Indice di  /Giap/s.n. - Speciale G8: conflitto e consenso - 12 giugno 2001
 
 


1- "Lettera agli indecisi della Selva Europa" (di Gert dal Pozzo)
2- "Bologna Social Enclave" (racconto di Wu Ming 1 e Wu Ming 4)
3- Gli interventi di Wu Ming 4 dal forum "Referendum" di www.tutebianche.org
( "Sulla violenza"; "Capitan Harlock a Genova"; "La realtà rovesciata"; "Del consenso"; "Confidenziale")
 

Un numero speciale, fuori serie, sugli interventi (seri e faceti) di Wu Ming nella campagna contro il G8. Ribadiamo quanto scritto su /Giap/#41: "Wu Ming vuole dare un contributo originale al movimenti in corso. Vogliamo e possiamo darlo in quanto narratori che da anni studiano sul campo le dinamiche del mito."
Al contrario, /Giap/#42 tratterà principalmente questioni letterarie stricto sensu.
Questo numero di /Giap/ viene ricevuto da 1142 persone.
 

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[Ci è giunta oggi la lettera di un vecchio amico, indirizzata a tutti noi. Crediamo di interpretare la sua volontà rendendola pubblica. - Wu-ming Sì]
 
 

LETTERA AGLI INDECISI DELLA SELVA EUROPA
 

Fratelli e sorelle,

Nel mese di luglio a Genova si terrà la Dieta dei Grandi della Terra. Otto signori del mondo riuniti per banchettare e decidere il futuro di tutti. Nessuna delle nostre ragioni sederà con loro, eppure le nostre vite sono appese al filo di quelle decisioni. Anche senza invito, andremo là per gridare ragioni differenti. Ad accoglierci troveremo muraglie ed eserciti.
Ci ordineranno di disperderci.
Noi disobbediremo.
Perché? Lo faremo per noi stessi? Lo faremo perché lo riteniamo giusto? Lo faremo perché non c'è altra scelta?
Ecco, io vi dico che non importa il motivo. Al momento delle decisioni, quando la storia si compie, ciò che sommamente conta è esserci, stare lì e fare la propria parte.
Quante volte in questi anni ci siamo sentiti inutili, fiaccati dallo scarso numero o dall'isolamento? Quante volte ci siamo persi in lunghi concili che non portavano a niente? Quante volte abbiamo pensato che Davide non trovasse la fionda per colpire Golia? Quante volte abbiamo creduto che nessuno sforzo potesse servire?
A volte capita di guardarsi allo specchio e di scoraggiarsi, di vedere ingenuità e stupidità, patetici illusi che cercano un senso per le loro vite. I più acuti riescono a porsi la domanda: serve a qualcosa oltre che a me stesso, oltre a illudermi di servire a qualcosa e consolarmi perché sto dalla parte giusta?
Ma queste domande, così come le divisioni retoriche e le discussioni sui concetti, troppo spesso diventano la porta lasciata aperta sul retro, per tagliare la corda ogni volta che le cose non vanno come le abbiamo immaginate o come ci sarebbero più consone.
E' giunto il momento di lasciare da parte tutto questo.
Le cose stanno accadendo ADESSO. Forse non andranno come le immaginiamo, perché non abbiamo la sfera di cristallo. Tuttavia ACCADRANNO.
E quando le cose accadono non è mai indifferente che noi ci siamo oppure no.
Qualcosa di nuovo inizierà a Genova. Non cielo e terra nuovi, né la Nuova Sion, ma una moltitudine capace di immaginare mondi diversi da questo. Riuscire a pensarli, al di fuori della cerchia ristretta di fratelli e compagni,  farlo in decine di migliaia, in centinaia di migliaia, non è proprio la stessa cosa che andare in ferie.
Se saremo là per immaginare un mondo diverso, bene. Perché è all'unicità di un destino triste che vogliono ridurci.
Se saremo là per non annoiarci, io dico ben venga. Perché la politica della noia genera l'impossibilità di pensare qualcosa di meglio per le nostre vite.
Se saremo là per vedere quello che accadrà, benissimo. Vedere coi propri occhi una moltitudine che insorge contro la tirannia non è spettacolo di tutti i giorni. E' qualcosa che cambia la vita.
Quando un'armata pacifica di decine di migliaia di persone cingerà d'assedio gli otto uomini più potenti del mondo, lo farà anche per i miliardi di persone che a Genova non potranno esserci. Non in nome loro, ma INSIEME a loro.
Perché noi possiamo farlo. Noi possiamo esserci. Coloro che, potendo, non verranno, rimpiangeranno la propria assenza.
Noi saremo là per AVANZARE.
Non CONTRO le schiere e gli eserciti, bensì OLTRE di essi. Non ci interessa la battaglia campale, non dobbiamo sconfiggere la loro forza armata, ma dimostrare che ai Signori non resta che quella, poiché la ragione l'hanno persa da un pezzo.
Non possiamo che vincere questa battaglia. E la vinceremo SUL CAMPO.
ATTACCANDO QUEL MURO. Con dirigibili, palloncini, aeroplani di carta e marchingegni d'ogni tipo, apriremo un varco, lo scalfiremo anche solo di pochi centimetri, per farci passare attraverso la nostra rabbia e la nostra speranza. Sì, ci sono momenti nella storia in cui la giustizia e la libertà sono questione di pochi centimetri.
Quel piccolo varco è un segno. E' la forzatura di una dogana di esclusione. Attraverso quello spiraglio passeranno i nostri fratelli e sorelle migranti, esclusi da una vita degna; passeranno i quattro quinti dell'umanità relegati nella povertà e nella guerra; passerà la Terra che non si rassegna a crepare; passeremo noi, con le nostre vite precarie e sfruttate. Passerà il nostro "ADESSO BASTA!".
Saremo il loro incubo peggiore. Non ci sono zone rosse che possano proteggere i responsabili della miseria. Non ci sono cittadelle fortificate dentro le quali possano asserragliarsi. Il mondo non è abbastanza grande perché possano trovare un buco in cui nascondersi.
Toccherà a noi dimostrare tutto questo. A Genova, il 19, 20 e 21 luglio dell'anno 2001.
 

