Giap#10, VIa serie - Speciale copyleft estate 2005 - 20 luglio 2005



Per Carlo.

Per Marco Beltrami.


0/1. Intervista a Wu Ming sul copyleft - da Blow Up
2. La maglia nera. Uno scambio di opinioni sul copyleft - da One More Blog
3. News dalla Spagna e dall'Italia
4. The Independent, again



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L'INTERVISTA A BLOW UP

Riportiamo quest'intervista, benché già apparsa su Carmilla (www.carmillaonline.com), perché l'altra sera abbiamo sentito a Radio 3 una tipa di un noto ente privato/pubblico che diceva fesserie assurde, attirandosi contro la maledizione di Montezuma, e anche perché, chissà come mai, in questi giorni la rete è satura (persino più del solito) di luoghi comuni, stupidaggini e distorsioni a proposito di copyleft e copyright. Ci è sembrato importante mettere insieme, come ultimo numero di Giap prima della pausa agostana, un piccolo "Speciale copyleft", per mettere i puntini sulle i... e pure sulle altre lettere. Questo è il cappello introduttivo apparso su Carmilla (le iniziali in fondo sono di Alessandro Canzian):
"Sul numero in edicola della rivista *Blow Up. Rock e altre contaminazioni* (n.86/87, luglio-agosto 2005, € 5,00) c'è una lunga e dettagliata intervista di Michele Coralli ai Wu Ming sui temi della proprietà intellettuale, del copyright e del copyleft. Poiché nell'industria culturale, e in particolare tra gli editori, continuano a circolare luoghi comuni e allucinati fraintendimenti (come l'idea che il download dei libri danneggi le vendite, nonostante gli stessi Wu Ming siano la prova del contrario), e poiché questa conversazione fa chiarezza su alcuni punti-chiave, abbiamo deciso di riproporla qui. AC"


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D. Nelle nostre precedenti interviste sul diritto d'autore nell'epoca del "copia e incolla" sono scaturiti moltissimi elementi interessanti da cui potremmo partire in questa nostra conversazione. La più immediata sensazione è che in molti ambienti, quando si parla di Internet e nuove tecnologie digitali prevalga ancora un certo nervosismo. È un po' come se, a fronte di un cambiamento che ha il peso di una rivoluzione globale, i timori di perdere una posizione più o meno dominante siano i soli a determinare l'atteggiamento di qualsiasi politica editoriale. Cos'è che spaventa ancora?
R. Se si parla dell'industria dell'entertainment, spaventa la consapevolezza di aver perso l'occasione, di essere in plateale ritardo, aver subito l'innovazione anziché anticiparla, e tutto questo dopo decenni di retorica e propaganda sul "new", la "next big thing", il "cutting edge", lo "state-of-the-art". I padroni del vapore dell'industria culturale temono il nuovo, lo temono visceralmente, ma non possono ammetterlo, se ne vergognano: temere il nuovo è... anticapitalistico, è... illiberale! La cultura in cui si sono formati non contempla nemmeno l'idea del secondo posto, figurarsi l'arrivare ultimi, con la maglia nera (come quel ciclista degli anni Ottanta, Gambirasio, dignitosissimo).
Spaventa e angoscia lo scoprirsi su posizioni di retroguardia, "conservatori", resi vecchi da un cambiamento cognitivo epocale, uno dei processi di diffusione e socializzazione del sapere più importanti dal Neolitico ai giorni nostri. Che fare, dunque? Sminuire il nuovo, per poi criminalizzarlo: "Ma quale cambiamento cognitivo? Ma quale copyleft? Quale peer-to-peer? Si chiama furto, si chiama frode, si chiama fare i furbi! Che c'è di nuovo nel furto? Che c'è di epocale nel commettere reati?"
Lorsignori s'erano abituati a profitti *smodati* in condizioni di primato dei supporti (cd, dvd) e di proprietà esclusiva dei mezzi di produzione (sale d'incisione, studios, masterizzatori etc.). La parziale "smaterializzazione" (il flusso di dati conta più dei supporti) e la democratizzazione del computing (broad band e masterizzatori sono ormai in tutte le case) li hanno colpiti nel portafogli. Dovranno abituarsi a profitti "normali", e a produrre e vendere entertainment in un altro modo. Potevano muoversi prima, cavalcare la tigre fin dall'inizio, ma non avevano la mentalità giusta, non avevano le informazioni giuste. Il web esiste e cresce da undici anni, la rete da molto prima, la velocità delle connessioni è aumentata sempre di più (dal modem a pedali all'isdn all'adsl alla fibra ottica), questi pagano fior di sondaggisti e uffici studi per sondare il mercato e l'immaginario, eppure non hanno saputo leggere la tendenza.
Del resto, i media tradizionali non li hanno aiutati granché: ogni giorno il sensazionalismo giornalistico dipinge una guernica di pedofili, pirati, sniffatori di password, clonatori di carte di credito, e molto di rado si descrivono i mutamenti reali mentre sono in corso. Di solito, i media arrivano a giochi fatti, e descrivono la situazione dell'anno prima. C'è molta ignoranza e ottusità anche nella stampa specializzata, "di settore": qualche mese fa, su un mensile musicale italiano, un coglioncello definiva il copyleft "libertà di rubare".


