Selezione di lettere dei /giapsters/
a proposito di Carcajada profunda y negra
e relativo "scandalo", 23-26 marzo 2002


Letto racconto. Dignitoso, sul piano estetico-contenutistico, coraggioso e sincero su quello del rifiuto degli infingimenti: - Biagi ci dispiace... La tua vita non respirerà più aria primaverile, i tuoi figli non ti ameranno
odieranno più, tua moglie sentirà il vuoto nella sua esistenza. Tuttavia, Biagi, eri un conservatore - per usare un eufemismo - e non puoi pretendere, dalla prospettiva della vita materiale e puttana com'è, che chi ha il problema di dover campare fino a metà mese, mentre l'altro andrà in prestito - se gli va bene - valuti  la tua morte come universale e onnivalente -

Anche se, personalmente ,fra Voltaire e Cristo, credo che persino la vita d'un Mussolini meriti d'esistere, magari supercontrollata in dignitosi spazi 5 X 5, senza grate ma con tanti libri e soprattutto l'opera di Socrate, qualche dialogo di Platone, una buona dose di Gandhi, e, tout court, tutti gli evangeli. Per Hitler, Stalin, etc. avrei qualche problema a non premere il grilletto.

- Neo fascista?
- No, vegetariano che odia le carni sanguinolente...

[...] La pace sia con voi, brave e intriganti canaglie. Vi sto leggendo e godo, godo...ma penso e tanto anche. Grazie

R.C.

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Ciao,
vorrei dire grazie a Wu Ming per il bel racconto. Finalmente abbiamo letto qualcosa di diverso dalla rappresentazione dello sdegno che ha fatto seguito alla rappresentazione del terrorismo. E' un grandissimo
piccolo poema etnografico, un capolavoro di osservazione partecipata, come direbbero gli antropologi.

E a proposito, leggetevi i giornali di oggi (ancora Repubblica, ma sicuramente anche altri) se volete fare quattro passi nel delirio. I basisti erano punkabbestia senza piercing. Si cerca il covo dove i
punkabbestia bolognesi nascondono le loro ferraglie. Il garagista non ha visto passare la motoretta, quindi la motoretta non è passata! Chi guidava il vespino si è dileguato senza farsi vedere, quindi
dev'essere bolognese perché significa che conosceva le "viuzze del centro"... ma non lo diceva persino Lucio Dalla che "nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino"? Bossoli di tutte le fatte
dappertutto... nessuna guardia giurata ha perso bossoli, quindi li hanno persi gli assassini. Stelle a cinque punte che mettono i Re Magi tra i primi sospettati.

Probabilmente, lo stesso Gesù Cristo (noto leader di Hamas) verrà sentito dagl'inquirenti, per l'inquietante somiglianza tra la cometa e la stella delle BR.

A proposito, come successe dopo l'omicidio D'Antona per due giorni non sono riuscito a connettere il mio modem. Tuttora posso scaricare ma non spedire se non via web. La bolletta, strano ma vero, l'ho pagata.
Forse che, visto che abito a un passo dallo studio di Biagi (messo sotto sequestro... 4 giorni dopo l'omicidio!) e per anni sono andato a suonare la chitarra in via dell'Inferno, è stato trovato il basista modenese??? Ho anche scritto una canzone che si chiama "Via dell'Inferno", qualche anno fa. Ideologo o semplice fiancheggiatore?

Sbirri all'ascolto, uscite dai nostri sistemi e andate a farvi una Strega o due. O un bel Branca Menta. Non potete che acquistarne in lucidità. Non troverete il basista, ma una bella barista o un bel barista almeno sì. Godetevi la domenica.

Scrittori ed etologi all'orizzonte, grazie ancora per tutto ciò che farete per decostruire questo teatrino. Raccontateci la primavera di Bologna; perderemo meno tempo dietro a sbirri e ministri pavloviani.

Saluti domenicali,
H.D.

PS Persico è un pesce, lo sanno tutti!

