Indice di /Giap/#28 - Il soldato della rivoluzione: feedback dalle presentazioni - 3 febbraio 2001

1. Il soldato della rivoluzione: dibattito stimolato da una lettrice dopo la presentazione di AdG al Corto Circuito (RM)
2. Una storia "resuscitata" dopo la presentazione di AdG alla libreria "Tra le righe" di Pisa
3. Riceviamo e volentieri pubblichiamo: "DIVENTA SITUAZIONISTA IN DIECI SEMPLICI LEZIONI!"
4. News varie

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[28 gennaio 2001:]

<<Ieri ero a "Corto circuito". Ho seguito con passione quanto si e' detto, ho battuto le mani. Avevo letto e regalato AdG - "un pugno che scuote" quando c'e' bisogno di "scosse" - e le scosse nel corso della lettura ci sono state, qualche cromosoma rivoluzionario era tornato a vibrare, l'epica della scontro, nella giungla come nelle piazze, riassumeva contorni fascinosi... insomma il congegno aveva colpito nel segno e meccanicisticamente tutti i sensori erano cominciati a lampeggiare. Ripeto, un bagliore condizionato, quello che scatta vedendo tante bandiere rosse sfilare nelle strade, o i civilissimi campi di permanenza temporanea dove vengono rinchiusi gli invisibili. Poi uscita dalla presentazione qualche dubbio si e' fatto largo, la simpatia di Vitaliano e le sue gnocche invece di attutire il disagio aveva evocato con prepotenza lo stereotipo piu' regressivo del militante comunista.
Corto circuito, i sensori spenti, freddo e vuoto.
Be', cazzo, da quel modello ci eravamo liberati, avevamo fatto passare tanta acqua sotto i ponti, possibile che si torni al deserto eroico e superomista dello stalinismo? E soprattutto che fine ha fatto Luther Blisset? I senza nome e i senza volto navigano in mare aperto, in acque agitate e confuse, liberi da maestri e strade maestre, dalle verita' e dalle certezze rivoluzionarie... distanti anni luce dalle secche del culto della personalita', del mito della forza, della disciplina comunista, del sacrificio, della solidarieta' da caserma... Questa era la scommessa, altrimenti si torna indietro.
Voglio dunque proporvi queste considerazioni di Marco Revelli, perche' sono convinta che Wu Ming stia sperimentando nella direzione di far brillare - parafrasando Koestler - la luce a mezzogiorno.
 

REPUBBLICA, 26 gennaio 2001

Il Militante diventa Volontario
Che fine ha fatto l' "eroe comunista"

