Giap/#10n.s. - "L'oceano in cui ci muoviamo" - 24 aprile 2002





0. Tre racconti di Wu Ming tradotti in spagnolo + molte novità (sul sito e nel mondo)
1. The Making Of 54 - di Wu Ming 2
2. Estratti di carteggio tra WM2 e un giapster su questioni tecnico-letterarie
3. Terminato il "romanzo totale" collettivo




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per i/le giapsters di lingua spagnola (castigliana) o con amici e conoscenti di lingua spagnola:


Hugo Romero è uno spagnolo di origini italiane. E' uno dei non pochi giapsters ispanofoni ed è una delle persone che contribuisce all'eccellente portale spagnolo di movimento www.sindominio.net (che consigliamo caldamente). Nei mesi scorsi diversi compagni che orbitano intorno a sindominio, alla rivista madrilena "Contrapoder", alla Universidad Nomada etc. hanno tradotto e diffuso materiale di Wu Ming e del movimento italiano, e per questo li ringraziamo di cuore, con particolare riferimento ad Amador Fernández-Savater.
Hugo ha tradotto in castigliano tre dei racconti che abbiamo scritto negli ultimi mesi. Tutti e tre hanno a che fare con l'estendersi di un nuovo movimento globale contro il neoliberismo e la "guerra civile globale" che di tale neoliberismo agonizzante è la risposta disperata. Si tratta di:

- "Enclave Social de Bolonia", scritto da Wu Ming 1 & Wu Ming 4 nel giugno 2001, nel cuore della notte, dopo una folle e demenziale riunione del Bologna Social Forum in preparazione di Genova. ESdB contiene molte allusioni e riferimenti alla scena locale, ma crediamo che gli ambiti di movimento siano uguali dappertutto quando si tratta di delirare.

- "Carcajada Profunda Y Negra", scritto da Wu Ming 1 pochi giorni dopo la morte di Marco Biagi, giurista del lavoro e consulente del governo in materia di riforma dello Statuto dei Lavoratori, assassinato da un presunto commando delle Brigate Rosse tre giorni prima della più grande manifestazione anti-governativa della storia italiana (e tre settimane prima del più grande sciopero generale). Col senno di poi, la destra non è riuscita a sfruttare politicamente l'omicidio e a dare la colpa alla "violenza verbale" dei sindacati e dell'opposizione. CPYN è un resoconto della battute ciniche e della conversazione etilica e asinina sulla scena del crimine, poche ore dopo l'attentato.

- "Welcome To Israel", scritto da Wu Ming 4 poche settimane fa, all'indomani del tentativo di entrare in Israele per recuperare i pacifisti intrappolati a Ramallah e Betlemme. è un esempio di "gonzo journalism", descrive il volo notturno, lo scalo ad Atene e il "benvenuto" delle autorità israeliane all'aeroporto di Tel Aviv.

I tre racconti sono scaricabili (in spagnolo e ovviamente in italiano) da questa pagina:
 < http://www.wumingfoundation.com/italiano/downloads.shtml >

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A proposito di Spagna, Q è appena uscito nella collana Ave-Fenix 21, la linea tascabile di Grijalbo/Mondadori, al prezzo di 7 euro, più abbordabili dei 20,43 euro dell'hard-cover. Il piccolo "inconveniente" è che questa edizione tascabile non reca la corretta dicitura sul copyright, mancanza di cui non siamo in alcun modo responsabili e che abbiamo già segnalato.