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Caro WM1,
Ho letto con vero godimento la tua "Carcajada". Ognuno gode come può, d'accordo, ma pur non essendo stato in via Zamboni quella sera non ho alcun dubbio che anch'io sarei stato colpito da suoni e colori del tipo di quelli che racconti tu. Ricordo di aver sentito in treno, in piazza e non so più dove altro, il giorno del rapimento di Moro -preciso rapimento e non assassinio - persone dotate delle caratteristiche antropologiche tipiche dell'emilianità, affermare in dialetto e quindi sinceramente: "Mé a san brisa d'accord cun ki lavurìr qué, però a ló ai sta bán" ["Non sono d'accordo con 'ste robe però a lui gli sta bene", NdR.] Si alludeva - non solo ma soprattutto - all'affermazione con cui pochi giorni prima Moro aveva difeso in parlamento due famosi mazzettisti del suo schieramento, Gui e Tanassi, con la celebre frase: "Non ci lasceremo processare sulle pubbliche piazze".
http://www.parlamento.it/parlam/bicam/terror/stenografici/steno46.htm
Va da sé che con affermazioni simili non si fa politica; ma nel fare politica bisognerebbe saper valutare - almeno in termini utilitaristici - se il sacrificio dell'emotività in nome di altri valori esalta realmente questi
ultimi o li appiattisce in forme di celebrazione eucaristica che lasciano il cuore sgonfio e l'anima amareggiata. Dopo via Fani non fu più possibile pronunciarsi criticamente su Moro e Fanfani da parte di chi avesse inteso far politica a sinistra, e la gestione della verità fu assunta rigidamente dagli apparati di partito che misero nell'angolo qualunque altra istanza pensante o agente della società civile. Attivato il virus dell'"emergenza", ne siamo stati contagiati un po' tutti. Da una tornata elettorale all'altra siamo stati sempre più espropriati del diritto di "scegliere" i nostri rappresentanti, fino al punto che, col passaggio dal proporzionale al Mattarellum, molti comunisti sono stati obbligati a mettere la crocetta su un democristiano (che poi lo abbiano fatto o no, questo è altro discorso).
Solo un profondo senso di disperazione, a mio parere, ha potuto far pensare a molti, dal 1992 in poi,  che un raddrizzamento della situazione potesse venire dalle procure e dai tribunali. Di conserva con questa disperazione, solo un discreto ottundimento del rapporto essere-coscienza ha fatto sì che in molti vedessero possibilità di resurrezione in Scalfaro e Prodi.
Come cani da pastore, le pistole dei cosiddetti terroristi, vigilavano al fianco del gregge in modo da rimandar dentro chi "sbandava". Sta cambiando qualcosa oggi? Mi piace pensare di sì, poiché ho bisogno di pensarla in questo modo. Dopo essere tornato da Roma, dove nessuno ha detto cose che non si sapessero già, non posso non pensare che non è il pensiero quello che ci manca. A capire le cose ci arriviamo anche in fretta; ma poi ci vuole lo scatto. O lo scarto: quel qualcosa che il potere non riesce ad aspettarsi da noi.
Se dalla morte di Biagi qualcuno si attendeva la copia di qualcosa che era già successo, questa volta si è sbagliato; ma quanto tempo può impiegare a riprendersi?
