Nazistelli, giù le mani da Felice Benuzzi e da Fuga sul Kenya! #PointLenana #AlpinismoMolotov

Felice Benuzzi sul Mount Barney, Queensland, Australia, 1954

Felice Benuzzi in cima al Mount Barney, Queensland, Australia, la mattina del 18 settembre 1954. L’autore della foto è Peter Barnes. Clicca per ingrandire. Ringraziamo ancora Michael Meadows, storico dell’alpinismo e dell’escursionismo in Oceania. Nel 2013, Michael fece da tramite tra noi e Barnes e ci mandò un pacchetto di preziose foto, che caricammo subito sulla bacheca Pinterest di Point Lenana.

Ieri abbiamo assistito a un nuovo cortocircuito tra la cialtroneria ignorante dei fascisti e il pressapochismo e provincialismo dei media italiani.

Ricapitoliamo: ci stanno tre nazisti del gruppuscolo «I lupi delle vette», virgulto della pianta OGM chiamata «Lealtà Azione», a sua volta emanazione del network neonazista e virulentemente antisemita «Hammerskin».

In ambito alpinistico, questi sedicenti lupi — che ai lupi somigliano pochissimo — contano meno di zero, ma servono a Lealtà Azione per accreditarsi come network di uomini veri, gente dedita alla maschia conquista delle vette, secondo una certa retorica alpinazi che purtroppo va riaffiorando. Quella retorica che Alpinismo Molotov contrasta coi suoi debunking e le sue azioni di «decontaminazione delle vette».

I tre camerati leggono Fuga sul Kenya di Felice Benuzzi, ci capiscono poco o niente, e soprattutto non si informano.

Già il fatto che noi ci avessimo scritto sopra Point Lenana; che la ripubblicazione del 2012 sia avvenuta in una collana dell’editore Corbaccio diretta da Cecilia Perucci che due anni prima era con noi su Point Lenana; che l’agente letterario delle eredi Benuzzi sia Roberto Santachiara, cioè uno dei due autori di Point Lenana… Beh, tutto questo avrebbe dovuto metterli all’erta, no?

I tre che fanno? Prendono l’aereo per Nairobi, salgono sulla Punta Lenana del Monte Kenya, issano il tricolore, si fanno un par di foto e le pubblicano sui loro social insieme alle solite quattro cazzate che scrivono i fascisti.

Poseurs on Mount Kenya. I finti eroi e le loro farneticazioni.

Così facendo, trascinano nel loro angusto mondo l’impresa di Benuzzi, Balletto e Barsotti del 1943, e incorporano nella loro bibliografia di riferimento Fuga sul Kenya, che invece rappresenta per molti versi l’antitesi del loro modo — viriloide e stentoreo — di vedere e raccontare la montagna.

La storia di Fuga sul Kenya è banalizzata e appiattita sul tricolore che Benuzzi e i suoi compagni lasciarono in vetta. Gli alpinazi non sanno, per dirne una, che nella versione inglese del suo libro, nota in tutto il mondo col titolo No Picnic on Mount Kenya, Benuzzi dedica alla bandiera solo poche righe, e si concentra su tutt’altro.

Del resto, risulta subito chiaro che di Benuzzi costoro non conoscono la biografia, altrimenti ci sarebbero andati più cauti.

Point Lenana

Sia questo libro come l’aglio per i vampiri. Alpinazi, pussa via!

Ma la cosa più ridicola è questa: i tre spacciano la loro salita per incredibile impresa, wow!, e la presentano tipo conquista del K2. Come se sul Monte Kenya, dal 1943, non ci fosse più salito nessuno.

Peccato che ci salgano ogni anno migliaia di persone, compresi molti italiani, e quasi tutti ci salgano dopo aver letto il libro di Benuzzi, che nel mondo anglosassone è conosciutissimo, è consigliato dalla Lonely Planet sul Kenya ed è in vendita negli aeroporti e negli hotel di Nairobi e delle principali città del paese.

Molto probabilmente i tre nazi, salendo, hanno trovato i rifugi pieni, e incrociato altre e altri che scendevano; a loro volta, scendendo, avranno più volte incrociato altre e altri che salivano. Compresi pensionati. Come questo Pete, che ci è salito nel 2008 all’età di 69 anni.


Per far credere di aver fatto chissà cosa, i tre definiscono la Punta Lenana la «seconda vetta d’Africa», mentre è la terza del Monte Kenya, la più bassa e la più facile. Ci si arriva camminando. Se uno è allenato, è una lunga passeggiata. Se non è allenato, faticherà molto, ma in cima ci arriva.