di Simonetta Fiori
 

Mai requisitoria fu piu' impietosa. Il "militante comunista" come cifra del XX secolo, incarnazione estrema del suo attivismo e delle sue contraddizioni laceranti. Non piu' homo ideologicus, ma homo faber spinto dal delirio costruttivista del tempo nuovo. Un po' ribelle e un po' poliziotto, diviso tra Piazza e Caserma, a meta' strada tra eroe e aguzzino. Voleva edificare un mondo piu' giusto e ne e' stato completamente divorato, con esiti sideralmente
lontani dal progetto originario. Figura doppia e tragica, oscilla continuamente tra "generosita' storica e ferocia burocratica", tra "aspirazioni libertarie e spirito gregario", tra "emancipazione collettiva e umiliazione dell'individualita'". Nato sulle ceneri della Grande Guerra, esaltato dall'Ottobre rosso, vissuto sotto i fascismi europei, il "soldato
della rivoluzione" si nutre di violenza, la stessa che e' il tratto genetico del Secolo Breve. E, insieme al Novecento, e' condannato a inesorabile tramonto.
Pur vantando antecedenti letterari illustri - Koestler il piu' citato - il disperante ritratto del "comunista idealtipico" rivive di nuova originalita' nell'ultimo e provocatorio saggio di MARCO REVELLI, intellettuale indiscutibilmente di sinistra, amato dal leader di Rifondazione comunista, studioso acuto delle trasformazioni sociali ed economiche dell'eta'
contemporanea (Oltre il Novecento. La politica, le ideologie e le insidie del lavoro, Einaudi: da domani in libreria). All'autore non sfugge la carica dirompente delle sue tesi, che sicuramente susciteranno discussione tra i suoi amici. "E' un messaggio che ho voluto lanciare alla sinistra. Il Novecento ci consegna un secolo devastato dalla furia costruttivista dell'homo faber, anche nella sua variante politica rappresentata dal militante comunista. L'ordine che ne e' scaturito e' molto distante da quell'utopia. Se ora vogliamo salvarci dall'orrore economico d'un mondo governato dal profitto, dobbiamo andare al di la' del Novecento e delle sue lacerazioni. Trovo sbagliato e fin troppo facile cercare nel passato solo rassicurazioni; piu' doloroso scavare tra le pieghe dei nostri errori".
Lo studioso raccoglie la sfida di un'opera ("pur criticabile nell'impostazione") come il Livre noir du communisme e va a scoperchiare lo "scandalo del comunismo novecentesco", il primo dei suoi peccati capitali, che consiste nella "normalita' dell'azione repressiva", quel repertorio di carcere, deportazione, tortura, delazione, campi di concentramento, spie e
aguzzini che ne accompagna l'esperienza storica. "Una realta' che nessuna revisione dei conti puo' occultare ne' ridimensionare. E che in termini crudi puo' essere espressa cosi': numerose generazioni di comunisti, in questo secolo, condussero la loro battaglia per un mondo e un'umanita' radicalmente diversi, usando le armi degli altri. Le armi dei propri nemici, delle tradizionali classi dominanti, degli oppressori e dei tiranni. Per molti
aspetti, peggio degli altri. Nella convinzione condivisa che la grandezza dei propri fini avrebbe comunque riscattato la durezza dei mezzi".
E' in questa devastante contraddizione - tra i fini desiderati e i mezzi utilizzati, tra premesse ideali ed esiti reali - che annida la tragica ambivalenza del militante rivoluzionario. "La sua ineliminabile doppiezza". "L'io continuamente scisso tra principi giusti e risultati sbagliati". La sua antropologia e' segnata dal rovesciamento di tutti i valori che il comunismo, una volta conquistato il potere, pratica con sistematicita'. Il ribellismo trasformato in autoritarismo, lo spirito libertario mortificato in gregarismo. L'identita' sovversiva e autonoma delle origini dissolta nella gestione del potere. Ed e' in questo "drammatico solco tra finalita' e mezzi" la grande differenza dal nazismo, segnato dalla "perfetta coincidenza tra ferocia dei mezzi e ferocia dei fini". Distanziandosi dal suo maestro Bobbio, che ieri su queste pagine in un'intervista a Giancarlo Bosetti tracciava una forte analogia tra i due totalitarismi, Revelli ne contesta anche la definizione di comunismo come utopia reazionaria: "Il comunismo non e' ne' incidente di percorso ne' residuo di passato sopravvissuto nella modernita': e' incarnazione tragica della stessa modernita', essendosi arreso ai mezzi materiali che il Novecento gli mette a disposizione. Questo e' un secolo in cui la forza delle cose travolge la forza delle idee".
Il comunismo come strada inesorabilmente sbarrata: "non possiamo salvarne nulla e dobbiamo ripartire da zero". Andare "oltre il Novecento", come recita il titolo del saggio. Ma nel gettare in mare il militante rivoluzionario con il suo fardello di ambiguita', non c'e' il rischio di liquidare quello straordinario patrimonio di energie, uomini e idealita' che
pure ha caratterizzato la storia dei comunisti italiani? Severa la risposta: "E' indubbio che in Italia il Pci abbia rappresentato un grande progetto di educazione civile. Ma il risultato non e' tra i piu' entusiasmanti: passivita', atteggiamenti acritici, machiavellismo, in qualche caso cinismo. Molti dei valori originari sono stati bruciati nella grande macchina che mette al primo posto il potere politico".
Requiem dunque per il soldato della rivoluzione. Sostituito oggi da una figura ancora evanescente, fragile, "appena percepibile in filigrana sulla scena sociale". E' il Volontario, nuovo attore della solidarieta' e della ribellione, "distante sia dai furori ideologici che dalle meschinita' burocratiche del potere". Non ha ne' un uniforme ne' una bandiera. Non e'
appunto un soldato. "E' un civile, animato dal senso di responsabilita', capace di "fare" fuori dalle logiche del profitto". Ed e' nel passaggio dall'"estenuata figura del militante" a quella ancora "vacillante" del Volontario che Revelli rintraccia una delle possibili "uscite di sicurezza" del Novecento. "Sono consapevole che l'operazione sia rischiosa. Assumere il
volontario come riferimento per un nuovo inizio comporta una buona dose di iconoclastia. Significa rinunciare a molte tesi care alla vecchia sinistra. Una scommessa, dunque. Che oggi vale la pena tentare".
 