Intanto è bastato che tu scrivessi un racconto su un registro diverso dallo standard perché degli indici scattassero ad indicare te come possibile fiancheggiatore o la rete come possibile ricettacolo di terroristi. E allora cosa ti diciamo: di stare attento, di non esagerare con i toni, di dire le stesse cose in maniera più soft? Sarebbero cazzate in libertà e lo sai bene.
Invece un'idea mi viene proprio dal libro che ha portato te e gli altri di Wu Ming sugli scaffali delle librerie.
In "Q" si scontrano due personaggi: un uomo del movimento e uno delle istituzioni. Quello del movimento passa da una sconfitta all'altra e l'unica cosa che riesce a non farsi portar via è la vita. Quello delle istituzioni, che agisce nell'ombra al servizio non del potere astratto ma di un potere concreto, passa da una soddisfazione all'altra, ottenuta mettendolo proditoriamente nel culo a tutti quelli che si battono per un mondo migliore. Il secondo, ovviamente, sa quel che il primo ignora, ossia modalità e termini dell'intrigo, ma non per questo lui è un bastardo e l'altro un angioletto. I due si battono sinceramente e al massimo delle loro capacità per qualcosa in cui credono. E la cosa sarebbe drammatica ma legittima, se non fosse che il potere non ha bisogno né di purezza né di conoscenza. Così Q, l'agente speciale del cardinal Carafa, è divenuto inutile e ingombrante nel momento in cui quest'ultimo è divenuto papa: sa troppo e tuttavia è in gamba.  Perché non affidargli un'ultima rischiosissima missione?
Nel frattempo il primo, impegnato a ricostruire i fili della trama che lo vuole puntualmente sconfitto, si è portato sulle tracce del secondo. I due s'incontrano nel momento esatto in cui ad entrambi diviene chiaro il disegno del potere.
Quelli del Carafa, o chissà chi altro, stanno per eliminare Q che invece viene salvato proprio da quel nemico che per trent'anni ha sognato di farlo fuori.
E adesso provo a tirare una conclusione. Se il Prof. Biagi era quel che dicono, ossia un servitore e non un servo dello stato, se ciò per cui lavorava non era dettato da volontà maligna ma da onestà intellettuale e
professionale, se il suo intendimento non era quello di tirare la corda fino a spezzarla, allora chi era a fargli delle telefonate minatorie e perché lo si minacciava? Quali parole chiave contenevano quelle telefonate, tali da indurlo a lasciare una memoria presso un notaio?
A noi non è dato conoscerlo: siamo arrivati dopo, abbiamo saputo subito - senza averne le prove - che chi ha sparato a Biagi non se ne fotteva un cazzo di lui come persona, ma ce l'aveva a morte con noi.
Allora ci siamo messi a dire e a fare quelle cose che tu hai scritto nel racconto, che girovagassimo in centro o che rimanessimo a casa. E allora, andato e tornato da Roma, con tanti compagni tutti diversi ma
tutti lì, con un Cofferati che ha detto delle cose che condividevo assieme ad altre che proprio non avrei voluto sentire, ma che comunque ha avuto il coraggio di non mollare l'osso, mi sono imposto di pensare a Biagi fuori dai termini della retorica di regime, ma anche fuori da una dialettica che fra noi e lui non è più possibile.
Se Biagi era una sorta di Q, la nostra sfiga, non la nostra colpa, è stata quella di non essere arrivati in tempo. E allora, se al potere vogliamo mettere un po' di strizza, troviamo Q e salviamolo... Se no quelli lo
ammazzano...

