WU MING 1 PLAGIATO DALLA COMMISSIONE GOVERNATIVA SUL COPYRIGHT!

di Wu Ming 1 me medesimo (19 marzo 2005)



I. Se capiti a Sanremo: "Urbani, Stanca & Gasparri", tavola calda, snack bar, friggitoria d'aria.

C'è 'sta cosa che si chiama il "Patto di Sanremo", no?, perché lo hanno presentato a Sanremo, e dovrebbe essere una cosa contro i pirati.
Lì per lì uno pensa: la Liguria non è la Malaysia, non può essere un problema tanto grave, uno mica va a Pieve di Cento a siglare un patto contro i cannibali o a Montefiascone per un convegno contro i dayaki tagliatori di teste. E invece i "pirati" sono quelli che masterizzano i cd, scaricano i files, copiano il software. Il Patto di Sanremo è "robba de computer".
Lo hanno presentato proprio lì, il Patto, perché c'era il festival. Mentre tutti cantavano imbriachi è arrivato il governo con tre ministri, che erano i più imbriachi di tutti, e se la sono cantata e se la sono riduta, hanno fatto pure un po' da imbonitori, vènghino, vènghino, pareva la sagra della tigella, friggevano l'aria nei padelloni e la vendevano ancora sfrigolante.
Hanno detto che Internet rischia di diventare "un Far West", perché i pirati stavano nel Far West, lo sanno tutti, l'importante è usare metafore coerenti.
Hanno detto che bisogna "modificare le aspettative degli utenti, ancora legati all'idea che tutto ciò che transita sulla Rete deve essere gratuito". Boh, io la rete la uso pure per comprare, compro libri e dvd, su Amazon e un sacco di altri siti, compro pure i cd vergini da un sito tedesco, ho comprato pure un nuovo caricabatterie del cellulare dopo che ho perso quello vecchio, e come me un mare di gente, I-Tunes va a gonfie vele, la gente scarica e paga, e allora di chi parlano i ministri quando dicono "gli utenti"?
I friggitori hanno indicato soluzioni, solo che loro chiamano "soluzioni" quelli che noi chiamiamo "problemi", e "problemi" quelli che noi chiamiamo "soluzioni". E' il caso del sistema DRM (Digital Rights Management), una paccata d'espedienti tecnologici ed escamotages legislativi che limiteranno i diritti dei fruitori di tecnologie digitali.
Insomma, un sacco di fregnacce e il solito ricatto morale: chi non firma il Patto di Sanremo (ISP, casa discografica, associazione o lobby che sia) sta coi pirati, coi predoni, coi cannibali, coi dayaki, coi compagni di merende, col boia di Albenga. Niente di nuovo, ordinaria amministrazione dell'emergenza.
E pensare che ci han lavorato dei mesi! Sì, perché il Patto lo ha preparato una commissione che si chiamava "Commissione e-content", o meglio: "Commissione interministeriale sui contenuti digitali nell'era di Internet".