Capitano Gert dal Pozzo, dalla Selva Europa, Pianeta Terra.
 

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Abbiamo scritto un racconto, "Bologna Social Enclave", ispirato liberamente (ma nemmeno tanto) ad alcune assemblee a cui abbiamo assistito. Per chi ha letto le nostre precedenti short stories, prosegue il filone inaugurato da "Benvenuti a 'sti frocioni 3" e "Tomahawk", e intende raccogliere la sfida del meraviglioso "Palomar Cafè", firmato Clark Kent e uscito sul primo numero della rivista milanese "Project".
BSE è disponibile on line, rtf per Word zippato. Clickando questo URL lo si scarica direttamente, gratis.
<http://www.wumingfoundation.com/italiano/BSE_rtf.zip>
 

3----------------------------------------
 

SULLA VIOLENZA
di Wu-ming Sì
 

Il dibattito su "violenza e non violenza" è concettualmente obsoleto, superato dalla storia e dagli eventi, zavorra del XX secolo di cui occorrerebbe liberarsi per poter essere più leggeri in vista del prossimo futuro (Genova e oltre). Eppure siamo ancora qui a discuterne, perché, a dispetto di chi si limita a denigrare o a prendere unilateralmente le distanze, siamo convinti che la discussione sia necessaria.
Innanzi tutto una banalissima premessa: il dibattito su violenza e non violenza è un lusso che "noi", il quinto privilegiato della popolazione mondiale, possiamo permetterci. Nei restanti quattro quinti del mondo la gente viene scannata, stuprata, ammazzata, da eserciti, gruppi paramilitari, bande mercenarie al soldo dei proprietari terrieri e delle multinazionali. E di conseguenza in molti casi È COSTRETTA a difendersi con la violenza, per garantirsi un'esistenza dignitosa o semplicemente per restare in vita.
Ma poiché noi viviamo nell'area settentrionale del pianeta, possiamo discutere di questo problema. Anzi, di questo pseudo-problema.
E' fuori di dubbio che uno scontro aperto in termini "militari" contro gli stati e gli organismi internazionali non ha alcun senso. Se guardiamo alla potenza di fuoco, loro hanno i carri armati, le portaerei e le armi nucleari.
E' fuori di dubbio che esercitare qualsiasi tipo di violenza contro i luoghi e le città che ospitano i meeting dei cosiddetti "Grandi della Terra", è controproducente, inutile e stupido da tutti i punti di vista. L'incisività di una vetrina rotta o di un cassonetto incendiato a fronte delle decisioni di portata planetaria che vengono prese dentro le "zone rosse" è nulla. Serve soltanto a far incazzare il proprietario della vetrina, a inimicarci l'opinione pubblica, a garantire ai mass media di poterci dipingere come "vandali". E a onor del vero andrebbe rilevato che se la cattiva coscienza non andasse per la maggiore, l'incommensurabilità dei bombardamenti all'uranio impoverito e di una vetrina sfasciata risulterebbe evidente a chiunque. Ma tant'è.
Detto questo, la disobbedienza civile è un'altra cosa. Ed è la scelta che supera lo pseudo-problema di cui sopra.
Non si tratta di sconfiggere militarmente l'avversario, né di attaccarlo con mezzi d'offesa che sarebbero sempre e comunque ridicoli rispetto a quelli di polizie ed eserciti.
Si tratta appunto di disobbedire a un ordine dato.
E qual è quest'ordine? Lo stesso di sempre: disperdersi, non fare un passo avanti, non valicare la linea rossa, non manifestare sotto le finestre dei palazzi in cui i potenti si riuniscono.
