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Creative Commons LicenseSalvo diverse indicazioni, il contenuto di wumingfoundation.com è pubblicato con licenza Creative Commons "Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo 2.5". Se ne consente la riproduzione, diffusione, esposizione al pubblico e rappresentazione, purché non a fini commerciali o di lucro, e a condizione che siano citati l'autore e il contesto di provenienza. E' consentito trarre opere derivate, per le quali varranno le condizioni di cui sopra.

... Quella che segue è la "prodezza" "giornalistica" di Massimiliano Mazzanti, artefice di una provocazione telefonica ai danni di Vitaliano Ravagli, messa in atto senza qualificarsi come dirigente e consigliere comunale di AN a Bologna, ma solo come giornalista.
Vitaliano lo ha sgamato quasi subito, e gli ha chiesto: "Ma lei cos'è, un fascista?". A suo dire, Mazzanti ha risposto: "No, no, io non la penso come lei ma scrivo su un giornale dove c'è anche chi è più vicino alle Sue posizioni!".
Tale pluralismo è in realta' millantato, essendo Obiettivo (su Bologna) - gia' "Pravda" - foglio vicinissimo ad AN. Sul numero in questione, lo stesso Mazzanti (pag.6) augura "coraggio e buona fortuna" a un'altra nuova rivista della destra bolognese, La Reazione (!). Quest'ultima, nel suo primo numero (pag.10), dedica spazio a un gruppo musicale neonazista come i 270bis (dall'art. del c.p. che condanna le associazioni sovversive finalizzate a rovesciare l'ordine democratico), che incidono per l'etichetta "Eversione musicale" e sono autori di immortali hit come "Cuore nero", "Bomber nero" e "Settembre nero" . Bell'ambientino, non c'è che dire.
Tornando al pezzo che segue, scompare qualunque riferimento concreto a quanto avvenuto a Perugia [...], tutto rimane indistinto, le fandonie pubblicate da "Il Giornale" hanno ormai valore assiomatico, i "no comment" di Vitaliano diventano allusioni, gli vengono attribuite ammissioni che non ha assolutamente proferito, domande e commenti di Mazzanti sono evidentemente posticci.
Come spiega Sara Menafra nell'articolo tratto da "Il Manifesto" di oggi, a Bologna questa bravata si inserisce nel contesto di uno scontro politico molto acceso sulla Resistenza e non solo.
A questo punto ci attendiamo ogni genere di provocazioni da parte della destra. Una "intervista" estorta e manipolata è robetta rispetto a ciò che possono fare costoro, in cerca come sono di un casus belli per le ultime settimane di campagna elettorale. NOTA BENE: Tra l'altro, la famosa "trascrizione" di Perugia, resa pubblica dai fasci e speditaci dai compagni di Perugia, è piena zeppa di errori grotteschi, che rendono interi periodi addirittura insensati. Errori dovuti a ignoranza e sciatteria, per rimediare ai quali sarebbe bastato sfogliare Asce di guerra. Per dire, "erano anticomunisti" [inteso: i polacchi del contingente Alleato] diventa "erano anche comunisti"! In più, alcune delle frasi riportate (virgolettate) da "Il Giornale" NON figurano nella trascrizione. Un esempio: "Conobbi una persona che mi dice: guarda, c'è un certo... (nome incomprensibile, ndr) e altri...". Tale innominato, secondo "Il Giornale", era una delle presunte vittime di Vitaliano. Ma questa frase nella trascrizione non c'è!
 
 
da "OBIETTIVO su Bologna", direttore Massimiliano Mazzanti, anno I, n.2, venerdì 13 aprile 2001:

"AMMAZZAMMO FASCISTI FINO AL 1950
E NON CI PENTIAMO DI CIO' CHE FACEMMO"

Polemiche sul valore della resistenza: in questa intervista le
incredibili confessioni di un irriducibile comunista bolognese
sulle stragi del dopoguerra


