Giampiero Marano recensisce Giap! su King Lear Libri, 13 novembre 2003

 Mentre il soggetto estetico moderno mantiene immutato il proprio baricentro anagrafico anche (forse soprattutto) quando crede di potersi occultare dietro il paravento dell’intertestualità o della citazione, l’auctor costituisce un fluire di relazioni complesse che non hanno centro né orientamento, anonime, impoetiche per eccellenza (e, mi si permetta il gioco di parole, per eccedenza).
Opporre al risucchio vorticoso della soggettività lo strappo di una resistenza centrifuga è possibile: abbattere il monoteismo di poetiche e antipoetiche, essere assolutamente impoetici, risulta anzi una delle necessarie condizioni di attuabilità del pluriuniversalismo e della democrazia delle comunità. Ritengo perciò che il collettivo Wu Ming occupi un posto significativo tra i testimoni e fautori dei nuovi paradigmi antropologici di cui cominciano a delinearsi i tratti. Il recente Giap! (Einaudi Stile Libero, 2003) ha il pregio di enfatizzare almeno due intuizioni forti di Wu Ming:
1) l’epoca moderna è giunta alla fine;
2) dal momento che al termine di un ciclo ricompaiono le condizioni iniziali, la fase storica in cui siamo entrati si caratterizza per la simultanea compresenza di primordialità e ultramodernità.
Nessuna meraviglia, dunque, se in un simile, inquieto scenario possano insistentemente “rimbalzare” frammenti di epoche trascorse: fra questi, in particolare, la figura del bardo, emblema di una visione dell’arte e della sua ricezione che, diametralmente opposta alla greve esaltazione romantica dell’individualità, del genio e dell’artista-divo, rende esplicita l’intima specificità dell’auctor, cioè il suo essere anonimo («Wu Ming», in cinese mandarino, vuol dire appunto «anonimo»). La declinante società di massa e del copyright, con il rigido apparato di normalizzazione delle anomalie e delle differenze da cui è protetta, sta cedendo il passo a quella che Wu Ming chiama la «cultura neopopolare»: una realtà composita, vitale e fondamentalmente anarchica, collegata com’è allo sviluppo incontrollabile della Rete.
Ciò, in altre parole, significa anche che il mondo “borghese” del romanzo è già stato o potrà essere presto sostituito da una nuova civiltà dell’epos e della mitopoiesi: in forme inedite ricompaiono l’antico bisogno di storie o di rituali e l’idea secondo cui l’universo stesso sarebbe l’espressione del narrare originario di un dio-artista che va alimentato incessantemente per scongiurare la Catastrofe.
È proprio osservando questo panorama, in cui la cultura orale e visuale si avviano ormai a conquistare l’egemonia definitiva, che Giap! ci invita a una riflessione seria e a una presa di posizione: perché se è vero che oggi non è più ipotizzabile eludere il processo di reincantamento del mondo coincidente con la fine della modernità, diventa allora obiettivo essenziale l’“impegno” in vista di quella che Wu Ming chiama la «decostruzione libertaria e non-alienante» della mitologia, da giocare contro la sua strumentalizzazione naziliberista. È, cioè, opportuno chiedersi in quali termini, nell’Era Successiva, dovrà configurarsi l’azione di resistenza da parte della moltitudine dei marginali, di quegli homines fabulantes che sono sempre nuovi e sempre gli stessi dall’epoca della Jacquerie e dei ciompi fiorentini fino agli odierni contestatori della globalizzazione autoritaria.
Mossa dall’intenzione lodevolissima di emancipare il mito da una serie di ipoteche tuttora devastanti, l’originale lettura “da sinistra” tentata in Giap! guarda alla mitopoiesi come a un «mantra della moltitudine» che non si dà ab aeterno né una volta per tutte ma si rigenera continuamente alla maniera di «un mare inquieto e ribollente».
Interpretati in questa chiave, i miti non rappresentano il riverbero nostalgico dell’età dell’oro (così vorrebbero alcuni teorici conservatori) ma narrazioni «dinamiche e spurie» rivolte a un futuro eventuale, al tempo di un «dopo-deserto» illuminato da icone leggendarie come quelle di Emiliano Zapata, Giuseppe Garibaldi e dello stesso comandante vietnamita Giap. Per contrastare la dittatura naziliberista, terribile eppure non invincibile, la nuova comunità «aperta, transnazionale e transepocale, basata sulla condivisione di un immaginario combattente», ha una disperata necessità di aedi, di storie, di eroi. Ma concependo la narrazione in tale prospettiva epico-corale, è inevitabile che Wu Ming metta in discussione e cerchi di distanziare nettamente il concetto di “autore” inteso nella sua accezione solipsistica moderna: nessuno, all’infuori della comunità, va considerato l’auctor delle storie, dei miti, delle leggende, che sempre circolano nel mondo non alla stregua di merci griffate ma come doni privi di nome e di paternità.
Il tempo del Racconto è appena incominciato. Senza nulla concedere a un millenarismo poseur e velleitario, tutto rimane ancora da dire, da fare.

 Giap! - Wu Ming - Einaudi - Note: Tre anni di narrazioni e movimenti - A cura di Tommaso De Lorenzis - Collana: ETsl - Tascabili - Stile libero n. 1105 - Pagine 308 - Anno 2003 - ISBN 8806165593 - € 8.50


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