Perché costoro non si riuniscono in un bel castello sulle Alpi? O in un'oasi in mezzo al deserto? O su un transatlantico? Perché insistono nel darsi appuntamento nei centri storici di grandi città, cantierizzate, tirate a lucido e militarizzate per l'occasione?
Perché in questo modo ribadiscono simbolicamente la propria padronanza assoluta del territorio, la propria grandezza e onnipotenza. Quando i "big" chiamano, le città devono scattare sull'attenti e mettersi a disposizione. I cittadini devono accettare di essere schedati, controllati, limitati nella loro libertà di movimento, prima ancora che in quella di manifestare. Mentre il resto del mondo deve aspettare col fiato sospeso che pochi decidano per tutti.
A TUTTO QUESTO OCCORRE DISOBBEDIRE.
Manifestare ai margini, sfilare in corteo in "altri" luoghi, in "altri" spazi (sempre che vengano concessi) resta una dichiarazione di dissenso, utile finché vogliamo, ma è cosa ben diversa dal disobbedire.
Disobbedire significa tentare di guastare la luccicante kermesse degli Affamatori della Terra. Significa rovinare loro il trucco, togliere il belletto dalle loro facce, fargli sentire il nostro fiato sul collo. E' una battaglia di senso e di simboli, comunicativa per eccellenza. Ed è quello che - al contrario di una manifestazione che si svolga "altrove" - lorsignori non possono accettare.
Tentare di valicare quella linea rossa non è un gesto militare, non si tratta di conquistare delle posizioni secondo una logica di trincea. Valicare la linea invalicabile è un gesto retorico, è una conquista simbolica. Significa non riconoscere l'ordine imposto, le frontiere blindate del nord del mondo, l'esclusione della maggioranza da una vita degna e dalle decisioni sulle sorti del pianeta.
Occorre farlo. E farlo nella maniera migliore, proteggendo i nostri corpi, cercando di non farci massacrare, in altre parole DIFENDENDOCI, perché non saremo mai noi ad attaccare, ma sempre e comunque coloro che fondano la legittimità della propria esistenza sul dispiegamento della forza e sull'occupazione militare del territorio.
Noi non abbiamo forza militare da mettere in campo, solo i nostri corpi.
Noi non saremo mai un esercito, tutt'al più una metafora della moltitudine che a Genova non potrà venire perché troppo impegnata a morire di fame in altri angoli del mondo.
Noi non abbiamo armi, soltanto la nostra fantasia.
Noi non useremo la "violenza", ma AVANZEREMO. Fino a dove ci spingono le nostre idee, fino oltre i confini che vorrebbero imporci.
Perché siano costretti a ricordarsi che SIAMO QUI.

(28/5/2001)
 

3b------------------------------------

CAPITAN HARLOCK A GENOVA

di Wu-ming Sì

Una parte delle decine/centinaia di migliaia di persone che saranno a Genova, ovvero le Tute Bianche, ha metaforicamente dichiarato guerra alla NATO e all Esercito Italiano (credo anche alla Federazione dei Pianeti, ma quel pezzo in tv non l hanno trasmesso...). Ha dichiarato che cercherà di entrare nella zona rossa e che non si lascerà intimidire dalla forza militare schierata. L antiestetico Subcomandante Casarini (anche Marcos ha il nasone, ma lui almeno se lo copre col passamontagna!) facendo il verso all EZLN, ha messo le carte in tavola e sciolto le ambiguità: faremo la disobbedienza civile, esercito o non esercito, assedieremo il G8.