Nella provincia di Bologna - non solo un'area geografica, bensì un universo dalle regole e dai sentimenti che spesso fanno a pugni con la contemporaneità - la guerra civile che si scatenò in Italia all'indomani dell'8 settembre 1943 non è ancora finita, almeno sotto certi punti di vista.
Per fortuna, non si spara più coi fucili, ma certi ex-partigiani o quasi tali usano le parole con la stessa ferocia con cui si potrebbe brandire una pistola. E, a fronte di certi atteggiamenti - per di più rafforzati dalle croniche strumentalizzazioni politiche dell'Ulivo a difesa "dei valori della Resistenza" - , l'orizzonte della tanto attesa pacificazione nazionale non può che allontanarsi sempre di più.
Un esempio eloquente è quello di Vitaliano Ravagli, classe 1934, nato a Imola e, tranne alcuni periodi, lì vissuto, assurto agli onori delle cronache per una comparsata all'Università di Perugia - dove era stato invitato a ricordare i suoi trascorsi di guerrigliero comunista in Laos negli anni '60 -, durante la quale, senza particolari timori ha ammesso ciò che conferma in questa intervista con "Obiettivo": a Bologna, in nome della "libertà" e della "giustizia", i comunisti continuarono ad ammazzare fascisti, "spie" e presunti tali fino agli anni '50. E non si trattò di vendette isolate, frutto dell'iniziativa di chi, nonostante la guerra fosse finita, era ancora intriso di odio, ma di raid organizzati e consumati anche da chi, come Ravagli, non avendo fatto a tempo a partecipare alla lotta guerra vera [sic], tentò di continuarla dopo il 25 aprile.


Signor Ravagli, lei ha affermato, qualche giorno fa a Perugia, di aver ucciso "fascisti" e "spie" dopo la guerra (durante, lei era troppo giovane per farlo), addirittura fino al '54. Conferma?


L'ho detto per provocare, perche' mi ero accorto che in sala c'erano dei fascisti e, allora...

Scusi se la interrompo, ma da cosa si era accorto che "c'erano dei fascisti in sala"?

Ero andato a Perugia invitato da giovani compagni dell'associazione L'Altrasinistra, ma, non appena ho cominciato a parlare, mi sono accorto che c'erano anche alcuni fascisti. Io ho un'esperienza che mi basta guardarli per riconoscerli.

Complimenti! Ma continui il suo racconto.

Allora, le dicevo, per far capire loro che non mi faccio intimidire, ho detto quelle cose che ricordava anche lei e che il Giornale ha scritto.

E la reazione dei "fascisti" in sala?

Loro ridevano, mi prendevano in giro e registravano le mie parole. Poi, se ne sono andati, perché hanno avuto paura.

Forse, perché avevano registrato abbastanza. Ma, mi dica, quelle persone, i fascisti e le spie, fino al '54, li ha ammazzati davvero?


No, non lo dico.

Smentisce ciò che ha detto a Perugia?

Quello che ho detto l'ho detto ed è stato registrato. Adesso mi chiameranno (probabilmente i carabinieri, ndr, dal momento che i "fascisti in sala", esponenti del Polo perugino, hanno deciso di trasmettere il nastro alla magistratura) e allora spiegherò tutto.

Le ripeto la domanda in un'altra maniera: accadevano queste cose, nel bolognese, fino agli anni '50 inoltrati?

Fino al '54, come hanno scritto, non ricordo, non credo. Diciamo fino alla fine degli anni '40, fino al 1950.

Chi erano le vittime dei partigiani?

I fascisti che si erano salvati, soprattutto le "spie". [perché cazzo virgolettarlo anche nelle frasi attribuite a Vitaliano?, N.d.Wm.]

Le "spie" di chi?

Ma dei fascisti, di chi se no? Quelli che durante la guerra, pur essendo civili, erano contro i partigiani, per soldi.

Perché, naturalmente, contro i partigiani si agiva solo per soldi?

E' chiaro, noi eravamo dalla parte del giusto.

E' chiaro, come no! Senta, si dice che spesso, dietro queste azioni, si consumassero anche vendette private. Ne sa qualcosa?

Sì, qualcosa so, ho visto, ma sa, nelle guerre civili...

Sì, ma la guerra era finita, non se ne rende conto, almeno ora?

Finché c'è la mia generazione, checché ne dica Violante, non si pacifica niente.

Ognuno di voi, agiva da solo, oppure eravate organizzati?

No, no, non mi faccia dire troppo.

Perché no, lo ammetta, se è vero.

