Il capitalismo è una rana morta
ovvero: Il risparmio di energia come minaccia per l'Occidente

di Wu Ming 1 e Wu Ming 5

Prima scena: un equipaggio di canottieri spinge con la forza dei muscoli l'imbarcazione lungo un placido fiume. La fuga prospettica aperta dall'obiettivo suggerisce libertà, progresso, pace. Lo stile di vita e lo stato mentale evocato hanno a che fare con la serenità, la larghezza, l'equanimità. Gli uomini sono impegnati in uno sforzo comune.
E' una delle pubblicità di Hera, l'azienda del gas (e altri servizi) di Bologna e della Romagna.
Seconda scena: un simpatico uomo di mezza età è abbracciato a una foca, o a un'otaria. I due sono grandi amici, e il testo al di sotto della fotografia lo ribadisce in maniera quasi pleonastica. L'uomo sorride. E' la pubblicità dell'Enel.
Le pubblicità destinate a larghi segmenti della popolazione non devono per forza essere sottili. Non si tratta di evocare appartenenze ad élites, ma di affermare la generalità, la comunità estesa, l'istanza più pervasiva.
Tutti hanno bisogno di un amico sincero, otaria o foca che sia. Tutti hanno bisogno dell'Enel.

Tutti hanno bisogno dell'acqua, della luce, del gas.
Tutti hanno bisogno dell'acqua, ma l'acqua è una risorsa limitata. Rara, in un senso molto preciso. L'acqua delle calotte glaciali, dei fiumi e dei laghi equivale allo 0,6 per cento del volume del pianeta.
Un contadino africano benestante consuma 20 litri di acqua al giorno. Quelli che vivono in condizioni precarie ne consumano 5. La media europea pro capite è 165 litri. Quella italiana è circa 200 litri. E' un dato che non stupisce, se si pensa che ogni volta che si tira uno sciacquone si sprecano dai 9 ai 12 litri d'acqua, che lavandosi i denti tenendo il rubinetto aperto se ne sprecano almeno 10, e lavando i piatti con lo stesso metodo circa 80.

Quello che chiamiamo Nord del mondo è, in realtà, un coacervo di culture differenti. Ciò che accomuna gli abitanti della parte ricca del pianeta è l'appartenenza alla parte alta delle statistiche sul consumo di materie prime e manufatti. Attraverso i consumi si è definito uno stile di vita "medio" "occidentale" che funziona come vero e proprio principio di realtà. Siamo attaccati al nostro stile di vita come se dalla modifica di certe abitudini irrazionali e nocive dipendessero la nostra identità e persino la nostra esistenza. La povertà è una condizione relativa, del resto. Di fronte alla sperequazione e ai solchi economico-culturali che dividono in due le nostre società la maggior parte dei cittadini percepiscono se stessi come poveri, non ricchi o appena accettabilmente inseriti, suscettibili di ricadere nella geenna del sottoconsumo, lontano dal regno delle merci che contano. Per sostenere tutto questo sforzo collettivo di identificazione - ci assicurano - ABBIAMO BISOGNO DI PIU' ENERGIA.

Anche se è il gas a riscaldare le case, è l'elettricità a essere calda. Le città prive di luci sono tristi, grigie. E' grazie all'illuminazione che la notte diventa territorio percorribile e fulcro emozionale. Le grigie città dell'est europeo, ricordate? La città per eccellenza della cultura occidentale è quella che non dorme mai. Le luci di N.Y.C. sono costantemente accese. L'occidente ha battuto il comunismo a forza di rock 'n'roll e illuminazione scenica.
Il pianeta visto dall'alto, di notte, riproduce le costellazioni con le trame che le luci disegnano sulla superficie. E, sapete una cosa? E' molto semplice capire quali sono le aree più ricche: sono quelle con più luci sono accese.
Anche gli strati più poveri della popolazione del nord del mondo hanno generalmente accesso alla propria razione di calore emotivo indotto. Quando si entra in casa, di notte, a luci spente, i led della TV e dello stereo sembrano assicurare che tutto è a posto. La casa respira, vive in nostra assenza, anche di notte. Vive e consuma energia. Nessuna casa è percepita come spazio adeguato e accogliente se spogliata del suo sistema nervoso centrale, del suo sistema circolatorio e del suo sistema escretore, e di tutti i vari apparati che si collegano o si nutrono a partire dai sistemi vitali.

Se teniamo un televisore acceso soltanto due ore al giorno, e per le restanti ventidue ore in stand-by, due terzi dell'energia li consumerà mentre è inattivo.
Le apparecchiature tenute in stand by consumano: PC con schermo a colori: 162 KWh/anno; televisore a colori + impianto stereo: 73 KWh/anno; videoregistratore: 101 KWh/anno; stampante laser: 123 KWh/anno. Totale: 430 KWh/anno. Pari al consumo di una lampadina da 100 Watt lasciata accesa per sei mesi. Pari a quattrocento cicli a vuoto della lavatrice. A livello nazionale, ipotizzando che ci siano dieci milioni di famiglie (o comunque di aggregati domestici), fanno 4.300.000 megawattora all'anno. Considerato che in molti aggregati domestici vi sono (almeno) due televisori e/o due impianti stereo e/o due computer, la cifra andrebbe ritoccata verso l'alto. Approssimando per difetto, crediamo si possa parlare di 6 milioni di megawattora all'anno. Quanto inquinamento da carbone e petrolio è necessario per produrre - e subito sprecare - una simile quantità di energia?

L'espressione "fabbisogno energetico" è puramente ideologica. Si tratta della quantità necessaria a mantenere questi sperperi, quest'irrazionale sovraconsumo, questo stile di vita "occidentale" che - ci dicono - NON E' NEGOZIABILE.
Per questo anche discorsi minimamente sensati come: non tenere le apparecchiature in stand-by; usare lampadine elettroniche a basso consumo; non tenere il rubinetto aperto mentre ci si lava i denti; evitare dispersioni di calore riparando o sostituendo gli infissi, e mille altre piccole prescrizioni quotidiane che inciderebbero in maniera inaspettata sui bilanci energetici mondiali incontrano tanta resistenza. Minacciano il nostro senso d'identità.

A Bologna, dietro Piazza Maggiore, c'è Piazza Galvani, al cui centro si erge - appunto - la statua di Luigi Galvani (1737-1798), scopritore dell'azione fisiologica dell'elettricità, autore del fondamentale De vibus electricitatis in motu muscolari commentarius. Sono noti i suoi esperimenti sulle contrazioni muscolari delle rane morte, ottenute stimolandone i corpi con un conduttore bimetallico. Le sue scoperte influenzarono le ricerche di Alessandro Volta (1745-1827), che finì per inventare la pila.
In una notte di primavera del 2001, i soliti ignoti appesero a una mano della statua di Galvani un cartello con la scritta:
"IL CAPITALISMO E' UNA RANA MORTA".
Diversi passanti si grattarono il capo leggendo la criptica asserzione. Se facciamo valere una metonimia e diamo alla parola "capitalismo" l'accezione di "
way of life nei paesi ricchi", vediamo che la metafora è calzante. Grazie a una continua elettrostimolazione, persino la morte sembra vita. Ma la nostra way of death - ci dicono - non è negoziabile.
Per questo, e solo per questo, "ci occorre più energia".

8 - 10 ottobre 2003


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