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Pare che il nostro articolo "Gli astronauti di chi?" (cfr. /giap/#7n.s. ) sia stato molto apprezzato da quella sinistra sociale francese che non ha atteso il Salon du Livre per interessarsi all'Italia e quindi non si è vaccapvicciata (con malcelato senso di superiorità)  per le sorti dell'Italia berlusconiana. Certo anche les cousins dovevano avere nell'occhio un trave mica da poco, a giudicare dalle presidenziali di domenica.
L'articolo è stato recensito sulla celebre rivista di musica e controcultura Les Inrockuptibles, e tradotto quasi integralmente dalla redazione di www.peripheries.net (altro sito che consigliamo senza pensarci due volte). Entrambi i pezzi sono ora sul nostro sito alle pagine:
< http://www.wumingfoundation.com/italiano/rassegna/inrockuptibles_wm.html >
< http://www.wumingfoundation.com/italiano/rassegna/carnet2_wm.html >


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La sezione del sito dedicata a 54 viene aggiornata ogni settimana con nuova rassegna-stampa e commenti dei lettori sul romanzo (che ci pervengono copiosi o che ci vengono segnalati). La nuova pagina di commenti (la quarta) ne contiene alcuni molto critici  e c'e' anche una stroncatura). La quinta sarà on line a breve. Ogni tanto fateci una capatina.

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Una domanda che ci viene fatta di continuo: "Ma siete pubblicati in inglese?". Ancora no, ma pazientiamo. è di pochi giorni fa la notizia che Random House UK farà uscire Q nella primavera 2003.


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Nel frattempo, 54 ha già avuto due ristampe :-)

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Messaggio ai giapsters che - con una bottiglia rotta nella mano destra e un lembo di camicia strappata a fasciare la sinistra - si sono presentati su un noto newsgroup "letterario" e hanno accettato alcune provocazioni: cela n'en vaut pas la peine.

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Diversi soggetti ci segnalano i loro siti, propongono scambi di link o ci invitano sui loro forum etc. Purtroppo il tempo è quello che è , la sezione "Links" di wumingfoundation.com non viene aggiornata/rimpolpata da parecchio, e se dovessimo mettere tutti i link che ci vengono proposto diventeremmo yellowpages.com! :-)
D'ora in poi faremo così: i siti che reputeremo interessanti li consiglieremo su /Giap/, a cominciare dal prossimo numero.



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The Making Of 54



di Wu Ming 2
[in origine pubblicato su www.einaudi.it ]


All'inizio inizio, ci interessava il caso Montesi. Cercavamo l'equivalente nostrano dell'omicidio Kennedy, per un'operazione in stile American Tabloid sull'Italia degli ultimi decenni. Niente di difficile, per la verità, se non fosse che prima di scrivere un romanzo sul sequestro Moro volevamo farci le ossa con qualcosa di meno esplosivo. Le indagini sulla morte di Wilma Montesi ci parevano adatte. Un banale fatto di cronaca usato per montare scandali a ripetizione, spesi con astuzia in una lotta all'ultimo sangue tra correnti della Democrazia Cristiana (proprio nel 1954 Alcide De Gasperi restituiva l'anima a Dio).
Abbiamo riempito cartelloni con schemi sinottici e diagrammi illeggibili.
Abbiamo imparato tutto quello che c'era da sapere sull'argomento. Ci siamo convinti che Piero Piccioni non doveva essere l'assassino. Mentre ce ne convincevamo, l'ultrasettantenne Piccioni veniva insignito del premio alla carriera del Festival di Musica Lounge.
Abbiamo scritto un prologo con un ispettore di polizia che non riesce a trattenere l'erezione di fronte al cadavere scomposto della Montesi.
Abbiamo inseguito notizie bomba e falsi allarmi sui principali giornali dell'epoca.
Ma ogni volta che ne sfogliavamo uno, migliaia di altre storie reclamavano attenzione e chiedevano di essere raccontate. Il minimo che potevamo fare era appuntarcele in fretta: potevano tornare utili come note di colore.
Un articolo dell'Unità parlava di Lucky Luciano, residente a Napoli, regalato all'Italia con estrema nonchalance da un procuratore americano.
Una pubblicità di televisori prometteva meraviglie, grazie a un nuovo apparecchio e alle nuovissime trasmissioni RAI. Quasi ogni giorno si discuteva della sorte di Trieste, se sarebbe tornata all'Italia entro il, o piuttosto dopo il. Sulle pagine di Candido teneva banco una caricatura di Tito. Con il petto stracolmo di medaglie, la falce e martello nascosta dietro la schiena, e i piedi nudi da pezzente, il presidente jugoslavo provava in tutti i modi di posare le grinfie sulla città e sul suo territorio.

