Guerra agli Umani - commenti dei lettori
Cap. 1 - Il primo mese di presenza nelle librerie (aprile-maggio 2004)

Divertimento western-ecologista di WM2. Si tratta di un romanzo apparentemente lieve che affronta con la leggerezza di passero una serie di problemi di ordine ecologico e, di conseguenza, politico e sulle scelte di vita.
E' un romanzo molto cinematografico, lo vedo bene trasformato in un film, del resto ha anche i titoli di coda, in modo da dare spazio anche alle musiche, (citate, ma difficilmente le riesci a ricordare o a trovarle dentro casa, a volte non le hai mai sentite).
Uno come tanti, un po' sfigato e in avanzato stato di deindustrializzazione, perde l'ennesimo lavoro e decide di regredire all'età della pietra andando a vivere in una grotta. Cacciatore raccoglitore, poco spazio all'agricoltura di sussistenza, e in contemporanea, musica da CD walkman, sigarette, incursioni all'ipermercato... insomma una via pura ma con le sue brave contraddizioni.
I cattivi sono un gruppo di malavitosi comandati da un albanese feroce ma non molto sveglio, i suoi sottoposti italiani sono un po' meno feroci e un po' più scemi.
I buoni sono una tenera barista e il suo cane, anche il gladiatore è buono, ma il suo ruolo è diverso.
C'è anche il "deus ex macchina" (geniale personaggio!) che fa il lavoro a metà e permette che la vittima sacrificale venga immolata.
Se diventa un film, mi raccomando i titoli di coda sugli ultimi due capitoli, il film deve finire con l'inquadratura da dentro l'ambulanza.
Ovviamente lo consiglio a tutti


Stefano

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Guerra agli umani. Chi la dichiara?
C'è un ragazzotto che filosofeggia sulla fine della civiltà e l'inizio di una nuova razza, i trogloditi.
Ci sono un gruppo di ecoterroristi che mozzano dita ai cacciatori.
C'è un maresciallo che gioca al disastro atomico.
Ci sono uomini costretti a lottare con cani.
Ci sono lavori in corso, che nel farsi distruggono.
Ci sono molte cose, in questo romanzo.
Ci sono i buoni e i cattivi - gli stupidi e gli incoerenti.
Gli stupidi fanno cazzate in nome dell'amore per la vita.
Gli incoerenti saltano di qua e di là alla ricerca di un rifugio - che sia grotta o chiesetta.
E' un romanzo sulla sopravvivenza, un manuale di buon senso pratico, un appello a "salvarci il culo il più collettivamente possibile".
Bellissimo il primo capitolo.
Qualche problema di ritmo, forse.
Anche la scena finale, quella che dovrebbe chiudere il film, è bella.
Vai coi titoli di coda.