Dov'è lo scandalo? Forse che le Tute Bianche hanno abbandonato il Genoa Social Forum? Forse che non si è parlato finora di "cornice" in cui ciascuno potesse scegliere tecniche e strategie? Ebbene non vedo cosa ci sia di male nel dichiarare simbolicamente guerra al G8, dal momento che andiamo a Genova per ASSEDIARE lorsignori, non per invitarli a un picnic.

Nel 94 l'EZLN ha dichiarato guerra all'esercito federale messicano. L'ha fatto forse per scatenare una guerra a suon di castagnole e trick-e-track? No. L'ha fatto per mettere in chiaro da subito le cose. L'ha fatto per dare consistenza anche formale al *levantamiento* zapatista. Per aggiungere il punto esclamativo alle parole Ya Basta! E faccio presente che quei "guerrafondai" degli zapatisti sono formalmente tuttora in guerra con l esercito messicano, benché siano sei anni che non sparano un colpo!

I rischi di scollamento interni al movimento e allo stesso Genoa Social Forum ci sono, sono reali credo. Io non ho ancora messo piede a Genova, ma li sento da qua. Ragione di più per mettere subito in chiaro le cose. Non è detto che un gesto provocatorio che ha fatto sicuramente incazzare più di qualcuno non possa essere più utile di un intesa surrettizia, che magari nasconde sotto il tappeto diffidenze reciproche e vecchie e nuove paranoie.

Mi spiego meglio: l'intesa di fondo è necessaria, la cosiddetta cornice, la rete, etc. etc., ma soltanto a condizione che i nodi vengano sciolti "prima" di trovarci là, con la polizia in assetto da guerra che vuole massacrarci. Il rischio è che si ripresentino situazioni analoghe al passato: si parte tutti uniti e sul più bello ci si divide.

A un mio amico tuta bianca, in occasione di una contestazione in una città del nord Italia, è capitato proprio così: il blocco delle tute bianche è stato sconfessato dal resto del coordinamento cittadino con cui fino a quel momento avevano lavorato; e questo a poche ore dall'azione stessa! Motivo: la solita storia della viulenza. In quel caso si era evidentemente giocato a non capirsi, si era fatto finta di niente, si erano cercati equilibri politici "interni" al movimento, e via dicendo. Credo che proprio questa logica vada spazzata via. Dobbiamo coordinarci, certo, ma senza paranoie. Ogni volta che sento la parola "sovradeterminazione" mi viene voglia di mandare qualcuno a provarla davvero la sovradeterminazione, in qualche allegro villaggio chiapaneco tipo Acteal!

Io dico che dobbiamo spararle grosse. Spariamole sempre più grosse! Diamo una scrollata a questa lunga fase di calientamiento che pare piuttosto tiepida! Ben vengano le dichiarazioni di guerra alla NATO, dichiariamo guerra anche all Impero Klingon e alle Venusiane! Facciamo il verso al Subcomandante Marcos, ma anche al Capitano Kirk e a Capitan Harlock! E smettiamola di essere sempre pronti a storcere il naso e a chiamarci fuori da ogni situazione, non appena vediamo o sentiamo qualcosa che non soddisfa pienamente i canoni della nostra sensibilità così politicamente corretta. Ogni tanto non fa male ricordarsi che nella vita e in politica ci sono anche degli OBBIETTIVI da conseguire.

Saluti tamariani...