Un titolo di costume eleggeva Marilyn Monroe e Gary Cooper "attori più amati dal pubblico italiano".

Nella foga dello scrivere, affascinato da tanta abbondanza narrativa, finivo per annotare Cary G. al posto del protagonista di Mezzogiorno di fuoco.
Era il classico granello di sabbia destinato a bloccare l'ingranaggio.
Accanto a Ellroy, tra gli autori che amiamo di più , ci sono certi sudamericani come Paco Ignacio Taibo II, Daniel Chavarria, Osvaldo Soriano. Gente che spesso e volentieri si diverte a infilare attori di cinema e personaggi altrui in contesti del tutto assurdi. Se Soriano aveva messo insieme Marlowe e Stan Laurel, cosa poteva trattenerci dall'accostare Cary Grant al Maresciallo Tito? Come se non bastasse, il divo di Hollywood aveva deciso di ritirarsi dal cinema proprio allora, nel 1954, e per questo le biografie non riportavano granché a proposito dei primi mesi dell'anno. Era il classico cono d'ombra in cui infilare la testa, per illuminarlo con una lampada appena più lisergica del normale.

In seguito, la diga ha ceduto in più punti, le ricerche sono spaziate da argomenti esoterici come la colombofilia a questioni di rilevanza internazionale, finché la mareggiata non ha spazzato via il corpo della Montesi dalla spiaggia di Tor Vajanica e dai nostri cervelli.
Fin dall'inizio ci è apparso chiaro che non si poteva raccontare un caso tanto intricato senza tenerlo in pista per tutta la durata del romanzo. La vicenda non si adattava a fare da comparsa. Da buoni rivoluzionari abbiamo tagliato la testa alla regina e lasciato spazio alla moltitudine crescente.
Alla fine, in 54, Wilma Montesi è poco più che un accenno, una notizia che nessuno capisce fino in fondo. Solo pochi, al Bar Aurora, hanno le carte in regola per azzardarsi a commentarla.

Volendo, si può dire che la scelta di questo anno è stata più o meno casuale. Cercavamo qualcosa, abbiamo trovato altro. Da un certo punto di vista, siamo stati fortunati: il 1954 è anno di avvenimenti cruciali. A Ginevra e a Dien Bien Phu si decidono le sorti dell'Indocina. La celere di Scelba semina morti sulle piazze italiane. Il senatore MacCarthy va incontro al declino. Gli Stati Uniti attaccano il Guatemala per difendere gli interessi della United Fruit. D'altra parte, sono anche convinto che la formula possa ripetersi per qualunque anno recente, abbastanza recente da permettere a chiunque di percorrerlo in lungo e in largo, giorno dopo giorno. Per chi ha la nostra stessa malattia, e non può fare a meno di raccontare storie, aprire un'annata qualsiasi di un qualsiasi quotidiano è come lasciarsi contagiare dall'epidemia. Impossibile non uscire dalla seduta con almeno quindici spunti per quindici romanzi diversi. Noi abbiamo provato a condensarli tutti in uno solo. Attendiamo di vederceli esplodere addosso.

Ma quando parlo di spunti, non intendo dire che gli avvenimenti riportati sui giornali funzionano da storie così come sono. Questo accade di rado. Il più delle volte bisogna mescolare i fatti reali in un unico brodo di coltura e aspettare che sulla superficie compaiano strane colonie di germi: il guardaspalle di Luciano che vuole metter da parte la pensione in barba al capo; un attore famoso e un film mai realizzato usati come merce di scambio per guadagnarsi le simpatie di un capo di stato molto sui generis; una storia d'amore clandestino, in una Bologna dove i dirigenti comunisti sono (quasi) peggio dei preti.

