• FREE (CANDID) CINEMA

  • di ENRICO GHEZZI

    non ha tempo questo libro che scardina il tempo e il derma, il karma in una sorta di post-improvvisazione liberatoria dove, tra l'altro, non ciĆ² siamo capiti ma è giusto non capirsi dentro/fuori l'atto di leggere, o anche ridire, vagamente, un non testo (la Cina, la ragazzina occhi a mandorla del fast food, la nazione indiana fuori fase, fuorischermo, paleorock interattiva) fuori-sync, di cui non mi diletto, ma cui mi abbandono spesso, d'altri tempi, non lo stesso tempo, un po’ scorticato, un po’ spostato un po’ morso e mosso… è proprio un altro tempo, un altro corpo, una sorta di sbobinatura a opera di sé (dal futurismo all'ermafrodito felliniano in scatti, strategie, e-mail a vuoto, AL vuoto).
    l'attrazione per la "cultura bassa" spiegherebbe solo l'ovvio entrare in blob come oggetto previlegiato, come prelevato da una tv esistente, distanza siderale dai molti esempi locali similmente reperibili e prelevabili, citabili, demenziali, ribaldi, sfrontati: c’è molto cinema nel quale, a voler essere piattamente pignoli e pedanti, possiamo rintracciare evidenti tracce di cibo, residui incastrati tra i denti (altri film non fatti, non montati, non visti per l'assenza di 28 limo nere, 13 tonnellate di sostanze di sintesi, un drago cinese, sette miliardi di comparse e un cavatappi appartenuto a Deleuze).
    da bambino leggevo moltissimo, fin da piccolissimo infatti mi dicevano sempre che "mi finivo gli occhi". mi piace questa espressione "finirsi gli occhi". per me la lettura era una cosa divorante, e questo è rimasto come principio nel senso che cerco di leggere quello che c'è scritto anche su un depliant (tutti i libri o le brochures che amo li vado a rileggere continuamente, magari a pezzi): è nel non-visto, non riletto ancora una volta e sempre, che sta il nodo politico di un senso del vedersi televisivo) ma se devo essere sincero FKF non l'ho ancora aperto.