Il Venerdì di Repubblica n.838, 9 aprile 2004, pag. 102:

Wu Ming 2 è uscito dal gruppo. Anzi no.

Prima si chiamavano Luther Blissett e facevano la "guerriglia mediatica".
Poi il successo di "Q" e il nuovo nome, che in cinese vuol dire anonimo.
Ora dai cinque si stacca il "numero due" con la storia di un "super eroe troglodita".
Collettivo addio? A domanda, lo scrittore senza volto risponde. E rilancia.

di Brunella Schisa

Immaginate un combo jazz, cinque strumenti solidamente ancorati agli accordi collettivi e uniti dalla magia dell'iterazione. A un certo punto il trombettista si fa avanti e attacca un assolo. La sua voce si impone sulle altre e provoca un senso di progressione armonica. Miracoli che accadono spesso tra musicisti, quasi mai tra scrittori. Eppure può succedere. Nello scarso panorama della scrittura collettiva in Italia i Wu Ming sono certamente la più felice espressione. Wu Ming in cinese significa anonimo, e per anni i cinque bolognesi hanno cercato di rimanere tali. "Il nome della band è un tributo alla dissidenza e un rifiuto del ruolo dell'Autore come star. Le identità dei cinque membri di Wu Ming non sono segrete, solo che riteniamo le nostre opere più importanti delle singole biografie o dei volti".
All'inizio erano soltanto quattro (Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Luca Di Meo e Federico Guglielmi) e usavano una firma collettiva, Luther Blissett, dietro la quale si nascondevano scrittori di diversi paesi. Blissett, per chi non si intenda di calcio, era il centravanti bufala del Milan che riusciva a sbagliare i gol anche a porta vuota. Cedettero nel '99, quando il successo di Q rischiò di travolgerli. Il romanzo fluviale in cui correva la storia, la teologia, l'arte e la letteratura scatenò una curiosità crescente sull'erudito anonimo, tanto da scomodare il nome di Umberto Eco, e così i quattro decisero di rivelare i loro nomi, ma non la loro biografia, né fotografie che mostrassero i loro volti.
I romanzi dei Wu Ming (ai quali nel 2000 si è aggiunto Riccardo Pedrini) sono tradotti in tutte le lingue. Ma la biografia degli ex ragazzacci bolognesi (l'età media del quintetto è di trentaquattro anni) ci porterebbe troppo lontano. Invece vale la pena rimanere nel presente, a oggi che dal combo jazz si è staccata la voce solista di Wu Ming 2 (Giovanni Cattabriga), il quale si esibisce in un assolo divertente, e a tratti irresistibile.
Guerra agli umani è un romanzo filosofico a metà strada tra Candide e Pastoralia di George Saunders. Marco "Walden", trentenne con una serie di fallimenti alle spalle, è convinto che il crollo di se stesso e delle proprie certezze sia più incombente di quello della civiltà occidentale. Così decide di mollare tutto e di trasferirsi in una grotta, nutrirsi di frutti di bosco, e diventare un "supereroe troglodita". Munito del kit per la sopravvivenza, ma incapace di abbandonare walkman e cd, il nostro eroe si immerge tra i boschi dell'Appennino. Ma i tempi di Henry David Thoreau sono lontani e il bosco risulterà sovraffollato: gangster albanesi che organizzano combattimenti di cani, migranti clandestini, ecoterroristi nazisti, cacciatori, bracconieri, carabinieri e un cane San Bernardo che sconvolgerà i programmi del novello neandertaliano.

La prima domanda è obbligatoria: come mai ha deciso di scrivere un libro da solista?
"Ci sono argomenti, idee che interessano di più a uno solo di noi. Naturalmente ho sottoposto il progetto a tutti i Wu Ming i quali, letta la scaletta, hanno dato il benestare e seguito la stesura dieci capitoli per volta, consigliandomi i libri per approfondire i tempi. Per questo la definizione solista è riduttiva: chi è abituato a lavorare in gruppo riceve sempre un appoggio da parte di tutti".

Avrete pure interesse per temi diversi, ma il suo romanzo assomiglia a quelli collettivi perché mescola i generi, passa con facilità dal drammatico all'umorismo.
"Sì, c'è molto dell'esperienza di 54 sia nel tono, che cerca di essere divertente e surreale, sia nella mescolanza di generi fra di loro. E' il cosiddetto "romanzo di avventura globale". I temi dell'uomo selvaggio o quello ecologico interessano tutti i Wu Ming, ma in quel momento premeva più a me che agli altri".