Micol

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Questo romanzo è veramente ben ripartito e ritmato, con una costruzione che si sviluppa in un crescendo di tensione senza però puntare esilmente su questo aspetto (anche se ieri ho tirato le due per finirlo… ). Mi piace molto l'espediente di usare due diversi narratori, quello indiretto e quello in prima persona del "supereroe troglodita", che raccontandosi come "il sottoscritto", aggiunge un che di goffo e simpatico al personaggio. I due narratori, nei capitoli in cui agisce il "supereroe", si mischiano uno nell'altro senza soluzione di continuitá creando un bel gioco di complicità con il lettore, e consentono anche un approfondimento di alcuni temi politici e interiori del romanzo senza farli diventare delle trattazioni.
I personaggi vengono presentati in maniera molto caratterizzata e forte all'inizio del libro, dando a ciascuno un capitolo "suo": inizialmente fa quasi pensare che si tratti di una raccolta di racconti piuttosto che di un romanzo. Molto furbo, perché porta a un desiderio di affrettare la lettura per capire come poi interagiranno tra di loro, e d efficace perché la caratterizzazione delle figure serve poi a dare sostegno all'affresco generale di una società di gente stralunata dove ognuno vive per sé e persegue un suo cammino molto chiuso in se stesso e nei propri desideri e bisogni, incurante del prossimo. E' la società attuale dove il conflitto deriva dall'incapacità di essere in comunione e condivisione sulle cose perché ogni cosa è proprietà di qualcuno, e quindi scattano sempre fenomeni di difesa del proprio, e di antagonismo tra le persone. E' il Wild West, dentro casa, nei cittadini ma anche nelle istituzioni, nei poteri dello stato che distruggono la natura e la inquinano per la costruzioni di "grandi" opere.
Le questioni sollevate sono tantissime, e le risposte anche se implicite sono piuttosto chiare. Però la stoccata finale di tutti questi contenuti filo-socio-politici per me è stata che alla fin fine tutti i personaggi possono permettersi il lusso di fare scelte di vita e poi ricambiarle, siano esse più o meno giuste, fichette trendy o furbe, tranne Sidney, che non può scegliersi niente. Penso che sia la cosa più densa e "forte" del romanzo, quella su cui non si scherza.
Altri dettagli:
Dopo la lunga diatriba sul maschile e femminile avuta dentro e fuori Giap non posso non dire che il personaggio femminile di Gaia è ben riuscito e piacevole. E' sempre molto "maschia", però in modo realistico… lo sfogo antifemminile é tutto speso nella ecoterrorista.
Linguaggio molto ricercato… c'erano almeno una dozzina di vocaboli che non avevo mai sentito in vita mia, mi sono sentita ignorantissima…
Dopo essermi sentita male alla lettura del primo capitolo, ho saltato la lettura delle parti con le violenze sugli animali (cuore di zucchero… è che poi non dormo..).
C'è una comicità molto carina, sottintesa (anche se a volte ho riso sguaiatamente…).
Per la prossima ristampa, attenzione che a un certo punto per un capitolo Michele diventa Daniele!

Monica

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Esco da una lettura concentrata, sebbene affrettata dalla curiosità, dell'atteso Guerra agli Umani. Iniziato sull'appennino ligure e terminato su una panchina della velenosa Milano. Curiosità e indulgenza mi hanno accompagnato nella lettura delle avventure del nostro troglodita preferito. Chiuso il libro, dopo l'interessante bibliografia e sitografia (la possiamo chiamar così?), la doverosa sospensione di ogni giudizio che mi aveva accompagnato fin lì si è disvelata in un pensiero non univoco ma che con buone ragioni vira al pollice verso.
Me lo sono tenuto dentro un po' di giorni, il pollicione, intanto mi sono letto le prime critiche apparse sul sito, mi sono guardato le immagini in Virgilio e l'elenco delle presentazioni (a Milano spero proprio di esserci) eccetera eccetera.
Non mi dilungherò, non ho pedanteschi rilievi da fare (e ci mancherebbe!), ma è l'aria, l'aria che si respira anche lì, nella ridente (?) Val Madero, che non mi piace e non mi convince e che mi ha spinto a scrivere a tutti voi.
Ora, una delle parole cardine della vostra "idea di letteratura" è la mitopoiesi, detto pane al pane la creazione di miti attraverso la narrazione di storie.
Mito, che sia riferito a persona o vicenda, è garbuglio di sentimenti, è filo di rasoio che taglia e lascia cicatrici da ricordarsi a vita. Mito è amore che davvero consuma, è rabbia che indigna e divora, che apre e poi chiude la porta ed è subito piazza. E tutto questo, con le parole, va reso.
Leggendo Guerra agli Umani vien fuori piuttosto un ritmo tanto invidiabile quanto monotonale, riempito di frasi secche, dal taglio ormai prevedibile, e un atteggiamento lirico (?!) che spazia dall'ironico al divertito al grottesco, senza la capacità di piantarsi nel lettore come un chiodo. Operazione legittima, ma i sentimenti di cui sopra (rabbia, amore e poi paura e poi tutto il resto) sono annegati nel torrente del divertissement, tra rabdomanti in erba e cattivoni dal naso sfiancato, tra simpavecchiette e facoceri in robba.
Credo che un libro (bellissimo) come Q, che applicava già (ma con qualche anno di anticipo) modalità più o meno similari, abbia tratto vantaggio dal vederle combinate ad un passato ormai remoto in questo modo rivitalizzato e (ri)conoscibile. Così come Havana Glam e Libera Baku Ora (soprattutto il secondo) giustificano brillantemente il loro stile narrativo con i legittimi voli astrali della fantastoria.
Ma il presente è un'altra cosa. E voi lo sapete bene. Il presente è fatto di gente (ancora!) alla catena di montaggio e di pubblicità che coprono i palazzi, di code al coltello davanti ai centri commerciali per portarsi via l'offerta del giorno e tabaccai che sparano tra i viali. Di impiegati arrivisti che si barattano insulti e suonerie e di morti a casa davanti alle televisioni. La normalità basta e avanza. Non c'è bisogno di esagerare, non c'è bisogno di personaggi ad ogni costo bizzarri, non c'è bisogno di romanzare un fumetto d'avventure. Si parte dalla miseria umana per trovare le soluzioni. Basta camminare con gli occhi e le orecchie aperte e l'assurdo del presente sguscia fuori coi suoi mille tentacoli.
Avrei voluto ritrovare in questo libro la stessa energia e la stessa lucidità che da sempre ammiro nei vostri testi scritti per Giap! Perché voi, ne sono convinto, avete la capacità, la fortuna e la credibilità per scrivere IL ROMANZO di questi anni 2000.
Se si perde la dolcezza del vero, si scivola verso l'amaro dell'inutile.
Con stima.


