da "Portici", mensile della Provincia di Bologna, gennaio 2001:

Asce di guerra
Le vicende di un ribelle, Vitaliano Ravagli,
che tra avventura e passione civile ha affrontato storia ed attualità

di Stefano Tassinari

C'e' piu' di mezzo secolo di Storia (la storia "altra", non quella patinata e retorica delle ricostruzioni ufficiali) in "Asce di guerra" (Marco Tropea Editore, pagg.376, lire 29.000), il romanzo a dieci mani che gli ex Luther Blissett - ora trasformatisi in Wu Ming,  e cioè "senza nome" in cinese mandarino - hanno scritto assieme a Vitaliano Ravagli, pensionato imolese di sessantasei anni la cui vita, avventurosa fino a superare i limiti della nostra fantasia, non potrebbeessere definita efficacemente nemmeno usando cento aggettivi. Ma che cosa hanno in comune i quattro giovani autori dello straordinario "Q" con questo signore ormai anziano (se non altro sul piano anagrafico) che, negli anni Cinquanta, se ne andava in giro per la giungla laotiana a sparare addosso ai soldati colonialisti francesi? Di sicuro hanno la passione civile - che di questi tempi non è cosa da poco - ma anche la necessità di fare i conti con tutto ciò che del Novecento e' stato colpevolmente rimosso, allo scopo di cancellare sia la memoria che l'attualita' del conflitto sociale. Ed e' cosi' che - se non fosse stato per i Wu Ming e per un contatto creato da Carlo Lucarelli - la vicenda umana e politica di un ragazzo degli anni Trenta, cresciuto in una famiglia povera e antifascista, costretto a passare gli anni dell'adolescenza sotto le bombe, troppo giovane per partecipare direttamente alla Resistenza e troppo ribelle e solidale per impedire a se stesso di andare a combattere la guerra di un altro popolo aggredito, sarebbe rimasta confinata nelle pagine di due libri pressoche' introvabili, pubblicati a pagamento dallo stesso Ravagli. Per fortuna, invece, e' uscito questo libro coraggioso e avvincente nello stesso tempo, visto che da un lato affronta - con molta precisione, malgrado la dichiarazione di "disinvoltura" piu' volte premessa dagli autori - tematiche spinose e decisamente poco indagate dalla letteratura italiana contemporanea, e dall'altro lato presenta una struttura e uno stile di narrazione capaci di coinvolgere anche un pubblico molto lontano da questioni quali la Resistenza, l'internazionalismo, la situazione indocinese ai tempi del colonialismo francese e le recentissime battaglie politiche contro la globalizzazione, l'Ocse, la rinascita di gruppi neonazisti e cosi' via. Il romanzo, utilizzando il pretesto di un'indagine dell'avvocato (immaginario) Daniele Zani sulla storia del parente Sergio Zani detto "Soviet" (personaggio altrettanto immaginario, ma assolutamente credibile e in grado di sintetizzare altri soggetti realmente esistiti), ci offre un continuo andirivieni tra fantasia e realtà, ma anche tra periodi storici diversi, riuscendo a collegare perfettamente la storia di Vitaliano Ravagli (che davvero ando' a combattere, assieme ad altri sedici italiani, a fianco dei comunisti laotiani e vietnamiti) con quella di chi, nel Duemila, non si e' rassegnato a vivere in un mondo normalizzato e governato da un Paese, gli Stati Uniti, in cui la vittoria elettorale in uno Stato si puo' decidere giocando a poker, mentre per scegliere chi sara' il nuovo presidente si fa la "conta" modello "ambarabaciccicocco'". Cio' che emerge - come viene sottolineato anche nelle note di copertina - e' dunque "un oltraggio al presente, un atto spregiudicato e volontario", attraverso il quale si cerca di disseppellire un altro concetto rimasto sotto terra per un paio di decenni, e cioe' quel "ribellarsi e' giusto" che dalla Pechino di Mao arrivo' fino alle aule della Sorbona. Un grazie, quindi, a Wu Ming e a Vitaliano Ravagli per averci costretto, con questo romanzo, a ricordarcelo di nuovo, Sperando di non dimenticarlo troppo in fretta.