Una volta scesi, i tre tornano nella capitale e in qualche modo si fanno ricevere dall’ambasciatore italiano in Kenya Mauro Massoni (che per questo finirà sulla graticola). Questo rafforza — in chi non ha la minima conoscenza dei luoghi — l’impressione di chissà quale avventura appena vissuta. Cazzo, se li riceve persino l’ambasciatore…

La stampa italiana ci casca e sulle prime escono articoli encomiastici, nei quali l’identità nazi dei tre scompare o viene tematizzata in modo insufficiente. Manca, al solito, #laparolaconlaF.

A quel punto ci muoviamo sui social noi, Alpinismo Molotov e Nicoletta Bourbaki, e solleviamo la triplice questione dello spazio concesso alla non-notizia (qualcuno è salito sulla Punta Lenana, ma pensa!), della strumentalizzazione nazi di Fuga sul Kenya, e dell’ambasciatore italiano che — immaginiamo senza saperlo — si intrattiene allegramente con un gruppuscolo neonazista.

Dopo svariate ore, i media e alcuni politici si accorgono della cosa e affrontano la terza questione. E le altre due?
Ci pensiamo noi.

Chiediamo conto ad Alessandro Fulloni del Corriere della Sera di un suo articolo a nostro dire gravemente inadeguato. Fulloni, con un gesto raro tra i giornalisti italiani, ammette di non essersi informato a dovere, contatta Wu Ming 1, lo intervista, e modifica l’articolo integrandolo con il suo debunking. Cambia anche titolo, sottotitolo e catenaccio. Ecco il risultato. Qui sotto, invece, riportiamo le domande e risposte nella versione originale.

Se non è già abbastanza chiaro, lo ripetiamo: nazifascisti, giù le grinfie.

Sulle montagne d’Italia siete già stati affrontati e sconfitti una volta.

Non pensate di spadroneggiare sulle vette.

Più in alto si va, più è facile cadere.

Tu che sei biografo di Felice Benuzzi,  puoi raccontare cosa fece dopo l’8 settembre?

Vanno dette anche due cose sul prima: nel settembre del 1938, mentre in Italia venivano approvate le leggi razziali, Benuzzi sposò un’ebrea, per giunta straniera (tedesca), Stephanie Marx, e la portò con sé in Etiopia, tenendone nascoste le origini. Aveva una doppia vita, il suo matrimonio era due volte fuorilegge: non solo un ariano non avrebbe potuto sposare un’ebrea, ma ai funzionari statali era proibito sposare donne straniere senza un apposito permesso.

Benuzzi non era un antifascista, intendiamoci, veniva da una famiglia di irredentisti, era cresciuto nella Trieste del ventennio, ma seppe prendere certe importanti distanze. In Fuga sul Kenya c’è una polemica — condotta col suo tipico understatement — nei confronti del culto dell’azione fascista, della retorica fascista sull’alpinismo. Dice che il culto dell’«azione concentrata» ha portato lui e quelli come lui nel campo di concentramento. Dopo l’8 settembre non aderì alla RSI e scelse la cooperazione con gli Alleati. Rientrò in Italia tardi, era già il 1947, e in un suo racconto su quel ritorno scrisse: «gli alleati non ci hanno portato la libertà in grazioso dono, dobbiamo conquistarcela noi». Senz’altro un uomo imbevuto di patriottismo e con il culto dello stato, ma i neofascisti nipotini di Salò hanno poco da trovarci in lui. Possono casomai spostarsi su suo zio, Valerio Benuzzi, che era una spia dell’Ovra e che Felice, a detta della famiglia, disprezzava.

Degli altri due, Balletto e Barsotti, cosa puoi raccontare?

Di Barsotti ancora poco, anche dopo svariate ricerche. Fece l’imprenditore in Africa orientale, la sua azienda fallì, è morto negli anni Ottanta. Balletto fece il medico ai piedi del Kilimangiaro, la sua è una storia affascinante, ebbe una storia con una donna del luogo da cui nacque un figlio, John, che oggi fa la guida di safari. Balletto si suicidò nel 1972, in circostanze mai chiarite del tutto.

È vero che sono tanti gli italiani che vanno regolarmente sul monte Kenya?

Quei lupi lì, se li guardi da vicino, sono piuttosto spelacchiati. Non hanno compiuto chissà quale impresa. Alpinisticamente parlando, è ben poca roba. Intanto, non è la «seconda vetta d’Africa», come hanno detto loro, bensì la terza del Monte Kenya. Credo stia tra il Mawenzi e il Ruwenzori, in Africa ce ne sono almeno altre dieci più alte. Ogni anno – non esagero – migliaia di persone salgono a Point Lenana, non c’è da scalare, non tocchi mai la roccia con le mani, arrivi lassù camminando e ci vanno anche anziani, pensionati, cercando «Point Lenana» su YouTube trovi i video di centinaia di ascensioni. E quasi tutti quelli che sono andati, compresi moltissimi italiani (me compreso), lo hanno fatto sulla scia della storia di Felice Benuzzi, che dal 1952 è un long-seller nel mondo anglosassone e da noi è stato ristampato più volte, l’ultima volta da Corbaccio nel 2012. Ripeto, ogni anno ci vanno moltissimi italiani, solo io ne conosco personalmente una ventina. Il mio amico Mike Rukwaro, che fa la guida alpina sul Monte Kenya, campa anche grazie a Benuzzi.

