Il 27 gennaio 2009 uscirà per Einaudi Stile Libero il libro New Italian Epic, che contiene:
* la versione 3.0 (ancora inedita) del
memorandum sul NIE;
* il testo dell'intervento di Londra
"Noi dobbiamo essere i genitori";
* un lungo saggio (inedito anch'esso) di Wu Ming 2 intitolato "La salvezza di Euridice" (uno stralcio appare in questo numero di Giap).
Clicca l'immagine per vedere prima e quarta di copertina (pdf). Puoi ordinare il libro fin da ora, scegliendo tra i link qui a fianco.
[Attenzione: il prezzo indicato nel pdf serviva solo per la prova di stampa. Quello vero è € 14,50.]
Giap #3/4, IXa serie
QUELLO CHE DOBBIAMO FARE

dicembre 2 0 0 8 , terza settimana
Numero di fine e inizio anno


EDITORIALE MULTIPLO
0a. Tra specchio e martello (WM4)
0b. "Realismo", il gigantesco malinteso (WM1)
0c. Estratto da La salvezza di Euridice (WM2)

NIENTE RESTA UGUALE A SE STESSO
1. Ecco il progetto della "Wu Ming House"
2. Un libro su Wu Ming di Gaia De Pascale
3. Ricetta anarchica: PanGoccioli OpenSource [WM2]
4. Intorno a Manituana, Pontiac e Grand River
4a. Tutti i colori del giallo: Wu Ming, Yu Guerra!, Quadruppani
4b. Nuovi suoni su manituana.com
4c. Novità su Pontiac: storia di una rivolta
5. Un corso alla Scuola di Comics tenuto da Morozzi e WM2

TUTTI GLI INTERVENTI DEL CONVEGNO DI CUNEO SUL NEW ITALIAN EPIC
6. Wu Ming 1, Carlo Lucarelli, Letizia Muratori, Antonio Scurati,
Wu Ming 2, Mauro Gervasini e Giuseppe Genna


DUE IMPORTANTI COMUNICAZIONI DI SERVIZIO

7. Nandropausa slitta a febbraio, intanto qualche anticipazione
8. iQuindici, eroici lettori di inediti nati da una nostra defaillance, hanno bisogno di aiuto

DEDICA
A Leonard Duduianu, un anno dopo

EDITORIALE MULTIPLO
L'arte è un martello visto allo specchio (Wu Ming)TRA SPECCHIO E MARTELLO

di Wu Ming 4


L'unica allegoria perfettamente coerente è la vita reale; e l'unica storia pienamente intelligibile è un'allegoria. E uno scopre, persino nell'imperfetta letteratura umana, che l'allegoria migliore e più coerente è quella che più facilmente di tutte può essere letta proprio come una storia.
- J.R.R.Tolkien, Lettera a Stanley Unwin, 1947

Soffia il vento, infuria la bufera, e ci si ritrova a chiedersi perché diavolo si scrivono romanzi. E' una domanda salutare, alla quale chi fa il nostro mestiere non dovrebbe mai stancarsi di rispondere.
Scriviamo per indagare la realtà? Per raccontare la Storia in modo accattivante e divulgativo? Per denunciare le ingiustizie presenti e passate?
Ogni volta è opportuno rispondersi con tre no belli secchi.
Se così fosse, infatti, dovremmo dedurne che la narrativa è soltanto un'attività di supporto alle altre o, peggio ancora, un rifugio per chi non riesce a fare politica, ricerca e indagine sociale, con i mezzi e i linguaggi preposti a farlo. Idea un po' meno che balzana, se pensiamo ad esempio al panorama della narrativa di genere in Italia, composto in gran parte da autori di sinistra che scrivono un certo tipo di romanzi. E tuttavia questo non ha invertito la corsa sfrenata del Bel Paese verso il baratro, a dimostrazione del fatto che la letteratura non è propedeutica, né funzionale, e soprattutto non può sostituire la politica. Tanto più che proprio i romanzi scritti e letti con le migliori intenzioni di indagine e denuncia rischiano di essere consolatori e compiacenti, nel momento in cui ci fanno sentire in pochi ma buoni dalla parte giusta. La parte dei politicamente disillusi ed eticamente indignati, nonché - in quanto perenne minoranza intelligente - rassegnati al peggio.
L'idea che quanto più la letteratura ci racconta la realtà, tanto più sarebbe buona ci porta dritti nel vicolo cieco del realismo. Ma uno non decide di scrivere un romanzo poliziesco perché non può fare un'indagine di polizia; né decide di scrivere un romanzo storico perché non sa scrivere un saggio storiografico. Queste possono essere motivazioni collaterali, ma certo non si sceglie di narrare nella forma romanzo perché si vuole raccontare la realtà e rispecchiarla. Insomma la letteratura non è un modo di ricercare la verità.
Scriviamo proprio perché esiste un'eccedenza narrativa che non potrà mai essere chiusa in una concezione mimetica o ancillare della letteratura.
Questa differenza qualitativa possiamo declinarla in tre momenti.
Il primo è l'esperienza vicaria, vale a dire la possibilità di vivere fittiziamente altre vite e assumere altri punti di vista, cioè quelli dei personaggi letterari. Questo straniamento evocato dalla parola scritta è una caratteristica fondamentale della letteratura.
Il secondo motivo per cui scriviamo (e leggiamo) è per sentirci meno soli. Cioè per stabilire invece affinità, condividere l'esperienza suddetta, costituire comunità attraverso la condivisione di mondi letterari.
La sintesi di questi due momenti definisce il carattere visionario della letteratura e risponde alla nostra domanda. La letteratura non è specchio, bensì visione della realtà. Vale a dire che essa la rielabora, proiettandovi aspettative, speranze, ossessioni, paure e ricostruendo scenari. Lo fa avvalendosi dell'immaginazione, del mito e della fantasia, senza bisogno di perdere di vista la prospettiva storica. Lo può fare a colpi di martello, cercando di dare un'interpretazione univoca del mondo, e in quel caso produce un'allegoria intenzionale e consapevole, il romanzo a tesi; oppure può avvalersi di un'allegoria dedotta dalla vita e dalla storia, del tutto immanente alla realtà. Un'allegoria aperta alle interpretazioni, problematica, e per questo capace di fare davvero i conti con il dilemma dell'agire e della responsabilità dell'agire, dei mezzi e dei fini; che poi è il dilemma dell'epica e della tragedia.
Va da sé che la letteratura-visione non dovrebbe mai essere semplice, né pacificata, ma in grado di affrontare la contraddizione senza la pretesa ideologica di ricomporla, spiegarla, risolverla, assumendo piuttosto in se stessa l'elemento perturbante e irriducibile della realtà. Per farlo può avvalersi di uno slittamento del punto di vista verso angolazioni oblique e stranianti, che creano spaesamento e rimettono in prospettiva oggetto e soggetto della narrazione; in una parola: la poesia, insieme all'epica l'altra genitrice feconda della letteratura.
Meglio fermarsi qui. E' un bel po' di carne al fuoco per il 2009. Ma del resto sarà un anno duro, che ci porterà nel cuore della Grande Recessione, e l'unico modo che noi conosciamo per affrontare la bufera è attraversarla puntando più in alto.