Una gestazione simile ritorna anche sul piano del contenuto, i cosiddetti temi del romanzo, o peggio, il famigerato "messaggio".
Posso dire che ci siamo accorti di quel che volevamo comunicare solo quando ci siamo trasformati in lettori e per la prima volta abbiamo letto il testo dall'inizio alla fine. A quel punto si è trattato soltanto di rafforzare certi passaggi, far risaltare alcune frasi, lucidare certe immagini. Sì , volevamo parlare proprio di quello.
In realtà , quello che "vuoi dire" è già in qualche modo dentro di te, e comincia ad esprimersi nella scelta delle storie da raccontare, degli eventi da sottolineare, dei coaguli di batteri che si formano via via nel brodo di coltura.
Come dice lo stesso Paco Ignacio Taibo II: un romanzo dev'essere una scoperta, se chi lo scrive sa già come va a finire, rischia di annoiarsi molto e di annoiare anche i lettori.

Wu Ming 2



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S.P: [...] La struttura narrativa a brandelli, cioè tutti quei continui ed improvvisi cambi di luogo e protagonisti (e spesso conseguentemente di registro), donde viene? [...]

WM2: [...]La scrittura "a brandelli" (ottima definizione) deriva dalla volontà di costruire una specie di Babele, una moltitudine di punti di vista e modi di sentire che faccia percepire la Storia come un'inestricabile somma di storie, vite, corpi e la Letteratura come un guazzabuglio di voci, sensazioni, racconti.
O almeno, così ce la raccontiamo. [...]
In 54 ci sono all'incirca 16 telecamere diverse che riprendono la scena. Compreso un piccione viaggiatore, un apparecchio televisivo e un bar (sorta di coro nel coro). Di certo, rispetto ad altri modi di rendere la coralità , c'è un passaggio in più , che una giapster ha definito "democratico" e noi potremmo chiamare "sbrandellamento". E' una specie di flusso di coscienza collettivo, direi quasi un tentativo di trascinare il lettore dentro il magma stesso della moltitudine, senza concedergli l'appiglio sicuro di un protagonista, un occhio che filtri le cose e gliele passi già raffinate. E' un modo per togliere di mezzo la mediazione di un cervello, uno sguardo, un'angolatura. All'inizio, non sai nemmeno a chi devi stare attento, chi ti porterà per mano, chi ti condurrà nella narrazione. Questo spaesamento, dunque, non è necessario (e nemmeno sufficiente) per fare di un romanzo un'opera a più voci: soltanto è un effetto in più per collocare chi legge nel cuore affollato della molteplicità. E non fargliela semplicemente 'attraversare', sotto la guida attenta del Virgilio di turno.

SP: Nella mia esperienza di lettore [lo sbrandellamento] è piuttosto un modo per continuare ad entrare e uscire - intendo che ad ogni inizio di paragrafo devo cercare da capo di capire di che cazzo si stia parlando, da quale (altra) angolazione stiamo vedendo il mondo. Altro che trascinarmi dentro, dentro ci rientro per conto mio ogni volta che il romanzo di punto in bianco mi estromette, spiazzandomi/spaesandomi. Forse è una ginnastica utile che mi fate fare, e forse con lo sforzo che mi costa, lo "star dentro" diventa più intenso, ma proprio questo "sforzo", la scomodità di non essere accompagnato da nessun Virgilio più o meno compiacente, rischia di diventare romanzo dopo romanzo un dato talmente forte nell'esperienza di lettura da trasformarsi in cliché (oh, ecco una parola per "stile in senso cattivo"). [...]
Wu Ming è ancora giovane e chissà cos'altro combinerà , ma questa costante strutturale è forte e si nota q.b. per iniziare a supporla destinata a perdurare. Per proporre differenti visioni, questa costruzione del romanzo è UN modo. Un buon modo, ma non l'unico. E non scevro da certi rischi, secondo me: temo la noia mortale del decadimento di questo "sbrandellamento" in una specie di "stile Wu Ming", intendendo stile non come arte marziale ma nel senso deteriore del termine: come tanti gruppi soprattutto americani degli anni 90 sono chiamati punk perché suonano "in stile punk", per intenderci. Prova ad immaginare che palla mortale, e che tristezza, se da domani tutti quanti iniziamo a scrivere romanzi "in stile Wu Ming (eh, molto figo!)". Ma anche se soltanto lo stesso Wu Ming ci rifila negli anni a venire un'altra mezza dozzina di romanzi tutti in stile WM.