Piccola ma doverosa citazione da "Q".
"Sono stato la tessera di un mosaico che si è composto nell'arco di decenni. Quando mi reclutarono ero soltanto l'aiuto bibliotecario dell'Università di Wittenberg. Il mio compito era quello di tenere d'occhio Lutero... [Omissis. Segue la rievocazione con svelamento di una storia che si svolge tra il 1525 e il 1551, anno in cui ha luogo il colloquio fra i due personaggi]
- È questo il tuo compito? [...]
Un'ombra gli attraversa lo sguardo, quasi stentasse a parlare, la voce è un mormorio: - Per questo sono stato mandato a Venezia. -
La spossatezza pervade ogni anfratto del corpo, il mal di testa è aumentato, premo un dito sulla tempia e mi appoggio anch'io a una lapide per dare sollievo alle gambe.
xxxxx fruga l'orizzonte, poi torna a guardare me: gli anni non lo hanno risparmiato, la notte è stata lunga e insonne per entrambi.
- Quale sarà la ricompensa, questa volta?
Sorride: - Una fine rapida, probabilmente.
- È questa la paga del servitore piú fedele?..."

C.L.

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non posso dire di non aver apprezzato molto della carcajada, in toni e contenuti. eppure non posso neanche dire di non averne riportato un qualche turbamento. posso provare a spiegarvi perché? lo sapete già, ovviamente, che tutto lo sconcerto sta in quel "nessuno puo' pretendere che ci uniamo alla tua santificazione, che di te ci importi davvero. Non tutte le morti ci diminuiscono". intanto perché non di
morte si tratta ma di assassinio (e c'è una bella differenza) e perché un uomo non è solo le sue idee. è anche quello che è stato e quello che potrà essere. io - che non trovo affatto che biagi avesse delle idee così brillanti e innovative come dicono né particolarmente dialoganti - mi sento molto diminuita dal fatto (ad esempio) che oggi biagi non possa commentare la grande manifestazione di roma. che non abbia l'occasione di ricredersi, ad esempio. mi sento diminuita dal fatto che non possiamo più convincerlo di
nulla (avendo ovviamente la presunzione che noi non avevamo nulla di cui farci convincere da lui …). non so, non credo che affermare di non rimpiangere le sue idee possa davvero tradursi nel fatto che non
rimpiangiamo lui. ecco insomma credo che ci siano delle occasioni in cui la parola pietà ha un senso che non è quello ipocrita ma quello compassionevole, quel fuggevole identificarsi - in chi è morto, in chi lo
piange, in chi per tante ragioni è davvero e crudelmente diminuito da quest'uomo morto - che è un po' il succo dell'umanità, no? perché cosa mi può muovere in aiuto di un altro se non il riconoscerlo uguale a  me? homo sum nihil humani alienum mihi esse puto ecc.  sto per lanciarmi in un discorso lungo e ovvio, perciò mi fermo qui. vi apprezzo davvero per la vostra im-mediatezza - che fugge da facili accomodamenti - ma non sempre èpater les bourgeois consente di dire tutta tutta la verità. io da questa morte mi sento diminuita, forse più che se fosse morto un compagno. perché non posso neanche dire che combatterò questa morte facendo vivere le sue idee.
ciao

P.B.

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Sembra impossibile che nella "repubblica democratica fondata sul lavoro",  dove (cito a memoria) "nessuno può essere discriminato per sesso, religione,  razza, idee politche" e "nata dalla lotta partigiana di liberazione  nazionale", uno non possa esprimere le sue idee, uscendo dal coro, su un fatto tanto grave come l'uccisione di Biagi, senza subire attacchi stupidi e falsi.
Quando ho letto i titoli in prima pagina dei giornali che annunciavano l'assassinio non sono riuscito a contenere un'esclamazione di stupore e rabbia.
Stupore perché sembrava incredibile che ci fosse gente così stupida da sparare immediatamente dopo che era stato lanciato l'allarme su un probabile attacco terroristico contro chi cercava di rifor-cancellare i diritti dei lavoratori e sperare che l'Italia si ergesse contro quei "comunisti assassini" come un uomo solo.
Rabbia perché una persona, per quanto a me personalmente antipatica, era stata ammazzata sotto casa da dei vili che sparano alle spalle.
Ma ciò non toglie che mi interessa di più la sorte di chi muore perché cerca di entrare in un paese dove trovare una vita dignitosa, o di chi muore difendendosi da un attacco selvaggio con gas e manganelli, o perché vuole parlare la sua lingua o proteggere la foresta dei suoi avi.
Forse Biagi credeva sinceramente che togliendo le "rigidità" (leggi garanzie) dalla legislazione sul lavoro avrebbe davvero favorito i lavoratori.
Ma cosa vuoi che sappia un professore di cosa significa vivevere con 600€ al mese e tre figli, oppure di cosa vuol dire non poter comprare un buco da 60 m.q. in un palazzone popolare perché nessuna banca ti presterà mai i soldi perché non hai un lavoro fisso.
La retorica da avvoltoi nata intorno a questo ammazzamento mi ha fatto venire la nausea.
E cosa fai quando hai la nausea? Rutti, ti liberi lo stomaco da quei gas che ti appesantiscono, ottundono la mente e ti impediscono di muoverti liberamente.
Sì, il rutto può anche non essere piacevole ma serve, come le scoregge e i gas di scarico delle automobili.
Continuate così, ruttate in faccia a coloro che cercano di convincerci che la realtà è quella delle loro Tv, dei loro giornali e dei loro padroni.
Mostrate che sempre più persone non cascano più nella retorica comune e che si rendono conto che tra Realtà e Reality Tv c'è la stessa differenza che c'è tra il mare ed una piscina.
Forse una risata li seppellirà, ma prima un bel rutto sicuramente li soffocherà:)