D. Secondo voi, come mai fatica a passare l'idea che il download gratuito sia realmente in grado di favorire le vendite di un prodotto editoriale, sia esso libro o disco?

R. Hai fatto bene a scrivere "in grado", a esprimere una potenzialità. La cosa non è per niente automatica. Occorre sbattersi, offrire un prodotto di qualità, mostrare di crederci, seguire la circolazione del prodotto e gli effetti che produce, il ritorno d'immagine, la voglia di conoscere altre opere dell'autore etc. Se la cultura circola, produce circoli virtuosi. Nel caso del libro, la cosa funziona molto bene, ormai è dimostrato cifre alla mano, tocca agli altri tentare di smentirci. I nostri libri continuano a vendere perché c'è un passaparola senza tregua, alimentato dai download.
Nel caso della musica, serve un cambio di mentalità: il fulcro non è più il supporto, il grosso dei profitti proverrà sempre meno dalla vendita del cd. Non stiamo parlando di "cofanetti", box multi-cd con artwork molto curato e booklet ricchissimi: quelli sono oggetti che vale sempre la pena comprare, toccare, carezzare. Parliamo del normale album-nuova-uscita. Il supporto è oggi un accessorio, anche importante, ma comunque un accessorio. E' *uno* dei modi di far circolare la musica e il nome di chi l'ha composta; è uno dei modi di consegnare ai flutti messaggi in bottiglia; è uno dei modi per "fissare" la musica, serbarne memoria, tramandarla (anche se il cd è un supporto facilmente deperibile, al contrario di quello che si propagandava quando fu immesso sul mercato). Ma il vero momento di verifica e di guadagno sarà sempre di più l'esibizione dal vivo, oltre ai vari utilizzi commerciali (inclusione in colonne sonore, spot televisivi, jingles radiofonici). Si badi che questo vale anche per la musica laptop-oriented: uno magari vende poche copie di un cd, ma poi i locali ti chiamano per fare "sonorizzazioni", costruire ambienti sonori etc.


D. Lavoro coperativo come propulsore di sviluppo e innovazione. È questa la sfida di iniziative nate all'ombra dell'idea dell'Open Source come l'enciclopedia online Wikipedia o delle Creative Commons, le licenze gratuite create nel nome dello scambio tra autori. Tra queste spinte e quelle che operano nel senso di una sempre più stretta restrizione del copyright, come la "legge di Topolino" scritta ad hoc per la Disney dal Congresso americano, si determina uno scontro vero e proprio, oppure sono tendenze che alla fine riusciranno a convivere pacificamente?
R. Un aforisma di Woody Allen dice: "Il leone e l'agnello dormiranno insieme, ma l'agnello dormirà ben poco". La convivenza pacifica è impossibile, semmai parleremmo di compresenza conflittuale. Sono due cavalli che tirano in direzioni opposte. Tesi e antitesi produrranno una lunga serie di sintesi precarie, fino a un risultato più stabile, che speriamo sia una riforma radicale della legislazione sul copyright. Ma ci vorranno anni e anni.

D. Nella musica, così come nella letteratura, sembra che una reazione a certi atteggiamenti protezionistici sia quella di determinare una vera e propria eruzione di nuovi materiali. Oltre naturalmente alla facilità dettata dalle nuove tecnologie, si ha l'impressione che come reazione alla disinvoltura con cui si sguinzagliano gli avvocati per tutelare le opere sotto tutela, ci sia molta produttività spesso svincolata da verifiche autocensorie. In altre parole non credete che un esasperato protezionismo determini esiti opposti, quasi di eccesso di spontaneismo artistico?
R. Senz'altro. E' sempre stato così. Metti un recinto e darai a qualcuno l'idea di scavalcarlo. L'atto di scavalcarlo produce una nuova percezione dello spazio: prima ce n'era uno solo, ora ce ne sono due: il "di qua" e il "di là". Pura dialettica, l'uno che diventa due. Dall'unico discende il molteplice. Il controllo produce linee di fuga.

