dal "Corriere della Sera" di domenica 24 marzo 2002:




Cary Grant, il maresciallo Tito e Mario Scelba: zapping sull'anno 1954
BLOB - Un altro romanzo storico dagli autori di «Q». Prima erano quattro e si firmavano Luther Blissett. Oggi sono cinque e hanno come pseudonimo Wu Ming


di Carlo Formenti

    Non fatevi depistare: contrariamente a quanto si è scritto, il protagonista di 54, il nuovo colossal storico prodotto dalla cellula di guerriglia letteraria denominata Wu Ming (i quattro moschettieri di Q - Bui, Cattabriga, Di Meo e Guglielmi, alias Luther Blissett - più la recluta Pedrini, che l'anno scorso ha firmato come Wu Ming 5 il romanzo Havana Glam ), non è Cary Grant. Intendiamoci, la parte che l'attore inglese naturalizzato americano recita nella vicenda è fondamentale: non solo perché vi compare in veste di eroe della resistenza alla caccia alle streghe maccartista - un eroe sui generis, motivato dal disprezzo nei confronti della volgarità reazionaria più che dall'ideologia -, ma anche perché il lettore è indotto a seguire le tracce di un improbabile intrigo internazionale che mette l'uno di fonte all'altro Grant e il presidente Tito, accomunati dallo spirito anticonformista (entrambi sono, a modo loro, dei «non allineati») e dalla cura quasi maniacale del proprio stile.
    Cionondimeno non è lui il protagonista. E il ruolo non spetta nemmeno agli altri due personaggi chiave che incrociano la strada di Grant fra la Dalmazia e la Costa Azzurra, trascinati da derive biografiche di tutt'altro genere: non spetta a Steve Cemento, braccio destro di Lucky Luciano e spietato organizzatore del traffico di eroina, e non spetta a Pierre Capponi, dandy proletario, ballerino provetto e animatore del bar Aurora, ritrovo di una Bologna postbellica che non ha ancora digerito la frustrazione per la rivoluzione mancata.
    Si potrebbe obiettare che non ha senso cercare un protagonista in un flusso narrativo che, in oltre seicento pagine, mette in scena un'infinità di luoghi, figure, eventi e situazioni: dalla nascita del Kgb allo scontro di frazioni nel partito comunista jugoslavo, dall'accoppiata Alfred Hitchcock-Grace Kelly all'esordio letterario di James Bond, dai vicoli di Napoli a quelli di Genova e Marsiglia, dall'eliminazione dell'Italia da parte della Svizzera ai mondiali di calcio alla crisi di Fausto Coppi, dalle sparatorie fra contrabbandieri alle cariche dei celerini di Scelba, dal re del Vietnam in esilio al caso Montesi, ecc. Ma l'obiezione non regge: Q è a sua volta un romanzo corale, che sfrutta i canoni del genere spy story per tracciare un grande affresco epocale, eppure sarebbe difficile negare la dignità di protagonisti all'eretico e alla spia vaticana che si fronteggiano per tutta la storia.
    E infatti, a guardare bene, anche 54 ha un protagonista. Non lo si nota perché gli autori se ne occupano sporadicamente, dedicando solo qualche pagina alle sue avventure, ma soprattutto perché non si tratta d'un essere umano, bensì di un televisore. E oltretutto il povero McGuffin - il nome di un elettrodomestico non può che coincidere con quello della marca - non funziona: rubato e poi sballottato in giro per l'Italia, viene rifiutato da vari acquirenti, nessuno dei quali si accorge che l'apparecchio non si accende perché l'interno è stato parzialmente svuotato per far posto a una partita di eroina. Eppure basta la sua muta presenza a creare una spasmodica attesa fra gli avventori del bar Aurora, ipnotizzati - finché non scoprono che è guasto - dal totem che ha virtualmente trasformato il manipolo di rivoluzionari in platea dei mondiali. Interpretazione forzata di una metafora? Può darsi, ma come leggere altrimenti questo anno del Signore 1954 squadernato «in tempo reale» sotto il naso del lettore, il quale rimbalza da un continente all'altro e da una storia all'altra, mixando passato e presente, sacro e profano, tragedia e commedia, avventura e cronaca, quasi stesse facendo zapping sulla poltrona di casa, e come non riconoscere nelle sequenze che accostano i titoli de l'Unità a quelli del Resto del Carlino la logica irriverente di un Blob ante litteram? Prosegue, insomma, l'esplorazione avviata con Q , dove già si mettevano in scena le accelerazioni storiche provocate dalle innovazioni tecnologiche che favoriscono il contagio delle idee (nel caso di Q , la stampa come media per la diffusione dell'eresia religiosa). Del resto, anche in Havana Glam è il virus della musica rock a minacciare la stabilità del regime cubano.
    E a proposito di Cuba: alla fine di 54 fa una brevissima apparizione Fidel Castro, che immaginiamo intento a catechizzare due compagni italiani appena sbarcati in Messico inseguendo fantasmi privati piuttosto che sogni politici. Riuscirà a convincerli? E' lecito dubitarne, visto che, assieme a un'informazione che circola sempre più rapidamente, cresce lo scetticismo che induce il lettore dei Wu Ming a specchiarsi negli eroi disincantati dei western di Leone, o degli esotici viaggi di Salvatores, più che nei militanti dell'anno di grazia 1954.