E, aggiungo, io, con il Luther Blisset project si era tentato e bene. Dissotteriamo, dunque l'ascia di guerra di Luther e riseppelliamo quella del compagno Ravagli, che era anche la nostra ascia ma che ora e' troppo arrugginita per essere  utilizzata.

Siempre adelante

Paola
PS: non so se il Volontario che propone Revelli esaurisca i nostri desideri, il concetto di Volonta' e' da trattare sempre con cautela, ma credo possa essere un punto di partenza per ragionarci insieme. AdG, al di la' dell'operazione letteraria (magari ci tornero'), non ha forse il merito di mettere a nudo la fenomenologia "incriminata"?>>

***

[Risponde Wu Ming Si':]

Cara Paola,

forse che qualcuno potrebbe non essere d'accordo con Revelli? No di certo. Non ho visto il suo ultimo libro, ma dalla recensione che ci hai spedito mi sembra che il suo discorso (come spesso gli capita) sia lapalissiano, quello si' un far brillare la luce a mezzogiorno. Siamo tutti consapevoli fino alla noia delle contraddizioni dei comunisti (e del comunismo) novecenteschi: tant'e' che in Asce di guerra non si fa niente per celarle, anzi. La storia di Vitaliano e' quella di un disadattato, vittima-complice della violenza, galvanizzato dal mito eroico partigiano, pieno di odio fin da bambino e quasi "costretto" ad andarsene dall'Italia per non "scoppiare". Ma e' anche la rivendicazione di quella scelta, fino in fondo, con tutto il carico di fantasmi che si e' portata dietro, in nome di un ideale di giustizia internazionale. La storia di Vitaliano e il personaggio Vitaliano Ravagli sono PIENI di contraddizioni.

A noi non frega niente di rispolverare lo stereotipo del militante Comunista old style.  Il machismo, il combattentismo, l'eroismo, lo spirito di sacrificio, sono sempre state armi a doppio taglio, lo sappiamo. In AdG abbiamo raccontato storie complesse, diverse, in certi casi lontanissime tra loro; ma sempre storie di uomini che sono stati quello che i tempi richiedevano. E purtroppo i tempi richiedevano armi, sangue e fegato da vendere. Puo' non piacerci, puo' sembrarci una retorica trita e muffosa, ma e' cosi'. E se noi oggi possiamo manifestare con i gommoni e la gomma piuma senza che ci sparino addosso e' anche perche' qualcuno a suo tempo ha deciso di impugnare un mitra e riscattare decenni di sudditanza. Per noi non si tratta di esaltare il mito "eroico e superomista dello stalinismo", ma di raccontare la storia di scelte difficili e giuste. Non e' il lato eroico e "rambesco" di Vitaliano che volevamo sottolineare, ma far rimbalzare la sua storia (la sua ascia di guerra) sul presente, sull'epoca in cui l'unica scelta a cui vorrebbero costringerti e' quella di andare a votare turandoti il naso. Ovvero una non-scelta, un'abdicazione all'intelligenza e alla lotta politica.