Sarà anche per questo che Wu Ming si appresta a fare i conti con la propria storia, e non solo in termini teorici.

A dieci anni di distanza, qualcosa ci dice che è quello che dobbiamo fare.

"REALISMO", IL GIGANTESCO MALINTESO

di Wu Ming 1

Prima di tutto voglio dire: la questione del "realismo", o del "ritorno degli scrittori alla realtà", è poco interessante. Mi rompe i coglioni.
Otto volte su dieci è malposta; un'altra volta è posta bene ma non porta in alcun luogo; resta un'occasione ogni dieci, fortunata occasione in cui ascolto/leggo e alla fine imparo davvero qualcosa.
Sì, capita che dentro il Gigantesco Malinteso si sentano pure cose intelligenti, ma in mezzo a troppa melma concettuale. Sabbie mobili: le cose intelligenti le vedi affondare, e non fai in tempo a gettare una corda o allungare un bastone, eccole confuse nella palude di cazzate, perse e non torneranno più.

Ho questa sensazione, ad esempio, mentre leggo l'Almanacco Guanda 2008: ottimo l'intento, un buon lavoro, con punte di brillantezza, giusti distinguo preliminari quando si usano le parole "realtà" e "realismo"...
Bella anche la puntata di Fahrenheit dedicata al volume...
Tutto (o quasi) ok...

...finché la questione non viene riassunta (per faciloneria o malafede) nei soliti termini rozzi delle pagine culturali dei giornali, del commentario sui lit-blog, dei giochini di posizione su certe riviste.
Insomma, pare che la "nuova" voga sia il realismo sociale (o socialista?), il romanzo che è politico perché "a tesi", come se gli autori italiani fossero tornati in blocco a Metello (senza nemmeno i riferimenti del partito marxista-populista e del popolo-proletariato). Il cosiddetto "impegno" è descritto come inerente alla scelta del tema, ergo una problematica sociale da descrivere in modo "oggettivo" e "aderente" alla realtà.

Che idea si può fare uno, leggendo simili riassunti della questione?
L'idea che gli autori italiani stianno sfornando romanzi di propaganda. Libri scritti in una lingua "di servizio", funzionale a una causa, una lingua che si vuole depurata da ambiguità. Per bene che vada: inchieste giornalistiche appena drammatizzate. E quando va male? Volantini accresciuti con dialoghi immaginari.
Su questa premessa ci si divide tra apologeti e detrattori.
E io i detrattori li capirei pure, se veramente le cose stessero così.
Solo che stanno in tutt'altro modo.
La domanda, al solito, è: i cronisti culturali e i commentatori compulsivi da blog le leggono, le opere che vengono scritte davvero in Italia, oggi?
Perché se non si legge quel che viene scritto, poi si fanno le domande sbagliate. E si discute di nulla.

[C'è anche l'altro tipo di riassuntino, da cui sembra che, nel romanzo italiano, la novità stia nell'uso politico della "paraletteratura" e soprattutto del giallo, ultima e aggiornata versione del romanzo-che-descrive-il-reale. Cioè lo stadio a cui era la discussione cinque-sei anni fa. Nel frattempo si è andati avanti, e nemmeno di poco, ma i "mediatori" non se ne sono accorti.]

A volte, anche al dibattito sul New Italian Epic è toccata la sorte di "riassuntini" del genere. Tempo fa, Girolamo De Michele ha risposto con un testo molto importante, benché su un aspetto specifico del Gigantesco Malinteso (ossia: gli idioti luoghi comuni su cosa sia stato il neorealismo).
Anch'io, nella versione 2.0 del memorandum, ho scritto una lunga glossa al riguardo.

C'è la tendenza a banalizzare, a ridurre la complessità e la ricchezza di quel che si scrive, mediante formule proposte e dibattute nel vuoto, basandosi non sulle opere ma sulle chiacchiere che circondano le opere. Tutto quello che - per dirla col mio socio Wu Ming 4 - eccede, che potrebbe mettere in crisi lo schemino, viene messo in secondo piano, o ignorato del tutto.

Qualcuno sta provando a intorbidare le acque, proponendo un frame truffaldino. In questo frame, per dire, la fine del postmoderno avverebbe sotto l'egida di un ritorno al moderno (dal "fascismo come parentesi" di Croce al "postmoderno come parentesi" degli odierni scalzacani); Gomorra sarebbe poco più di un reportage scritto bene; l'io narrante di Gomorra corrisponderebbe sempre e soltanto all'autore implicito che a sua volta corrisponderebbe in toto all'autore reale, cioè a un Saviano eroico e onnipresente, e via di questo passo.
Anche chi non è d'accordo con quest'impostazione finisce per accettare il frame, controbattendo su ontologia e topologia del realismo: cos'è il realismo, dov'è il realismo etc.

