Indice di giap#6, Va serie - Burn, Baby, Burn! - 20 aprile 2004


0. Preambolo allusivo
1. L'Iraq vincerà ma nessuno vincerà in Iraq - di Wu Ming 4
2. Quattrocchi e la pancia del Paese - di Wu Ming 5
3. Un milione di posti di lavoro - di Wu Ming 1
4. Marx sulla resistenza dei cinesi al colonialismo
5. La nuova Emergenza: appunti, cronache, lettere, appelli
6. Uno spettacolo tratto da Q in scena a Napoli
7. News da tutte le direzioni


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Il prossimo 30 aprile sarà il 29esimo anniversario della caduta di Saigon.
Il prossimo 7 maggio sarà il 50esimo anniversario della caduta di Dien Bien Phu.


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L'IRAQ VINCERA'- di Wu Ming 4

L'Iraq vincerà. Ma nessuno vincerà in Iraq.
Quella a cui stiamo assistendo è la più grande defaillance politico-militare della storia dell'Occidente moderno. Metafora e concretizzazione della fine dell'Occidente stesso.
L'idea folle e nazista che uno scontro di civiltà potesse risolvere il disastro neo-liberista porta il mondo al suo punto di collasso. Là dove la pulsione di morte insita nella nostra inciviltà voleva arrivare. Là dove la concezione possidente, acquirente, dell'esistenza doveva giungere: il mondo va consumato, sfruttato, bruciato e niente piu' delle bombe consegue la stessa efficacia economica.

Le oligarchie capitaliste dell'Estremo Occidente, abbandonata la maschera del liberismo dal volto umano, hanno scommesso tutto sul piano del conflitto bellico per affrontare la crisi. Dimenticando che quando non si ha più niente da offrire in cambio dell'obbedienza, se non la minaccia di morte, non è detto che all'avversario importi più granché della vita.
Il kamikaze è l'arma più micidiale ed efficace della storia. Nessun bombardiere può competere con un tizio qualunque che si siede accanto a te al ristorante o alla stazione della metropolitana con uno zainetto in spalla. Questo le oligarchie petrolifere arabe lo sanno bene. La religione è soltanto la copertura ideologica prescelta per mettere in atto la strategia in un determinato contesto culturale. Ma soprattutto sanno che il soldato occidentale che punta il fucile sul ragazzino con lo zainetto non ha scelta. Se lo lascia venire avanti, salta in aria e muore. Se gli spara, uccide un bambino. Comunque vada, la guerra dell'Occidente è persa in partenza.

In Iraq l'Alleanza Occidentale paga il conto della spocchia, dell'ignoranza, dell'ipocrisia, dimostrate nel volersi proporre come forza liberatrice mondiale. In Vietnam sono occorsi anni prima che si giungesse a un livello analogo di stillicidio e ingestibilità della situazione. In Iraq sono bastati dodici mesi. Incredibile che qualcuno al Pentagono non abbia tenuto conto dell'assioma di Sun Tzu: mai chiudere le vie di fuga al nemico, chi è posto davanti alla morte combatte, chi ha le spalle al muro è l'avversario più temibile.
Le bande armate che reagiscono all'occupazione straniera dell'Iraq non sono il Vietmihn, almeno quanto non lo sono i bombaroli fanatici che si fanno esplodere nelle stazioni. Ma tutti assieme sono l'armata all'altezza della sfida che gli americani hanno lanciato, all'altezza dei tempi impazziti che viviamo. L'esercito dei folli, dei fascisti, dei disperati. Come Bush e chi lo segue.

Il risultato politico è che l'Alleanza Occidentale si sta sfasciando, i governi bellicisti cadono o si apprestano a cadere. Due anni fa Bush metteva una taglia sulla testa di Bin Laden e lo braccava nelle grotte afgane. Oggi Bin Laden si concede il lusso di proporre una tregua agli alleati europei dell'America. Una tregua che se non stesse in bocca a un petroliere fascista, fanatico e molto "americano", suonerebbe perfino ragionevole: se voi smettete di attaccarci, noi smettiamo di attaccarvi.