Aggiungero' una cosa. Nonostante, come ricordi tu, la storia politica dei membri di Wu Ming sia lontana anni luce dalla weltanschauung superomista-stalinista, se confronto i vecchi che abbiamo incontrato per scrivere AdG con tanti ex-sessantottini, questi ultimi sembrano dei nani. Non e' un caso che quasi non compaiano nel nostro romanzo.
I comunisti della generazione precedente, pur affetti da tutti i limiti di cui sopra, oggi sono persone piu' decenti, piu' dignitose, per quanto distanti dalla mia visione della vita e della lotta politica. Se molti dei nostri "nonni" appoggiavano Stalin e gli stalinisti che mettevano la gente nei gulag e invadevano l'Ungheria e la Cecoslovacchia; molti dei nostri "padri" e delle nostre "madri", che proprio contro quella logica si scagliarono, propugnando una cultura libertaria, paritaria, anti-machista, democratica, assemblearista, oggi considerano cosa buona e giusta bombardare con l'uranio impoverito e sbirreggiare in giro per il mondo per conto del Fondo Monetario Internazionale.
Questo per dire che il fatto che certe scelte siano maturate in una Cultura machista e "macistica", non toglie niente al loro valore, ne', a mio avviso, rende meno interessanti i personaggi che oggi ce le raccontano. Forse li rende un po' patetici, forse ci fa sorridere o, come nel tuo caso, ci irrita; ma siamo tutti grandi e vaccinati e siamo in grado di scindere quello che ci interessa da quello che appartiene irrimediabilmente al passato. Mi sembra che tu stessa sia riuscita a farlo leggendo il nostro romanzo e venendo alla presentazione. E probabilmente la spericolatezza dell'operazione Asce di Guerra sta proprio in questo, nell'accostare storie ed esperienze apparentemente cosi' distanti tra loro.

In quanto al disseppellire e riseppellire, non sarei troppo schizzinoso di questi tempi. Stai certa che una vecchia ascia puoi ripulirla dalla ruggine, adattarla alla "guerra" moderna e fartela tornare utile. Vogliamo ricostruire una NOSTRA mitopoiesi, non prendere a prestito quella delle generazioni che ci hanno preceduto.

Infine, per quanto riguarda il "volontarismo", condivido quello che dici.
E non perche' non ritenga utile anche un Volontario. Ma non basta. Resto dell'idea che le lotte che si possono fare - e soprattutto quelle che si possono vincere - devono partire da rivendicazioni concrete che riguardano la nostra esistenza, i bisogni, ecc. Anche in questo caso quindi, pur essendomi impegnato per anni a buttare via tutta l'acqua sporca e stagnante dei passati cicli di lotta, continuo a tenere ben stretto il bambino.
Senza dubbio bisogna ragionarci insieme. Quindi a presto,

seguimos en combate

Wu-ming Sì (Federico)
***

[Risponde Wu Ming Yi:]

Cara Paola,

per uno che da anni frequenta Bifo, la "revisione" operata da Revelli e' persino poca cosa. Pero' Bifo e' piu' brillante, ed era partito ben prima dell'indegno *Livre noir*. Io il libro l'ho solo sfogliato e non ho ancora trovato il tempo di leggerlo, ma mi sembra che le cose che dice Revelli (che in passato avevo apprezzato: "Lavorare in Fiat" e "Le due destre" sono testi fondamentali) suonino piu' simili a quelle propagandate dai "Nouveaux Philosophes" tipo Glucksmann o Bernard Henri-Levy, che Bifo ha sempre avversato, soprattutto perche' le loro filippiche sono tanto fastidiose da indurre a rivalutare Pol Pot.