D. Il copyleft è basato in prima istanza su un'onestà intellettuale che dovrebbe responsabilizzare chi riutilizza dei materiali in modo che questi non vengano sfruttati per fini di lucro. Non è ingenuo pensare che io posso copiare tutto, semplicemente promettendo di non guadagnarci dei soldi?
R. Il copyleft ha come fondamento il copyright. Una dicitura copyleft non è altro che una dicitura copyright corredata da una lista di eccezioni al divieto. Il testo è mio perché ne sono l'autore, sta a me decidere, e decido che se vi va potete riprodurlo e utilizzarlo così e così... ma non "cosà". Se lo utilizzate cosà, violate il copyright. Senza il copyright non abbiamo il copyleft, abbiamo il pubblico dominio di un'opera, chiunque può prenderla e utilizzarla - anche a scopo di lucro. Succede coi grandi romanzi dell'Ottocento, ormai liberi da diritti. Chiunque può ripubblicarli, anche con traduzioni frettolose e scadenti. Con il copyleft non può succedere, perché le condizioni di utilizzo sono molto chiare. La fiducia è una gran bella cosa, l'onestà intellettuale è auspicabile che ci sia sempre, ma se viene a mancare, ci sono i tribunali. Se durante un volteggio cadi dal trapezio, non è male sapere che sotto c'è la rete.

D. Un atteggiamento "elettronico" o "digitale" è senz'altro più visibile in un musicista, piuttosto che in uno scrittore. Come pensate che questa tecnologia, che ha determinato un profondo cambiamento di relazione tra artefice e manufatto, sia stata in grado di agire sul pensiero creativo umano? In altre parole siamo semplicemente in una fase che parte da qualcosa che Walter Benjamin aveva già individuato settant'anni fa o c'è qualcosa di più?
R. Non crediamo che un atteggiamento digitale oggi sia "meno visibile" in uno scrittore. Il passaggio dalla Olivetti al word processor, che poteva dirsi compiuto all'inizio degli anni Novanta, aveva già rivoluzionato il modo di comporre un testo. La crescita della rete ha fatto il resto. La "ricorsività" della scrittura (cioè la possibilità di modificarla infinite volte senza distruggere il supporto provvisorio, "sbianchettare", cestinare etc.), la fine del "blocco da foglio vuoto", la funzione taglia-e-incolla, la rapidità con cui puoi spedire il testo ad altre persone per avere un parere, la facilità con cui si passa dal file al libro (una volta il dattiloscritto andava ricomposto su una lastra in caratteri di piombo!), la maggiore interazione tra scrittori e lettori tramite e-mail, blog, siti dedicati... Tutto questo cambia radicalmente la psicologia dello scrivere, l'approccio alla parola. Restituisce allo scrivere la sua dimensione sociale.

D. Quali sono gli artisti che stanno meglio intepretando questa estetica tecnologica, orientata alla condivisione?
R. Più che di artisti, è interessante parlare di "operazioni". L'operazione "cd brulé" fatta da Einsturzende Neubauten ed Elio e le storie tese (alla fine del concerto puoi comprarne subito la registrazione, a un prezzo contenuto); l'operazione Grey Album di DJ Dangermouse (e in generale tutta l'estetica del "Bootleg Remix" che andava di moda qualche anno fa e ora si è trasformata in qualcosa di indefinibile); l'operazione Beatallica (una parodia creativa che si afferma e si sviluppa grazie alle risorse della rete); e poi tutti gli artisti che non hanno paura a mettere la loro musica scaricabile on line, perché sanno che, se si è intelligenti, si ha tutto da guadagnare. Per quanto riguarda la scrittura, non parliamo di noi stessi, e ci "limitiamo" a segnalare la vertiginosa crescita dei blog letterari.

D. Bill Gates ha recentemente affermato che "l'economia mondiale è oggi più che mai fondata sulla fede nella proprietà intellettuale. Esiste solo un manipolo di comunisti di nuovo genere che vorrebbero fare piazza pulita degli incentivi per musicisti videomaker e produttori di software." Voi vi sentite comunisti?
R. Lasciamo parlare i fatti, al di là delle etichette ideologiche.



