Da L'Unità-Bologna, domenica 9 giugno 2003, rubrica "Librintorno" di Stefano Tassinari

GIAP, COMPAGNO CHE VINCE

Il volto e il nome del generale Vo Nguyen Giap, artefice della mitica vittoria anticolonialista nella battaglia di Dien Bien Phu, sono sostanzialmente sconosciuti alle giovani generazioni, ma di sicuro non ai loro coetanei di trent'anni fa, i quali, di quel grande condottiero indocinese, fecero un mito. Il tempo, si sa, certe volte cancella simboli capaci di incidere sulle coscienze di milioni di persone (anche se il generale, dall'alto dei suoi novant'anni, è ancora in grado di dire la sua), ma a partire dal gennaio del 2000, grazie al bollettino telematico ideato e messo in rete dal collettivo "Wu Ming", ora anche molti ragazzi hanno recuperato la memoria di quel nome. "Giap", infatti, è il titolo del bollettino, ma anche di un bel libro appena uscito (Einaudi, pagg.308, euro 8,50, a cura di Tommaso De Lorenzis), che raccoglie confronti, riflessioni e dibattiti apparsi per lo più sulle pagine di questa rivista virtuale. D'altronde, il riferimento a Giap è una specie di dichiarazione d'intenti, legata all'idea metaforica di "passare dalla guerriglia nella giungla all'assalto diretto alla piazzaforte di Dien Bien Phu" (come dissero gli allora "Luther Blissett" ai tempi della pubblicazione di "Q"), volendo sottolineare, con questo, il bisogno di uscire dallo sconfittismo e di mettere l'accento sulla costruzione e non sulla semplice distruzione. Un invito rivolto soprattutto al movimento politico e sociale di quest'ultima stagione, che nel libro si traduce, tra l'altro, in diverse pagine dedicate al rapporto tra i progetti letterari dei Wu Ming e le forme organizzative e d'azione del movimento stesso, toccando un po' tutti i temi che hanno influenzato entrambi gli aspetti: il famoso passaggio dal concetto di masse a quello di moltitudini, l'avvento dello zapatismo e la conseguente trasformazione delle "Tute bianche", il dibattito sulla violenza e così via. Argomenti filtrati, come è giusto, anche dai testi letterari dei Wu Ming, spesso al centro di discussioni o di polemiche con i lettori/interlocutori (i cosiddetti "giapster"), i quali - in certi casi con profondità e in altri con modi un po' superficiali e omologati - esprimono punti di vista che consentono agli autori di "chiosare" alcune posizioni espresse soltanto in un contesto puramente narrativo, e quindi più mimetizzato, almeno per una parte del pubblico. Molto interessante, in tal senso, risulta la parte relativa alle impressioni e alle reazioni suscitate dalla lettura di "Asce di guerra", il romanzo scritto assieme (e sopra le imprese di) Vitaliano Ravagli, il militante comunista imolese che, negli anni Cinquanta, scelse di andare a combattere in Indocina contro i francesi. Il dibattito offre lo spunto ai Wu Ming per scrivere un breve saggio ("Resistenza e revisioni storiche: cazzi nostri") particolarmente stimolante e come al solito provocatorio, in grado di trasformare in positivo, e senza produrre equivoci, il concetto di revisione. Lo stesso discorso vale anche per vari altri testi inseriti nel volume, dedicati, volta per volta, alle strutture stilistiche, alle tecniche narrative, all'attualizzazione dei personaggi storici, alle esperienze di viaggi e di incontri personali e letterari, ma anche alla tematica del software libero e del no copyright, molto sentita dagli autori. L'importante, alla fine, non è se condividere del tutto, in parte o per niente le posizioni assunte dai Wu Ming, ma è che anche questa volta il lavoro dei cinque scrittori bolognesi riesce a mettere alla prova alcune delle nostre certezze, a meno che la sicurezza, a differenza del generale Giap, non ci derivi solamente dal vagare nella giungla per il resto della vita.


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