In quest'ottica, si capisce come il "New italian epic" possa diventare, nella mente di qualcuno, sinonimo di "neo-neorealismo" (ergo: la nebulosa viene fatta coincidere con una delle tante soluzioni espressive praticabili). Si è travisato, così mi sembra, l'intento con cui Giancarlo De Cataldo aveva proposto il termine.
Questa riduzione di complessità prescinde quasi del tutto dalle opere in circolazione, e ne rimuove l'elemento

ucronico
controfattuale

oltranzistico

allucinato

visionario

perturbante

anti-oggettivo

Elemento che è presente in molti dei libri che si scrivono in Italia. Presente, quando non preponderante, anche in buona parte dei libri che attraversano la nebulosa del NIE.
Ne discendono equivoci madornali. Nelle parafrasi apparse in certi articoli-carrellata, l'assunzione di responsabilità etica su cui stiamo cercando di riflettere viene equivocata come presa di posizione politica nell'accezione più bassa e ristretta.

[ Da qualche parte ho letto che il nocciolo della riflessione sul NIE (che, come sa chi segue il dibattito, è l'allegoria) sarebbe: "finalmente gli scrittori non hanno più paura di intervenire politicamente". Lodevole ma, mi dispiace, troppo semplice.]

E' auspicabile non separare tra loro in modo rigido le questioni di fondo, e anch'io vorrei distinguere senza contrapporre. Esistono romanzi NIE che sono al contempo epici e realistici, perché sono due piani diversi (denotazione e connotazione) che possono essere compresenti. Pure Fenoglio era sia epico sia realistico, per non dire di Furore di Steinbeck.
L'importante è non avere un'idea asfittica e obsoleta della realtà e del suo utilizzo in letteratura.
Perché c'è un equivoco di fondo quando si parla di "realtà" in letteratura. Alcuni intendono il reale come un contesto materiale, e pensano che attingervi significhi essere "oggettivi", portare in letteratura "le cose come stanno", ma questo è impossibile: la letteratura può guardare alla realtà soltanto come a un'ennesima dimensione testuale. La "realtà", per chi scrive letteratura, è l'insieme dei testi esterni a quello che si sta scrivendo, pre-esistenti ad esso. L'insieme delle "fonti" che ci sono "là fuori": documenti, flussi informativi e mediatici. La "realtà" che si può usare in letteratura è la cronaca di giornali e telegiornali, la storia trovata negli archivi, è la mail che mi ha spedito Laura, è la battuta che ho sentito dire a Fiorello su Radio 2. Sono sempre e comunque testi e la letteratura li usa in quanto tali, si rapporta e ispira ad essi in quanto tali. Il reale è "testualizzato", per usare un'espressione che credo provenga dagli studi sul cinema di Maurizio Grande. Non si può portare nella scrittura la cosa-in-sé, ma solo il modo in cui viene raccontata nel reale testualizzato.

Alla luce di questo, tutto il dibattito sul "realismo", su quale scrittura sia più o meno "fedele alla realtà", si rivela come magnifica perdita di tempo. Gli autori italiani di oggi usano anche l'elemento soprannaturale, e non per questo chi fa quella scelta "fugge dalla realtà". Magari, in allegoria, sta affrontando e "testualizzando" la realtà in maniera più incisiva di chi ha scelto un approccio convenzionalmente ritenuto "realistico".

Sarà utile a fare chiarezza, una volta divulgato, il lavoro di Dimitri Chimenti su alcuni "oggetti narrativi non-identificati". Partendo dalla teoria del cinema, Chimenti analizza come in quattro libri "strani" (il nostro Asce di guerra, Gomorra di Saviano, Dies irae di Genna e Sappiano le mie parole di sangue di Babsi Jones) venga inserito il reale in forma di "innesti", "prelievi" e "inserti", e quali siano le scelte etiche che portano a preferire ora un tipo di testualizzazione, ora un altro.

[Riferimenti a tale lavoro si possono trovare in questa discussione sul blog del collega Valter Binaghi. Qui invece ci sono gli mp3 di un intervento fatto a Siena, in cui Dimitri spiega come sta lavorando su Gomorra. In calce qualcuno ha messo una mia spiegazione "in parole povere" (ripresa da Carmilla) di cosa siano innesti, prelievi e inserti.]

Tornando al principio: i romanzi "a tesi", "a chiave", propagandistici... Non sono quello che serve. A un romanzo non chiedo certezze, non chiedo di rafforzare convinzioni che già ho: pretendo una destabilizzazione, anche sottile ma deve esserci. Voglio una letteratura non consolatoria bensì perturbante. Non voglio sentirmi dire che i cattivi sono cattivi perché sono cattivi, e che i buoni hanno ragione. Voglio racconti sulla crisi dei "buoni", sul punto di vista dei "cattivi", sugli ostacoli e i ripensamenti, sulle prove da superare, sulle sconfitte che fondano qualcosa e le vittorie che fanno impazzire e portano al disastro. Insomma, voglio la possibilità dell'epica, e voglio che si mettano le mani nel tragico.

Solo se c'è tutto questo, a mio avviso, si può fare una scrittura che, senza svilirsi, abbia anche valore sociale e politico.
Altrimenti si produrranno espressioni piatte e si tradirà lo specifico della letteratura, che è lavoro sulla connotazione, cioè sui sensi figurati, e sulle metafore, sull'allegoria.
Sulla poesia delle cose.

Siamo scrittori, non estensori di volantini. E' una banalità di base, ma soltanto tenendola a mente si potrà, senza produrre robaccia, dare un contributo civile.

[...]

di Wu Ming 2

[Un breve estratto dal saggio "La Salvezza di Euridice", che chiude il libro New Italian Epic (gennaio 2009, vedi sopra).]