WM2: Rispetto allo 'stile Wu Ming', leggendo quello che hai scritto mi veniva da pensare a Miles Davis, quando racconta della sua disperata ricerca di una 'voce' personale nel suonare la tromba, una sorta di marchio di fabbrica che lo distinguesse dal suo idolo degli esordi, Dizzy Gillespie.
Credo che per uno scrittore sia importante avere una 'voce', un qualcosa che te lo faccia sentire vicino, riconoscibile, ogni volta che apri i suoi libri. Questo elemento deve esserci e deve riuscire, allo stesso tempo, a non diventare gabbia identitaria, pura coazione a ripetere, approdo per abitudine e pigrizia.
Guarda caso, proprio Miles, quello che cercava a tutti i costi la sua voce, è anche quello con la produzione più varia e disparata, ricca di esperimenti più o meno riusciti, intuizioni, fughe nel futuro, visioni.
Noi faremo di tutto (e penso che già lo abbiamo fatto, con questi tre romanzi) per non riproporre la solita minestra. Allo stesso tempo, ci fa piacere se uno sfoglia un nostro libro e dice "Cazzo, ecco Wu Ming", quasi ritrovasse un vecchio amico.
D'altra parte, al di là del giudizio di ciascuno su quello che scriviamo, credo di poter dire che, per il momento, lo 'stile Wu Ming' non è molto diffuso. Siamo più o meno gli unici, mi sembra, a battere una certa strada. Forse perché non porta da nessuna parte. Forse perché siamo dei geniali esploratori. Non so. Ma direi che siamo ben lungi dall'annoiare e molto più prossimi, delle due, alla necessità di sperimentare fino in fondo un certo modo di scrivere, soprattutto nel panorama letterario italiano.
Niente paura, comunque. Il suicidio di Blissett dimostra che ci stanchiamo prima noi di noi stessi di quanto non facciano gli altri. O almeno così si spera.