WM4 (29/5/2001)
 

3c-----------------------------
 

 LA REALTÀ ROVESCIATA

Quando il governo italiano sgancia bombe all'uranio impoverito a duecento chilometri da qui, il gesto viene archiviato come un'operazione "umanitaria". Quando alcune centinaia di cristi in tuta bianca avanzano con delle camere d'aria contro la polizia si aprono intensi dibattiti sull'uso della violenza e i suoi rischi.
Quando la multinazionale McDonald's disbosca intere aree dell'America Centrale per trasformarle in pascoli per turbo-mucche che diventeranno hamburger, quando licenzia i propri dipendenti perché si fermano a bere un bicchiere d'acqua, quando precarizza e desindacalizza i lavoratori in tutto il mondo, otteniamo al massimo qualche naso storto e scandalizzato. Quando quattro teste calde spaccano le vetrine di un fast-food, diventano dei pericoli pubblici, in grado di gettare nel panico un'intera città.
Quando la "pericolosa" armata delle tute bianche dichiara metaforicamente guerra alla NATO, alla CIA e all'Esercito Italiano, si sprecano le facce corrucciate di commentatori e pennivendoli; e questo mentre Genova viene realmente militarizzata, isolata dal resto del mondo per una settimana, posta di fatto sotto occupazione militare.
A Genova si incontrano i tutori delle scelte di cui sopra, e di molte altre, anche peggiori, che ipotecano il futuro del pianeta e le nostre vite.
Fame, guerra, cibi transgenici, distruzione ambientale, sono in buona parte i risultati delle politiche (attive e passive) dei paesi più potenti del mondo.
La domanda che sorge spontanea è: fino a quando potremo concederci il lusso di ciurlare in questa situazione grottesca, rifiutandoci di dare alle cose il loro peso reale?
A un'opinione pubblica decente, che non basasse i propri giudizi soltanto sulle cazzate giornalistiche e sui discorsi da bar, dovrebbe risultare evidente che avanzare con protezioni e marchingegni rudimentali contro le forze dell'ordine (armate di manganelli, idranti, fucili e furgoni blindati) non può essere in alcun modo paragonato a un'azione di "guerra". Non è nemmeno "violenza" in senso stretto, se si pensa che oggi i poliziotti sono bardati come robocop dalla testa ai piedi e per essere anche solo scalfiti dovrebbero essere attaccati con vere e proprie armi.
Non vorrei che la realtà rovesciata propinataci dai media contagiasse anche noi. Nei messaggi che leggo in questa mailing list mi sembra serpeggiare la legittima preoccupazione che tra le file dei manifestanti a Genova possano annidarsi "facinorosi", "violenti", o come li volete chiamare; insomma gente con spranghe, bottiglie molotov,  sampietrini e via dicendo.
Mettiamoci il cuore in pace: in una manifestazione di decine, se non centinaia, di migliaia di persone che giungeranno da tutto il mondo è impossibile prevedere tutto. Proprio perché noi non siamo un esercito (se non, al massimo, di sognatori, come ci piace definirci).
Il rischio che ci siano degli spaccavetrine, degli imbecilli con i bastoni che vogliono misurare il proprio livello di testosterone con la polizia, o dei lanciatori di molotov, non è in alcun modo cancellabile. L'unica prevenzione che possiamo adottare è impedire a costoro di accorparsi agli spezzoni che hanno scelto altre pratiche. Ossia vigilare collettivamente affinché i dementi non pretendano di coinvolgerci in pratiche che non condividiamo e che possono mettere a rischio l'efficacia delle nostre azioni.
Nemmeno l'impatto mediatico di costoro è arginabile: è chiaro che i tg sono pronti a dare il più ampio spazio a questi coglioni, anche se fossero soltanto cento su centomila. Ed è chiaro che questo ci danneggia. Ma non possiamo rimanere inchiodati a questa preoccupazione. Anche perché, a fronte delle violenze del G8, davvero come dice Sbancor c'è ben altro di cui preoccuparsi.
Tanto per dirne una: lo sapete perché la Russia è entrata a far parte del gruppo dei Grandi? Non certo perché è una potenza economica, l'economia russa fa acqua da tutte le parti ed è ormai in mano alla mafia. E' perché la Russia è ancora una superpotenza militare, avendo gli arsenali atomici. Quindi ha diritto di sedere al tavolo dei grandi. E  ricordiamo tutti come il governo russo ha utilizzato la propria potenza militare contro i ceceni...
Insomma, la preoccupazione sull'immagine che faranno passare di noi è giustissima e la condivido. Ma non dimentichiamoci che stiamo andando a contestare gli uomini più potenti del mondo e in gioco ci sono cose un po' più importanti di una bottiglia molotov. Ad esempio la libertà di manifestare, la libertà di spostamento, le guerre "umanitarie", l'ecocataclisma, lo sfruttamento dei paesi indebitati, la precarizzazione delle nostre vite, etc.
Farsi vincere dalla paranoia per una minoranza di cretini ancorati a un immaginario barricadero novecentesco sarebbe fare il gioco dei mass media e del governo italiano, che vogliono terrorizzare la gente per non farla andare a Genova.
Noi siamo più forti dei lanciatori di molotov. Se non credessimo in questo, allora avrebbero ragione i velinari di regime: faremmo davvero meglio a stare a casa.