In questo genere di trasformazione narrativa, storia e cronaca sono spesso gli ingredienti principali, non il modello. Il risultato contiene la realtà – come una scultura di pane contiene acqua e farina – ma non la rappresenta come una statua di Mosè rappresenta Mosè. Se per indagare i fatti usiamo la narrativa, e non la storia o le scienze umane, è perché vogliamo permetterci di essere visionari, di dimostrare per assurdo e per metafora, di concatenare gli eventi con simboli e analogie, di immaginare, quando ci mancano, quel che succederebbe se avessimo le prove. Anche se un romanzo tocca la realtà, la cosa più preziosa che posso trovare, tra le sue pagine, non è la verità dei fatti, ma il senso del loro intreccio.
Negli anni Settanta, lo studioso americano Hayden White ha sostenuto che la storiografia è un prodotto letterario. Nel comporre i loro discorsi, romanzieri, storici e giornalisti usano le stesse strategie, basate sulla metafora, la metonimia, la sineddoche e l'ironia. È solo la ricchezza del linguaggio che ci fa preferire una determinata ricostruzione dei fatti. Il metodo storico è una tecnica narrativa, mentre gli appelli alla logica, alla causalità e alle prove sono tutti artifici retorici. In maniera più prudente, Paul Ricœur ha voluto sottolineare quanto la lingua possa essere uno strumento di conoscenza: 

La funzione di trasfigurare la realtà che riconosciamo alla finzione poetica, implica che noi critichiamo la nostra idea convenzionale di verità, e cioè che cessiamo di limitarla alla coerenza logica e alla verificazione empirica, così da tener conto della pretesa di verità legata all'azione trasfigurante della fiction.

La letteratura non può certo sostituire il metodo scientifico, ma ha il diritto di affiancarlo. È un modo per comprendere la realtà, specie dove le altre imprese falliscono o sono costrette a tacere. Spesso riusciamo a capire un concetto, o un evento, solo se troviamo le parole giuste per descriverlo. Una similitudine può farci comprendere il legame tra due fatti molto più di una spiegazione causale. I nostri stessi pensieri si chiariscono nel monologo interiore e non abbiamo davvero un'idea finché non riusciamo a dirla.
La cronaca, l'attualità, la storia sono scritte per lo più in una lingua povera, spesso impoverita proprio in nome della verità (perché la metafora è ritenuta menzogna, informazione vaga, spreco e tertium datum che spezza le catene della logica). Occorre allora usare la lingua come strumento estetico ed epistemologico. Perché solo dicendo meglio possiamo capire di più. Pier Paolo Pasolini, riferendosi ai misteri d'Italia, scriveva: «Io so, perché sono uno scrittore». Ci sono segreti che si possono dire solo trovando le parole giuste e una storia per raccontarli. 
Non si tratta di sensibilità particolare, ma della dimestichezza a usare un attrezzo del mestiere. Lo scrittore non è l'albatro di Baudelaire, capace di grandi voli nel cielo, ma goffo, con le sue ali, sul ponte della nave. Lo scrittore è un marinaio che ha imparato a volare con le parole.

NIENTE RESTA UGUALE A SE STESSO, LA CONTRADDIZIONE MUOVE TUTTO
[In parole povere: un po' di news]




Copertina del book della tesi.
Clicca l'immagine per ingrandirla

[Martedì 16 dicembre, presso la facoltà di architettura del Politecnico di Milano è stata presentata e discussa la tesi di laurea di Andrea Battocchi e Francesco Corna dal titolo Wu Ming House - architettura della narrazione, narrazione dell'architettura. Relatore: prof. Lorenzo Consalez.
Si tratta del progetto di una residenza-factory per la Wu Ming Foundation sui colli a ridosso di Bologna.
[ clicca qui per scaricare il file .kmz con le coordinate google earth]
Attraverso un lavoro (durato quasi un anno) di ricerca, analisi del nostro lavoro e interviste con i sottoscritti, i due autori hanno cercato di tradurre nel linguaggio architettonico le esigenze e le attitudini operative e abitative del collettivo. Ne è uscito un lavoro egregio che presto diventerà un sito visitabile. E' un esperimento e un'esperienza che ci ha interessato e affascinato molto, essendo noi piuttosto profani in questioni d'architettura. La tesi è stata presentata in forma di oggetto editoriale che imita e a tratti parodia le caratteristiche dei libri Einaudi Stile Libero, con la caratteristica costa arancione e... un dodo al posto dello struzzo! Di seguito la nostra nota di accompagnamento alla tesi e una sezione 3D del progetto.]

WUMINGWOOD

Il terreno sale dolcemente dalla strada. Sulla costa, campi arati, interrotti dai sentieri di servizio e da qualche casa colonica trasformata in villa col senno e con i soldi di poi. C'è un viottolo semiasfaltato, che diventa sterrato e porta fino al cancello della proprietà. Alberi a delimitare i confini, una vigna prima della vetta. Sembra impossibile che la città sia proprio lì sotto, dietro Monte Donato, a un chilometro in linea d'aria. E' lì, ma non si vede, si intravede soltanto, perché il centro storico rimane nascosto dal colle. Al posto delle torri cartolinesche e della skyline della Fiera c'è un quartiere popolare, palazzi e architetture regolari, moderne, espansione sud-est per i nuovi arrivi di decadi ormai trascorse.
Ecco il what if di Wu Ming, quella che in narrativa si definisce un'ucronia. "Se fossimo degli scrittori plurimilionari..." forse andremmo a vivere altrove, ma forse anche no. E se no, allora...
Si è trattato di indagare le ragioni del no e del se, quelle pubbliche e quelle private, nel linguaggio dell'architettura, cioè attraverso una narrazione dello spazio. L'ipotesi era quella di raccontare Wu Ming con un edificio, anzi un insieme di edifici e volumi. Chi siamo, come lavoriamo, come ci spostiamo e cosa ci piacerebbe per la nostra vita e la nostra attività. Ma anche qual è il nostro rapporto con Bologna, l'ex-città che ci ha allevati o accolti e che adesso ci osserva con la coda dell'occhio, incerta se trattarci come discoli troppo cresciuti, o piuttosto dichiararci oversized rispetto alle proprie aspettative di paesone padano.