Ma cosa vuole: Togliatti aveva fatto l'amnistia e i fascisti erano tornati a casa, mentre i compagni erano dovuti scappare all'Est, in Cecoslovacchia. Quando questi poterono tornare "misero a posto qualcosa". Fecero bene, creda.

Lei ha detto che delle sue presunte vittime non ha mai rivelato neppure le sepolture: non sarebbe il caso di farlo ora, dopo tanti anni, perché le famiglie possano onorare i loro morti, portare un fiore alla loro tomba?

No, meglio di no, tanto più che i fascisti stanno tornando: non quelli di allora, ma pur sempre fascisti, Io li odierò sempre, anche se, mi creda, sono un pacifista.

Lei pacifista? Ma come no!

M.M.


*** 


da "Il Manifesto" del 17/04/2001, pag.4

SE LA RESISTENZA DIVENTA CAMPAGNA ELETTORALE
AN a Bologna: cambiare lo statuto o dibattere delle uccisioni fatte dai partigiani Sara Menafra - Bologna

Doveva essere "una piccola tempesta in un piccolo bicchier d'acqua", come aveva promesso il sindaco Guazzaloca. Invece, la discussione sulla proposta di togliere il riferimento alla Resistenza dallo statuto comunale sta diventando uno degli argomenti fondamentali della campagna elettorale e di tutto il dibattito politico a Bologna.
Una settimana fa la votazione sull'ordine del giorno che prevede l'eliminazione della dicitura "nata dalla Resistenza", in riferimento alla repubblica italiana, è stata rimandata a data da definirsi. La proposta sarà prima analizzata dalla sottocommissione di revisione dello statuto (già battezzata "bicameralina") e poi, eventualmente, rimandata in consiglio. In questo modo, però, il dibattito sul valore della resistenza per Bologna è rimasto una ferita aperta, al punto che tutti in questi giorni sembra sentano il bisogno di schierarsi.
Da un lato c'è il variegato movimento antifascista bolognese, stretto attorno all'Anpi, che già da alcune settimane è sceso più volte in piazza contro la proposta di revisione dello statuto (sabato, in coindicenza con l'anniversario della liberazione di Bologna, sfilerà il corteo indetto dalla rete Contropiani). Dall'altra parte della barricata, soprattutto Alleanza Nazionale non sembra disposta ad archiviare la discussione. "Possiamo decidere di lasciare il riferimento nello statuto - ha spiegato il capogruppo di An Massimiliano Mazzanti - ma se vogliamo parlare di quel periodo storico dovremmo discutere anche delle uccisioni fatte dai partigiani".
Alcuni giorni dopo sul giornale "Obiettivo su Bologna", diretto dallo stesso Mazzanti, è apparsa un'intervista firmata dal consigliere-giornalista di An, in cui un certo Vitaliano Ravagli ammetterebbe di essere a conoscenza delle vendette contro alcuni fascisti messe in atto dai partigiani anche dopo la fine della guerra. La storia non è nuova: quegli episodi sono citati in vari libri di storia. Proprio per questo le accuse lanciate da Mazzanti richiamano un'altra campagna di An sul revisionismo storico: quella contro i libri di storia contemporanea condotta dal presidente della regione Lazio Storace.
Anche la citazione di Vitaliano Ravagli non è casuale. Nelle scorse settimane Ravagli (che ha firmato insieme all'autore collettivo Wu Ming il romanzo Asce di guerra) ha ricevuto una denuncia da parte del braccio universitario di An a Perugia, condita dalle accuse apparse in un articolo de "Il giornale" lo scorso 31 marzo. Secondo entrambe le versioni, Ravagli avrebbe incitato gli studenti (che partecipavano alla conferenza di presentazione di Asce di guerra nell'università di Perugia) a sparare se il Polo avesse vinto le elezioni; e avrebbe fatto le stesse ammissioni di cui parla Mazzanti.. "Non è vera né l'una né l'altra cosa, almeno nei termini in cui l'hanno scritta in questi giorni" - ribatte Ravagli. "Io ho detto solo che se tornassero i fascisti del '43 o del '45 bisognerebbe tornare a combattere. Ma parlo delle brigate nere, della X Mas. Il Polo delle libertà non c'entra niente".
Nel romanzo Asce di guerra egli stesso racconta, come testimone diretto, la sua vita da bambino durante la resistenza in Romagna (nel '43 Vitaliano aveva 9 anni): "Quell'esperienza ha cambiato la mia vita per sempre" - ripete. "Molti dei miei familiari sono morti durante la guerra partigiana o a causa delle condizioni di miseria in cui noi, ex contadini, eravamo costretti a vivere. Nella nostra zona, vicino al fronte, la resistenza era una gerra civile in cui anche i vicini di casa finivano per uccidersi fra loro. Vero, quel clima di violenza è continuato anche dopo la fine della guerra. Ma le storie delle uccisioni sono state raccontate dagli storici molto prima che da me."
 

