.
Qui ne parla Liberation. Qui ne parla Artnet.





YO YO MUNDI: TUTTE LE DATE DEL TOUR BRITANNICO


Come ben sapete, tra gli iscritti a Giap vi sono numerosi italiani che vivono nel Regno Unito (vedi anche il "Rapporto da Leeds" nell'ultimo quasi-giap).
Farà loro piacere sapere che i nostri cugini Yo Yo Mundi saranno in tour a Febbraio da Londra verso nord, fino a Edinburgo.
Non è un debutto assoluto in Gran Bretagna: già lo scorso anno gli YYM si sono fatti conoscere a Londra (anche al Forum Sociale Europeo) mettendo in scena Strike, ovvero Sciopero, ri-sonorizzazione del capolavoro di Eisenstein del 1924. All'epoca, riportammo un aneddoto:
"I Pet Shop Boys, a loro volta reduci da una sonorizzazione de La Corazzata Potemkin, hanno visto lo spettacolo il 22 settembre [2004], allo Spitz di Londra. Pare ne siano rimasti entusiasti, tanto che Neil Francis Tennant ha scritto agli YYM una lunga mail d'elogi" (da Giap n.3, VIa serie, 12/11/04).
E qui c'è un'intervista al Socialist Worker di Paolo, vocalist e chitarrista della band:
Siamo molto felici per gli Yo Yo. Sciopero è uno dei loro progetti più riusciti, con cui da anni girano la Penisola, richiestissimi. Se non ci fosse stato "Sciopero", non ci sarebbe stato nemmeno 54 (il cd e lo spettacolo dal vivo). Dopo aver visto Sciopero al Container di Bologna, l'amico e collega Stefano Tassinari ebbe l'idea di una collaborazione Yo Yo Mundi / Wu Ming. Era il 2002, e da cosa nasce cosa.
Da cosa nasce cosa, appunto: il successo di pubblico e critica in Albione ha avuto come conseguenza l'imminente tour.
Di seguito, le date.

* Sunday 05 february - LONDON, Barbican Arts Centre (Silk Street, London EC2Y 8DS) - Box Office Number +44 (0) 845 127 550, ticket prices: £6.50 full, £ ... concs. Performance: 3.00 pm - 15.00.

* Monday 06 february - PETERSFIELD, The Studio TPS (Cranford Road, Petersfield GU32 3LU) - Box Office Number +44 (0) 1243 774641, ticket prices: £10.00 full, £5.00 concs\students. Performance: 7.30 pm - 19.30.

* Tuesday 07 february - DARTINGTON, Barn (Dartington Hall Totnes Devon TQ9 6DE) - Box Office Number +44 (0) 1803 847070, ticket prices: £7.50 full, £5.00 concs. Performance: 8.00 pm - 20.00.

* Wednesday 08 february - NORWICH, NAC Norwich Arts Centre (St. Benedict's Street, Norwich, NR2 4PG) - Box Office Number +44 (0) 1603 660352, ticket prices: £7.00 full, £5.00 concs. Performance: 8.00 pm - 20.00.

* Thursday 09 february - CHICHESTER, University.

* Friday 10 february - SHEFFIELD, Showroom (Paternoster Row, Sheffield S1 2BX) - Box Office Number +44 (0) 0114 275 7727

* Saturday 11 february - EDINBURGH, Filmhouse (88 Lothian Road, Edinburgh EH3 9BZ) - Box Office Number +44 (0) 0131 228 2688, ticket prices: £5.90 full, £4.30 concs\students. Performance: 7.30 pm - 19.30.

* Sunday 12 february - MANCHESTER, Cornerhouse (70 Oxford Street, Manchester M1 5NH) - Box Office Number +44 (0)161 200 1500, ticket prices: £6.50 full, £4.50 concs. Performance: 5.30 pm - 17.30, tbc.