Immagine della Wu Ming House.
Clicca per ingrandire.
La sfida era quella di restituire la poliedricità e la complessità di Wu Ming, non solo in quanto officina narrativa, ma anche come ambiente relazionale in cui la scrittura non rimane chiusa tra lo schermo e la tastiera, bensì fuoriesce, si declina e potenzia in modi diversi. Per fare questo era necessario individuare un punto fermo, una radice dalla quale partire, a cui ancorare il progetto, senza che per questo l'àncora diventasse ostacolo alla dinamicità.
Un'impresa che ha spinto gli autori del progetto, Andrea Battocchi e Francesco Corna, a intervistarci sulla nostra storia, sul nostro modus operandi e vivendi.
E' così che sono giunti a focalizzare il tavolo. Il tavolo di lavoro, quello delle riunioni, dove si discutono gli elaborati, attorno al quale vengono letti a voce alta, commentati, emendati gli scritti del collettivo. Se "Merlino istituì la Tavola Rotonda a somiglianza della sfericità del mondo, in essa perfettamente rappresentato" (Thomas Malory, La morte di Artù, 1485), allora niente più del tavolo rappresenta il lavoro di Wu Ming, che abbiamo sempre definito artigianale piuttosto che artistico. Il valore simbolico dell'oggetto in questione è amplificato dal fatto che si tratta dell'unico bene del collettivo, l'unica costante materiale che ne accompagna le vicende fin dalla nascita. Un modesto tavolo Ikea, carico di significato e di storia, che nel corso degli anni è stato spostato almeno tre volte, a seconda del luogo che veniva scelto come "sede”. Allora ecco l'idea: salvaguardarne sia la caratteristica fondativa sia quella dinamica; mantenere il tavolo come pilastro simbolico del collettivo e allo stesso tempo renderlo trasferibile, compatibile con ogni momento e luogo della nostra attività. Attraverso la modularità e la trasferibilità del tavolo, cioè della scrittura e del brainstorming, si ottiene una malleabilità delle strutture, dei volumi che può creare di volta in volta situazioni, ambienti, interazioni diverse. Non già intorno al tavolo quindi è stata progettata la Wu Ming House, dimora pubblica e privata, bensì complementariamente a esso e alle sue varie funzioni. Contestualmente troviamo altri elementi letterari: il bosco, il labirinto, l'acqua come flusso e come ciclo, che riportano le metafore e le simbologie allo spazio calpestabile e fisico da cui sono scaturite.
Alla fine l'insieme dà vita a una narrazione avvincente, che racconta di noi, della nostra storia e della nostra attività, con la serietà di un saggio e l'immediatezza di un'intervista. Qualcosa che ha tanto poco a che spartire con il buon ritiro collinare di uno scrittore arrivato, quanto più con il luogo d'elezione di un gruppo di scrittori in cammino.

Wu Ming, Bologna, dicembre 2008



Copertina del libro di Gaia De Pascale
Puoi pre-ordinare il libro cliccando qui:
LIBRERIAUNIVERSITARIA.IT
UNILIBRO.IT
A gennaio non esce soltanto il nostro nuovo libro, ma anche un libro su di noi. L'editore è Il Melangolo, l'autrice è Gaia De Pascale e si intitola Wu Ming. Non soltanto una band di scrittori.
Non soltanto. E allora che altro siamo? Lo scopriremo leggendo. Usiamo futuro semplice e prima persona plurale perché il libro sarà una sorpresa anche per noi. Abbiamo ricevuto il PDF appena ieri, soltanto uno di noi è già riuscito a scorrerlo, soffermandosi qui e là. La mail spedita al resto del gruppo è comunque eloquente: "Si è fatta un culo i-per-cu-bi-co!"
Nostro contributo diretto al progetto, le risposte che WM1 ha dato ad alcune domande. Compariranno in fondo al libro, in una sorta d'appendice. Non avendo da offrirvi anteprime della trattazione, anticipiamo lo stralcio di una risposta. Tema: peculiarità di quanto accade nella letteratura italiana.

...senz'altro esiste una spinta globale, trans-nazionale. Considerate una per una, le caratteristiche [...] sono rintracciabili anche altrove. Il punto è che io non voglio considerarle una per una, bensì nel loro insieme, con uno sguardo complessivo, perché è proprio l'ineffabile "miscela", è il modo in cui si sono incontrati i reagenti a essere distintamente e peculiarmente italiano. [...] E va tenuto conto di un altro aspetto, quello che vorrei chiamare il "ritardo trasformativo". Il rock'n'roll esplode in Europa con diversi anni di ritardo, quindi incontra un altro zeitgeist, quindi diventa un'altra cosa. In Italia, poi, le sintesi che si producono sono stranissime, e questo prosegue nel tempo. Nessuna band europea di rock progressivo somiglia agli Area. In nessun paese l'arrivo della disco produce fenomeni (a mio avviso orrendi, ma certamente peculiari) come quella che all'estero chiamano "Italo Disco" (il Raf di Self Control, i Righeira, Gazebo, Den Harrow etc.).
Ecco, i caratteri di novità e di peculiarità di un fenomeno culturale si possono cogliere solo a partire dalla sintesi che tale fenomeno ha prodotto, non cercando di separarne gli elementi costitutivi.
[...] in nessun altro paese europeo mi risulta esista una simile risonanza di così tante opere, un campo di forze come quello che stiamo descrivendo. E non mi risulta che esista una comunità di autori altrettanto conscia del proprio agire. Questo dipende probabilmente dal fatto che la scena italiana (qualunque scena italiana) è mediamente più "politica". Siamo un paese così. Quando dico "distintamente italiano" intendo questo, intendo le sintesi che qui e soltanto qui si possono produrre. E' un cliché, ma i clichés non sono falsità, sono verità logore: l'Italia è un laboratorio.


