/Giap/ 14 – Speciale Semana Negra – 14 luglio 2000

(a cura di Wu-ming Yi e Wu-ming Liang)

Siamo appena tornati dalla Semana Negra di Gijòn. Avevamo promesso una sorta di reportage esclusivo per gli abbonati a Giap; in realtà, dal punto di vista del gonzo journalism non c’è molto da scrivere, primo perché il nostro stato di coscienza ha subito alterazioni solo a causa dell’onnipresente e onnistagnante odore di fritture varie e salsicce cotte nel sidro; secondo perché gran parte degli autori convenuti nella ridente città asturiana ha subito l’impatto della perturbazione atlantica, con la colonnina di mercurio che s'abbassava fino a 12 gradi centigradi (!). Acciacchi, sindromi influenzali, depressioni meteoropatiche hanno convinto il gotha planetario della letteratura di genere a fuggire anzitempo. Immaginerete che, sotto l’aspetto prettamente “vacanziero”, la permanenza non è stata soddisfacente. Al contrario, sotto l’aspetto “professionale” il bilancio è nettamente positivo.

La traduzione spagnola di Q è terminata. Ne è autore J.R. Monreal, già traduttore di Sciascia e addirittura dei Promessi Sposi (imprese non di poco conto). 

L’editore, Grijalbo Mondadori, ha pubblicato una preedizione speciale della prima parte del romanzo, introdotta da un “dossier L***** B*******” che contiene recensioni di Q dalla stampa italiana, materiali vari su B******* presi dalla rete e un’intervista telematica a Wu Ming Sì. Questo libro verrà spedito a centocinquanta destinatari non necessariamente addetti ai lavori (musicisti, registi, “opinion leaders”…Si va da Almodovar alla Fura dels Baus) due mesi prima dell’uscita in libreria, prevista per novembre. A questa prima spedizione seguirà quella per critici e giornalisti. In parallelo ci saranno altre iniziative per far conoscere L***** B*******/Wu Ming fuori dalle micro-cerchie alternative che hanno adottato il nome multiplo in Spagna. Il libro uscirà sia in hardcover sia in paperback, tanto in Spagna quanto nei paesi dell’America Latina. A fine novembre, con tutta probabilità, saremo a Madrid per presentarlo. 

Non occorre un genio della deduzione logica per capire che l’editore spagnolo ha scelto una strategia di lancio un tantinello più energica di quella dell’Einaudi. Tra l’altro, la Grijalbo Mondadori non ha obiettato all’inserimento della celeberrima dicitura anti-copyright.

Tornando alla SN e al dossier di “precalientamiento”: martedì 11 luglio abbiamo parlato di Q nella Carpa del Encuentro del Festival (eravamo in quattro, Wuming Wu era rimasto in Italia perché immerso nella stesura di Habana Glam). 

A introdurci c’erano, oltre al nostro editore Claudio Lopez De Lamadrid, Paco Ignacio Taibo II e Daniel Chavarrìa, che si sono presentati al pubblico come nostri “mentori”, e che noi riteniamo i maggiori esponenti del “Romanzo di Avventura Integrale”. Fin dal primo giorno della SN si sapeva che i primi 50 spettatori intervenuti all’incontro avrebbero ricevuto in omaggio una copia della pre-edizione/dossier. Il giorno stesso, l’organo ufficiale del festival, “A Quemarropa”(A Bruciapelo), aveva pubblicato su due enormi paginoni molti dei materiali del dossier. 

Dopo l’introduzione di Taibo, è intervenuto Lopez, raccontando del nostro primo incontro a L’Avana (feb. 2000). In quell’occasione gli annunciammo che c’eravamo sbarazzati del nome LB per adottare l’equivalente cinese di Anonimo, il che – sulle prime - lo lasciò interdetto. Lopez ha descritto a grandi linee il nostro sistematico infrangere ogni consolidata regola di marketing editoriale, senza che questo pregiudichi in alcun modo il nostro successo tra i lettori. 

Daniel Chavarrìa, che ha letto Q in italiano, ha confezionato un incredibile panegirico come solo i latinoamericani sanno fare. Ha confessato di aver nutrito a lungo un preconcetto negativo sulla scrittura a più mani, viste anche le difficoltà incontrate nello scrivere insieme a Justo E. Vasco[*]. Quando Paolo Soraci delle Edizioni Tropea gli parlò di Q, Daniel pensò a un esperimento fine a sé stesso. Qualche mese dopo, lesse il romanzo e, a suo dire, si ricredette su tutta la linea. Ciò che lo ha sorpreso è proprio l’uniformità degli stili e il fatto che è impossibile distinguere chi ha scritto cosa. Anche lui si è soffermato sull’inaudita strategia del cambio di nome, e ha definito Wu Ming una “Cooperativa Anonima di Lavoratori della Letteratura”. Poi è toccato a noi. 