***

Ciao a tutti.

La storia deve essere sempre rivista, non deve cristallizzarsi in un'interpretazione che sia quella del vincitore che la tramanda. Anche questo ho potuto pensare qualche mese fa, dopo aver letto "Asce di guerra". Ho trovato in voi, o meglio nella storia che voi avete scelto di raccontare, quello che cercavo: conoscenza del periodo storico e delle fonti, utilizzo della memoria dei sopravvissuti non come "prova schiacciante", ma come testimonianza di un periodo, cosa che si vede ben poco in giro. A chilometri di distanza dal vostro revisionismo consapevole, ho potuto trovare, e provare sulla mia pelle, il revisionismo da campagna elettorale, oscurantista e falso, basato sul credo fascista e quindi errato a priori nella sua stessa genesi.
Questo il testo di un volantino a firma "Azione giovani", il ben noto gruppo giovanile di Alleanza nazionale, che ha il discutibile pregio di perpetuare la stirpe fascista in Italia, con iniziative e toni che spesso nemmeno il loro gruppo dirigente che si ispira alla destra sociale adotta.
Vergogna!!!
"L'"eroe" Rosario Bentivegna, insieme a 3 coraggiosi compagni, compì il 23 marzo 1944, il vile gesto di via Rasella.
Quel giorno fu posta una bomba che causò la morte di 33 soldati altoatesini e di 17 civili, tra cui il 13enne Piero Zuccheretti.
Anzichè consegnarsi alle autorità militari e risparmiare la vita di tanti, preferirono vigliaccamente rimanere nell'ombra e festeggiare così il primo di una lunga serie di atti "eroici" della resistenza.
Così scrissero di lui Indro Montanelli e Mario Cervi:"Il Bentivegna, smanioso di spargere sangue, ebbe modo di distinguersi anche all'indomani della liberazione di Roma, dopo un breve alterco freddò a pistolettate un giovane tenente della guardia di finanza, Giorgio Maria Barbarisi, reo secondo il Bentivegna di aver strappato un manifesto".
Oggi "l'eroe" impunito è a Cagliari per continuare a nascondere la verità di allora e utilizzare i crimini di guerra per la propria affermazione politica: ASSASSINO!!!

Azione Giovani
Coordinamento Regionale

Dopo una simile edificante lettura, potete immaginare i differenti stati d'animo che si sono alternati nella nostra  prima riunione di collettivo, la sera stessa. Abbiamo deciso di stendere un volantino di "risposta", senza tentare di fare dialettica con gli zelanti giovani agenti, ma fornendo quantomeno una versione diversa da quella dei figli dei repubblichini.
MENZOGNA!


La nostra città è stata recentemente tappezzata da manifesti che vorrebbero infangare la figura di Rosario Bentivegna, partigiano Paolo, con la ben nota tecnica fascista di utilizzare menzogne vecchie di 50 anni.
Il 23 Marzo 1944, a Roma fu compiuto un atto di guerra legittimo e giusto contro l' occupazione nazifascista.
Chi chiama "Autorità Militare" gli sterminatori nazifascisti delle Fosse Ardeatine, non sta solo utilizzando uno squallido eufemismo, ma compie UNA SCELTA DI CAMPO DECISIVA per il nazifascismo.
I 33 soldati morti nell'azione militare di via Rasella non erano semplici "soldati altoatesini", ma truppe alle dirette dipendenze dell'assassino Kappler.
 I 17 civili morti di cui si parla nel documento fascista sono stati uccisi a colpi d'arma da fuoco dalle SS subito dopo l'esplosione... I nazisti ritenevano infatti che si trattasse di una imboscata dai palazzi, e spararono contro le finestre.
L'immagine riportata cinicamente sul volantino è un falso storico documentato. Il marciapiede presente nella foto, come notorio, non esisteva in via Rasella in quel periodo. [il volantino riporta l'immagine di un giovane morto steso su un marciapiedi, ndFab]
Per l'uccisione del finanziere, citata nel volantino, avvenuta durante un conflitto a fuoco, Bentivegna è stato assolto per legittima difesa.
ASSASSINE SONO STATE LE SS CHE HANNO TRUCIDATO 335 PERSONE NELLE FOSSE ARDEATINE, E I FASCISTI LORO COMPLICI, DI IERI E DI OGGI.
Manifesti del genere dimostrano che forze che si autodefiniscono democratiche in realtà per la frenesia da campagna elettorale mostrano coi fatti il loro vero volto: FASCISTI!