Ricette anarchiche UNA RICETTA ANARCHICA DI WU MING 2. E' uscito da poche settimane, per le edizioni La Fiaccola di Ragusa, il libro Ricette Anarchiche, a cura di Rino de Michele et alii tra cui Luther Blissett.
Dentro ci sono storie gastronomiche e ricette storiche, dal fluxmeal  di Vittore Baroni al menù vendicatore che ordinò Gaetano Bresci, il 29 luglio del 1900, poco prima di sparare a Umberto I.
Come scrive Luther in quarta di copertina: "Una narrazione che, saltando tra baccalà e polenta di castagne, riesce a offrire un'alternativa possibile all'ottuso suicidio di massa verso il quale stiamo tutti, più o meno consciamente, precipitando".
Il libro è molto ricco di bellissime illustrazioni e tra i vari "racconti in forma di ricetta" ce n'è pure uno scritto da Wu Ming 2, PanGoccioli Open Source. ECCOLO (cliccare, si apre il PDF).


"Uno dei video più ignoranti della storia del rock!!! yeaaaaaaaaaaaaa!!!!" (commento su YouTube)

INTORNO A MANITUANA (E A PONTIAC, E A GRAND RIVER).
Nel 2009 il nostro Manituana uscirà in Spagna, nel Regno Unito, negli USA e in Francia. Quanto all'Italia, è l'imminente la riedizione nei Tascabili Einaudi. Ci sono diverse novità nella "nube transmediale" che circonda il romanzo, andiamo a segnalarvele.
Domenica 14 dicembre, su Radio 2, è andata in onda una puntata molto sui generis della trasmissione "Tutti i colori del giallo", condotta da Luca Crovi. In studio c'era un'intera rock band, gli Yu Guerra!, che hanno suonato live, coadiuvati per l'occasione da un terzo chitarrista: Wu Ming 5. Microfonato e pronto all'opra anche Serge Quadruppani, scrittore d'Oltralpe, editor e traduttore dall'italiano (è pure, pensa un po', il traduttore di Manituana). Collegato via telefono, Wu Ming 1. Il fine: parlare del nostro libro di viaggio Grand River e della dimensione "aperta" e interattiva del mondo di Manituana, e parlare anche dell'ultimo libro di Serge uscito in Italia, Y (Marsilio, 2008), che recensiremo sul prossimo Nandropausa (il quale però è rinviato a febbraio, vedi sotto).
Sul blog della trasmissione, alcune foto dell'evento e un commento di Yu degli Yu Guerra!
Volete sentire con le vostre orecchie? E' nel nostro podcast, o potete usare il link diretto (18 minuti, 112k, 16 mb).

NOVITÀ SU MANITUANA.COM
Nella sezione "Suoni / Musica" c'è AAAAnalogia, esperimento sonoro di Marco Bertoni, musicista e produttore musicale indipendente. "Ho raccolto e manipolato frammenti sonori provenienti da culture che utilizzano quasi esclusivamente l'oralità per tramandarsi e per raccontare. Frammenti di voci arabe, native americane, sarde, gitane...I suoni sono stati ordinati, intonati per quarti di tono e poi risuonati dal vivo con l'aiuto di campionatori e computer. Certo l'ho fatto pensando a Manituana, ma non espressamente legato a qualche momento o personaggio della storia. Mi sembrava che il risultato fosse una possibile colonna sonora del sapore del romanzo." Lo potete ascoltare qui.
Nella sezione "Suoni / Parole" c'è un'intervista transfrontaliera, sconfinante a est. Uno dei modi migliori per rendere obliquo uno sguardo è cambiare il contesto. Un'intervista su Manituana, meticciato, imperi, nazionalismi, America ed Europa, se rilasciata a una radio italiana "normale" avrà certe risonanze; se rilasciata a Radio Capodistria ne avrà tutt'altre, per nulla scontate. Eccola qui.

PONTIAC. E' uscita su Coolclub - mensile freepress del Salento - una lunga intervista a Wu Ming 2 su "Pontiac - Storia di una rivolta", spettacolo e audiolibro illustrato, parente stretto di Manituana. In sette mesi, da quando l'abbiamo messo on-line, Pontiac ha avuto 2880 download, 99 dei quali a pagamento (in media, circa 7 euro per ogni download "pagato"). Lo spettacolo ha fatto 14 repliche in giro per l'Italia.
 Qui l'intervista integrale
Qui il PDF della rivista (versione ridotta).


Da lunedì 16 gennaio, presso la Scuola Internazionale di Comics - Sede di Reggio Emilia, parte un laboratorio semestrale di narrazioni. Gianluca Morozzi e Wu Ming 2 si divideranno i 48 incontri previsti: il primo si occuperà di scrittura creativa e individuale, mentre WM2 lavorerà sulla trasformazione (collettiva) di un testo qualsiasi (fonti d'archivio, cronache, articoli di giornale, racconti d'autore, epica classica) in un testo narrativo (romanzo "storico", non-fiction novel, spin off, fan fiction...). L'iscrizione è aperta a tutti ma i posti sono molto limitati (max. 10).
Per info ci si può rivolgere a Jessica Ferrari: reggioemilia@scuolacomics.it oppure 0522 /455063.
NEW ITALIAN EPIC: GLI STATI GENERALI DELLA NARRAZIONE

Tutti gli interventi al convegno sul NIE, festival Scrittorincittà, Cuneo, 16 novembre 2008.
Ecco com'era annunciato l'incontro nel programma del festival:

Nell'aprile 2008 Wu Ming 1, membro del collettivo Wu Ming, diffonde in rete un saggio breve sulla narrativa italiana degli ultimi anni. L'intento non è individuare una nuova "scuola", ma evidenziare alcuni elementi ricorrenti - sotto l'aspetto poetico e stilistico - che accomunano libri a prima vista molto diversi. Un tratto condiviso è individuato nel respiro "epico". New Italian Epic, infatti, il titolo del testo. La sortita dà inizio a un intenso dibattito, in rete e su alcuni giornali, nel quale molti scrittori si interrogano sulla nostra narrativa e sulla direzione nella quale si sta muovendo. Fino a oggi. Per fare il punto, infatti, la discussione si fa "fisica" ed è ospitata da scrittorincittà. Ad animare un incontro che ha l'ambizione di essere un momento importante nel ragionamento sulla nostra letteratura, con Wu Ming 1 e Wu Ming 2 (tra gli ultimi titoli "collettivi" 54 e Manituana, usciti per Einaudi SL, e, nel 2008, Grand River, Rizzoli, e Previsioni del tempo, Edizioni Ambiente), intervengono alcuni tra gli autori italiani che più si interrogano sul proprio compito: Carlo Lucarelli (L'ottava vibrazione, Einaudi 2008), Giuseppe Genna (Hitler, Mondadori 2008), Antonio Scurati (Una storia romantica, Bompiani 2007), Letizia Muratori (La vita in comune, Einaudi 2007) e il critico Mauro Gervasini. Modera l'incontro Loredana Lipperini. [In realtà trattenuta a Roma da motivi di salute, N.d.R.]


Per lo streaming, cliccare sull'icona-play. Per salvare i file, cliccare sul link testuale col tasto destro del mouse (PC) oppure ctrl + click (Mac).

wu_mini.gifWU MING 1 - IL REGGIMENTO CARIGNANO E LA BESTIA IROCHESE
(18 minuti, mp3 160k)
versione "light" (mp3 96k).
La storia di mille piemontesi che nel 1665 partirono per il Canada, spediti a combattere contro gli indiani. Che diavolo significa essere italiani? Dov'è il centro della nebulosa?
carlolucarelli.jpgCARLO LUCARELLI - DAL GIALLO ALL'EPICO
(12 minuti, mp3 160k)
versione "light" (mp3 96k).
Da una nebulosa all'altra - La statua di Vittorio Bottego - Raccontare come siamo, coi mezzi adeguati al compito.
letizia_muratori2.jpgLETIZIA MURATORI - APPIATTITA SULLA REALTÀ?
(07 minuti, mp3 160k)
versione "light" (mp3 96k).
"Trama" è una parola tessile. Per un'epica a intermittenza. Essere Wile E. Coyote.
scurati2.jpgANTONIO SCURATI - L'EPICA È LO SGUARDO DA SOPRA LE MURA
(16 minuti, mp3 160k)
versione "light" (mp3 96k).
Un pensiero che unisce. La fine dell'obbligo all'autoderisione. Lo sguardo da sopra le mura. Ristabilire il nesso tra conoscere e agire.
ming_mini.gifWU MING 2 - RESISTERE INSIEME AL CANTO DELLE SIRENE
(20 minuti, mp3 160k)
versione "light" (mp3 96k).
Orfeo, il narratore. Tre diverse strategie per non farsi irretire dal racconto dominante. Cosa non mi piace del mito di Orfeo ed Euridice. Come propongo di riscriverne il finale.
mauro_gervasini_1.jpgMAURO GERVASINI - CINEMA SENZA EPICA
(26 minuti, mp3 160k)
versione "light" (mp3 96k).
Che ci faccio io qui? La miglior sequenza di Gomorra. Hollywood e l'otturatore impazzito. L'invidia del critico cinematografico.
genna.jpgGIUSEPPE GENNA - LA PALLOTTOLA NEL MURO E L'OCCHIO DI KUBRICK
(15 minuti, mp3 160k)
versione "light" (mp3 96k).
La letteratura è più stronza di quanto pensiamo. Esempio di allegoria che non si chiude: il giorno che, mentre facevo il caffè, sentii un botto e...
 

DUE COMUNICAZIONI DI SERVIZIO: NANDROPAUSA SLITTA, iQUINDICI HANNO BISOGNO DI TE!