JAZZ NEWS


Ricorderete che qualche mese fa l'etichetta/comunità Improvvisatore Involontario ha fatto uscire l'album degli Switters (Gebbia, Vasi, Cusa) The Anabaptist Loop, ispirato (fin dal nome della band e dal titolo del disco) a romanzi nostri e di Tom Robbins. Le note di copertina sono opera di WM1. L'album è stato accolto con molto calore e interesse dalla critica "specializzata". Abbiamo raccolto e montato un po' di recensioni e commenti, qui.
Brevi assaggi dal disco sono ascoltabili qui.
E nella sezione "Audio" di wumingfoundation ci sono tre brani Switters + WM1, tratti dal reading/concerto di "New Thing".
Le liner notes di The Anabaptist Loop a firma WM1 sono qui.

***

All'inizio di dicembre WM1 ha consegnato alla Abraxas/Goodfellas le due track list e il testo di accompagnamento (in italiano e in inglese) dell'antologia free jazz selezionata dal catalogo ESP.
Questi gli artisti inclusi: Albert Ayler, Marzette Watts, Giuseppi Logan, Sun Ra, Milford Graves, Ornette Coleman, Sunny Murray, Charles Tyler, Sonny Simmons e il Free Music Quintet.
Il titolo di lavoro è: New Thing: The Music.
Un estratto dal testo, che s'intitola "La vecchia nuova cosa è più nuova che mai":

La "musica nera" - la reazione a catena musicale avviata dalla diaspora africana - è un luogo della mente e dell'immaginario, intero continente che non è più Africa, non è America, non è Europa. E' un continente trasversale, alla deriva su un mare di storie, colossale chiatta che trasporta boschi, deserti, altipiani, isole al centro di laghi vastissimi, vette coperte di neve.
Noi europei conosciamo - ci illudiamo di conoscere - "abbastanza bene" la musica afro-nordamericana (compresa una briciola d'Antille), ma è una piccola regione, esplorata solo in parte. L'immenso Brasile afro ti coglie di sorpresa, senza difese critiche, quando dai moderni quilombos erompono ritmi che picchiano di taglio, note di basso che ti prendono alle spalle, funk deviante che ti fonde le suole. Per non dire degli effetti che la musica della diaspora ha prodotto tornando in Africa e da lì ripartendo: afro-beat, afro-soul, James Brown che s'ispira a Fela Kuti che s'ispira a James Brown, l'hip-hop dei senegalesi di Dakar o di Parigi, jazz suonato con le koras ai confini del deserto...
"Jazz", appunto. Parola che vuol dire tutto e niente, amata e rifiutata, tempesta polisemica, micro-detonazioni sotto le unghie mentre scavi, scavi nella terra in cerca di radici. Oggi il jazz è "energia musicale non identificata". Useremo il termine per comodità, a intendere: musiche di matrice afroamericana basate in toto o in larga parte sull'improvvisazione.
Quanti credono di conoscerlo, il jazz, e non è vero? Quanti, anche tra i giovani patiti di musiche black, associano la parola "jazz" a un immaginario vecchio, borghese-vitellone, da bon vivant? In molte città, jazz è brodaglia nostalgica che fingi d'ascoltare nel locale fighetto. L'esperimento più bello, negli ultimi anni, è stato portare il jazz negli squats, nei centri sociali.
In quest'anno del Signore 2006, il B-boy di periferia (di Bologna o di Manila, di La Paz o di Nairobi) ignora quanto della musica e della cultura che ama sia presente in certo jazz. Conosce boschetti, torrenti, campicelli, cartografia di un fazzoletto di terra. Figuriamoci quanto potrebbe eccitarsi, sentendo sotto i piedi il rollìo della chiatta continentale, sentirla solcare il grande mare, assistere al passaggio dei Capi di Buona Speranza, vedere tutto con nuovi occhi, Bartolomeo Diaz, Vasco de Gama.

***

Qualche giorno fa, Franco Berardi "Bifo" ha colto l'occasione di un documentario su New Orleans per commentare "New Thing" in un elzeviro pubblicato da "Liberazione". Ora si può leggere qui.