Lei con la sua feroce ironia non salva nessuno, se la prende con gli animalisti, le femministe, con il suo eroe e perfino con i Carabinieri.
"Molti personaggi hanno perduto la speranza. L'orizzonte sembra chiuso e loro sanno che devono andare avanti, cercare una soluzione e imparare a vivere. Il Maresciallo diventa un survivalista di quelli che si chiudono nel bunker e si preparano all'apocalisse, mentre il superoe troglodita sostiene che nessuna civiltà meriti l'assedio. Poi ci sono gli ecoterroristi che interpretano il futuro a loro modo e fanno cose assurde, come liberare i cinghiali e aiutare i cacciatori a perseguire i loro scopi".

Poi c'è il nostro superoe...
"Che è quello che mi sta più simpatico. Perché ha il fegato di mandare tutto a quel paese e dire: visto che io non conto niente, non merito niente, mi ritiro dal gioco e provo a vivere in un altro modo".

E quando si accorge che nutrirsi di bacche è faticoso ruba la Nutella al supermercato del paese vicino.
"Perché non sa decidersi tra una soluzione anarchica, autonoma, quasi autarchica nello stare da solo e il bisogno di avere una comunità vicino".

Poi incontra Gaia, che oltre a essere bella e colta è anche la sua coscienza.
"Gaia gli fa capire che per l'individuo singolo non c'è redenzione, tutti abbiamo bisogno di avere qualcuno intorno".

E siccome "nessun luogo vale un assedio" il nostro eroe scende a valle, ma il finale rimane aperto.
"Ho cercato di lasciare l'interrogativo che percorre tutto il libro: se non è possibile la fuga difendiamo almeno un nomadismo spirituale e psicologico".

"Nessun luogo vale un assedio" è il leitmotiv di tutto il libro.
"E' un ritornello, una presa di coscienza. Dopo avere cercato a lungo di dare l'assalto al Palazzo d'Inverno, abbiamo scoperto che l'Inverno era dentro di noi e così dal desiderio di assaltare siamo passati al desiderio di farci assaltare. Chiudersi dentro una fortezza serve a darsi un'identità, a riconoscersi: tutti alleati contro il nemico da deserto dei tartari".

Dove il nemico non arriva mai.
"Allora capisci che l'assedio non ha più senso e devi imparare a lottare senza identità, senza pisciare intorno al territorio per riconoscersi. Questa idea ha attraversato la sinistra per molto tempo. Oggi il Movimento sta cercando di rompere con l'idea di chiudersi, ha capito che la crisi che attraversa tutta l'Europa dipende proprio dall'incapacità di molti a non farsi assediare, non è necessario aggrapparsi a un'identità, bisogna differenziarsi".

Certo non come fa il suo superoe.
"Tutti abbiamo l'impressione di contare sempre di meno, non soltanto il mio eroe, io suggerisco che si debba cercare un'autonomia più larga possibile, individuare altri stili di vita. Reti sociali più ampie. Lo slogan che ci ripetiamo tra noi Wu Ming è che bisogna cercare di salvarsi il culo il più collettivamente possibile".

Voi avete praticato la guerriglia mediatica: la praticate ancora?
"Sì, ma in altro modo, non più beffe ai giornali. Prima di Genova facemmo parlare le statue di Bologna appendendo dei cartelli che inneggiavano ad andare a Genova. Su una croce vuota scrivemmo: 'Torno subito, sono a Genova contro il G8'. La statua di Nettuno diceva: 'Maremoto contro i potenti della terra'".

Il suo libro ha rischiato di non uscire perché avevate chiesto che fosse stampato su carta ecosostenibile, ma Einaudi ne era sprovvista.
"Sì, ci hanno detto che sarebbe slittato all'estate e abbiamo accettato, avendo dato la nostra parola a Greenpeace, ma alla fine non è stato necessario".

Quanti anni avete?
"Diciamo che due di noi hanno quarant'anni, due trenta e il quinto sta in mezzo".

Fate gli scrittori a tempo pieno?
"No, ciascuno di noi fa altro: traduzioni, sceneggiature, lavori extraletterari. Ci sono momenti in cui per campare serve altro".

Siete davvero tutti bolognesi?
"Io sono l'unico nato a Bologna".

BRUNELLA SCHISA


Sezione "Guerra agli umani"
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