Quelli di Lealtà Azione sanno di Benuzzi?

Mah, ho l’impressione che non ne sappiano quasi nulla.

Perché sono fascisti quelli di Lealtà Azione?

Dovresti chiederlo a loro. Ad ogni modo, lo sono. Sono ammiratori del nazista belga Léon Degrelle, a cui hanno dedicato svariati incontri apologetici, e del fascista ultracattolico romeno Corneliu Codreanu. Ogni anno vanno al Campo X del Cimitero Maggiore [di Milano] a salutare a braccio teso repubblichini e nazisti colà sepolti. Lealtà Azione è una derivazione diretta dal network di skinhead nazisti «Hammerskin».

Segnaliamo anche:

A testa in giù. Come il ricordo di un’impresa alpinistica viene ridotto al conformismo di chi si dice non conforme

(Alcune considerazioni di Alpinismo Molotov sulla squallida vicenda).

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2 commenti su “Nazistelli, giù le mani da Felice Benuzzi e da Fuga sul Kenya! #PointLenana #AlpinismoMolotov

  1. Si esprime contro gli alpinazi Mountain Wilderness, associazione tra i cui fondatori c’è Felice Benuzzi, che ha avuto per quasi trent’anni come segretaria Stefania Marx Benuzzi.

    Alpinismo/ Ambasciatore in Kenya con sedicenti alpinisti fascisti, è polemica
    Mountain Wilderness difende la memoria di Felice Benuzzi

    Roma, 13 dic. (askanews) – L’ascensione alla Punta Lenana nel gruppo del Monte Kenya da parte di un gruppo di neofascisti “I lupi delle vette” ha suscitato un’ondata di polemiche, sia per la foto scattata con l’ambasciatore italiano a Nairobi, Mauro Massoni, sia per il tentativo di appropriarsi dell’avventura di Felice Benuzzi ed ascriverla nell’epopea nazionalfascista.

    “L’ascensione alla Punta Lenana nel gruppo del Monte Kenya da parte di una banda di para-fascisti e razzisti appartenenti a una non meglio definita associazione “I Lupi delle Vette” desta una profonda indignazione”, scrive Carlo Alberto Pinelli, tra i fondatori dell’associazione internazionale Mountain Wilderness. “L’impresa, oggigiorno tutt’altro che eccezionale, è stata realizzata per celebrare indebitamente la “fuga sul Kenya” compiuta nel ’43 da tre civili italiani evasi da un campo di prigionia inglese, per puro amore della montagna e desiderio di una parentesi di libertà. Indignazione: non perché ai fascisti sia vietato praticare l’alpinismo. Ma perché quel maldestro tentativo di appropriazione politica di una delle più limpide avventure della storia dell’alpinismo equivale a una autentica profanazione. Chiunque abbia letto il libro “Fuga sul Kenya” di Felice Benuzzi, l’uomo che ideò e portò al successo quella breve ma memorabile avventura , sa che l’impresa non aveva il minimo intendimento politico e tanto meno nascondeva un inno al fascismo. Benuzzi, funzionario del Ministero per l’Africa Orientale, dopo l’ 8 settembre 43 aderì al governo di Badoglio e, rientrato in italia, intraprese una brillante carriera diplomatica, senza mai dimenticare la sua passione per la montagna. E’ stato con me, nel 1984, -ricorda ancora Pinelli – uno dei fondatori dell’associazione Mountain Wilderness e alla sua morte la moglie Stefania Marx divenne per molti anni la “madre spirituale” di questa coraggiosa associazione di alpinisti/ambientalisti. Malissimo ha fatto l’attuale ambasciatore italiano a Nairobi a farsi fotografare a fianco di gente simile”.

  2. Effettivamente il risalto mediatico dato alla vacanza in Kenya dei tre lupacchiotti lascia abbastanza basiti.
    Non so se sia stato lo sventolio di un tricolore in vetta a suscitare fulminei arrapamenti nella stampa nostrana, ma so che per l’anno venturo già si annunciano a suon di fanfara altrettante strampalate “commemorazioni” dalla chiara impronta (non certo camuna) che meriterebbero un debunkig tutto dedicato.
    http://www.montagna.tv/cms/115548/adamello-vetta-sacra-della-patria-in-ricordo-dei-caduti-di-tutte-le-guerre/
    E la cosa a mio avviso più grave è che passeranno come simpatiche goliardate, nel migliore dei casi, come commemorazioni ufficiali nel peggiore.