Il calcio del figlio, speciale n.2 | Nuove recensioni e interviste

Il calcio del figlio (Edizioni Alegre, €16), uno dei libri più anomali usciti dall’officina Wu Ming, sembra avere positivamente spiazzato una parte dei nostri lettori abituali, e averne conquistata una nuova. A dimostrarlo ci sono le recensioni che continuano a uscire online, anche in luoghi piuttosto disparati del web. Da maggio a luglio ne sono uscite cinque. Come al solito le segnaliamo, pubblicando un breve stralcio da ognuna.

La prima è un’intervista che Gilda Sciortino ha fatto all’autore, a margine della presentazione di Palermo, uscita sul settimanale Vita, portale di sostenibilità sociale, economica e ambientale:

«Ho fatto una scelta ben precisa, infatti non è il mio “io narrante” che lo anima. Il narratore si dà del tu, come se si guardasse allo specchio o come se si rivolgesse al potenziale alter ego, cioè un padre o una madre che hanno attraversato la stessa esperienza. Diversamente sarebbe stata la solita storia di un papà che racconta quanto è bello e bravo suo figlio. Mi interessava raccontare una storia che senza dubbio è la mia o la nostra, ma che parla del rapporto tra padre e figlio, con tutte le difficoltà che ciò comporta. Attenzione, è un libro che racconta molto di sbagli, commessi anche da me e, col senno di poi, valutati come tali. Quello che ho voluto fare è stato osservarmi mentre ero dentro a questo turbinio. Gli antropologi la chiamano “osservazione partecipante”, che è ciò che fanno quando si mettono tra i nativi e registrano quel che accade. Chiaramente la tua presenza è condizionante, in qualche modo interagisci, però al tempo stesso rilevi le relazioni, raccogli le testimonianze. Ho, quindi, raccontato dei tipi umani, che fossero ragazzini, genitori, allenatori o dirigenti.»

La seconda è la recensione di Cristina Volpe Rinonapoli sul quotidiano online Italia informa:

«Tra i momenti più significativi del libro, ci sono gli incontri con persone che altrimenti Wu Ming 4 non avrebbe mai conosciuto. Dall’immigrato albanese che fatica a pagare le trasferte al manager della Banca Mondiale, dal padre militare – con cui l’autore, pacifista convinto, non avrebbe scambiato una parola in altri contesti – fino a dirigenti e allenatori improvvisati. La forza del calcio dilettantistico sta anche in questo: creare legami inediti, forzare le bolle sociali e ideologiche, obbligare a fare i conti con la diversità del Paese reale. Ed è proprio in queste zone liminali, in questi momenti di umanità concreta, che Wu Ming 4 trova il vero significato dell’esperienza. Le piccole comunità che si formano intorno a una squadra di ragazzi non durano per sempre, ma lasciano segni profondi. Si cresce insieme, genitori e figli, e questa crescita diventa il vero risultato della stagione.»

La terza è quella di Andrea De Rocco, un’ex-tuta bianca, che con Wu Ming 4 ha condiviso l’epica marcia della dignità indigena in Messico nel 2001 (strana la vita), uscita sul blog di Radio Sherwood:

«In genere non mi piace parlare di pallone, nonostante abbia occupato una buona fetta della mia vita, perché di solito lo trovo troppo condizionato dal tifo, però ho appena finito di leggere “Il calcio del figlio” di Wu Ming 4, ovvero il racconto dell’esperienza dell’autore sulle tribune e a bordo campo, al seguito del figlio calciatore, nell’arco di oltre dieci anni. Un libro che ci catapulta nella vita delle varie società giovanili tra padri troppo presenti o troppo assenti, esaltati o finti distaccati, ricchi o poveri… sono papà poliziotti, artigiani, imprenditori, professionisti, operai… Inoltre è una lettura che ci chiama in causa: come ci saremmo comportati noi? La risposta mi ha riportato a tutte le domeniche mattina dedicate alle partite di mio figlio che ogni due settimane si trasformavano in trasferte costringendomi a fare centinaia di km di strada. Leggendolo ho ricordato le gioie e le disperazioni di quel periodo, ho rivissuto le ore passate con persone che mai avrei intrecciato senza il tramite del calcio.»

La quarta recensione è a firma di Valerio Corbetta e si trova sul blog Mescalina:

«[Questo libro] andrebbe, per sicurezza, consegnato a tutti i genitori assieme al primo kit col borsone, la maglia e la tuta di rappresentanza della società per cui il pargolo firma il primo cartellino, che sia la società dell’oratorio sotto casa in cui tutti giocano senza distinzioni di qualità, o una professionistica che fa selezione tecnica e fisica sin dai Pulcini […] Uno spaccato di vita che chiunque abbia avuto modo di frequentare quel mondo, da lontano o da vicino, non faticherà a riconoscere. Al punto che “Il calcio del figlio” – Storie di genitori, figli e pallone finisce più per avvicinarsi a un saggio sociale che a un romanzo. Va preso come una confessione libera e partecipata, lasciando cadere il velo che copre gli occhi di ogni genitore a seguito della prole impegnata nello sport, per cui il proprio scarrafone è bello e gli altri son lì per offuscarne la luce di cui risplende.»

Infine la recensione dal taglio più “politico”, scritta da Francesco Festa su OperaViva Magazine:

«Se siete tra quelli che conoscono i Wu Ming per i romanzi storici, per quella scrittura potente e stratificata che intreccia memoria collettiva e lotta politica, ebbene con “Il calcio del figlio. Storie di genitori, figli e pallone” (Edizioni Alegre, 2025) resterete forse spiazzati. Anche se solo all’apparenza. Perché sì, questo libro sembra parlare di calcio, di genitori che portano i figli agli allenamenti, di campi spelacchiati e tornei di provincia. E invece è uno dei libri più politici che Wu Ming 4 abbia mai scritto. Fresco fresco di stampa, quando ci siamo sentiti Wu Ming 4 mi ha confidato: “è il più politico dei libri che ho scritto!”. Ho pensato: “è una battuta”. Invece è così. È un libro radicalmente politico. In senso gramsciano come “politica del quotidiano” nella microfisica di rapporti sociali e di relazioni di potere fra genitori e figli, fra coetanei, fra madri e padri dei calciatori, fra dirigenti, accompagnatori e allenatori. È un libro che parla di pedagogia, di immaginario, di conflitti generazionali e culturali. Di rapporti familiari, scolastici, sociali ed economici. Di sogni e di frustrazioni. Ed è proprio il calcio – «lo sport che tutti giocano e nessuno insegna», come scrive l’autore – a diventare lo specchio in cui questi temi si riflettono.»

Bene. Il libro ha ormai intrapreso il suo cammino. Speriamo che il passaparola tra lettori e lettrici faccia la sua parte, perché mai come in questo caso servirà a far finire il libro nelle mani giuste.

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