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LA MAGLIA NERA

Il blogger Alberto Biraghi, tenutario di One More Blog ha linkato l'intervista. La cosa ha generato un... vivace scambio di opinioni tra tale Michele e WM1. E' stata una buona occasione per dare più rilievo al lavoro importantissimo degli Elio e le storie tese.
http://www.onemoreblog.org/archives/007028.html




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DALLA SPAGNA


Grazie anche alle Jornadas Kopyleft che si tengono ogni anno a Madrid e in altre città, in Spagna la situazione è molto interessante. Qualche tempo fa l'ha fotografata in due maestose paginate El Pais, l'edizione in inglese che esce in edicola con l'Herald Tribune, cliccare qui per scaricare il file zippato.
Una delle realtà editoriali che ha abbracciato senza riserve le licenze Creative Commons e, lato sensu, la filosofia del copyleft, è la Acuarela Libros di Madrid, emanazione libraria dell'omonima etichetta discografica indipendente. L'editor è il nostro amico Amador Fernandez-Savater, già curatore dell'antologia di nostri scritti Esta revolucion no tiene rostro (Acuarela, Madrid 2000). Linkiamo qui un'intervista ad Amador sul copyleft, apparsa su ABC due giorni fa.

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DALL'ITALIA


Alcuni di noi hanno già letto Scirocco di Girolamo De Michele (Einaudi Stile Libero Noir, appena uscito). Altri lo faranno durante l'estate. Tre uomini paradossali ci era piaciuto, ci aveva convinto sia come libro sia come operazione, ma Scirocco è sconquassante. Non ci aspettavamo un opus magnum di quella portata, un sessantennio di storia che si piega e si comprime, si sloga le articolazioni e svuota i polmoni per entrare tutto nello spazio di pochi giorni di un anno apparentemente poco "topico", il 1998.
Il Dopoguerra, la strategia della tensione, le "trame nere", la Uno bianca, la guerra in Bosnia, e ogni tanto fanno capolino altri fatti, scandali minori, persecuzioni giudiziarie... Ne parleremo, ne parleremo (su "Carta", pare, e sul Nandropausa invernale). Ma perché ne accenniamo qui?
Perché il testo del libro, essendo in copyleft, è scaricabile gratis dalla sezione Biblioteca copyleft (appunto...) del sito de iQuindici.
[En passant, a proposito dei nostri "cugini" iQuindici, due settimane fa su Panorama (!) c'era un servizione su di loro, featuring la recensione di Scirocco a firma di Giancarlo De Cataldo, al cui Romanzo criminale il romanzo di Girolamo deve molto, soprattutto il "respiro". Oggi, in questo Paese, chiunque voglia fare operazioni ambiziose che vadano oltre il "genere", non può prescindere da Romanzo criminale e da un altro pugno di libri (a naso, diremmo Noi saremo tutto di Evangelisti e i romanzi di Carlotto senza l'Alligatore).]
[En passant ancora, se sbagliamo ditecelo, ma ci sembra che finora l'unico editore italiano che abbia deciso di pubblicare tutti i suoi libri in copyleft e carta riciclata sia Alberto Gaffi: http://www.gaffi.it]



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Senza spostarci dall'Italia, riteniamo importante sostenere questa battaglia.






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THE INDEPENDENT, AGAIN

L'11 luglio scorso, per la seconda volta nel giro di due settimane, The Independent ha pubblicato una recensione entusiastica di 54, a firma David Isaacson. Continuano a chiamarci "anarchici", non sappiamo perché, dev'essere un'usanza inglese. Un testo a cuore tanto leggero pubblicato a soli quattro giorni dagli attentati del 7/7. In Italia, quattro giorni dopo un attentato del genere, le pagine culturali sarebbero piene di articolesse superficiali sulla guerra e sull'Islam scritte da tromboni, tonnellate di inchiostro per imprimere su carta (non riciclata) fallacismi e huntingtonismi d'accatto... Pochi giorni prima del 7/7 siamo stati intervistati via e-mail da 3am Magazine. La mattina delle bombe, la persona che ci aveva spedito le domande si trovava nel Tube e si è cagata addosso. Poche ore più tardi, ci ha scritto per tutt'altre ragioni ("Nella sezione Buzzwords del sito chiediamo agli autori quali sono i 5 dischi che ascoltano di più nell'ultimo periodo, vi andrebbe di..."). Nel Post Scriptum della mail ha aggiunto: "Al Qaeda non mi ha beccato, oggi". Nel Post Scriptum. En passant. Lo sappiamo che sembra (e in fondo è) uno stereotipo, la flemma etc. Ma gli stereotipi non sono menzogne, sono verità parziali generalizzate indebitamente. Il nostro amico John Eden, già nel Luther Blissett Project londinese, ha un blog, Uncarved. Il 7/7, dopo le bombe, ha postato diverse foto. In una, c'era la folla che si accalcava alla transenna di polizia di fronte a King's Cross. Un tizio aveva una maglietta con la scritta "BABY, I'M BORED". Il commento di John: "Your ironic t-shirt is out of fashion as of 8:50am this morning" :-)
Qui c'è l'originale della recensione dell'Independent:
E questa è la traduzione:


TUTTI VOGLIONO ESSERE CARY GRANT. PERSINO IL PRESIDENTE TITO...