Matteo

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Che il glorioso McGuffin Electric di 54 non sia menzionato nei "Titoli di coda" di Guerra agli umani è vera ingratitudine! Elevo vibrata protesta a nome di tutte le vecchie buone cose, spesso buttate con troppa fretta («Se si rompe, è da buttare. Punto».)
A parte il rimbrotto semiserio, grazie per avermi fatto passare delle sere bellissime con questo nuovo romanzo, che sto consigliando ad amici, parenti e conoscenti. Dopo la testa che gli ho fatto per Asce di guerra, mi considereranno un wumingdipendente: comunque, finora mi hanno sempre ringraziato dei consigli di lettura.

Paolo

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Ma che razza di libro è? Leggendolo mi trovo diviso in due: o il libro è un capolavoro e l'autore un genio oppure il libro è una boiata e l'autore un cialtrone (per Ortoleva genio e cialtroneria insieme esistevano soltanto in Mac Luhan). Poi ci penso un po' di più e mi rendo conto che non è semplice avere una reazione di questo tipo di fronte ad un libro contemporaneo, in genere si propende per una delle due (molto più spesso cialtronata, ma capitano anche i piccoli geni). Guerra gli umani invece ti costringe ad analizzare il libro in modo sistematico e ti fa perdere nei mille rivoli secondari, nelle tematiche che tocca, che sfiora, che affronta direttamente. Andando oltre l'effetto provocazione che sicuramente si voleva sollevare con la vita del supereroe troglodita o con la riscrittura della Genesi, ci costringe a fare i conti con la società moderna, con la frustrazione di un lavoro inappagante e di una vita trascorsa in auto, in fila al semaforo. L'ultima visione della città è un parcheggio di centro commerciale, il massimo. Chiunque capisce, o ricorda, che non si può andare avanti così: ora tra una grotta ed un comprensorio di periferia spero ci siano delle maledette vie di mezzo. Ma bisogna cominciare a praticarle, lentamente ma con determinazione [...]
Grazie WM2, grazie ragazzi.