II. Che minchia è 'sto pir-to-pir?

Uno va a leggere la scheda che riassumeva i lavori a uso della stampa, e ci trova cosette interessanti.
[ cfr. http://www.innovazione.gov.it/ita/news/2005/cartellastampa/sanremo/Scheda_stampa.pdf]
Anzitutto, 'sti qua della Commissione ("presieduta da Paolo Vigevano") manco sapevano cos'è il peer-to-peer, o P2P. Nel testo lo confondono coi siti delle major discografiche dove scarichi la musica a pagamento, ma che c'entra? Il P2P (legale o illegale che sia) è un'altra cosa, vuol dire "da pari a pari" indica una rete decentrata e orizzontale dove qualunque nodo (il mio computer, il tuo computer) funziona anche come server, qualunque nodo può comunicare direttamente con qualunque altro, scambiarsi dati etc. senza passare per un server centrale.
Come esempio di "applicazioni commerciali peer-to-peer", nel documento si dice che Universal Music, Sony BMG e Warner Music Group "hanno deciso di lanciare un proprio servizio di file sharing, che offrirà il download legale di brani della rete". Bah.
Sempre in materia di P2P: la Commissione scrive che "il peer-to-peer non può essere criminalizzato". Qui siamo dalle parti del predicar bene / razzolar male: le più recenti modifiche al Decreto Urbani (uno dei tre friggitori di tigelle) non hanno eliminato la sanzione penale per chi condivide in rete files protetti dal diritto d'autore. E meno male che, nelle intenzioni sbandierate ai quattro venti, dovevano "depenalizzare"!
Tra l'altro, nel Decreto c'è la distinzione tra chi si limita a scaricare (punibile solo con una sanzione amministrativa) e chi invece mette i files in condivisione (punibile con ammenda penale fino a 2065 euro). Ennesima conferma dell'ignoranza in fatto di P2P: quando sei on line la messa in condivisione delle cartelle prescelte è automatica, non c'è nessuna distinzione tra la figura del "downloader" e quella dell' "uploader" (cfr. http://punto-informatico.it/p.asp?i=51990)
Torniamo alla Commissione. Gli allegri compari e il maestro di Vigevano han lavorato alacremente sui loro 386, tenendosi in contatto via modem a 2400 baud, lenti ma metodici. S'erano armati delle migliori intenzioni ma, ahimè, lungo la strada han preso un bel po' di buche.
Come, buche sull'autostrada informatica? Ma no, mica hanno imboccato quella, uno di loro ha proposto una scorciatoia che conosceva solo lui e sono saliti per una mulattiera in mezzo ai boschi, a dorso d'asino. [L'asino era il più addentro alla tematica, ma non l'han lasciato scrivere].
Dalla scheda per la stampa, spostiamoci al documento conclusivo completo (cfr. http://www.interlex.it/testi/pdf/drmfull.pdf). Noi non l'abbiamo letto tutto, ma c'è chi lo ha fatto, ci si è immerso, ha pescato qualche perla ed è risalito a farcela vedere.
Una premessa: quando si è formata la Commissione, avevano chiesto di essere sentite le associazioni che, in Italia, si occupano di copyleft, di software libero etc. Gli allegri compari hanno risposto no grazie, non avevano bisogno di aiuto, era tutto sotto controllo, sapevano il fatto loro.
Infatti.


III. Un excursus (warning: parlo un momento ex cathedra)

"Copyleft". Cos'è? Ne esiste una definizione molto precisa, tecnica e strictu sensu, legata alla licenza GPL (GNU General Public License) del software libero e alle varie licenze da essa derivate, e ne esiste una più generale, filosofica e lato sensu, sempre più usata nel mondo dell'editoria, delle arti e del mediattivismo. "Copyleft" è anche il nome di un convegno annuale che si svolge ogni anno a Madrid e in altre città spagnole. Lo stato spagnolo è uno dei paesi in cui è più vivace il dibattito sulla proprietà intellettuale, tanto che si è occupato della "scena" lo International Herald Tribune, che in Spagna esce insieme all'edizione in inglese di El Pais.
[lo speciale di due pagine, in pdf, è scaricabile qui: http://www.wumingfoundation.com/english/ht_pais.zip]
a) Copyleft in senso stretto è il concetto che sta alla base di precise licenze (GPL, LGPL, FDL) composte da un copyright + determinate "condizioni di distribuzione".
Una release di software libero può essere modificata, migliorata, trasformata e rimessa in circolazione, a condizione che anche le nuove versioni siano modificabili da altri. Il copyleft non implica la gratuità (nell'espressione "free software", "free" non sta per "gratis"), le nuove versioni possono anche essere commercializzate, vendute, purché si rispetti la condizione di fondo: il codice-sorgente deve restare aperto, accessibile a chi voglia intervenirci sopra. Ovviamente, ho tagliato con l'accetta, ma credo di aver detto l'essenziale. Questa è la prima, originaria accezione di "copyleft".
b) Copyleft in senso lato è il concetto alla base di qualunque utilizzo del copyright al fine di garantire la riproduzione di un'opera anziché restringerla o impedirla.
La riproduzione e la circolazione dell'opera possono avere eccezioni: nel caso dei libri di Wu Ming, non ne consentiamo l'utilizzo a fini di lucro, ma lo spettro è ampio, basti vedere le varie tipologie di licenze Creative Commons (cfr. http://www.creativecommons.it).
Nel riprendere il termine ed estenderne il campo semantico, si è messo l'accento sulla suggestione contenuta nel gioco di parole: rovesciare il copyright come un calzino, o invertirlo come di fronte a uno specchio. Fuor di metafora: usarlo per scopi contrari a quelli per cui fu inventato. Oltre a ciò, si è estesa la portata di alcuni passaggi della definizione "strictu sensu" (cfr. http://www.gnu.org/copyleft/copyleft.html), soprattutto questo: "Copyleft is a general concept; there are many ways to fill in the details".
In passato, quando noi WM abbiamo scritto di "copyleft", ci siamo sempre attenuti a questa seconda, più estesa descrizione. A volte, abbiamo cercato di spiegare come essa abbia origine dalla prima, originaria definizione, quella "stricto sensu", al contempo cercando di tenerle ben distinte.