Wu Ming Sì ha introdotto alcuni concetti già familiari ai lettori italiani che ci hanno seguito nelle presentazioni. L’importanza della moltitudine e dei comprimari, il ridimensionamento dei Grandi Personaggi, la valenza politica dei punti di vista con cui si racconta la Storia, i due protagonisti di Q paragonati a due telecamere (una “a spalla”, che riprende dal vivo gli eventi, e una sul carrello, che descrive il panorama storico).

Wu Ming Liang: <<Quando si parla del rapporto tra lo scrittore e lo storico, si dà per scontato che il primo non possa far altro che sfruttare i dati e i documenti del secondo, con lo scopo di arricchirli, dargli una veste più narrativa, metterli in una prospettiva particolare, far emergere certe figure piuttosto che altre. In realtà, ci sono casi in cui la fantasia, l’invenzione e il racconto possono trasformarsi in un vero e proprio metodo di ricerca. Ci sono spesso “coni d’ombra”, “buchi”di fronte ai quali gli storici accademici devono fermarsi per “insufficienza di prove”. Là dove il professionista può solo ipotizzare scenari possibili, il narratore lo affianca, scoprendo che anche raccontare è un modo di fare ipotesi, purché ci si attenga al criterio di James Ellroy: la radicale verosimiglianza. In nessuna disciplina scientifica le teorie nascono da un metodo preciso, ci sono molti fattori da considerare. Copernico mise il sole al centro dell’universo perché questo rendeva i calcoli del sistema tolemaico molto più semplici – quindi per una ragione “estetica”. In più, era pitagorico e credeva che il fuoco dovesse occupare una posizione centrale – una convinzione “filosofica”. Ma non aveva dati incontrovertibili per puntellare la sua rivoluzione. Essa nacque da motivazioni apparentemente “non scientifiche”. Per tanto, non solo lo storico è sempre un narratore, perché in fondo, con più o meno cautele, ci racconta una storia; vorrei dire che vale anche il contrario: il narratore è anche uno storico, quando inventa, con radicale verosimiglianza, ciò che la Storia non ci ha raccontato. Inventare di sana pianta la pagina mancante del Costituto Manelfi, e l’intrigo che ne causò la sparizione è fare (la) Storia; raccontare la vita di Munster, Strasburgo e Augusta a 450 anni di distanza, sulla base di mappe, descrizioni coeve e testimonianze è far vivere la Storia; ipotizzare che nell’anno di pausa che si prese da Hollywood (1954), Cary Grant si incontrò con il Maresciallo Tito per una missione segreta forse è spingersi troppo in là, ma il protagonista di “Intrigo Internazionale” non avrebbe certo smentito una versione così affascinante della sua biografia.>>

Wu Ming San ha affrontato il tema dello scrivere collettivo e del rifiuto della proprietà privata delle idee: la scrittura è sempre collettiva, anche quando è firmata da uno solo, perché attraverso quel singolo si esprime una moltitudine, il cosiddetto “Autore” opera soltanto una sintesi provvisoria di flussi di informazione che lo attraversano continuamente; nelle altre “discipline” (musica, cinema, programmazione…) la creazione collettiva è un processo già acquisito e dato quasi per implicito, mentre nella letteratura sopravvive un pregiudizio romantico; in realtà fin dai suoi albori la letteratura è stata collettiva, basti pensare al poema epico dell’antichità, al teatro elisabettiano e al feulleton ottocentesco,i tre antesignani del moderno romanzo di genere: senza la continua interazione con altri autori/lettori quelle forme espressive non sarebbero state possibili. Un esempio di opera letteraria scritta dalla collettività è il più grande Best Seller di tutti i tempi, La Bibbia: se l’hanno scritta gli uomini, sono stati senz’altro numerosi e la stesura di ogni sua parte è proseguita per decine di generazioni; se invece l’ha scritta Dio, chi è più collettivo di un Ente che contiene e completa tutti gli esseri viventi?