Quando un anno fa scrivevamo sulle pagine di "Carta" che Bush avrebbe perso la guerra, qualcuno all'interno del movimento dei movimenti ci liquidò con sufficienza, accusandoci di non voler guardare in faccia l'onnipotenza imperiale e di volerci rifugiare in un pacifismo innocuo ed ecumenico. La storia invece sta dimostrando il contrario: il vero struzzo è chi si nasconde dietro l'idea che i Grandi Piani mondiali possano essere progettati e portati a compimento a tavolino, per puro dispiego di forza, lasciandoci solo la possibilità di un generico e testimoniale ribellismo.
Non esiste un piano che possa prevedere tutto, e quello di Bush e dei suoi alleati era davvero un piano ben misero e negligente. Per questo, ancora più disastroso e terribile. Per questo, per l'assoluta mancanza di conoscenza, di prospettiva, di intelligenza (anche perversa), porta a una catastrofe di dimensioni incalcolabili. Lo scontro di civiltà non ha in palio niente, se non forse la fine di ogni margine di convivenza e vivibilità sul pianeta. L'Impero era un sogno velleitario già crollato.

Contro il rinculo delle utopie senescenti novecentesche che divorano il globo, rimane l'utopia senile di chi non ha nulla da perdere, per il semplice fatto che il capitalismo armato non ha più niente da offrire eccetto la guerra. Contro la pulsione di morte rimane la vita. Su cui vale la pena scommettere tutto ciò che resta del giorno. E per cui lottare e resistere, affrontando il peggio quanto più collettivamente possibile.
Un'ostinata impeccabilità e uno sprezzante sorriso della ragione, fossero anche un lusso in mezzo all'apocalisse, sono la condizione necessaria per rimanere vivi e continuare a difendere i mondi diversi e possibili che portiamo con noi.
(17 aprile 2004)


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QUATTROCCHI E LA PANCIA DEL PAESE - di Wu Ming 5


Immagine: www.colbster.com

No, non crollerà la paradossale fiducia che il mondo replicato, duplicato, mistificato dell'entertainment, dell'infotainment, del politainment, del securitainment abbia davvero qualche attinenza con la realtà che ti sequestra, ti incappuccia e ti spara un colpo alla nuca.
Altri figli delle periferie degradate di questo paese crederanno che prendere parte al glorioso scontro di civiltà sia in qualche modo simile a gestire la fattanza di quattro scoppiati impasticcati e bombardati di musica, informazioni, parole e gesti di merda; simile allo scortare VIP veri o presunti; simile a mostrare i muscoli e sfoderare un'espressione temibile, glaciale, "professionale".
Quattrocchi deve aver pensato che quanto aveva imparato sulla strada a Genova avrebbe potuto aiutarlo a portare a casa la pelle, insieme al denaro della paga. E in fondo ha recitato bene la sua parte, è morto con parole di sfida sulle labbra. Di lui si ricorderà almeno la dignità di fronte alla morte.
Ma che razza di traiettoria porti un uomo a morire in quel modo, davvero non so. Sfugge alla mia capacità d'analisi. Ci sono elementi disparati, in qualche modo contraddittori, non tanto in se stessi quanto nel contenuto emozionale che suscitano. Sono gli elementi che mi pare di riconoscere, che enumero e metto a disposizione di chi riuscirà a trarre da questi segni un'immagine coerente dello spirito dei tempi.
La tetra disperazione di un lavoro sottopagato, il non-lavoro, la delinquenza come opzione ideale possibile per certuni, unica prospettiva di sopravvivenza per altri... Le periferie tragiche e degradate, nel Sud e nel Nord del paese, l'idea fondamentale, anzi fondante per la mente collettiva di questo paese (nato da qualche parte intorno al 1980) che mors tua vita mea... tutto si tiene.
Il prevalere di stili paranoici, identitari e aggressivi, il bombardamento di oscene, insopportabili stronzate che i media esercitano con precisione chirurgica, una mutazione che ha a che fare con i volti, i gesti, le parole, gli abiti, le ossessioni...
Quattrocchi proveniva dalla pancia di questo paese. La sua morte illustra un punto fondamentale che la pancia del paese saprà forse interpretare. (16 aprile 2004)


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UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO - di Wu Ming 1