"LA POTENZA DI EYMERICH" E ALTRI ROMANZI TOTALI
Un cut-up a cura dei Kaizen

[cfr. Anche qui]

L'uscita di due romanzi totali in contemporanea è evento già degno di curiosità. L'incontro fisico tra le persone che li hanno scritti e che tra loro si sono organizzate in collettivi, ensemble, nuclei, gruppi, o che dir si voglia è di sicuro cosa ancor più singolare. Il lettore ci scuserà se saltiamo i preliminari e veniamo subito al sodo, tanto più che i retroscena, i chiarimenti e i particolari più piccanti si possono desumere senza colpo ferire dai due siti cugini www.romanzototale.it e www.kaizenlab.it
(KZ)

Al Riot persone squisite ci attendono, c'è qualcosa nell'aria… Mi sembra di essere alla Biblioteca di Imola 7.000 anni fa, per la presentazione di "Ti chiamerò Russell", la genesi, dove WM2 e Paolo Bernardi hanno commesso il fatale errore di metterci insieme in una sola stanza. Biohazard. Guardate cos'è successo: il Romanzo Totale è diventano un appuntamento annuale. Schiere nutrite di pazzi come noi ci seguono su www.romanzototale.it e www.kaizenlab.it, decine si cimentano a partecipare, a proporre un capitolo, a diffondere il virus della scrittura collettiva in lungo e in largo, a contaminare la rete.
(KZA)

Un Giap annuncia un progetto di Romanzo Totale con protagonista Nicholas Eymerich. La cosa mi incuriosisce. Perché non provare? Era da quando avevo letto Ti chiamerò Russell, che l'idea di partecipare a un'iniziativa del genere mi solleticava. Ci sono tre gruppi, nello spazio incontri del Riot Store: Kai Zen, i primogeniti, e la loro filiazione, il Nucleo Salute Mentale e noi, Emerson Krott. Tre fasi del Romanzo Totale. Storie diverse, persone diverse, ma dinamiche dannatamente simili.
Noi abbiamo visitato la Basilicata medioevale, abbiamo visto nascere neonati deformi, siamo entrati nella testa di un inquisitore, abbiamo disquisito di fisica fantastica, siamo stati testimoni di prodigi terribili e oscuri, abbiamo camminato sotto a un mostro di acciaio e luci, abbiamo teso un ponte tra passato e futuro. Il NSM ha dormito all'addiaccio, ha scritto messaggi in codice, ha inventato la macchina da scrivere, ha partecipato a riti pagani nei boschi, ha sofferto il freddo, ha scavato la sua strada attraverso intrighi politici ed economici. Grosse differenze. In superficie. In realtà, abbiamo seguito le stesse strade. Il gioco di scritture e riscritture, l'attesa per i capitoli pubblicati, seguire il destino dei personaggi, discutere gli sviluppi della trama, cercare di andare oltre alla collaborazione episodica...
(Alessandro, Emerson Krott)

Per me è iniziato tutto da Giap #5, "Ettore alla battaglia di Porta Lame" - 7 febbraio 2005, punto 8, "Scaldate le tastiere":
“[...] è in cantiere il Romanzo Totale, esperimento di scrittura collettiva in rete aperto a chiunque voglia cimentarsi nella costruzione della trama o nella scrittura vera e propria di un piccolo romanzo (illustrato). [...]”
Cercando di non perdermi tra date, luoghi, personaggi e idee ho cominciato a disegnare, a tracciare schemi, mappe, affidandomi quindi a linguaggi a me più familiari. Ho condiviso questo lavoro con gli altri, fornendo una sorta di "supporto tecnico", che sono felice sia stato utile. Ho sempre rimandato la stesura di un capitolo, alla fine ho mollato l'idea e mi sono dedicato esclusivamente alla cronologia, cercando almeno di ordinare gli eventi, verificarne la collocazione temporale e suggerendo qualche correzione.
(T., mastro di mappa e clessidra)

