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Anthony Cartwright

Conversando con Anthony Cartwright. Le città di ferro e la letteratura operaia

Anthony Cartwright

Qualche mese fa su Giap ci siamo occupati della nuova letteratura working class, pubblicando un pezzo molto interessante di Alberto Prunetti. In quell’articolo si parlava, tra i molti autori, anche di Anthony Cartwright, romanziere inglese pubblicato in Italia dall’editore 66thand2nd.

Originario di Dudley, nelle Midlands Occidentali – capoluogo di quello che un tempo era noto come «Black Country», per via dell’impatto che l’industrializzazione ebbe sul paesaggio di quella regione-, Cartwright è uno dei più interessanti autori britannici della sua generazione. Le sue storie raccontano e indagano la condizione esistenziale della working class post-fordista e interetnica, figlia della sconfitta del vecchio laburismo, dopo il tramonto dell’epica operaia novecentesca. Le rovine industriali, il terreno intriso di ferro, i fumi di antichi e nuovi incendi, gli stadi e i campi da calcio delle categorie minori, compongono un paesaggio che sfugge alla dicotomia metropoli/countryside nella quale spesso l’immagine del Regno Unito resta impigliata. Prosegui la lettura ›

Nuove scritture working class: nel nome del pane e delle rose

Un’immagine dal graphic novel Ferriera di Pia Valentinis.

di Alberto Prunetti *

Primo antefatto. Respira e intona il mantra: «Class is not cool»

Un libro racconta la storia di un educatore precario, figlio di un operaio di una fonderia. Padre e figlio si incontrano a parlare il sabato pomeriggio allo stadio. Come viene descritto quel romanzo inglese in Italia? Come un libro sul calcio. Ma in realtà quel romanzo è un racconto sulla classe operaia. Sulla working class inglese, che notoriamente attorno alla birra, al pub e al football aveva costruito elementi di convivialità e socialità. Dopo la fabbrica, ovviamente, ma quella era già stata smantellata. Così in Italia si adotta come un libro sul calcio quello che invece è un romanzo che racconta una classe sociale. La working class inglese.

Guai infatti a parlare di classe operaia. Ripetere tre volte il mantra ad alta voce: la classe operaia non esiste – la classe operaia non esiste – la classe operaia non esiste. Poi comprare su una piattaforma on line una penna usb assemblata in una fabbrica cinese e chiedersi quante decine di mani operaie toccano quel singolo oggetto da Shanghai a Piacenza. Prosegui la lettura ›