Leggo che, dopo la morte di Quattrocchi, le varie "aziende che si occupano di sicurezza" e "protezione ravvicinata" sono state inondate di richieste d'ingaggio da parte di baldanzosi giovini e nemmeno-più-tanto, tutti aspiranti eroi.
"Franco, 35 anni, di Genova, ex marò della San Marco, ho operato nelle missioni italiane di pace in Kosovo. Body guard davanti alla discoteca (omissis) di Pietra Ligure. Chiedo di partire per l'Iraq. Attendo risposta presso l'indirizzo di posta elettronica (omissis)"
"Enrico, 27 anni, di Bologna... [già] paracadutista nella Folgore, altezza un metro e novanta, peso 88 chili, esperto in judo, maneggio con disinvoltura Beretta 92S. Pronto a partire in zona di guerra. Attendo risposta".
Queste, tratte da La Repubblica del 18 aprile, sono due delle numerose mail spedite compilando questo modulo:
https://secure.bodyguardservers.com/upload/maianuploader.php
L'Unità del giorno dopo, a pag. 5, ci informa che gli ingaggi passano anche "attraverso una rete speciale, alcune chat collegate ai siti porno". Nulla di strano, è dal rapimento di Elena che si mischiano guerra e patonza.
Nel box a fianco, veniamo a sapere che Roberto Gobbi, titolare dell'agenzia Ibsa, è furibondo con l'intermediario genovese che ha ingaggiato e spedito in Iraq i suoi amici, tra i quali Quattrocchi: "E' uno schifo, lui sapeva bene com'è la situazione in Iraq e sapeva anche che non erano all'altezza di un compito del genere."
Io faccio un'accorata richiesta al signor Gobbi e ai suoi colleghi delle varie DTS, DynCorps etc.: non siate troppo severi, date una possibilità a questi virgulti d'Italia. Assumeteli, prendetene quanti più potete. I nostri ragazzi hanno bisogno di faticare per comprarsi la casa, e purtroppo gli tocca farlo all'estero, che ormai qui in Eurabia i lavori migliori se li prendono gli arabi e i negri e a noi ariani tocca emigrare con la valigia di cartone (e armati fino ai denti).
Assumeteli tutti, e smollateli nel carnaio iracheno. Tutta esperienza, non può che fargli bene. Ma soprattutto farà bene a noialtri, con svariati fasci tolti dalle strade e scarse probabilità che tornino.
Anche l'ingresso della discoteca (omissis) diventerà un posto migliore.
Per non parlare di Bologna, che senza Enrico e la sua Beretta sarà di certo più vivibile.
(19 aprile 2004)


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[Lalo ci segnala questo stralcio di un articolo di Karl Marx apparso sul New York Daily Tribune il 5 giugno 1857. Qualunque riferimento a "esportazioni di democrazia" attualmente in corso è, com'è ovvio, casuale.]

