da L'Unità-Bologna, 3 giugno 2003:

La forza delle storie secondo Wu ming
Esce Giap! l'antologia del collettivo bolognese che raccoglie tre anni di narrazioni e movimenti


Mauro Favale


BOLOGNA 
«C'era una volta è un buon modo di vedere le cose». Lo stile, inteso come poetica ma anche come way of life,  dell'atelier narrativo bolognese Wu ming passa per la forma più autentica di racconto, quella dei cantastorie che prendono spunto dalla quotidianità. E riescono a trasformarla in mito.
I 5 «Senza nome» scrivono storie. Storie per far «cadere la pioggia, per bandire le guerre, per scacciare fantasmi» come recita la quarta di copertina del loro ultimo libro, Giap! (da Vo Nguyen Giap, il comandante delle forze Vietminh che combattevano contro i Francesi negli anni '50). Un libro già scritto ma che ha avuto una gestazione di un anno e mezzo.
«Giap! è un'antologia - racconta Tommaso De Lorenzis, scrittore e giornalista, che un nome lo ha e che ha tessuto la trama di questa nuova pubblicazione -. Raccoglie solo una parte dell'incredibile mole di testi prodotti dai Wu ming al di fuori della loro produzione romanzesca. È il materiale raccolto in Giap! (e contenuto anche nel sito www.wumingfoundation.com, ndr), la newsletter telematica che il collettivo ha attivato nel gennaio 2000, dopo il seppuku, il suicidio rituale del progetto Luther Blissett e la rinascita come Wu Ming». Può sembrare complicato ma è il loro stile, un'«arte marziale», come loro stessi la definiscono.
Giap è lo strumento attraverso il quale i Wu ming tengono in vita un rapporto telematico ma quanto mai reale con i propri lettori, l'ultimo numero della newsletter è stato ricevuto da 3859 iscritti. «Un feedback che ci fa stare tre ore al giorno davanti al computer a rispondere alle e-mail dei lettori - racconta Wu ming 1 - e che ci ha portato a incontrare i lettori in oltre 150 presentazioni in tutta Italia. Questo, fisiologicamente, cambia il nostro approccio alle storie che ci raccontano e che andiamo a raccontare». Perché i Wu ming non sono pensabili senza la propria «Repubblica democratica dei lettori», un’espressione coniata da Paco Ignacio Taibo II e presa in prestito per definire i «giapsters», gli iscritti a Giap. «Quest'antologia era necessaria - spiega Tommaso De Lorenzis - proprio per tirare le fila di tre anni di lavoro che hanno accompagnato la stesura di Asce di guerra, di Havana Glam e di 54 [Q, il loro romanzo più famoso è uscito nel 1999 quando erano ancora Luther Blissett, ndr]. Un dibattito letterario che si è intrecciato a quello politico, montato attorno al movimento dei movimenti e che ha reso ancora più difficile dare forma e coerenza a una raccolta di testi molto eterogenea».
Giap! è letteratura e politica, mito e lucido ragionamento. Come recita il sottotitolo, sono «Storie per attraversare il deserto». Un deserto attraversato in questi anni anche dal movimento dei movimenti, italiano e internazionale. Quei «no global» che i Wu ming hanno osservato, raccontato, trascinato o rincorso nelle loro manifestazioni più visibili. E allora Giap! raccoglie gli scritti che hanno accompagnato l'evento genovese dell'estate del 2001 «Le giornate di Genova hanno prodotto, prima e dopo, numerosissimi testi - spiega Wm1 - dall' "Appello delle moltitudini d'Europa in marcia contro l'Impero" ai "Dodici articoli degli uomini e delle donne in lotta per la dignità", fino ad arrivare alla gestione di quelle forme simboliche prodotte dall'esperienza delle Tute bianche e della loro "disobbedienza civile"». Ma in Giap! ci sono anche i racconti di viaggio, dal vertice contro il Fondo Monetario Internazionale a Praga alla Marcia zapatista al fianco del sub comandante Marcos, da Quebec City contro l'accordo sul libero commercio per il continente americano, fino ad arrivare alla manifestazione di Roma dello scorso 15 febbraio. «Sono gli appunti dei nostri taccuini, racconti che abbiamo provato a scrivere in uno stile giornalistico da reportage, per restituire l'immediatezza di ciò che vedevamo».
Giap! è anche un tentativo di spiegare un modo diverso di fare letteratura. Dalle curiosità e dalle difficoltà di una scrittura collettiva che tiene insieme coerentemente gli stili e i punti di vista di 5 persone, allo scarto dalla concezione classica di intellettuale per sottolineare la dimensione artigiana di questo lavoro. Fino ad arrivare al «diritto all'eccedenza» che tutte le storie hanno: essere scritte e riscritte e reinventate. Anche quelle che possono apparentemente non avere la dignità di essere raccontate. «È la prospettiva storica a decidere del destino delle storie. Quotidianamente ci raccontiamo qualcosa. Nel nostro 54 la discussione della gente era monopolizzata dal "caso Montesi". In questi giorni a Bologna tutti parlano di "Cofferati sindaco". Chissà che anche questo racconto non possa costituire uno spunto per una storia».
E a proposito di spunti il prossimo romanzo collettivo dei Wu ming partirà proprio dall'osservazione del movimento contro la guerra in Iraq: «Discutere su alcune dinamiche del movimento per la pace ci ha fatto venire molte idee. E abbiamo deciso di scrivere un western. D'altronde, nella realtà, c'è già George W.Bush che vorrebbe portare il mondo ad un "Mezzogiorno di fuoco". Noi, invece, vogliamo scartare da questa prospettiva. E circondare la carovana insieme agli indiani».


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