Giuseppe

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Ciao, ho terminato, da pochi istanti Guerra agli umani. Ho letto d'un fiato con entusiasmo e partecipazione crescente; un bellissimo libro. L'inizio ricorda Paasilinna, e il supereroetroglodita fa pensare a Vatanen, ma il finale è tremendamente serio e blissettiano, simpaticamente molto blissettiano. L'intensità ironica delle ultime 60/70 pagine è veramente coinvolgente: ognuno da sé e più o meno con gli altri. "La società dell'incertezza si specchia nei suoi paladini... [...] Noi supereroi preferiamo sempre l'uscita sul retro, un costume da circo per cambiare identità, una cabina telefonica dove spogliarci".
Ciao e complimenti a Wu Ming 2.

Miriam

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Se l'obiettivo era quello delle variazioni di tono alla Cohen Bros., come hai dichiarato nella presentazione bolognese, ci sei riuscito in pieno: più di una volta sono scoppiato a ridere passando all'improviso dalla tensione drammatica al comico, e lo stesso, in senso inverso, è accaduto nei momenti di "rilassatezza". E soprattutto: le storie non finiscono, si prolungano di bocca in bocca, quindi sta bene che il romanzo cartaceo finisca così, però la voglia di sapere cosa farà Walden, se martedì scenderà giù al bar, e se Gaia ci sarà (credo di si: ma quanto durerà?), e di saperne di più del lupo (personaggio bellissimo, nella sua brevità: come i cani di saramago, non ha bisogno di parlare) resta, eccome. Cosa aspettarsi? Un "Guerra 2 - Il Ritorno" credo proprio di no, però sarebbe carino fare come faceva Gianni Rodari quando ero bambino: la favola è questa, ora la continuate voi, e vediamo come va.
Quanto a Gaia, a me è piaciuta molto, ma francamente le critiche femmilili ai vostri romanzi non le condivido: non trovo affatto che Q sia testosteronico, ed anzi Demetra sta bene così com'è (che ne capisco io di donne, diranno? probabilmente poco...), al più è un po' irrisolta Angela Manaresi, ma l'idea era buona, o almeno a me era sembrata tale, e valeva la pena tentare.

Girolamo

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Il pretesto è solo il refuso di pagina 142: quartultimo rigo, terza parola: "povere" per "polvere".
In realtà per condividere con l'Artefice la delusione per Guerra agli umani. Ahimé, sono intorno a pagina 200. Leggo per affezione, ancora, incondizionata alle idee, alla vostra scrittura così inconfondibilmente carnali, Necessarie. Ma quello di WM2 è proprio un libro, come dire, sgangherato, così poco credibile per la struttura narrativa e i suoi "personaggini", come diceva un mio alunno. Non credo di non aver afferrato fino in fondo l'ironia, autocritica, di certi personaggi, le scelte del narratore che comunque fa capolino qua e là e tira per le falde della giacchetta l'autore, ma certe cose son fin troppo reçues, non so: "Piano. Il sottoscritto può morire di broncopolmonite ma non investito da un'auto. Può crepare di solitudine ma non intossicato dallo smog. Può avere carenza di proteine ma non colesterolo in eccesso. Il conto dovrebbe tornare pari. Noi trogloditi non bramiamo più le consolazioni di un'esistenza prefrabbricata .... (p. sempre pagina 142, ma i luoghi ingenuamente in-credibili sono parecchi e segnati talvolta da trovate linguistiche un po' scontate, cfr. il "sottoscritto" o il verbo "cosare" che francamente....). Mi sembra che il compiacimento, innocuo, per la trovata di "supereroe troglodita" non regga e non basti a costruire una vicenda che (ancora a pagina 197) non intriga. E meglio non parlare di polifonia. Grazie e scusatemi. Continuo a starvi accanto, a stringervi la mano, a condividere le rughe sulla fronte incazzata, la rabbia che *mantiene calmi*. Grazie ancora.