[...] Preferisco rinunciare al reportage di viaggio ed andare invece subito al sodo: l'incontro al Riot Store domenica 18. E quello che ha significato. Innanzitutto, incontrarsi con "amici che non ho mai visto". Vedo quindi finalmente un altro dei volti di Emerson Krott e Kai Zen al quasi-completo: le eminenze grigie, le levatrici che del nostro piccolo romanzo totale hanno seguito la gestazione e la nascita. Altri ugualmente "mai visti" sono i nostri cuginetti. E si parte. I KZ rompono il ghiaccio davanti alla piccola platea, cominciano a raccontare dei progetti passati, di quelli in corso e di quelli futuri. Creano un ambiente concreto eppure scanzonato, ci mettono a nostro agio. E in capo a pochi minuti ci sentiamo tutti pronti, e parliamo [...] Nella saletta del Riot c'era un mucchio di energia, che ci portava a voler condividere con tutti quanti la nostra "esperienza di scrittura".
A raccontare in dettaglio tutti i meccanismi del gioco: l'importanza delle regole, del mettersi in gioco in maniera trasparente, dell'essere all'occorrenza brutali nella critica, della (parziale) rinuncia al proprio ego "da scrittore". Di come l'autore collettivo può superare i limiti dell'autore singolo. Di come lo scrivere può diventare un gioco. [...] Sono state spacciate idee ed esperienze preziose a piene mani, senza paura nè gelosia. Mi è parso che nella rievocazione ciascuno di noi stesse -forse inconsciamente- cercando di ricreare l'atmosfera dell'esperimento.
(Mario, Emerson Krott)

[...] Finalmente si inizia. I Kai Zen sono già al piano di sotto. Ci sono anche gli Emerson Krott, autori del RT precedente "La potenza di Eymerich". Anche per loro è la Prima, ed anche loro mi sembrano avere la stessa gioia mentre sfogliano il loro pargolo. Non c'è nulla da fare, è una grassa sensazione. Si chiacchiera ancora un po', e di lì a breve i Kai Zen presenti si siedono sul divano di comando. E si aprono le danze. [...] In quel di Bolzano non è cosa di tutti i giorni sedersi in una sala a chiacchierare di libri, e del fare i libri. Solitamente c'è una bella cattedra dalla quale parlano individui spesso occhialuti e sempre saccenti, che se gli chiedi cosa ne pensano del copyleft, ti rispondono che la pirateria è un reato... Qui discutere sul fare libri non è "affare elitario", ma alla portata di tutti coloro che abbiano voglia e costanza. Certo non saremo candidati al Nobel per la letteratura, ma chi ne ha bisogno? E questo non riguarda solo lo scrivere in senso stretto. Alla presentazione non ci sono solo le persone che hanno recitato la parte degli artigiani della parola, ma anche chi si è mosso dietro le quinte, e ci ha pazientemente passato gli attrezzi giusti. Qui ci sono tre collettivi, tutti nati da varie edizioni del RomanzoTotale. Non ci sono troppi giri di parole: per me è semplicemente bello starmene qui a parlare di 'ste cose.
(Tungsteno, NucleoSaluteMentale)





LA CALABRIA

"Cari wu ming,
sono un vostro lettore della prima ora e mi e' arrivata la newsletter dove si parla della calabria. credo di potervi dare qualche dritta sulla narrativa di 'ndrangheta [...]
Credo che prima di perdersi in interpretazioni sociologiche, lamentele, vaghe imputazioni allo stato o alla razza mediterranea ecc., uno debba leggere qualcosa che lo colpisca profondamente. saranno in tanti a consigliarvi le opere storiche di enzo ciconte, pino arlacchi ecc.ecc. ma per la narrativa il discorso e' diverso. vi assicuro che ci sono tante perle nascoste che per vari motivi (ve li elenchero' in un altra mail magari, dato che ho gia' riempito 2 pagine) non sono conosciute in italia.
Malandrini di Arcangelo Badolati, editore Klipper (casa editrice cosentina fondata da dei ragazzi). può essere un buon punto di partenza, sta al massimo una decina d'euro. io ve lo consiglio caldamente, sono 10 racconti (storie vere) di vendette sanguinose ed episodi irripetibili (qualche esempio: un uomo che assalta un carcere da solo con mitra e bombe a mano, un latitante rimasto 42 anni tale che si costituisce il giorno prima di morire, ecc.) e anche le biografie dei boss che spiegano in maniera dettagliata codici, rituali, avvenimenti storici.
Informatevi inoltre sulla Repubblica di Foca' (a Caulonia nel 1946 i comunisti e la ndrangheta locale si sono proclamati repubblica indipendente sequestrando carabinieri e preti, poi e' arrivato l'esercito ed e' finito tutto)."
(Stefano, 22/11/2005)