Wu ming Yi, intervento conclusivo: <<Il percorso che ci ha portati qui è in qualche modo delineato nel dossier che verrà distribuito tra poco, in parte riprodotto sulle due pagine centrali di A Quemarropa (anche se ci sono distorsioni, ad esempio noi non siamo né siamo mai stati anarchici). Quel percorso ci ha portati a stabilire una linea di invisibilità non paranoica, vale a dire il nostro non è un assoluto sottrarsi all’interazione coi lettori, non è un rifiuto di assolvere i doveri che comporta il pubblicare, come fanno Thomas Pynchon o Jerome D. Salinger: la nostra è una sperimentazione pratica, quotidiana, di comportamenti preliminari a una “carta dei diritti dello scrittore”: a nostro parere, lo scrittore ha diritto a non apparire per forza; ha diritto a non rispondere a domande idiote sulla propria vita privata (hobby, manie, preferenze sessuali); ha diritto a non fingersi esperto di qualunque argomento, dalla botanica al transgender; ha diritto a non rimanere prigioniero di un ruolo fisso da interpretare continuamente; ha diritto a non diventare un animale ammaestrato da salotto o da gossip giornalistico. Parliamo di “diritti”, non di obblighi né di imperativi categorici: ciascuno fa ciò che vuole e che meglio gli riesce, ma noi intendiamo rispettare l’assunto che ci accompagna da anni, anche e soprattutto dopo l’uscita di Q: ‘accessibili ai lettori, invisibili ai media’. Dall’uscita italiana di Q abbiamo fatto più di quaranta presentazioni pubbliche, a cui non potevano accedere fotografi e cameramen, perché le nostre facce non hanno nessuna importanza, i libri che scriviamo sorridono (o minacciano) per noi. A volte si è trovato un modus vivendi con le troupes televisive, vale a dire che sotto le nostre voci scorrevano tutt’altre immagini più o meno pertinenti al tema, e questa cosa ha colpito l’attenzione degli spettatori molto di più che se ci fossimo lasciati riprendere. Inoltre, c’è un continuo feedback tra noi e i lettori grazie all’e-mail, dato che curiamo un bollettino chiamato /Giap/, un omaggio al generale vietnamita che cacciò francesi e nord-americani dall’Indocina. È possibile interagire senza partecipare al circo mediatico, basta tenere presente una distinzione per noi fondamentale, che è quella tra affabulazione (il piacere di raccontare e ascoltare storie, che è la vera missione dello scrittore, e i nostri mentori latinoamericani – Paco e Daniel – la sanno svolgere in modo eccelso) e ossessione narcisistica (eccesso di autobiografismo, ostentazione giovanilista o comunque generazionale etc.). Qui sono presenti molti operatori del mercato italiano, giornalisti, scrittori ed editori, e sanno meglio di me che da noi la situazione è putrida e deprimente: che può mai fregarmene di sapere che il tale scrittore gioca tutta la notte coi videogames in rete? In realtà questi atteggiamenti sono nocivi alla scrittura (e alla vita): i neuroni occupati per sempre dal ricordo sgradevole delle interviste rilasciate potevano essere usati per migliorare la qualità della propria scrittura e la qualità della propria vita. E non funzionano nemmeno come pubblicità, è un errore che tutti commettono per coazione: noi siamo stati candidati al Premio Strega, e non presentandoci abbiamo ottenuto un effetto pubblicitario molto maggiore, si parlava quasi solo di noi, La Repubblica titolava: “L***** B******* non si presenta allo Strega”, all’inaugurazione ci siamo infiltrati tra il pubblico e nessuno era in grado di riconoscerci, così abbiamo potuto scrivere un pezzo per il “Corriere della Sera” in cui dileggiavamo tutto ciò a cui avevamo assistito. A volte abbiamo “ingaggiato” altre persone perché si spacciassero per noi e si lasciassero fotografare o riprendere, col risultato che su diversi giornali locali apparivano diverse facce, tutte attribuite agli “autori di Q”. Abbiamo decine di storielle come queste, il che dimostra che la rinuncia all’ossessione narcisistica non spegne l’aneddotica, semmai la amplifica, perché salva l’autenticità di ogni singolo momento della promozione di un libro, e soprattutto permette allo scrittore di avere una vita propria. Questo “colpire per sottrazione” è mutuato dalle arti marziali cinesi e giapponesi, un esempio su tutti il ju-jitsu, e l’abbiamo messo in pratica anche al momento di cambiare nome, tant’è che ora ci chiamiamo “wu ming”, che in cinese significa “senza nome”. Per correttezza filologica, l’edizione spagnola di Q uscirà ancora a nome di L***** B*******, ma i nostri prossimi libri saranno firmati wu ming. Ci vediamo in libreria.>>

Taibo ha concluso dicendo che oggi la letteratura è resa viva da molteplici tentativi di renderla sovversiva, e augurandosi che i tentativi riescano.

Reazioni entusiastiche.

L’è un trio’f d’impertot” [Fusellato Giancarlo]

(*) In italiano è disponibile: Chavarrìa-Vasco, Ritorno di fiamma, Marco Tropea Editore, 1999

Di Daniel Chavarria consigliamo soprattutto Il rimedio universale e La sesta isola (tutti pubblicati da EST)

Di Paco Ignacio Taibo II consigliamo soprattutto Ombre nell’ombra (EST,1996)A quattro mani (Corbaccio, 1995), Rivoluzionario di passaggio (Tropea, 1998) ed Eroi convocati (all’interno di: Chavarrìa-Diez-Padura Fuentes-Taibo II, La banda dei quattro, Tropea, 2000)

Hit Counter                                                                                                                                               logosmall.gif (1149 byte)