«[...] Oggi, fra i cinesi, regna manifestamente uno stato d'animo ben diverso da quello della guerra 1840-42.
Allora il popolo non si mosse: lasciò che i soldati imperiali lottassero contro gli invasori e dopo ogni sconfitta si inchinarono con fatalismo orientale alla volontà superiore del nemico.
Ora invece, almeno nei distretti del Sud ai quali il conflitto è rimasto finora limitato, le masse popolari partecipano attivamente, quasi con fanatismo, alla lotta contro lo straniero. Con fredda premeditazione, esse avvelenano in blocco il pane della colonia europea di Hong Kong (Liebig potè stabilire in alcune pagnotte, che gli erano state mandate in esame, la presenza diffusa ed uniforme di grandi quantità di arsenico: segno indubbio che il veleno era già stato lavorato nella pasta. Ma la dose era così potente che agì come ematico, annullandone gli effetti mortali).
I cinesi salgono armati sulle navi mercantili, e durante il viaggio massacrano la ciurma e i passeggeri europei. Si impadroniscono dei vascelli. Rapiscono e uccidono qualunque straniero capiti vivo nelle loro grinfie. Perfino i coolies a bordo delle navi di trasporto degli emigranti si ammutinano come per un intesa segreta, lottano per impossessarsi degli scafi, piuttosto che arrendersi colano a picco con essi o muoiono nelle loro fiamme. Anche i coloni cinesi all'estero - finora i sudditi più umili e remissivi - cospirano e, come a Sarawak, insorgono in brusche rivolte o, come a Singapore, son tenuti in scacco solo da un rigido controllo poliziesco e dalla forza.
A questa rivolta generale contro lo straniero ha portato la brigantesca politica del governo di Londra, che le ha imposto il suggello di una guerra di sterminio.
Che cosa può fare un esercito contro un popolo che ricorre a questi mezzi di lotta? Dove, fino a che punto, deve spingersi in territorio nemico? Come può mantenervisi?
I trafficanti di civiltà, che sparano a palle infuocate contro città indifese, e aggiungono lo stupro all'assassinio, chiamino pure barbari, atroci, codardi, questi metodi; ma che importa, ai cinesi, se sono gli unici efficaci? Gli inglesi, che li considerano barbari, non possono negar loro il diritto di sfruttare i punti di vantaggio della loro barbarie.
Se i rapimenti, le sorprese, i massacri notturni vanno qualificati di codardia, i trafficanti in civiltà non dimentichino che, come hanno essi stessi dimostrato, i cinesi non sarebbero mai in grado di resistere coi mezzi normali della loro condotta di guerra, ai mezzi di distruzione europei.
Insomma, invece di gridare allo scandalo per le crudeltà dei cinesi (come suol fare la cavalleresca stampa britannica), meglio faremmo a riconoscere che si tratta di una guerra pro aris et focis, di una guerra popolare per la sopravvivenza della nazione cinese - con tutti i suoi pregiudizi
altezzosi, la sua stupidità, la sua dotta ignoranza, la sua barbarie pedantesca, se volete, ma pur sempre di una guerra popolare. E in una guerra popolare i mezzi dei quali si serve la nazione insorta non si possono misurare né col metro corrente nella guerra regolare, né con altri criteri astratti, ma solo col grado di civiltà che il popolo in armi ha raggiunto [...]»


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Lo scorso 7 Aprile, venticinquennale della retata più famosa dell'Emergenza-terrorismo, Wu Ming 1 ha pubblicato uno speciale su Carmilla e introdotto il corposo saggio di Luca Barbieri sul comportamento dei giornali dell'epoca (disponibile per il download). Si trova tutto qui:
http://www.carmillaonline.com/archives/2004/04/000690.html#000690

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Nel frattempo sembra d'essere risprofondati nel clima di allora, se possibile peggiorato.
A parte l'accanimento (e incanaglimento) mediatico contro Cesare Battisti, è da segnalare la nuova ondata di arresti e "sbattimenti di mostri" in prima pagina e nei titoli dei TG.
Nel caso dei 161 fermi "preventivi" eseguiti il 2 aprile scorso ai danni di musulmani incensurati e non imputati di alcunché, si è parlato di "Sindrome Minority Report", con la differenza che qui non ci sono i pre-cog e si va un po' a tiramento di culo: se è musulmano, e se è nominato anche di sfuggita negli atti di qualche inchiesta, allora portalo in questura. Tu non sai perché, ma lui sì.
Quei fermati sono stati tutti rilasciati dopo due giorni. I media, che al rastrellamento avevano dedicato titoloni parlando di "grande operazione anti-terrorismo", se hanno parlato dei rilasci lo han fatto in poche righe sepolte in articoli periferici. Non sapremo mai quanti fermati hanno perso il lavoro grazie a questa bella pensata (cosa che mette in pericolo il permesso di soggiorno).
Ma forse è proprio questa la strategia: rendere questo Paese invivibile per gli "invasori", fino a costringerli a levare le tende. Questo è certo l'auspicio della signora Fallaci, autrice di una nuova "bagatelle per un massacro", a cui Valerio Evangelisti dedica l'impeccabile recensione apparsa qui:
http://www.carmillaonline.com/archives/2004/04/000711.html#000711