Luciano

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Comiciamo dall'inizio: per uno come me che ascolta reggae sentir definire la civiltà occidentale "Babilonia" è già un'emozione; dopo la lettura del libro mi sono venute in mente due idee malsane, preparare quei piatti trogloditi che il supereroe protagonista mangia durante il libro (anche perchè alcuni, nonostante fossero preparati con erbacce dovevavo avere un'aspetto magnifico, almeno nella mia immaginazione) e andare a vivere in una caverna.
Ritornando seri, la trama è ottimamamente costruita, soprattutto mi è piaciuto dover cambiare scena in ogni capitolo, scene che infine si sono mirabilmente collegate nell'ultimo; e l'autore usando spesso i capoversi mi ha fatto immaginare tutti i personagi che confluivano verso la chiesa diroccata, in altre parole è stato un po' come essere a bordo di una telecamera che partendo dall'alto si calava ogni volta su un personaggio e su una situazione diversa.
Molto interessante il contrasto tra gli ecoterroristi che per difendere le loro idee tagliavano dita e progettavano un improbabile sterminio e Marco (il Troglodita) che era invece convinto che solo mostrando i pregi della nuova civiltà si sarebbero spinte le masse ad approvarla pienamente; potremmo paragonare questo contrasto a quello che c'è da sempre tra frangia armata del movimento e frangia non-violenta!
I temi affrontati, nonostante siano piuttosto "caldi" (a partire dall'avvelenamento del pianeta, fino all'immigrazione clandestina, allo sfruttamento, alle lotte tra cani ed uomini), vengono trattati in modo soft e presentati dal punto di vista di chi nel romanzo le sta vivendo, quindi con tutte le convinzioni e le contraddizioni del caso.
Un libro che io consiglio vivamente... :-)


Felice

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Questa volta ho lasciato che trascorresse un po' di tempo prima di inviare una mail come le mie impressioni e valutazioni su G. agli U.
Con 54 è stato più facile ed immediato individuare e concretizzare le sensazioni provate, questo probabilmente anche per motivi contingenti. Il fatto che l'impianto "storico/narrativo" si inserisse (passami la sempilificazione) un po' nella scia di Asce di Guerra. Il fatto anche che al tempo oltre ad una poderosa lettura di Wumingannessieconnessi stavo leggendo libri che maggiormente si avvicinavano a quel tipo di strutture (Underworld; American Tabloid..)
Con G. agli U. i mie neuroni hanno preferito lavorare più lentamente.
Le sensazioni che mi sono annotato durante la lettura le ho rielaborate come elementi caratterizzanti del romanzo...a mio giudizio...
Mi ha stimolato molto il cambiamento di ritmo della narrazione tra la prima e la seconda parte del libro...o per lo meno in G. agli U. mi è parso particolarmente accentuato. Sono passato da un incedere tipo "Bolero" di Ravel alla "Cavalcata delle Valkirie".
Beh...forse vista la colonna sonora suggerita dalla pagine del romanzo (perfetta!) mi piace anche pansare ad una performance di repentini cambiamenti alla J. Buckley.
Mi sono divertito a sottolineare particolari forse secondari, ma che di fatto mi hanno guidato nel disegnare il romanzo nella mia testa. Non so se è stata una sensazione mia, forse sbagliata, ma mi sembra che ci sia stata una particolare attenzione nell'elaborazione di quei particolari: l'idea di "credito a chi legge" è geniale; il modo di parlare di Erimanto è fantastico;... e poi i dialoghi tra il Supereroe e Gaia (devo pensare a Lovelock?) e la frecciata sull'infotaiment distorto...
La percezione iniziale che poi veramente si è sedimentata come considerazione finale è un argomento di cui spesso si è discusso (...abbiamo discusso..) su Giap e cioè sull'importanza e forse anche proprio la necessità di quelli che a me piace pensare com "microcosmi di lotta". Intendendo come tali battaglie che si portano avanti in una realtà locale per risolvere problemi innanzitutto di carattere locale.