Ho passato anni a scagliarmi contro i militanti/militonti, contro i veri e propri "sacrifici umani" che il Politico richiedeva per funzionare come macchina riproduttrice di identita' e appartenenze consolatorie. L'ho fatto durante le occupazioni del '90, dentro i centri sociali, con i Transmaniaci (1992-94), con il Luther Blissett Project...
Lungo tutto l'arco del decennio, siamo stati chiamati "goliardi" da molti che oggi non solo vengono a Canossa, ma addirittura ci scavalcano e magari ci chiamano stalinisti. Vabbe'...
Nel frattempo si sono fatti grossi passi avanti, con fatica i nuovi movimenti propongono diversi tipi di coordinamento, di auto-organizzazione... e di *militanza*, ebbene si'. L'esortazione di Revelli mi sembra un po' in ritardo, l'ultima di una lunga serie di esortazioni che, come scriveva Wu Ming Si', ormai suonano noiose e lapalissiane. Le nostre rotture le abbiamo fatte da tempo, per quello possiamo permetterci di andare a cercare le "asce di guerra".

Si', perche' comunque non si scappa alla sempre valida osservazione di Benjamin: si combatte per dare un futuro migliore ai posteri, ma soprattutto per vendicare lo sfruttamento degli avi. Non credo ci sia niente di sbagliato, a condizione che la legittima incazzatura non renda ottusi e limiti l'efficacia dell'agire.
Se non si porta dentro di se' il ricordo (non la Memoria monumentale, feticizzata) di chi ha patito, si fatica a riconoscere l'ingiustizia, e a intervenire. Il fatto che mia madre faccia la bracciante, e prima di lei le mie nonne e le mie bisnonne, e che mio padre sia diventato sindacalista passando per la fabbrica, io non lo voglio dimenticare, e non vedo perche' dovrei dimenticare quella "militanza" che ha limitato gli abusi padronali e ha fatto si' che i miei non fossero piu' trattati come bestie.

Quanto al "volontariato": tralasciando il fatto che spesso il volontariato serve da alibi e cortina fumogena per arrivisti, clerico-profittatori, fautori del controllo sociale attraverso la medicalizzazione dei comportamenti etc., io credo che la contraddizione principale da aggredire sia ancora - oggi più che mai - quella tra capitale e lavoro vivo.
Anche la questione (*lato sensu*) ambientale (oggi la piu' urgente) deriva da essa, perche' si arriva a considerare la merce più importante del mondo stesso solo dopo aver compiuto il titanico passo di considerare merce [forza-lavoro] i propri simili (in parole piu' logore: lo sfruttamento dell'uomo sulla natura deriva dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, non viceversa). Rispetto a quella contraddizione, i volontari (a molti dei quali levo tanto di cappello, per carita') non hanno poi molto da dirmi, la loro attivita' si svolge in una dimensione *a latere*, in cui si interviene generosamente per pulire le piaghe infette del sociale, ma poi serve anche fare il salto di qualita', arrivare a una *militanza*, *fare la guerra* al sistema che produce quelle piaghe. La rottura politico-epistemologica prodotta a Seattle non l'ha prodotta il volontariato. C'era *anche* il volontariato, ma lo showdown era inequivocabilmente militante. Al Forum di Porto Alegre si e' discusso proprio, anche se con diverse parole, di come fare il salto di qualita'.
Noi ci siamo.
A fine mese la Comandancia zapatista partira' dal Chiapas alla volta di Citta' del Messico, per negoziare col nuovo governo federale. Nella carovana che scortera' Marcos ci sara' anche una delegazione di Wu Ming, chiamiamola militanza, chiamiamola come ci pare, la sostanza è quella.