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Pochi giorni dopo, l'onore delle cronache è toccato al Campo Anti-imperialista e ai militanti del DHKC residenti in Italia. Il DHKC è un gruppo marxista turco messo al bando dal governo di Ankara (a cui l'Italia ha già regalato Abdullah Ocalan). La Turchia è più volte finita nel mirino di Amnesty International, di altre organizzazioni per i diritti umani e della stessa Unione Europea, per le terribili condizioni delle carceri e il frequente ricorso alla tortura. La pena di morte in tempo di pace è stata abolita soltanto nell'ottobre 2002, grazie alle pressioni dell'UE. Come ben sanno gli attivisti curdi, e come ci ha più volte raccontato Dino Frisullo (peace lay unto him), non ci vuole molto a essere invisi allo stato turco.
Essendo la Turchia un importante alleato degli USA, nei giorni più isterici della "War on Terror" il DHKC è finito nella famosa lista delle organizzazioni terroristiche da perseguire a livello internazionale, e l'UE si è accodata. Eppure nel nostro Paese non è mai stato dichiarato fuorilegge, e i suoi militanti non erano in clandestinità.
Quanto al Campo Anti-imperialista non si può negare che abbia sempre allacciato i propri rapporti alla luce del sole. Siamo molto distanti da Moreno Pasquinelli e compagni (nelle idee, nella prassi, nello stile e nelle alleanze), ma la repressione andrebbe valutata in base alla pericolosità del repressore, non alla simpatia del represso, come invece sembrano credere molti.
Non stiamo nemmeno a scomodare la famosa poesia di Brecht, prima hanno preso X e io non ho fatto un cazzo, poi hanno preso Y e io non ho fatto un cazzo bla bla bla. Son cose che dovrebbero essere scontate e invece non lo sono. Si vede che è più divertente scrivere che Battisti ha in faccia "un'espressione irritante" o che a Pasquinelli han dato solidarietà personaggi di destra etc.
Gli arresti, preparati da una violenta campagna stampa a cura del solito Magdi Allam, sono avvenuti nel corso di un'operazione ("Tracia") che, come la racconta il questore di Perugia, sembra piena di buchi. Boh, forse è lui che si spiega male.
Certi Tg hanno parlato di "arabi" e "islamici", quando si tratta di turchi e per giunta atei, ma è inutile sottilizzare, qui vale la logica immortalata nella massima felsinea "Cinìs, giapunìs... i én tòt prezìs" [Cinesi, giapponesi... son tutti uguali].
Il Gruppo di Continuità del Forum Sociale Mondiale ha scritto un comunicato in cui si legge: "Proprio perché siamo lontani dalle posizioni politiche espresse dal Campo Anti-imperialista riteniamo importante unire la nostra voce in difesa dello stato di diritto e contro una carcerazione che appare ingiusta e infondata. Rivolgiamo un appello affinché si scongiuri l'estradizione in Turchia dei militanti del DHKC e siano riconosciuti loro i diritti che spettano agli esuli e ai perseguitati politici".
Un altro appello, già firmato da diversi intellettuali e politici, si trova qui:
http://www.antiimperialista.com/repression/

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"Dottrina Mitterrand" e "Dottrina Spataro", di Wu Ming 1
http://www.carmillaonline.com/archives/2004/04/000700.html#000700

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Bigliettino inserito come "errata corrige" nelle copie del libro Il caso Battisti (a cura della redazione di Carmilla, Nda Press 2004):

"Per cause del tutto indipendenti dalla volontà degli autori e dei curatori di questo libro, i due testi firmati 'Wu Ming 1' non figurano nella loro versione integrale. Gli autori e i curatori consigliano di leggerli nella loro completezza ai seguenti indirizzi:
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/cesare_battisti.html
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/cesare_battisti_2.htm
L'editore invita tutti i lettori a seguire gli sviluppi del Caso Battisti sulle pagine di www.carmillaonline.com, dove oltre a quasi tutti gli articoli del libro sono presenti approfondimenti e sviluppi per ogni capitolo di questo testo."


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Q - DEDICATO A LUTHER BLISSETT

con Paolo Cresta, Nico Ciliberti, Lisa Falzarano
adattamento e regia: Annamaria Russo e Ciro Sabatino

Dal 16 aprile per quattro settimane dal venerdì alla domenica
Informazioni e prenotazioni: 081-5422088