Wu Ming, che significa "anonimo" in cinese mandarino, è la nuova incarnazione di Luther Blissett, lo pseudonimo con cui quattro anarchici italiani hanno firmato il romanzo Q. Col rinforzo di un membro aggiuntivo, la banda ha prodotto un'altra caleidoscopica epopea, stavolta sull'anno 1954.
Pierre Capponi, barista e re dei ballerini di Filuzzi di Bologna, decide di andare in cerca del padre, espatriato politico in Jugoslavia. Durante quest'impresa, il suo cammino s'incrocia con quelli di personaggi storici come Lucky Luciano, che sta organizzando il narcotraffico a Napoli e, con grande stupore di Pierre, Cary Grant.
Tutti vogliono essere Cary Grant, "perfetto prototipo di Homo Atlanticus". E' qualcosa che unisce il proletariato e la borghesia. Pierre copia la sua camminata e "il modo di tenere le mani in tasca [è] quasi perfetto". Archibald Leach, l'attore che divenne Cary Grant, impersona se stesso. Mentre si infittiscono gli intrighi della guerra fredda e l'MI6 cerca di spostare la Jugoslavia dalla propria parte, Tito usa il suo peso politico per chiedere un incontro con l'idolo dello schermo.
Il focus di questa commedia colta è l'influenza americana sull'Europa, in particolare sull'Italia. Steve "Cemento" Zollo, un gangster omicida di New York che lavora per Luciano, prende come proprio tirapiedi Salvatore Pagano, un ragazzo napoletano. Salvatore ottiene una piccola parte in "Caccia al ladro", che Hitchcock sta girando a Cannes, e per tutto il tempo scambia il regista per Winston Churchill.
Un televisore che non funziona perché pieno zeppo di eroina non è una particolarmente sottile metafora dell'America, ma è portata avanti in modo magnifico. Il McGuffin Electric Deluxe ha trascorso le prime settimane della sua "vita" in una casa di Baltimora, dove ha trasmesso la notizia della morte di Stalin. Ad altri clamorosi scoop segue la delusione: "Non stava bene coi mobili svedesi". McGuffin è venduto all'esercito, che lo stanzia nella base militare alleata di Napoli. Finirà in un bar di Bologna. Quando McGaffin non produce immagini, riflette i volti di spettatori disillusi.
54 è altrettanto caustico con gli ideologi dello schieramento sovietico. In un monologo interiore, Tito ricorda la discussione con un apparatchick secondo cui gli specchi stimolano il "narcisismo piccolo-borghese". Tito ribatte: "E come li curi i tuoi baffi, chinandoti sulle pozzanghere?" A Mosca, il capo del neonato KGB escogita un piano per creare imbarazzo a Tito, facendo leva sulle sue ambizioni contro-rivoluzionarie incentrate su Cary Grant.
L'onniscienza autoriale, il tono satirico e la veridicità storica possono sembrare bizzarre, da parte di una band di anarchici. Eppure, grazie alla natura collettiva della sua voce fluente, Wu Ming sovverte le tradizionali norme letterarie. A differenza di quegli accademici strutturalisti e marxisti che hanno prodotto risme di teorie e speculazioni sulla morte dell'autore solitario, Wu Ming è passato all'azione.




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Per quelli che "Ho parlato di Q a un amico danese e mi ha chiesto se è stato tradotto anche in quella lingua", oppure: "Devo fare un regalo alla mia amante polacca etc.", oppure: "Il mio amico olandese dice che non ha trovato etc."
Tutte le informazioni e i link in una sola schermata :-)



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...e...continuate a dare un'occhiata al calendario, ogni tanto: gli Yo Yo Mundi continuano a girare.




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QUESTO NUMERO DI GIAP VIENE SPEDITO A 7878 ISCRITT*



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"Ho sempre rivolto a Dio una preghiera, che e' molto breve: 'Signore, rendete ridicoli i miei nemici'. E Dio l'ha esaudita." (Voltaire, lettera a Damilaville)




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