da La Repubblica, venerdì 16 maggio 2003, pag.48, Cultura:

I Wu Ming ai primi posti in Inghilterra
Con il loro primo romanzo "Q"

Loredana Lipperini

A tre anni dall'esordio italiano e a sei giorni dall'uscita in Gran Bretagna l'edizione inglese di Q è subito schizzata nella "top quaranta", sesta migliore nuova entrata della settimana (la settima, per dire, è l'ultimo libro di De Lillo). Quel romanzo segnava il debutto letterario di Luther Blissett: ed era anche l'ultimo atto dello "0,4% del Luther Blissett Project". I quattro narratori che lo firmarono, più uno, diedero vita al collettivo noto con il non-nome di Wu Ming, che in ambito editoriale ha a tutt'oggi al proprio attivo altri tre romanzi: Asce di guerra (con Vitaliano Ravagli, uscito per Tropea), Havana Glam (del solo Wu Ming 5, Fanucci) e 54, pubblicato da Einaudi.
Sempre Einaudi fa conoscere ora il pensiero e le pratiche di Wu Ming meno note agli esclusivi frequentatori di librerie: esce infatti nella collana Stile Libero un azzardo che però rende finalmente giustizia a tutta l'attività del gruppo. L'azzardo si chiama Giap! Storie per attraversare il deserto (pagg.308, euro 8,50) e raccoglie quello che gli autori definiscono il lavoro collettivo e mitologico svolto tra il 2000 e il 2003.
Giap! (da Vo Nguyen Giap) è il titolo della rivista telematica di Wu Ming, un bollettino che si riceve per posta elettronica o si legge sul sito del gruppo (www.wumingfoundation.com). Il libro, curato da Tommaso De Lorenzis, raccoglie e organizza i materiali di tre anni: riflessioni sulla Storia e sulle storie da Seattle a Iraqi Freedom, dialoghi sul narrare, interventi sulle tematiche che furono anche di Blissett (la necessità di creare e diffondere mito, il non-senso del copyright, la fine dell'autore come entità individuale), interviste, articoli, interventi in festival e manifestazioni. Tutti leggibili come un unico racconto di viaggio, che comincia da Praga, il 24 settembre 2000, per le manifestazioni contro il vertice del Fondo monetario internazionale, e arriva a piazza San Giovanni a Roma, per il corteo contro la guerra del 15 febbraio 2003. In mezzo ci sono i mesi del 2001 che preparano la ribellione al G8 di Genova (con il proclama forse più noto e poetico, "Alle moltitudini d'Europa", e con le favole, gli apologhi, gli elzeviri con cui Wu Ming ha dato il proprio contributo al movimento dei movimenti), c'è la cronaca di quelle giornate e, via via, i mesi della guerra, il primo anniversario della morte di Carlo Giuliani, la spedizione pacifista in Israele.
Nulla di tutto questo, attenzione, ha il significato di quella che un tempo si sarebbe chiamata "controinformazione": don't hate the media, become the media, scrive Wu Ming. Ma la semplice esposizione dei fatti, se non diventa narrazione, non è sufficiente. Il rapporto tra il collettivo e il movimento si fonda soprattutto sulla questione dell'immaginario e sulla creazione del mito: di "miti attivi", anzi, di cui l'autore è semplicemente il veicolo e non il proprietario, che possano "interpretare la moltitudine" e cementarla in modo più forte e duraturo della spinta etica, psicologica, morale, religiosa. "Perché un altro mondo sia possibile, deve essere possibile immaginarlo e renderlo immaginabile da molti": non è possibile scardinare l'esistente se non con l'aiuto di una narrazione. Un potere così forte, e fondante, conferito alla parola narrata, non può che portare al già noto e peseguito rifiuto del copyright. Nei capitoli del libro di argomento più specificamente letterario si ribadisce che le storie sono di tutti e che "le leggi che regolano la proprietà intellettuale rappresentano la camicia di forza, repressiva e anacronistica, paradossale e inefficace, alla produzione di intelligenza, alla cooperazione e allo scambio di risorse e saperi come open source, sorgente aperta e a disposizione dello sviluppo della comunità".


Torna al menu della sezione "Giap!"