Emiliano

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Ok, il libro l'ho divorato, e ok ci sono un centinaio di pero' e di cose che non mi hanno convinto [...] PERO' la scena di Marco solo su un prato sconsolato che ascolta

I love you, would you marry me?
I love you, would you marry me?
One day girl, you'll be my queen
One day girl, I'll be your king

e' semplicemente BELLISSIMA
grazie

Iacopo

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Ho appena finito di leggere Guerra agli umani e devo ammettere che mi ha deluso. Non dico che non sia divertente, nel complesso, ma diciamo che più che ridere mi ha fatto sorridere, cioé ho colto l'umorismo, ma senza offesa per Wu Ming 2, in altri vostri romanzi si ride di più, in particolare 54 (primo premio a Pagano Salvatore detto Kocis).
Le riflessioni del cavernicolo mi hanno divertito all'inizio, ma poi sono diventate ripetitive e alla fine non lo sopportavo proprio più sto tizio.
Ma a parte questo mi sembra che la struttura del libro sia ispirata a 54, con tanti personagfi e tante storie che si incrociano, ma senza la stessa tenuta d'insieme. Da voi che avete scritto dei libri con delle trame che sono degli orologi svizzeri mi aspettavo qualcosa di più [...]
Avrei da ridire anche sui soprannomi, come Buzza,Marcio, Pinta, ecc. che ho trovato un po' infantili, anche quelli poco credibili (cioè nessun delinquente con un briciolo di orgoglio si lascerebbe chiamare Marcio). Ma è la cosa meno importante.
Insomma mi dispiace proprio, visto che siete tra i miei autori italiani preferiti. Ma nessuno è perfetto. Aspetto fiducioso i prossimi libri.