Sedute di lettura Il numero 15 di Nandropausa non sarà pubblicato nel dicembre 2008, ma nel febbraio 2009.
Stiamo riconsiderando fisionomia e cadenza di questa webzine che amiamo scrivere, ma che va ripensata. La sua gestione attuale comporta molta fatica e dispendio di energie in periodi dell'anno già "critici" per altri motivi.
Scusateci, ma è stato un anno impegnativo, tutto di assalto alla baionetta, senza pause.
Ad ogni modo, con il numero-monstre del giugno 2008 e con tutto il dibattito sul New Italian Epic, per quanto riguarda i consigli di lettura non vi abbiamo certo lasciati a bocca asciutta!
Anticipiamo che su Nandro, tra i vari libri, parleremo di questi (ricorrendo anche ad accoppiamenti e letture comparate): Walter Siti, Il contagio - Andrea Camilleri, Il casellante - Girolamo De Michele, La visione del cieco + Con la faccia di cera - Francesco Abate, Così si dice - Rosario Zanni, Mal'aria - Valter Binaghi, Devoti a Babele - Serge Quadruppani, Y - Guglielmo Pispisa, La terza metà - Marco Bellotto, Gli imitatori - Gianfranco Manfredi, Ho freddo - Gabriella Ghermandi, Regina di fiori e di perle - Giuseppe Genna, Italia De Profundis - Valerio Evangelisti, Tortuga - Alessandro Bertante, Al Diavul.
Ecco quattro piccole pre-recensioni, a casaccio. L'estratto a sorte è Wu Ming 2.
Marco Bellotto, Gli Imitatori, Marsilio
Quanto si può essere "originali", rispetto al proprio tempo, e quanto invece siamo costretti ad essere "imitatori", a declinare noi stessi secondo binari prestabiliti? E' questa la domanda che risuona dentro il romanzo di Bellotto, che racconta la vita e le opere di Livio Mantarro: scrittore, comunista, amico di Luciano Bianciardi, "cattivo maestro" implicato in un omicidio vecchio di trent'anni dalle rivelazioni postume di un pentito. Un processo nel quale Mantarro rinuncerebbe a difendersi, se non fosse per la caparbietà di Marco Bellotto, il suo avvocato d'ufficio...
Gianfranco Manfredi, Ho freddo, Gargoyle Books
Fine Settecento, Rhode Island. Una strana malattia consuma le donne di due villaggi rurali, e di molti altri, in giro per i neonati Stati Uniti. Una coppia di medici illuministi, fratello e sorella, e un giovane pastore battista, cercano di capire e di fermare l'epidemia. Un romanzo di grande rigore storico e magnifici personaggi, sul rapporto ambiguo tra scienza e superstizione, credo popolare e fede, medicina e leggenda, mostruosi vampiri e semplici malati. 
Gabriella Ghermandi, Regina di fiori e di perle, Donzelli
Ne avevo parlato di sfuggita, non avendolo letto, nell'ultimo Nandropausa. Ora che ho riempito la lacuna, posso dire che quello della Ghermandi è il miglior romanzo post-coloniale "italiano" che mi sia capitato di leggere. Contiene, una dentro l'altra, molte storie diverse, tenute insieme dalla voce di Mahlet, una ragazzina che cresce nell'Etiopia di Menghistu e poi emigra in Italia: dalla resistenza antifascista dei partigiani arbegnà alle "badanti" clandestine di oggi, uno sguardo inedito e imprevisto sulla storia di due paesi.
Guglielmo Pispisa, La terza metà, Marsilio
La Terza Metà
è un romanzo molto coraggioso: cambia pelle almeno almeno tre volte in 250 pagine, solletica le aspettative del lettore e poi le disattende, scarta di lato, salta a destra, finta a sinistra, ma alla fine centra l’obiettivo. Questo andirivieni tra generi, stili e registri se lo può permettere in virtù di un intreccio geniale, avvincente, di quelli dove “tutto torna” ma devi pensarci su, fare i conti con calma, rileggere un paio di capitoli, mettere in fila i pezzi e poi confrontarti con altri per vedere se davvero non hai dimenticato qualcosa e se non ci sono discrepanze tra quel che ciascuno crede di aver capito. Se fosse un film, usciti dalla sala correreste a comprarvi il dvd, o a scaricarvi il file dalla Rete, come per I Soliti Sospetti, The Prestige oppure Syriana.

ATTENZIONE, UN APPELLO DAI NOSTRI "CUGINI" iQUINDICI.
Ciao a tutt@! Una richiesta accorata da parte de iQuindici che potrebbe avere come sottotitolo "la storia si ripete”: proprio come i Wu Ming avevano lanciato un appello nell'agosto 2002 su Giap a proposito dei manoscritti (da cui nacque una discussione che portò alla nascita de iQuindici), tocca ora a noi quindicini lanciare un grido di aiuto: NON CE LA FACCIAMO A SMALTIRE I NOSTRI ARRETRATI DI LETTURA!
Purtroppo è così, siamo in pochi a leggere, abbiamo avuto un grande successo di ricezione di manoscritti (soprattutto al nostro periodo d'oro di visibilità mediatica, dal 2004 al 2005) e ora non riusciamo più a stare in tempi umani di lettura. Da un anno di attesa siamo passati a due, e ora siamo arrivati a tre: non ci sembra bello nei confronti di chi aspetta, ma al momento purtroppo è così, e abbiamo bisogno di una mano. CHI CI AIUTA?
Dobbiamo dare due pareri di lettura a circa 200 romanzi, il che fa in tutto 400 letture (diamo due pareri a ciascun manoscritto): qualcuno di voi che legge avrebbe voglia di adottare giusto un paio di romanzi e scrivere qualche riga all'autore dicendogli che ne pensa? Non vi chiediamo di entrare nel gruppo (ma ben contenti se volete farlo), bensì di condividere un breve pezzo di strada con noi, anche brevissimo. Di solito i manoscritti che riceviamo non sono capolavori, per lo più narrazioni che necessitano di consigli utili a progredire, quindi si tratta di offrire militanza appassionata. Ci aiutate?
Per saperne di più su chi siamo e cosa facciamo vi invitiamo a leggere il nostro manifesto sul sito www.iquindici.org dove trovate anche la nostra mail per eventuali contatti. Grazie!

iQuindici

Ho notato che dedicate i numeri di Giap! alle vittime del (Bel?)Paese semplice.
Magari vi importa una sega, o forse avete deciso che fare per il numero di dicembre. Però mi farebbe piacere se, almeno voi, vi ricordaste di un ragazzo di vent'anni, Leonard Duduianu, morto un anno fa, il 16 dicembre 2007, su una strada buia dalle parti di Pavia.
Il Paese Semplice dei morti semplici non sa cosa farsene, tranne quando li usa per aizzare, scientemente, i cittadini (semplici!) contro la minoranza del momento (rumeni, albanesi, clandestini, negri).
Leonard di questo aveva avuto diretta esperienza, dal momento che era stato costretto a scappare dalla residenza di Gandina di Pieve, allestita per accogliere lui ed altri suoi simili, dinanzi alla reazione indignata e violenta di alcune decine di probi cittadini padani.
Leonard, come detto, in una notte di dicembre di un anno fa, è stato investito mentre andava in bicicletta ed è morto sull'asfalto, dissanguato. Se l'investitore si fosse fermato probabilmente Leonard sarebbe ancora vivo e avremmo una vedova e un paio di orfani in meno. Ma siccome era solo uno zingaro di merda, nessuno ne ha parlato e del "misterioso pirata della strada" non si è saputo più nulla.
E' una storia banale e rivoltante, di cui ho saputo qualcosa solo per caso, leggendo un libro di Moresco da voi segnalato. Nello scrivervi, mi è venuta la nausea.

P.A.