La lucha sigue,
wmy
 

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<<Ciao raga,
sono appena rientrato a casa dopo aver assistito ad una vostra presentazione, per essere precisi a Pisa. E' stata un esperienza densa di emozione soprattutto per la presenza di Vitaliano. Era incredibile avevo davanti ai miei occhi un uomo che aveva vissuto per un ideale, un uomo che ha smosso montagne per questo ideale. Un indelebile filo rosso mi lega a lui, e a quelli come lui che hanno lottato e hanno tentato di far trionfare un mondo piu' giusto. Forse un sogno ingenuo, ma cos'e' un uomo senza sogni. Scusate se mi faccio prendere la mano e doppie scuse per il mio italiano approssimativo. La memoria storica se viene intralciata, filtrata dagli organi ufficiali e dal politically correct,  non puo' essere bloccata dal colloquio diretto, dal conoscere queste memorie viventi di un periodo oscuro e strano, ma non voglio dilungarmi piu' di tanto quello che  tengo a raccontarvi e' la storia di un'altra di queste memorie. Avevo 13 anni piu' o meno e mi trovavo in Grecia in vacanza con i miei, precisamente a Cefalonia. Ero nel giardino dell'amico che ci ospitava (ex partigiano greco che tra l'altro aveva salvato, insieme a tanti altri greci, molti soldati italiani della divisione sterminata dai tedeschi proprio li') e leggevo, guarda caso "Per chi suona la campana" ( mio nonno era un operaio comunista, mio padre anche quindi per me era quasi una lettura obbligatoria) quando passando di li' sulla strada una persona si ferma e in italiano mi dice che sto leggendo proprio un bel libro. Mio padre li' presente inizia a chiacchierare con questa persona. Lo conosciamo un po' meglio e in breve diventiamo buoni amici ci frequenteremo piu' o meno per tre anni. La sua e' una storia incredibile, Gherasimos, questo e' il suo  nome, ha speso una vita a combattere i fascismi. A 17 anni insieme ad uno zio parte per la Spagna, fa appena in tempo a tornare a casa sua in Grecia che gli tocca la guerra partigiana prima e quella civile dopo, sempre nelle file comuniste. Catturato dagli Inglesi si fa un po' di anni di prigione in Libia tutto a spese di sua maesta' britannica. Appena fuori si trasferisce in Francia dove insieme ad altri minano le navi che riforniscono i francesi in Indocina catturato si fa svariati anni di prigione in Francia, dopodiche' il racconto della sua vita si fa piu' nebuloso e ricordo solo che anche in Germania si fara' qualche anno ma il motivo rimase sfuggente. Una persona che per sua stessa ammissione era un ignorante totale ora parla 5 lingue, chi dice che il carcere non serva a qualcosa. Una vita incredibile non puo' essere raccontata in poche righe magari ci potrete scrivere un altro romanzo chi sa. Un uomo come Vitaliano, con una fede assoluta, immaginate che questo villaggio greco (17 abitanti di inverno e un 200 d'estate) aveva una sezione del partito comunista greco (K.K.E.) organizzatissima con riunioni settimanali e ovviamente lui era il segretario. Inutile che tenti di riprodurvi l'atmosfera dei suoi racconti non sono bravo con le parole, ma sicuramente anche a voi sara' capitato ascoltando Vitaliano di sentire un brivido freddo dietro la schiena di sentire un'emozione forte che va dritto al cuore e che subito dopo ti riscalda. Cavolo appena finita la presentazione mi sarebbe piaciuto dire tante cose parlare con lui, ma un po' la timidezza un po' la paura di dire banalita' mi hanno fatto tacere ma almeno la mano gliela ho stretto. Complimenti e continuate cosi' la storia non si puo' far tacere e che sia ora o tra 10 o 20 o 30 anni prima o poi verranno fuori anche queste storie. seppellite e scomode per coloro che fino ad ora ci hanno governato e che purtroppo continueranno a governarci.
ciao a tutti,

D.E.>>
 
 

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[riceviamo e ben volentieri pubblichiamo, per chi ancora crede - chissa' poi perche' - che il nostro percorso sia o sia stato "situazionista":]
 

DIVENTA SITUAZIONISTA IN DIECI SEMPLICI LEZIONI!