SP: Mi incuriosisci molto quando, con l'esempio di Miles Davis, mi parli del legittimo desiderio d'un autore di trovare la propria "voce", il timbro dal quale il lettore (o ascoltatore o altro) possa riconoscerlo e gustarsi l'opera con la calda e confortevole sensazione quasi d'incontrare un vecchio amico (col valore che può avere quest'immagine, se pensiamo che io Lettore imparo a conoscerti sempre meglio mentre tu Scrittore nemmeno sai che esisto, se non come numero - o nemmeno, se i tuoi romanzi li leggo in prestito). M'incuriosisce questa cosa perché mi sembra un umano desiderio molto personale, e Wu Ming cazzo scrive a dieci mani! Non è in una certa misura una rinuncia ad avere una propria voce? Una rinuncia per te Wu Ming 2 intendo, non certo per me che non ho il minimo problema ad apprezzare la prosa di Wu Ming anziché quella di G. Cattabriga o R. Bui o chi altro...
Penso alla musica, ambito in cui la creazione collettiva è molto più comune e scontata che non nella letteratura o nella pittura, e penso che anche in quei gruppi che non stanno ad indicare, magari per ogni singolo brano, chi ha scritto i testi e chi la musica, beh sul piano però dell'esecuzione ogni singolo componente normalmente può sfoggiare una voce che non è solo quella del gruppo ma è la sua PERSONALE. Voi no. Immagino che una ristretta cerchia di intimi sappia anche riconoscere qua e là nei romanzi lo zampino dell'uno piuttosto che dell'altro, compatibilmente coi lavori di lima che suppongo tendano a sovrapporre e amalgamare molto tutti i diversi zampini... ma voi non scrivete certo per questa ristretta cerchia di amici che incontrate al bar da una vita. Come vivete, tu e gli altri, questa cosa? Che tipo di emozioni e investimenti personali entrano in campo, e in che rapporto stanno con la pratica del vostro lavorare insieme?
Non ho una conoscenza del panorama letterario nazionale (e neppure internazionale) abbastanza vasta da saper dire con certezza se siete gli unici a battere una certa strada.... ma vorrei correggere con un bel plurale: "certe strade". Si parlava della coralità della storia (e della Storia) ma le qualità significative e/o intriganti dei vostri romanzi non si limitano certo a questo, non è solo questo che mi fa dire "Cazzo, ecco Wu Ming!" quasi ritrovassi un vecchio amico. Ci sono il lessico e la sintassi schiettamente popolari senza scadere nella miseria caricaturale, e mi pare un equilibrio non facilissimo da tenere. C'è la naturalezza con cui, così un po' di striscio come per caso, andate a dire la vostra sui più disparati temi collaterali e in 54 per esempio mi parlate di malattia mentale e psichiatria. C'e' la collocazione delle "avventure" in contesti storici ricostruiti con una mole notevole di dettagli. C'è la fiducia nella non inutilità dell'ostinarsi a opporre resistenza... ecco questa è una cosa che mi tocca molto, perché io invece appartengo a quella schiatta di "delusi pessimisti" che voi tanto criticate, e... sentirmi dire che ha invece un senso continuare e che possiamo ottenere delle cose anche non secondarie, e soprattutto sentirmelo dire BENE e con solide argomentazioni, non con le solite patetiche cazzate (lievito per il mio pessimismo) che mi raccontano i democratici buonisti legalisti girotondisti avventisti newage , beh questo è quantomeno seducente, e mi giova alla salute.
Ci sono sicuramente altre qualità che ora non mi vengono in mente. E poi c'è il dato in qualche modo più "astratto", cioè che non esce direttamente dalle pagine, ma che è forse quello che m'interessa di più: il fatto che Wu Ming sono cinque persone.
Mi interessa in quanto è a mio avviso l'aspetto più direttamente e significativamente politico di Wu Ming (dopo la lotta al copyright, che si può portare avanti anche come singoli con o senza nome e cognome). Poi mi incuriosiscono le dinamiche interpersonali interne, di cui t'ho già chiesto.

