da Sabato Sera, settimanale di Imola, anno XLI n.18, 4 maggio 2002:

"54", quando i complotti non sono ciò che sembrano
Il nuovo libro dei Wu Ming
"Volevano scrivere un libro sul delitto Montesi, ma in quell'anno sono successe tante cose.
I piani dei potenti non riescono a calcolare ogni conseguenza. La resistenza degli individui può opporsi al potere".

Imola. "Non si prosegua l'azione secondo un piano". Con queste parole si concludeva "Q", il best seller dei Luther Blissett, ora (s)battezzati Wu Ming. In effetti, così è stato. Il nuovo romanzo di questo scrittore collettivo, "54", è stato scritto basandosi su una storia di partenza, il delitto Montesi, quasi completamente abbandonata nell'elaborazione del testo. Il protagonista è diventato un anno, il 1954.
"Nel caso Montesi cercavamo l'equivalente nostrano dell'omicidio Kennedy", spiega [Wu Ming 2], "Tentavamo un'operazione in stile 'American Tablodi' sull'Italia degli ultimi decenni. Le indagini sulla morte di Wilma Montesi ci parevano adatte (la ragazza fu trovata morta l'11 aprile 1953 sulla spiaggia di Torvajanica, nda). Vi era coinvolto Piero Piccioni, figlio di Attilio, ministro degli esteri democristiano. Così, un banale fatto di cronaca veniva usato per montare scandali a ripetizione, spesi con astuzia in una lotta all'ultimo sangue tra correnti della Democrazia Cristiana. Così abbiamo imparato tutto quello che c'era da sapere sull'argomento, ma ci siamo convinti che Piero Piccioni non doveva essere l'assassino. Abbiamo inseguito notizie bomba e falsi allarmi sui principali giornali dell'epoca. Ma ogni volta che ne sfogliavamo uno, migliaia di altre storie reclamavano attenzione e chiedevano di essere raccontate. Abbiamo raccontato alcune di quelle".
"Il fatto che il caso Montesi sia passato sullo sfondo fornisce anche una chiave di lettura del romanzo", spiega Wu Ming 1 [...] "i complotti nel caso Montesi non erano quelli che sembravano. Il Pci si buttò sullo scandalo in chiave politica per screditare la Democrazia Cristiana ma, effettivamente, la pista politica del caso Montesi era stata utilizzata proprio da una parte della Democrazia Cristiana per una questione interna. Una delle chiavi del romanzo è proprio questa. Ogni complotto non è quello che sembra, vi è un effetto farfalla, un ritorno di fiamma, che non è previsto nemmeno dal potere che l'ha ordito. A sconvolgere i piani del potere bastano le coincidenze, bisogna essere vigili, ma senza cadere nella paranoia".
"Per noi", precisa Wu Ming 2, "significa anche trasmettere un segnale positivo. Se 'Q' poteva essere letto come un romanzo in cui il potere chiudeva ogni possibilità di rivolta, qui abbiamo sottolineato come i piani dei potenti non riescamo mai a calcolare ogni conseguenza. Sono possibili nuovi orizzonti e la resistenza degli individui può opporsi al potere. Il messaggio è positivo non paranoico".

"La paura è l'arma con cui soggiogano gli uomini", come sottolineava Donna Beatrice in "Q". Una notevole differenza tra "54" e "Q" è naturalmente il contesto storico. Da un'epoca devastata dalle guerre di religione siete passati ai "crimini della guerra fredda". Dai cacciatori di eretici alle spie del dopoguerra, ma le differenze più notevoli paiono nello stile narrativo: personaggi meglio delineati e grande ritmo.

"In effetti", sottolinea Wu Ming 2, "abbiamo definito maggiormente i nuovi personaggi. In 'Q' erano a due dimensioni, qui sono a tutto tondo. Abbiamo anche puntato su dialoghi cinematografici che naturalmente il precedente romanzo non poteva avere. Questo ha prodotto un tono narrativo più leggero che non dovrebbe aver danneggiato i contenuti".

Chi ha letto "54" è infatti probabile che ricordi più delle scene che delle frasi. Quasi avesse visto un film.

"Sì", risponde Wu Ming 1, "ci è stato sottolineato da diversi lettori. In effetti potremmo dire che il risultato è quasi una commedia all'italiana, come "La banda degli oensti", "I Soliti ignoti" [e le commedie] sceneggiate dai grandi Age e Scarpelli".

In questo senso si potrebbe dire che è un romanzo New Age... e Scarpelli. "54" affronta però anche temi molto seri, come quello della malattia mentale.

"Uno dei personaggi del romanzo, Ferruccio detto Fefe, è uno schizofrenico. Ci siamo ispirati ad un ragazzo che conosciamo, per evidenziare come spesso la cura degli handicap mentali sia una forma di punizione", spiegano entrambi gli autori, "Vi è una forte condanna dell'istituzione manicomiale. Non è l'unico schizofrenico protagonista del romanzo, l'altro è Cary Grant che però la vive come un arricchimento della personalità. In Fefe, invece, la schizofrenia viene considerata un elemento di disagio ed utilizzata in forma ricattatoria, per privarlo di una vita propria".

Spesso, non solo nei vostri romanzi, dedicate una particolare attenzione alle moltitudini.

"Per noi", spiega Wu Ming 1, "la moltitudine è una cosa ben diversa dalla massa e dal popolo. La massa era quella che ascoltava Mussolini o che partecipava alle celebrazioni nella Piazza Rossa, la moltitudine è un insieme di singoli, più caotico. E' diverso anche dal concetto di popolo che solitamente è legato alla nazione".
"La moltitudine è anche una connessione di soggettività", conclude Wu Ming 2, "resta quindi fondamentale l'attivazione degli individui".

Individui e moltitudini, comunque sia, sono quelli che dal libro capiranno "che la vita, come la storia, non avrebbe smesso di riservare sorprese".

Massimiliano Boschi