M.S.

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E' un peccato che continuino a citare nomi propri per ogni cosa che riguarda WuMing, sembra proprio inconcepibile che a un atto comunicativo, anche (e forse soprattutto) sotto forma artistica o letteraria, non possa essere attribuita una paternità  anagrafica... e poi cheppalle sempre a prendersela con Roberto Bui!
  Solidale a Wu Ming e alle pernacchie!

E.A.

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coi colleghi, qui, si pensava alla miserrima esistenza del terrorista br del ministero dell'interno. anni e anni nei sottoscala, scoglionato, a leggere la gazzetta dello sport con somma indolenza, progettare le ferie, tornare a casa la sera con moglie lagnosa e figli a carico, e poi, ogni tot di anni, arriva qualcuno che lo sveglia e gli dice: eddài, sveja  che te tòcca, movete. ce sta 'n lavoretto da fa'. e lui: e mo'? mica mi ricordo dove ho messo la pistola. sai, so' tre anni che non la uso...-ehnno' eh! mo' la ripeschi, che qui co' sti chiari de luna mica si può tirar fuori una pistola nuova ogni volta eh! - e vabbè, vado vado...
poi invece stamattina ho avuto una folgorazione: è stata quella stronza di amélie poulain.

S.C.

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anche se del tuttto ininfluente ....  vi scrivo che la lettura di Cfyn, che ho inviato ad amici vicini e lontani, avvenuta venerdì mattina è stata catartica, liberatoria e consolante. Catartica perchè l'ironia, o la risata, anche se cinica, ci eleva e ci libera dalla melma di una realtà grettamente iperreale. Consolante perchè il 19 quando ho saputo dell'omicidio, ho sentito parlare di BR, ho, mio malgrado ascoltato le prime dichiarazioni politiche, ero sinceramente incazzata, disperata e scoraggiata ... non potevo credere alle mie orecchie, BR?!  ancora le BR ...  neanche la sceneggiatura di un telefilm di serie B avrebbe potuto proporre una puntata così ridicola e drammatica; drammatica perchè quel poveretto, che non conoscevo, ma che tornando a casa in bicicletta, mi ha fatto tenerezza, era effettivamente morto e questo restava l'unico dato di fatto...
Se leggo i giornali mi viene il vomito, la televisione è offlimits, per cui Cfyn mi ha consentito di sorridere e credere che questa puzzolente sceneggiata italiana finirà e se anche non finirà verrà isolata, come un guscio incancrenito, nel suo ridondante teatrino

A.

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[...] Aggiungo anche un commento dell’ultimo minuto sulla Carcajada: complimenti a repubblica che mi ha fatto quasi litigare con mia madre, ma soprattutto complimenti (e questi sono veri) a wm1: ancora una volta leggendovi mi viene in mente “una risata vi seppellirà”… e comunque la chiave del racconto è secondo me nella parola "tirella".
Se la “ggente” (aaaaargh) non lo capisce affari suoi.

Continuate così.
Ciao

G.

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Bravi, avete colto nel segno disvelando una evidenza che si é fatta routine.
 
Nella storia repubblicana, ogni qualvolta si é attraversato situazioni di grande fermento sociale, settori istituzionali eversivi "legali" (polizie segrete et similia) e "illegali" (Gladio) sono puntualmente intervenuti in difesa dello status quo.
La tipologia degli "interventi" si é sempre ispirata al culto di Thanatos.
 