Il sopra citato volantino è stato distribuito in poco più di cinquecento copie nel complesso di "Sa Duchessa", sede del polo umanistico dell'Università di Cagliari. Non sarà servito a molto, ma ci ha permesso di notare alcune cose.
1) I docenti si sono tutti mostrati soddisfatti del nostro testo, alcuni ci hanno fermato dicendo: "Io ho avuto la "sfortuna" di essere allievo di uno degli autori dell'attentato, e so bene cosa voglia dire".
2) Gli studenti, in massima parte, mostravano disprezzo per i fasci, ma al contempo cercavano di non esasperare i toni. Cosa secondo me inutile.
3) Una persona, dopo aver dato un'occhiata al volantino, ha commentato: "Tanto ne hanno ucciso i comunisti quanto i fascisti".

L'indomani, quando la faccenda sembrava conclusa, un veloce giro per la rete mi faceva cascare l'occhio su un link sospetto: "Rosario Bentivegna a Cagliari". In una sezione del sito dell'Unione Sarda [http://www.unionesarda.it] (il cosiddetto quotidiano dei sardi, da tempo grancassa della casa delle libertà provvisiorie ndFab) denominata "I Sardi nel mondo" [http://www.isardinelmondo.it]  faceva bella mostra di sè il logo di Azione Giovani, col testo dell'orrido volantino lievemente modificato, quasi a voler simulare un'intervista col leader del gruppo. Ho trovato gravissimo il fatto che un quotidiano possa spiattellare senza alcuna nota redazionale, senza una correzione o un distinguo, un simile testo. A questo punto ho inviato io un testo di disprezzo nei confronti del sito, del giornale, dei fascisti, di tutto, mettendo l'accento sul modo distorto che hanno di fare informazione. Il testo è stato pubblicato. Di tutta questa faccenda mi preme sottolineare alcuni punti.

1) In Italia, dietro la parola "revisionismo", non si cela una volontà di riscrivere la Storia secondo un punto di vista diverso (sempre storicamente valido, beninteso), ma un preciso disegno politico di stampo "negazionista". Si prendono alcuni dati oggettivi, la morte di alcune persone, tra cui un bambino, si decontestualizzano e analizzano in sé e per sé, senza far cenno al perché dell'atto, al background che ha portato all'uccisione di quelle persone. Non c'è una volontà di guardare agli eventi passati con una nuova consapevolezza, ma il tentativo di far passare le stesse menzogne di sempre per verità. Non c'è progresso in certe posizioni, dal '43 a oggi. Non c'è niente. C'è stato silenzio e vergogna per decenni, e oggi c'è un rialzare la testa che non implica maturazione, ma risveglio, come se sessant'anni non fossero passati.

2) I fatti di via Rasella ormai hanno oscurato la repressione delle fosse Ardeatine. Vi sembra possibile una cosa del genere? Il procedimento adottato in questo caso è il seguente: "se non ci fosse stato l'attentato, non ci sarebbe stata la rappresaglia, per cui chi ha compiuto l'attentato è un assassino, oltretutto vile perchè non ha avuto le palle per consegnarsi alle autorità ed evitare la strage". Non parliamo poi delle illazioni sulle presunte morti "concordate" per eliminare i non comunisti dal CLN. [...]
Bene, sono stato lunghissimo e me ne scuso, per cui vi saluto con un in bocca al lupo per le vostre prossime iniziative, aspettando qualche cosa di interessante da scaricare dal vostro sito.

Ciao, fab.


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