LETTERA DI VITALIANO RAVAGLI AGLI ISCRITTI A /Giap/ E AL MOVIMENTO GLOBALE
5 luglio 2001
 

Agli amici di *Giap*, a Wu Ming, alle valorose Tute Bianche
 

Quando ho detto a Filippo e Lavinia, i miei figli, che volevo essere presente alle contestazioni contro il G8 a Genova, li ho visti un po' perplessi: forse si preoccupavano della mia età, per le probabili bastonate che avrei potuto prendere. Hanno girato un po' intorno al problema, poi è arrivata la domanda fatidica:

"Babbo, perché vuoi andare a Genova a prendere legnate dalla polizia? Non ti sembra di aver già fatto abbastanza per gli altri? Ormai compi sessantasette anni e li vuoi compiere pure a Genova [il 23 luglio è il mio compleanno]?!"

Questo è quello che mi hanno detto i miei due ragazzi l altro ieri.

Ho risposto loro che di perché ce ne sono tanti, troppi nella mia memoria. Poi ho iniziato a enumerarne alcuni:

Vado a prenderle perché il virus della contestazione ai soprusi e alla violenza ce l'ho nel sangue. Noi della nostra generazione dicevamo così, ma voi che avete studiato e siete più colti, forse parlereste di DNA, ma è la stessa cosa.

Vado perché, da che sono in questo mondo di merda, ho dovuto subire la mala pianta del fascismo, con la sua fregola di dichiarare guerra a tutti; tanto poi a combatterla ci andavano i poveri. L'avventura insensata della guerra si portò dietro la fame, le malattie mortali, le distruzioni del nostro patrimonio storico e di tante case della povera gente.

Le poche migliaia di morti preventivati affinché "l'artefice" di tutto ciò potesse poi sedersi al tavolo della pace come "belligerante" furono invece trecentomila. E tanti altri se ne andarono per gli stenti sopportati. Ebbene, io ho vissuto anche quella tragedia sulla mia pelle e non l'ho ancora dimenticata. E ho ancora vivo il ricordo della Resistenza e di quanti combatterono e immolarono la loro vita, affinché chiunque potesse esprimere i suoi dubbi e protestare sulla cattiva conduzione della cosa pubblica; senza la paura di essere perseguito o bastonato per esercitare un diritto. Diritto che conquistammo con tanti sacrifici e chiamammo "Costituzione". E ho vivissimo il ricordo del dopoguerra, la Celere (in gran parte reclutata tra le file della Repubblica Sociale) che ci bastonava quasi ogni giorno nella mia città, l'Imola Rossa, la gloriosa Imola, Medaglia d'Oro della Resistenza, perché dal suo ventre crebbe la 36a Brigata Garibaldi, tanto temuta da chi comandava le divisioni tedesche in Italia.

Allora vado a Genova, perché protestare civilmente è un diritto inalienabile. E noi protesteremo nelle strade, nelle piazze, e in ogni angolo che riterremo idoneo al nostro scopo (perché così ci garba). Il nostro modo di manifestare non è quello della violenza, ma quello di proteggerci dalla violenza altrui, subdola e umiliante per chi è costretto a subirla; e che ti lascia la bocca amara, come quando uno ti offende e ti deride ingiustamente davanti alle persone che stimi, davanti ai tuoi figli.

La Costituzione siamo noi! Con le nostre pensioni da fame, con i nostri stipendi mortificanti. Eppure ogni mattina ci alziamo incazzati e facciamo comunque il nostro dovere di cittadini, di padri, anche se ci costa un'immane fatica! Siamo noi la Costituzione, non i signori del potere, di ogni tempo, con i loro fondi "neri" e le loro dimore sfarzose, i loro parchi e le società di capitali, attorniati da ruffiani di cordata, che sono sempre pronti a osannarli, in attesa di ricevere l'agognata poltrona.

Allora io andrò a Genova assieme alle decine di migliaia di giovani disoccupati, dei centri sociali e di altre organizzazioni democratiche, anche se certa stampa e troppe emittenti televisive ci hanno dipinti come feccia incivile e violenta, da reprimere con mano ferma. Chi verrà a reprimerci? Emilio Fede, forse, col suo lauto stipendio? No, non credo! Se ciò accadrà manderanno altri poveracci come noi a maltrattarci, e questo, ancora una volta, mi riempirà di tristezza. Ma stavolta sarà meno dolorosa rispetto al mio passato, perché non dovrò combattere: mi limiterò a difendermi come potrò e, infine, a compatirli!

Andrò a protestare civilmente (senza armi d'offesa) anche per loro, sperando che avvertano il sentimento di fratellanza nei nostri sguardi, che ci deve unire, non dividere come nel passato, poiché, sebbene lo ignorino, noi stiamo lottando anche per il loro futuro e per quello dei loro figli.

Se la mano del nuovo potere risultasse violenta come quella di un tempo (che ho conosciuto bene), allora per il vecchio combattente "Gap" sarà un bel giorno per incitare quanti vorranno seguirmi. Poiché sarò fra i primi ad avanzare a mani nude verso i nuovi "tutori dell ordine", urlando con tutta la voce che avrò in corpo: "Avanti, hanno più paura di noi! Hanno la forza, non la ragione! Avanti tute bianche, dio boia, avanti!"

Il vostro fedele Gap,

Vitaliano Ravagli
vitaliano_ravagli@hotmail.com