WM2: Il paragone con Miles Davis in un certo senso è fuorviante. Miles cercava il 'suo' modo di suonare la tromba, un timbro particolare, uno stile riconoscibile. Questo fa pensare immediamente allo stile di scrittura, alla pagina in sé, alla forma del testo. In realtà, quando parlo della voce di Wu Ming, io intendo prima di tutto i contenuti, la struttura della narrazione, il modo di muovere i personaggi, l'uso di diversi registri... Su tutte queste cose, noi Wu Ming abbiamo un modo di vedere le cose talmente compatto che nessuno di noi sente di rinunciare a qualcosa di personale nel momento in cui scrive insieme agli altri. Se ne parla, si valutano e si scartano le proposte. Difficilmente tengo a un'idea letteraria in modo talmente viscerale da volerla portare avanti nonostante il parere 'contrario' di quattro persone che reputo molto intelligenti...
Tieni conto che come narratori noi ci siamo formati insieme, nessuno aveva mai sperimentato prima la forma romanzo, così da elaborare soluzioni personali, presuntamente geniali, che poi diventa difficile conciliare con altri.
La forma dello scrivere viene dopo. Ci siamo trovati d'accordo anche nel considerarla un mezzo, un modo per raccontare, non un fine, come succede in molta letteratura italiana col mito della 'bella pagina' . Un certo modo di scrivere deve servire a raccontare meglio, dev'essere funzionale: quindi si sperimenta prima con la struttura ( e col contenuto), e solo dopo parte la ricerca stilistica e formale.
Scrivendo insieme, avendo la presunzione di essere umili, ci si rende presto conto che la propria pagina, una volta passata nel frullatore di altre mani (fidate), ne esce potenziata, incisiva, 'migliore'. E questo vale più di qualsiasi convinzione sulla creazione collettiva, sul genio che non è mai individuale. Non sono solo parole: funziona.
Poi capita che alcuni di noi stiano scrivendo anche romanzi 'solistì , ma la spinta non è tanto: 'così scrivo a modo mio', piuttosto il desiderio di trattare argomenti di interesse più personale, sui quali magari non tutti si sentono pronti a scrivere e a dire la loro.
Forse siamo più vicini a un gruppo di elettronica: importa poco chi ha suonato in quel pezzo, chi ha scelto quel campionamento, chi ha fatto quelle sovraincisioni. Non è il tocco delle mie o delle sue dita sulle corde del basso a fare la differenza...



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Dal prossimo week-end sarà on line anche sul nostro sito, scaricabile gratuitamente, il file completo del Romanzo Totale, esperimento di scrittura a n+1 mani sviluppatosi tra ottobre 2001 e marzo 2002.
Si trattava di scrivere un racconto lungo, in nove capitoli, senza una struttura predeterminata, a partire da un incipit scritto da Wu Ming. Tra tutte le proposte di prosecuzione, volta per volta, ne veniva scelta una, pubblicata sul sito Xaiel.com insieme ad altre che meritavano comunque di essere segnalate. Il quinto capitolo, cioè lo snodo centrale, e l'ultimo, sono stati scritti sempre da Wu Ming.
In realtà, come noterete, scrivere la conclusione si è rivelato particolarmente difficile. Non tanto perché i fili da annodare risultavano troppi, quanto piuttosto perché chi scrive il finale mette un'impronta talmente forte sull'intera narrazione che Wu Ming non se l'è sentita. La storia raccontata in questo Romanzo Totale appartiene a tutti coloro che hanno partecipato all'esperimento: per concluderla serve il contributo di tutti. In attesa di discuterne in videoconferenza, abbiamo proposto a ciascuno di scrivere il 'suo' finale, e di proporli tutti insieme in fondo al racconto. Per il momento soltanto uno degli 'autorì , il più attivo di tutti, ha dato anche quest'ultimo contributo. Noi rilanciamo l'appello e anzi, lo allarghiamo.
Il racconto è lì. Leggetelo. E se vi viene voglia di scrivere un finale, fatelo. Mano a mano, li aggiungeremo agli altri.
Non è escluso, poi, che l'esperienza trovi anche un supporto cartaceo e una diffusione in libreria. Se ne stanno occupando i giornalisti di Xaiel, e noi vi informeremo delle novità . Di certo, tra le presentazioni di 54, ci sarà anche una serata ufficiale, a Imola, in cui parlare di questo progetto e gettare le basi per altri tentativi.



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Iscritti/e a /Giap/ in data 23 aprile 2002:  2188
Tutti i numeri arretrati sono archiviati qui:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/numerigiap.html#ultimo


I see the Empire is
Breaking down
From the inside
And the underground
Ain't no place for
Hiding now

It's a way
To move
You are the ocean
That we travel
Through

- Paul Kantner & Grace Slick, Holding Together
dall'album Sunfighter, 1971


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