Certo, non é una prerogativa esclusiva della democrazia rappresentativa italiana. Chi non ricorda l'attentato all'imbarcazione di Greenpeace eseguito dai "servizi" francesi in Nuova Zelanda? 
In Italia, sicuramente se ne é fatto un abuso manifesto. Da Piazza Fontana in qua, é diventato un ricorrente e mortifero appuntamento, soprattutto quando gli addetti non riescono piú a "rappresentare" e ad arginare la socialitá che bussa alle porte della cabina di comando per esigere un cambio di rotta. O quando é imprescindibile evitare la saldatura del campo avverso, per mantenere ben separati gli operai dagli studenti -(nel 68-69)- o per evitare qualsiasi contagio tra l'antilibersimo di massa e le residuali organizzazioni politiche preposte alla "alternanza".
 
"State attenti, tra di voi ci sono degli assassini", questo é il messaggio mafioso di quanti vorrebbero tappare con un pietra la bocca della critica.  
 
La ripetitivitá burocratica, priva di creativitá e di capacitá di sorprendere e disorientare, fa sí che oggi sia una logora e scoperta strategia che puó momentaneamente contenere e contrastare l'ondata antiliberista, ma non puó criminalizzarla, perché sono da lungo defunte le illusioni sulla taumaturgia del sottomilitarismo minoritario. Né puó illudersi di inchiodare al senso di colpa e alla contrizione. Se ció non bastasse, é di una solare evidenza la consapevolezza di combattere senza modellarsi ad immagine e somiglianza della controparte, cioé senza riprodurla.
 
E' tramontato il fascino per il "simile-similia-similibus", Carlo Cafiero dixit.
 
Quanto a Stampe e le Repubbliche, la mia memoria ritorna al dicembre 1969, una settimana dopo l'uccisione di Pinelli e la bomba alla Banca di Piazza Fontana.Quivi venne affisso un manifesto che refutava tutte le infamie ufficiali e faceva una "chiamata di correo" allo Stato come mandante veridico dei luttuosi eventi.
Allora, come ora nel vostro caso, le gazzette additarono al pubblico ludibrio gli autori di quel manifesto, ieri aizzando il livore contro i "mostri", oggi insinuando contro i "fiancheggiatori". Possono trascorrere decenni e le veritá ufficiali non quagliare in nessun processo postumo, ma le gazzette giammai rettificano o correggono, né sono colte da dubbi. Senza batter ciglio trasmetteranno che l'iniziale e incontrovertibile suicidio di Pinelli, per i giudici si é trasformato in un "malore attivo", cioé né suicidio né omicidio, e che i "mostri" son tornati a essere cittadini. In fondo gli untori passano, le gazzette restano e continueranno a scapigliarsi inveendo: "dagli all'untore!".
 
W.

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Avete perfettamente ragione quando dite che le migliaia di persone che hanno letto il racconto hanno potuto constatare con i propri occhi e senza filtri il succo del discorso; ed è vero anche che i tre milioni di manifestanti hanno detto "no" alla omologazione della lotta socio-politica con la lotta armata; però ahimè quando giornali di una certa tiratura spingono l'opinione pubblica (anche se di una limitata cerchia) a pensare che degli scrittori lucidi, attenti e dissonanti dal coro, siano dei fiancheggiatori di fantomatici terroristi, allora ci si sente impotenti, offesi e in un regime mediatico. E si ha paura. Non certo dei proiettili, ma della maligna ignoranza.

R.D.


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Adesso si che ci sono o perlomeno capisco meglio l'intento con cui hai scritto Carcajada profunda y negra, che pero ribadisco non mi e piaciuta.
Certo leggendo il testo della newsletter (me ne sono accorto adesso) era chiaro il tuo intento:
"Si ghigna di fronte all'orrore, per resistere.
Si ghigna di fronte al pericolo, per ridimensionarlo.
Si ghigna per incendiare le tigri di carta."