1) Il senso di un'operazione

[...] Tradurre in immagini teatrali le immagini di un libro non è mai facile. Letteratura e teatro hanno in comune la favolosa capacità di far passare le emozioni. Ma se la pagina scritta lascia l'impagabile libertà di viaggiare in una storia seguendo i sentieri più congeniali alla fantasia di ciascuno, al teatro corre l'obbligo di definire i tempi e i modi di quel viaggio. Il teatro è una lettura filtrata. E' un libro raccontato. Nella messa in scena i personaggi hanno i volti le voci i gesti e i silenzi di un solo lettore, che ha scelto di diventare narratore. Una responsabilità enorme, che rischia di diventare paralizzante. Per farlo bisogna avere la forza di liberarsi del testo, di lasciare che siano le emozioni suscitate da quelle pagine a indicare la strada. Avere il coraggio di stapparsi da dentro l'eco delle infinite suggestioni che quelle parole hanno rievocato e scegliere.
E allora può anche accadere che dalle centinaia di pagine di un'epopea cinquecentesca venga fuori una storia più sommessa che racconti il dolore infinito di chi è costretto a tradire, di chi per far trionfare la vita deve scegliere la morte. E allora può anche accadere che un libro come Q diventi uno spettacolo teatrale.

2) L'adattamento e le note di regia

Q è un libro che pesa.
Pesa metaforicamente perché ha la forza rara e devastante di mettere a nudo tutta la violenza che c'è dietro qualunque fede, la miseria e la grandezza che sempre convivono nell'animo umano, di raccontare una storia fatta di santi briganti, di ladroni porporati, di vittime colpevoli e di assassini innocenti. Una storia nella quale chiunque abbia un briciolo di lucidità è costretto a veder riflesso anche il proprio volto. E pesa fisicamente, perché le settecento pagine lungo le quali di dipana la storia si sentono... anche tra le mani.
Decidere di prendere un libro così e farne uno spettacolo teatrale è un'operazione che potrebbe avere molto a che fare con la follia, o peggio con la sconsiderata presunzione. Ma potrebbe anche avere molto a che fare con l'amore. L'amore per quel libro e più in generale per i libri, per la scoperta delle infinite letture, cui ogni storia scritta si presta.
E' proprio da quest'amore che ha preso le mosse il nostro lavoro. Da qui l'esigenza di mettere al centro della messinscena il testo, o meglio le inaspettate rivelazioni che un testo può riservare. Più che mai un testo già letto. Non una ma dieci, cento volte. Perché le pagine scritte hanno il magico potere di fondersi con i mutevoli stati d'animo del lettore, trasformandosi di volta in volta, svelando e nascondendo, e le parole ripetute tante volte acquistano un significato inaspettato, incominciando a narrare una storia completamente diversa da quella che si pensava di conoscere.
Se Q fosse stato un testo teatrale, se tre giovani attori avessero cominciato a provarlo, se dietro quel testo ci fosse un terribile segreto, se una notte, in un teatro vuoto, quel testo avesse cominciato a prendere vita e a raccontare, battuta dopo battuta, una vicenda nella quale i tre finiscono per riscoprirsi non piu' interpreti ma protagonisti. Se...
Il nostro lavoro è cominciato così con una catena di se. E proprio da quei se è partita un'esperienza incredibile. Il testo ha davvero cominciato a prendere vita, le parole pronunciate a svelare significati inaspettati, a suscitare emozioni diverse da quelle che credevamo di aver bloccato nella scrittura. E noi a rincorrerlo, per rimettere di insieme i fili di una storia che prendeva forma prima che noi facessimo in tempo a decidere che forma volevamo darle. E la messa in scena ha conservato un unico solo punto fermo rispetto al progetto di partenza: l'idea che un testo letto, interpretato, recitato, finisce sempre per rivelare una storia che in fondo ci appartiene.

Annamaria Russo e Ciro Sabatino

[Wu Ming ringrazia Daniela per l'informazione e il contatto]


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L'appello ai giapster meridionali sta dando buoni frutti, stiamo fissando date nelle Puglie, in Lucania, in Calabria, in Sicilia... Ringraziamo di cuore quanti si sono fatti vivi e si sono sbattuti per farci sfondare la Linea Gustav.
Il calendario viene aggiornato di continuo e da qualche giorno è accessibile direttamente dalla homepage di wumingfoundation. Come al solito, invitiamo a mettere la pagina tra i segnalibri.
Nel frattempo Guerra agli umani e' partito benissimo, giovedì scorso era dodicesimo nella classifica Demoskopea, con 1.200 copie vendute nei primi cinque giorni.
Guerra agli umani sta già andando oltre se stesso, buttando fuori dalle pagine germogli di storie laterali. Su questo blog si è preso spunto dal "teorema dei tre bar" per dimostrarne altri:
http://giusec.splinder.it/