***

Ho letto la giapmail sulla calabria e sono rimasto particolarmente turbato, in quanto calabrese e in quanto comunque illuso che prima o poi le cose CAMBIERANNO... Poi mi è venuto un poeta della mia città che scrisse versi bellissimi sull'emigrazione, sullo sfruttamento e sul dolore che provoca il sapere che prima o poi ti toccherà partire...
Il poeta è Franco Costabile e una volta scrisse:
"un giorno direi anche tu a queste case... addio Calabria infame..."
(Andrea, 23/11/2005)

***

...Mi associo al vostro invito riguardante la raccolta di materiale che affronti la questione della 'ndrangheta e le cose e le persone che in un modo o nell'altro ne hanno avuto a che fare combattendola: suggerisco un titolo di un libro uscito qualche anno fa che racconta una storia di cui ha accennato anche Lucarelli in una puntata di Blu notte.
Il titolo del libro è Cinque anarchici del sud. Una storia negata, ed è una piccola ma incisiva inchiesta giornalistica riguardante la morte di cinque giovani anarchici reggini nei primi anni'70. L'autore è Fabio Cuzzola, la casa editrice è Città del sole.
E' la storia di cinque ragazzi (quattro calabresi ed una tedesca, moglie di uno dei quattro), morti in circostanze poco chiare nel tratto autostradale tra Ferentino ed Anagni, alle porte di Roma, il 26 settembre del 1970.
I ragazzi stavano andando a Roma dopo avere raccolto delle prove sull'ennesima strage dimenticata, accaduta il 22 luglio del 1970 e costituita dal deragliamento del teno "Freccia del sud", deragliamento che ha causato sei morti e di cui è stata attribuita la colpa, come al solito, al macchinista. I ragazzi a quanto pare avevano raccolto prove che dimostravano che dietro quel deragliamento c'era un attentato di matrice eversiva. Bel libro, scritto bene e con una bellisima prefazione di Tonino Perna, una delle persone che, a mio avviso, danno onore alla mia terra. L'onore vero, intendo.
Poi c'è una sociologa molto preparata che si chiama Renate Siebert, allieva di Adorno e, se non sbaglio, preside della Facoltà di Scienze politiche all'Università della Calabria e professoressa ordinaria di Sociologia del mutamento.
Renate Siebert ha scritto dei bellissimi libri sulla condizione della donna nel meridione e sul rapporto tra donne e mafia, libri editi dal Saggiatore: La mafia, la morte e il ricordo (1995), Mafia e quotidianità (1996), Le donne, la mafia (1994).
Saluti e grazie di cuore per quest'iniziativa.
(Antonino, 06/12/2005)




[Ricevuto il 23 dicembre u.s.]

SANTIAGO HORROR TOUR.
di Enrico Santoni e Tiziano Colombi.

Il passato non passa.
Con queste parole si chiude il film che il regista cileno Patricio Guzman ha dedicato alla figura di Salvador Allende.
Da qui abbiamo deciso di partire per raccontarvi la nostra Santiago. Non troverete in quanto segue i nomi delle strade, le usanze di questi luoghi, l'enormità di questa metropoli.
Questo è per noi un breve viaggio nella memoria.