Tieni però presente che la relazione causa-effetto da te citata [ tra satira e criminalizzazione, N.d.R. ] non mi appartiene proprio o meglio credo che non mi appartenga come non mi appartiene quella cinama violento/violenza reale perche sia il cinema violento che la satira li reputo autodichiaranti nei loro intenti, pero, non riesco a prendere una posizione netta relativamente a quella parole/pallottole a meno che non ipotizzi una capacita critica da parte di ognuno di noi. Mi spiego meglio, se Cofferati/Berlusconi/chiunque altro abbia un seguito o venga riconosciuto come leader, legittima con le sue parole determinati compartamenti "violenti" e nel caso in cui quei comportamenti vengano attuati siamo perfettamente certi di poter affermare che le parole non sono colpevoli? Non lo so, mi piacerebbe discuterne eppero
da qui ad arrivare alla censura, no per le mie idee mi sarebbe difficile accettarla quand'anche fosse "scientificamente" dimostrata la relazione [...]

P.

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   Ho letto il racconto e le reazioni che (lo ammetto) mi erano sfuggite sulle pagine dei quotidiani. Così rarefatta e distratta è ormai anche la mia mente nello sfogliare le pagine dello spettacolo allo specchio. Il racconto mi è piaciuto per quello che era, a mio modo di vedere quasi una pagina di diario (non un giro intorno al proprio ombelico, per carità, ma sicuramente un'esorcizzazione delle proprie emozioni e del proprio pensiero
attraverso la narrazione  - questo sì). L'informazione però è questo. La smentita è stanca perchè l'attacco (anche quando rinnovato e idiota come nei casi da voi citati) è stanco anch'esso. Vi sono fenomeni che investono
"luther ming n+1" e che vanno al di là del dover smentire per se stessi una fede dietrologa e fiancheggiatrice (al tempo stesso, magari). Beh, mi sto un po' perdendo, quindi mi autoriassumo:

   ...assurdo come un'accusa a voi mi suoni tanto come un'accusa al "Movimento" (perdonate l'ocenità della parola...): la cosa mi fa riflettere, poichè pur considerandomi "cane sciolto" io a questo movimento
sono molto affezionato e mi ci trovo affianco così spesso che a volte quasi quasi ci ricado... ;-) Insomma, dovreste riflettere (se già non l'avete fatto) al significante politico | simbolico che vi portate sulle spalle...
e continuare ad agire con incoscienza...


M.

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da Clorofilla.it, articolo di Sergio Nazzaro, 12/04/2002:

Wu Ming, il delitto Biagi e il diritto di raccontare

"Di colpo, moglie e figli erano ascesi a un calvario di lutto, incertezza per il futuro, sovraffollamento, sudaticce strette di mano, telegrammi presidenziali, qualche giorno di molestie da parte della stampa e poi l'oblio". Queste parole tratte dal racconto "Carcajada profonda y negra" di Wu Ming sono risultate veritiere. Tra poco meno di una settimana l'Italia si troverà sommersa nella commemorazione del primo piccolo anniversario dell'ultimo grande omicidio terroristico: la morte di Marco Biagi. Ma per adesso c'è solo silenzio. Allora perché tanto scandalo e indignazione per un racconto che ha avuto il coraggio di riferire la realtà altra della notte vissuta da Bologna? Perché sentirsi offesi da dichiarazioni che, invece, restituiscono una sincera realtà ai sentimenti per l'accaduto, distaccandosi dal pietismo nazionale e generalizzato?
Wu Ming, che in mandarino significa senza nome, è un atelier letterario costituito da agitatori della scrittura. Questo progetto è la prosecuzione del Luther Blisset Project, che ha firmato uno dei libri più belli della narrativa italiana: Q. Un libro con una caratteristica peculiare, essendo stato scritto da quattro autori. I loro nomi ormai sono noti, ma vogliono che si punti l'attenzione sui loro scritti e non sulle loro storie personali. Un progetto che ha seminato il panico e il dubbio nel mondo dell'informazione dell'editoria italiana per molto tempo, fino ad affermare la propria statura intellettuale e letteraria. Dopo l'enorme successo avuto, si sono trasformati in Wu Ming e hanno firmato in questi giorni il nuovo libro "54", un'altra straordinaria epopea ambientata nell'era contemporanea.
Ma Wu Ming non è soltanto un laboratorio di scrittura, bensì anche di intrusioni nel reale, attraverso il racconto giornalistico, che non deve pagare dazio a nessuno. Ed ecco allora che "Carcajada" (sghignazzata) diventa pietra dello scandalo perché non si concede al coro del pietismo trivio e ipocrita dei giorni dell'uccisione. Cerca invece di riconsegnare l'atmosfera reale di quei momenti, che sono sconcertanti, soltanto perché non sono affatto quelli che tutti i telegiornali hanno mostrato. Riferisce di commenti inquietanti. Non le dichiarazioni del passante o del salumiere sotto casa, ma quelle di poliziotti in borghese, e allora si è accusati di favorire le teorie che sempre riportano agli apparati deviati dello Stato italiano. I quotidiani nazionali "La Stampa" e "La Repubblica" hanno posto sullo stesso piano degli assassini il commento di Wu Ming, suggerendo facili intuizioni di possibili contiguità. Molti sono stati i passaggi incriminati, soprattutto quello in cui Wu Ming esprime la sua pietas per Marco Biagi. E lo fa sinceramente, distinguendo il piano umano da quello politico. Ma forse è proprio il punto della distinzione che ha infastidito alcuni lettori. "Ci dispiace. Ma nessuno può pretendere che ci uniamo alla tua santificazione. Nessuno può pretendere che di te ci importi davvero, al di là del cliché sulla campana che suona: se suona per tutti, è come se non suonasse per nessuno. Contestiamo il pensiero unico del lutto imposto dall'alto e vogliamo essere liberi di dire che non tutte le morti ci diminuiscono".
Viene spontaneo domandarsi perché dovrebbero inquietare queste parole, perché la realtà dello scontrarsi debba essere riposta nel cassetto se sopravviene la morte dell'avversario. Wu Ming con una sincerità e una determinazione che scaturisce dal non amalgamare le proprie idee sull'onda dell'emozione corale ci lascia un'importante testimonianza di lucidità e di coerenza. La vera democrazia è quella del poter esporre le proprie idee, contrarie alla corrente, nel momento di maggiore contrasto nella vita sociale. Oppure democrazia è poter parlare liberamente soltanto quando le acque sono calme?
E' vero che non tutte le morti ci diminuiscono. Che l'ironia e il grottesco sono la prima un'arma per la sopravvivenza e la seconda sempre di più una connotazione del reale che ci circonda. Che il giornalismo è essere testimoni degli eventi e riportarli, non edulcorali, rendendoli decenti per il telegiornale della sera. A tal proposito l'inizio di "Carcajada" è illuminante: "A fatica, il cronista aggiustò la faccia di circostanza, si mise di fronte alla telecamera e disse: Sono le due di notte e qui a Bologna, sul luogo del brutale omicidio, c'è ancora molta gente, commossa e costernata. Un attimo prima il cameraman aveva pregato gli astanti di smettere di sghignazzare e dire idiozie, per non rovinare l'audio-ambiente: Per favore, noi stiamo lavorando... Ci bastano trenta secondi, per favore...".
La realtà è indecente, il manipolarla non può che peggiorare la situazione. Ma il tempo passa ed ecco che a cadere nel dimenticatoio non è soltanto Marco Biagi e il suo sangue, ma anche il racconto dello scandalo. Ma mentre Biagi non c'è più, Wu Ming continua ad insinuarsi nel reale. E forse è il caso di riprendere in mano questo racconto e leggerlo, o rileggerlo per capire che compito di chi scrive è vedere al di là del presente e del suo immediato. Wu Ming lo fa. E non chiede nessun copyright.