Carlo

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Feltrinelli aeroportuale.
La ragazza lo cercava con flemma, sotto la voce Novità. Non c'era. Io non riuscivo a vederlo, lei non lo trovava. Il computer ne confermava l'esistenza. Poi è riuscita a pescarlo da qualche parte, di lato, in quel mucchio di libri che sembrava confonderla, forse avrebbe preferito vendere cavolfiori o magliette griffate.
L'aereo è in orario e mi imbarco dopo le prime pagine. Sono passata dalla teoria dei tre bar e vado avanti. Se a lui vengono i tiramenti di fuga figuriamoci a me che dopodomani devo rituffarmi in ufficio. Il mio è un lavoro banale, ma non precario, funzionale alla sussistenza e a una certa libertà. Non so perché, ma continuo a raccontarmela così da anni.
Leggo dei cani, del negro dell'albanese, dei bar, dei libri e del non pagare a patto di leggerli. Un mondo.
Sono dentro quel tubo da un'ora e nello stesso tempo ne sono fuori evasa dentro un progetto di evasione.
Mi inquieto quando annunciano che dobbiamo cambiare. Le spie luminose non vanno e dobbiamo trasbordare. Intanto i marziani sfogano sulla terra le loro evolute abitudini di cacciatori. Bar, ruscello, vita agreste. Nuovi e un po' meno veri del vero, ma ironicamente, a tinte lievi, non come l'impatto polveroso dell'Alta Velocità (quella merda !).
Ci viaggio insieme con più nervosismo, disattenta. Ho mandato una serie di messaggi e so che non potrò lasciare Milano in serata, al massimo l'indomani mattina dopo le 5,30. Mi incazzo con gli addetti Meridiana, voglio che mi trovino una soluzione. Fanno muro. Loro non c'entrano sono pagati per un unico servizio. Forse sono pure interinali, non insisto. Mi aggrappo a GaU sempre meno attenta e mi sistemo di nuovo.
Partiamo.
A Linate arrivo alle 23,10 anzichè alle 9,05 e prima che ritiri i bagagli si fanno e 30.
Chiedo a un'altra addetta o la sistemazione in albergo o il rimborso taxi fino a casa.
Idem come sopra, ma se voglio insistere posso andare a parlare con un capo due piani più su. Vorrei farlo, poi rinuncio e vado in stazione casomai chiudano pure quella e mi ritrovi persa nella 'tentacolare' metropoli.
Dopo aver comprato i biglietti per un treno del giorno dopo realizzo che passerò la notte in sala d'aspetto. Brrrrr…da molto tempo non mi capita una cosa simile…Brrrrr a Milano ….in questa grottesca Ziggurat, forse farei meglio a telefonare a un amico di BG e a fiondarmi a casa sua con l'ultimo treno. Poi però ci dovrei parlare, interagire.
Sono stanca. Ho tre libri. No. Mi fermo.
Nell'aula magna per viaggiatori, hanno messo su una controsoffittatura orrenda che non riduce, ma abbrutisce ancora di più lo spazio. Sembra di stare in un tunnel dell'AV tanto i 'colori' sono polverosi e opprimenti.
Il novello troglodita filosofeggia e cucina, pulotti genere imbranato\survival si materializzano, Gaia (nome allegorico e intelligenza pronta) segue il suo personale 'chi l'ha visto' e animali zannuti coltivano turbe da psicoanalista.
Finalmente una figura femminile meno standard, dovrò ringraziare WM2.
Mi sbriluccicano gli occhi, salvo indolenzimento delle parti basse a stare seduta su quei cassettoni in sala d'attesa e ingiunzione a lasciare il tunnel verso l'una di notte.
Smadonno con tutto l'armamentario a tracolla e mi avvio verso la zona binari.
Delle specie di blatte meccaniche sbavano sul pavimento e 'puliscono' ad uso dei prossimi viaggiatori. La flora umana che staziona (stabilmente? temporaneamente?) lungo il muro e su quelle specie di panchine bombate, studiate apposta per farti poggiare il culo max 5 minuti, fluttua cercando di scansare il disinfettante. Mi aggrego. Trovo rifugio in un angolo già trattato e comincio a guardarmi intorno. Potrei aprire una parentesi da libro Cuore, ma non credo sia il caso, comunque considero seriamente l'idea di mettermi a piangere.
Pragmatizzo avviandomi verso le panchine più illuminate. Guadagno un posto e risolvo i problemi di freddo e scomodità usando una sciarpa a mò di cuscino e distribuendo valigia e zaino davanti a ampliare la seduta. Posso riprendere la lettura. Non mi guardo più intorno.
Sono sull'appennino, la vecchia al supermercato è fantastica, ma lontana da quella che ho visto prima.
C'è un freddo boia, chiederei volentieri asilo in un angolo della grotta. Non avrei mai immaginato che fosse così freddo, penso a cosa significa per i 'residenti' passare le notti d'inverno in quel posto …e… non è il peggiore.
Seppellisco la rabbia nel mondo bucolico e nei suoi lati oscuri, male che vada ci sarà pure lo stesso freddo, ma sembra tutto in sintonia con l'ambiente.
Alle quattro si può rientrare nel tunnel sala d'aspetto e ci arrivo con tutto il mio carapace, stanca, assonnata e con i piedi ghiacciati.
Leggo per non essere lì, leggo anche se ho gli occhi stanchi e capisco poco. Alle 5,30 posso partire con uno dei pochi eurstar della mia vita. Marco non molla. I cacciatori e quelli di GaU neppure. Sono sempre più coinvolta, ma la palpebra cede e tenderebbe a cadere definitivamente se non pensassi che la prossima sfiga potrebbe essere saltare la mia stazione.
Cacciatori a Piacenza.
Cinghiali e mele alla tappa successiva.
Sono quasi a casa ……riesco a non addormentarmi e scendo.
…………………
L'epilogo in serata, dopo una quasi colazione.
…………………
Dovrò rileggere tutto, mi sono persa le sfumature del linguaggio e dello stile (oltre a fare un po' di confusione sulle successioni temporali) e poi ci sono quei piccoli segni, ogni tanto, a ricordarmi qualcosa che mi è piaciuto molto e si perde tra l'atterraggio e le panche di legno.

Ortensia