Il palazzo della Moneda

Trovarci di fronte alla sede del governo cileno risulta da subito un'esperienza disturbante. Finiamo per separarci.
Enrico decide di superare gli sguardi poco amichevoli dei militari che presidiano l'ingresso.
"Posso passare?".
"Chi è lei?".
"Un turista".
"Dove vuole andare?".
"Nulla, volevo solo dare un'occhiata".
"Passi pure, però qui non c'è niente da vedere".
Appare evidente che qui nemmeno i turisti sono i benvenuti.
La piazza ha un aspetto solenne, la facciata della Moneda risplende di un bianco lucente e una fila serrata di bandiere bianco, rosso e blu ricorda a tutti che qui risiede il potere.
Relegata in un angolo si trova la piccola statua eretta in memoria di Salvador Allende.
Sul retro una breve incisione riporta le parole pronunciate dal lìder di Unidad Popular il giorno del suo suicidio durante il colpo di stato del 1973: "Ho fede nel Cile e nel suo popolo... Ho fede che un giorno si riapriranno i grandi viali per i quali camminerà a testa alta l'uomo libero".
A noi non sembra abbastanza. Decidiamo quindi di fare da soli. Il giorno seguente ci inoltriamo nelle per nulla rassicuranti strade della parte vecchia di Santiago. Meta finale del nostro piccolo pellegrinaggio è il cimitero generale.

La tomba di Salvador Allende

La modernità dei grattacieli del centro rimane lontana da questi luoghi fatti di malandate vie incorniciate da palazzi colorati e decadenti.
Impieghiamo circa trenta minuti per percorrere il lungo e diritto viale che, dal mercato centrale, porta, appunto, al cimitero.
Lungo i muri cadenti che delimitano la strada notiamo un coloratissimo murale dedicato ai lavoratori cileni; come nei concitati tempi della campagna elettorale a sostegno di Allende, quando i muri del Cile rimasero l'unico veicolo per sostenere il futuro presidente (stampa e televisioni erano in mano alle destre), anche oggi è sul cemento spoglio delle periferie che si dipinge il dissenso.
Finalmente ci troviamo al cospetto della tomba di Salvador Allende.
La volontà di cancellare un passato così presente si nota dalla malcelata proibizione di posare fiori su questa enorme lapide. Quasi che dei semplici fiori lasciati qui come piccole storie in grado di ridestare la Storia venissero cacciati lontano.

Estadio Nacional

Ultima fermata.
Se fino ad ora le nostre visite agli stadi sono state dettate dalla passione calcistica, questa volte sono la letteratura e la storia ad indicarci questa strada.
Lo Stadio Nazionale fu teatro dell'indiscriminata rappresaglia della neonata dittatura militare capeggiata dal generale Pinochet.
Qui furono rinchiusi e torturati circa settemila "dissidenti" politici, fra i quali l'allora diciottenne Paolo Hutter, in seguito divenuto assessore all'ambiente del comune di Torino (La sua testimonianza di quei giorni è stata pubblicata dal Saggiatore).
Anche qui veniamo accolti da un presidio militare.
Le notizie che avevamo sulla possibilità di entrare si infrangono nuovamente di fronte all'atteggiamento intimidatorio dei soldati Allontanandoci scattiamo alcune foto. Un passante ci fa notare come i militari ci stiano richiamando e ci consiglia si andarcene per evitare il sicuro sequestro della macchina fotografica.

In Cile è tempo di elezioni politiche e questo, probabilmente, acuisce un preesistente e persistente clima di proibizioni.Il viaggio così come lo intendiamo noi porta, a volte, in luoghi non gradevoli e che possono sembrare nemici. In realtà il moto perpetuo del viaggiatore è rivolto anche alla ricerca di questi luoghi, e forse è proprio qui che il viaggio trova la sua completezza.
Probabilmente avrete trovato, in queste poche righe, qualcosa che assomiglia alla retorica, una fastidiosa insidia che, come l'ombra nei giorni di sole perenne, si attacca senza tregua alle nostre sagome. Ci scusiamo se non siamo risciti a seminarla ma correre no serve.
Rimane il nostro onesto tentativo di ravvivare una storia troppo spesso accantonata, ad un undici settembre prima dell'undici settembre e ad un uomo che Luis Sepùlveda ha semplicemente definito necessario.
A Salvador Allende.
Tutto qui.

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