1. Utilizza sempre un linguaggio il piu' oscuro possibile.  Saccheggia dal vocabolario i termini piu' astrusi e usali spesso. Non scrivere "le cose vanno male" ma "La meccanica del processo di normalizzazione, cui l'insieme sociale e' sottomesso, non conosce altri limiti che non siano i limiti stessi della provetta capitalistica dentro cui etc. etc. ".

2. In particolare sono di fondamentale importanza le parole "noia"  (riferiscila sempre ad altri, mai a te stesso),  "miseria" (dell'universita', dell'arte, della politica) e "piacere". Questi termini  sono uno strumento indispensabile nel corredo del situazionista e il loro uso ti sara' di grande aiuto per aumentare il  tuo prestigio all'interno della comunita' situazionista.

3. Attacca con veemenza "L'Universita'" e "L'Arte" ogni volta che e' possibile (frasi come "il cumulo di letame che e' l'arte" o "il puzzo dell'arte" sono particolarmente efficaci). Iscriviti alla scuola piu' prestigiosa che trovi e fai in modo che la tua cerchia di amici sia composta da almeno l'85% di artisti.

4. Coltiva una presunzione e un comportamento al limite della megalomania. Attribuisciti il merito delle rivolte spontanee che scoppiano in qualsiasi angolo del mondo anche se vengono organizzate da chi ti disprezza o ti si oppone.

5. Per quel che riguarda le rivolte non spontanee, limitati a denigrare chi le ha organizzate o vi ha preso parte. Se una rivolta termina con una sconfitta, presentala comunque come una vittoria e usa espressioni come "disvelamento", "rovesciamento", "emergere del negativo" etc. Se invece termina con una vittoria, presentala come una sconfitta e usa parole come "recupero", "recuperatori", "venduti", "becchini", "ideologia" etc.

6. Denuncia ed escludi spesso le persone. Mantieni molto piccolo ed esclusivo il tuo gruppo ma fagli credere che ogni uomo, donna e bambino dell'Emisfero Boreale (quello Australe non sarebbe credibile) ha una intima familiarita' con le tue prese di posizione, anche se in realta' le conoscono solo dieci persone.

7. Abusa del giochino linguistico conosciuto come "inversione del genitivo".  Questo e' un segnale sicuro per far capire alle persone che sei  un situazionista o stai per diventarlo: "l'irrazionalita' dello  spettacolo spettacolarizza la razionalita'", "la produzione separata  come produzione della separazione" etc.

8. Fai riferimento al "proletariato", agli "spossessati", agli "esclusi" e ad altre immagini di sfiga quanto piu' spesso ti e' possibile, ma in nessuna circostanza ti associerai o lavorerai con veri proletari o veri esclusi (alcuni lavori accettabili per un situazionista sono: studente, professore, artista).

9. Impara almeno due o tre frasi in francese, da usare quando non hai nulla da dire.

10. Ora anche tu sei un vero situazionista. Anzi, soltanto tu lo sei. Chiunque altro, pur avendo imparato le nove lezioni precedenti, se non fa parte della tua cerchia e' soltanto un "pro-situ". Se non ha imparato le lezioni 1, 3 e 6 e' un "recuperatore". Se non ha imparato le lezioni 2 e 5 e' un "becchino".

L.L., 2001
 
 

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- La legge sul bavaglio all'editoria on line (cfr. /Giap/#27) prosegue il suo iter a tappe forzate, scavalcando tutti gli altri ddl (potenza dell'Ordine dei Giornalisti). Mentre scriviamo se ne sta discutendo al Senato. Prossimamente una riflessione.

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