 WM4 (06/6/2001)
 

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DEL CONSENSO
 

Sul fatto che il consenso intorno al movimento globale stia crescendo direi che non possono esserci dubbi. Il fatto stesso che i mass media cerchino di scovare i "cattivi & violenti" nelle contestazioni ai vertici dei big dimostra che non possono più criminalizzare il movimento indistintamente. Anche perché è ormai a tutti gli effetti un movimento planetario. Le contraddizioni del sistema neoliberista (anche se in realtà di sistematico c'è ben poco) saltano ormai agli occhi di tutti, perfino dei commentatori più ottusi. Le manifestazioni sono partecipate e il dibattito aumenta e si moltiplica in giro per il mondo.
Mi sembrano tutti segnali di un aumento del consenso.
Certo non basta. Ma dopo vent'anni di recessione politica non si possono pretendere i miracoli. In fondo l'esistenza della contestazione, del dissenso e di un pensiero diverso anche nel nord del mondo è emersa "ufficialmente" a Seattle, meno di due anni fa. Come dice Winston Wolf in Pulp Fiction "è presto per farsi i pompini a vicenda", ma questo non deve impedirci di vedere i passi da gigante che sono stati fatti. Se argomenti come i cibi transgenici, l'ecocataclisma imminente, lo strapotere delle multinazionali, oggi sono all'ordine del giorno, è soprattutto merito di chi in questi due anni si è fatto sentire in tutti i modi possibili, inseguendo i "Grandi della Terra" in giro per il mondo, rinfacciando a costoro le proprie responsabilità e impedendo che certe questioni restassero soltanto lo scoop di una settimana.
Alla faccia dei cinici disillusi che pensano che si ostinano a vederci come una marmaglia di facinorosi fancazzisti, questa è la dimostrazione che il senso comune può cambiare, anche se la partita per l'inversione di tendenza è ancora tutta da giocare.
Io credo che se sapremo muoverci bene, il consenso non potrà che aumentare. Anche perché non c'è alternativa, ovvero l'alternativa è l'apocalisse sociale ed ecologica, la fine della specie o qualcosa del genere... E anche se così dovesse essere, compadres, sarà sempre meglio chiudere in bellezza!

 WM4 (07/6/2001)
 

3e--------------------------------

CONFIDENZIALE
 

 Ok, allora siamo d'accordo, ripassiamo il piano di battaglia:

1. Toro Seduto circonda la città dalle colline con diecimila Sioux, pronti a calare sulla periferia.
2. Sandokan e Yanez bloccano il porto con centinaia di imbarcazioni pirata.
3. Capitan Harlock fa scendere l'Arcadia direttamente su Palazzo Ducale, puntando i cannoni.
4. Lupin, Gigen e Gemon si introducono nella sala delle riunioni e piazzano sotto le sedie otto "petofoni", azionabili a distanza. Intanto Fujico seduce il direttore del catering e versa il Guttalax negli aperitivi.
5. Jena Plissken sorvola la zona rossa col deltaplano e atterra proprio sul tetto del Palazzo. Si introduce negli uffici e sostituisce tutti i documenti ufficiali con sceneggiature di film di Franco e Ciccio.
6. Il Capitano Kirk porta l'Enterprise a distanza di teletrasporto, pronto a rimaterializzare gli Otto Grandi sul pianeta Ukxyzl, abitato da popolazioni antropofaghe.
7. Nel frattempo i Fantastici Quattro compiono azioni diversive in varie zone della città.
8. Goldrake apre un varco nella muraglia elettrosaldata.
9. L'Uomo Ragno invischia i piedi dei celerini con le ragnatele.
10. Ellen Ripley, col megafono annuncia a sbirri e politicanti: "In nome del genere umano, arrendetevi, siete circondati!".
11. Loro si arrendono e noi entriamo tutti quanti.

Ho dimenticato qualcosa?

WM4 (10/6/2001)