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A fine aprile, finalmente, esce per Einaudi Stile Libero Noir il romanzo Tre uomini paradossali di Girolamo De Michele, il primo segnalato da iQuindici. Difatti in copertina c'è scritto: "Un libro voluto dalla repubblica democratica dei lettori", Wu Ming.
Ecco un estratto dal testo in quarta di copertina:
"Bologna, settembre 1993. Un industriale si suicida con una pistola che in passato ha già ucciso. La sua morte sembra ricollegarsi ad altre rimaste misteriose e riporta a galla l'amicizia tra quattro militanti del movimento del '77, uniti dall'amore, dalla politica, dalla passione per i wester e il caffè. I tre reduci di quel gruppo si riavvicinano - per iniziativa di uno di loro, diventato un insignificante investigatore privato - alla ricerca di una verità che farà più male delle menzogne e dei silenzi che l'hanno nascosta [...]"

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Il progetto di scrittura collettiva "La potenza di Eymerich" procede talmente a gonfie vele e a ritmo tanto intenso da non riuscire nemmeno a renderne conto.
Andate a vedere coi vostri occhi su www.xaiel.it e www.kaizenlab.it.
Nel frattempo, Kai Zen ha avviato un nuovo progetto in collaborazione col mensile Blow Up. E' tutto qui:
http://www.kaizenlab.it/BU.html
http://www.kaizenlab.it/elenco.html

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Pare che la mobilitazione contro il Decreto Urbani sulla pirateria stia ottenendo i primi risultati. Continuiamo a fare pressione. Intanto, a proposito di P2P anonimo/criptato, Ivan ci segnala una nostra dimenticanza:

«Vi segnalo, nel caso non lo conosceste (visto che non lo menzionate), il programma FreeNet (http://freenet.sourceforge.net) che è stato il primo programma P2P criptato, creato nel 2000 proprio con lo scopo di difendere la privacy. Anzi programma P2P è riduttivo. come potete leggere sul sito:
"... can be used in a number of different ways and isn't restricted to just sharing files like other peer-to-peer networks. It acts more like an Internet within an Internet. For example Freenet can be used for:
* Publishing websites or 'freesites'
* Communicating via message boards
* Content distribution.
Unlike many cutting edge projects, Freenet long ago escaped the science lab, it has been downloaded by over 2 million users since the project started, and it is used for the distribution of censored information all over the world including countries such as China and the Middle East..."»

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A proposito dell'annunciata svolta teocratica/creazionista nei programmi di scienze della scuola pubblica, in data 18 aprile Iacopo ci scrive:
«L'altro giorno, con mio padre ex professore di Fisica, ho scritto una mail a Repubblica che e' stata pubblicata, sull'eliminazione del Darwinismo dai programmi scolastici.
Dopo questa pubblicazione la casella di posta di mio padre (pubblicata sul giornale) è stata invasa da una serie di risposte, alcune di sostegno altre di insulto. A chi parla di fondamentalismo islamico vorrei far leggere alcune di queste mail. Comunque credo che bisognerebbe fare qualcosa contro questa vergogna. Quantomeno dirlo su GIAP.»
Come contributo alla discussione, linkiamo i seguenti articoli:
http://www.cgilscuola.it/moratti/sperimentazionemoratti/darwin.htm
http://www.cgilscuola.it/moratti/darwin.htm
http://www.labacheca.re.it/sez.asp?id_sezione=100


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Non ho mai rivolto a Dio altro che una preghiera, molto breve: "Dio, rendi ridicoli i miei nemici". E Dio l'ha esaudita.
Voltaire, "Lettera a Damilaville"
www.wumingfoundation.com

---NOTA BENE---
Per non ricevere più Giap o per riceverlo a un altro indirizzo:
http://www.wumingfoundation.com/mailman/listinfo/giapmail
Per favore, NON chiedete di farlo a noi, la procedura e' completamente autogestita dagli iscritti.

In data 19 aprile 2004, Giap conta 5253 iscritt*.