IV. Plagiato dalla Commissione e-content!

Nella loro relazione conclusiva, specialmente dove si parla di software libero, era d'uopo attendersi che gli allegri compari si richiamassero alla prima definizione, non a quella estensiva. Figurarsi.
Emmanuele Somma, direttore di Linux Magazine, ha scoperto che interi passaggi della relazione sono presi di pacca da un mio articolo del 2003, divulgativo e ironico fin dal titolo: "Il copyleft spiegato ai bambini" (cfr. http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/copyleft_booklet.html).
Non solo gli allegri compari mi plagiano (in una relazione dove si disquisisce di lotta alla pirateria!), ma lo fanno pure male, tagliando e incollando alla brutta vigliacca, confondendo i livelli del discorso (sul suo blog, Somma ha attribuito pure a me alcuni errori loro, ma pazienza, cfr. http://www.exedre.org/sanremo/sanremo.shtml).
La cosa più assurda è che i compari spacciano per "concetto generale" un esempio specifico di copyleft, quello che utilizziamo per i nostri libri (corrispondente, mutatis mutandis, alla licenza Creative Commons Attribuzione-NonCommerciale-StessaLicenza). Scrivono infatti: "il Copyleft è un sistema fondato sulla pubblica diffusione delle opere per fini personali, per cui è consentita la riproduzione, parziale o totale, dell'opera e la sua diffusione per via telematica a uso personale dei lettori, purché non a scopo commerciale".
Da notare l'uso della parola "lettori": hanno preso di pacca un lembo di frase dalla nostra dicitura copyleft e l'hanno infilata nel loro rapporto senza nemmeno rileggerla.
Poco prima, la parola "copyleft" è seguita da questa constatazione, presa pari pari dal mio vecchio articolo: "(denso gioco di parole intraducibile in italiano)". Perfino la parentesi, hanno preso.
E' vero, il gioco di parole è intraducibile, ma siccome quello non è un saggio di linguistica bensì una relazione sulla "amministrazione dei diritti digitali", forse era il caso di far notare che tra gli sviluppatori e produttori di software libero la parola "copyleft" ha una traduzione italiana ufficiale, traduzione che rinuncia a riprodurre il gioco di parole ma mantiene il senso: "permesso d'autore".
Come dicevo, il mio articolo era iper-divulgativo (uscì sulla rivista Il Mucchio selvaggio, il che è tutto dire) e aveva un tono scanzonato. Nel rapporto di una Commissione governativa, quindi pagata con soldi pubblici, presuntamente formata da "gente che ne sa", era lecito attendersi maggiore serietà e precisione concettuale. Estrapolate dal mio articolo e portate in un contesto istituzionale, alcune frasi (a volte interi capoversi) risultano tanto grottesche da suscitare il riso. Viene da rammaricarsi che abbiano cassato le parolacce, a un certo punto c'era un bel "vi rompo il culo" che, nel documento degli allegri compari, avrebbe fatto la sua bella figura.
Insomma, quello che gli stessi allegri compari chiamano il "dilemma digitale" viene affrontato con superficialità, pigrizia mentale (anziché consultare fonti primarie si sfogliano le pagine del Mucchio!) e, non ultimo, arroganza. Possiamo scrivere tutte le fesserie che ci pare, tanto chi se ne accorge. E anche se se ne accorgono, ormai è fatta, si va tutti a Sanremo.
- Secondo te chi vince, quest'anno? Per me, Gigi D'Alessio.
- Ma va là, impossibile, parte troppo favorito.
- E di Califano che mi dici, pure stavolta si chiava tutte le vallette e le coriste?
- Ma che, stai a scherza'? Ma l'hai visto com'è ridotto? Forse venti, venticinque anni fa, ma adesso...
- Eh, beh, non c'è niente da fare, Sanremo è Sanremo.
- Senti un po', ma che eravamo venuti a fare qui, che nun me ricordo?
- Boh, roba di computer... Oi, guarda quel negro, è sputato identico a Tyson!
[dissolvenza]

   

Omnia sunt communia
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