Giap #13, IVa serie - La solita burrasca di merda - 13 novembre 2003

0. I body bags e l'indignazione facile [WM1]
1- Resoconto presentazione "La ballata del Corazza" a Trento [WM2]
2- Aggiornamento e chiarimenti sul progetto Ipertrame/Virgilio [WM2]

3- Dal set di "Lavorare con lentezza" [WM1, WM2, WM3, WM5]

4- Città di metallo e luci [WM1, racconto, tributo a Valerio Evangelisti]

5- Il buon borghese usa e deteriora [WM5]

6- Rifkin, ecocidio, scienza e scientismo - da Salgalaluna

7- Nandropausa #5

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[WM1:]
Dopo aver sentito le dichiarazioni di Ciampi, ho buttato giù due righe stringate, epigrammatiche, di irrisione nei confronti chi è caduto dalle nuvole, di chi si è scordato cosa ci sta a fare il "nostro" contingente in Iraq, di chi si dimentica troppo in fretta di certe cose che ogni tanto filtrano tra le maglie della cronaca (io ho buona memoria).
Le ho postate su alcuni siti rigorosamente selezionati, e le ripropongo qui sotto.
Dedicato a Phil Ochs.

BODY BAGS

0. E che s'aspettavano? D'essere accolti a refosco e polenta? Ce n'est qu'un debut.

1. I "nostri" soldati"? I "nostri" carabinieri? I loro carabinieri ce li ricordiamo molto bene in via Tolemaide, a Genova. Dei loro soldati ricordiamo le torture in Somalia, la morte di Emanuele Scieri e lo "zibaldone" del generale Enrico Celentano.
2. I loro soldati sono in Iraq per difendere gli yacht e le Ferrari dei petrolieri, il cancro ai polmoni, il caldo da schiattare e, non ultimo, il crocifisso sul muro della scuola. Nobili cause per le quali paghiamo le tasse.

3. I loro soldati continueranno a morire anche quando torneranno a casa. Quelli utilizzati in Kosovo stanno morendo come mosche. Zirconio e altri metalli pesanti nel loro sangue. I proiettili a uranio impoverito che la commissione Mandelli aveva giudicato innocui, e che in Iraq erano pioggia quotidiana. Non c'è da attendersi che questi morituri si ribellino, sono programmati per obbedire. Comunque salutant. Bye bye.

Bologna, h.14:00 di mercoledì 12 novembre

Per vie traverse, queste righe sono finite sul blog GNUeconomy, nota tribuna di qualunquismo e cazzeggio forzoso. Apriti cielo! Decine di commenti ipocriti e indignati, quando non esplicitamente destrorsi e codini. Qualche imbecille ha anche scritto che io avrei "festeggiato" la morte di quelle persone. Un altro mi ha chiesto per quale motivo non mi davo alla lotta armata. Luca Sofri si è limitato a invocare la censura e a darmi della "testina di cazzo pseudonima". Così, per la prima e ultima volta, mi sono sentito in dovere di rispondere in una situazione del genere:


E va bene, rispondo di tutto quello che ho scritto (non sono stato io a postarlo qui sopra, non ritenendolo proprio il contesto adatto a una discussione di questo tipo, ma ormai c'è e non mi sottraggo).
Evidentemente, nell'isteria di queste ore e nel clima di "[your country,] love it or leave it" (con tanto di semplificazioni che descrivono come potenziale bi-erre chiunque ricordi due o tre cosette sulle cause di questa guerra "preventiva" e sulla trappola irachena), non è d'uopo dire due o tre cose chiare e semplici, ricordare alcune cose scomode. Se ci si prova, si è destinati agli insulti di certe effimere blogstar, che ricorrono ad argomenti caduchi come gli pseudonimi etc. (mi chiamo Roberto Bui, il mio nome non è segreto, chiunque conosca il lavoro mio e del mio collettivo sa che non mi nascondo). Però alcuni hanno capito bene, come Ari e diversi altri.
Io non sono certo contento che della gente crepi, ma va ricordato che questa guerra è stata costruita su balle colossali come le ADM, l'uranio dal Niger, le diapositive mostrate da Powell all'ONU, il dossier del governo inglese che in realtà era la tesina di uno studente, i legami mai dimostrati tra Saddam e Bin Laden etc. Man mano che tutti questi motivi si rivelavano fasulli, si spostava l'accento su qualcos'altro, "il cambio di regime" etc. Uno degli scopi ufficiali era "sconfiggere il terrorismo", e invece lo hanno attizzato.

Inoltre, questa guerra è stata fortissimamente voluta contro la stragrande maggioranza delle opinioni pubbliche e contro gli organismi internazionali. Il 15 febbraio scorso decine di milioni di persone hanno manifestato in tutto il pianeta per cercare di fermarla. Si è deciso di non tenere in alcun conto queste opposizioni, per motivi che non c'entrano nulla con la retorica "democratica": si trattava di accaparrarsi risorse, puntellare l'edificio traballante della civiltà del petrolio, garantire ancora per qualche anno la way of life occidentale basata su sperperi incredibili di energia e di risorse.
Coloro che hanno mosso guerra all'Iraq, capeggiati da un presidente eletto con la minoranza dei voti, sono poi gli stessi che non firmano importanti trattati internazionali, e avversano qualunque tentativo, anche timido, di scongiurare la morte degli ecosistemi, non firmano Kyoto, dicono che il miglior modo per combattere gli incendi è abbattere gli alberi. Nonostante i cittadini fossero largamente contrari a quest'avventura, il parlamento (complice l'opposizione) l'ha avallata, e ora l'Italia è una potenza occupante al pari delle altre. O si crede davvero alle panzane da "Italiani brava gente"? Per quale motivo noi dovremmo essere più benvoluti dalla popolazione? "Siamo" come gli altri. Dopo americani, danesi e inglesi prima o poi doveva succedere anche a "noi" (un colonizzato non sta a distinguere troppo nei ranghi dei colonizzatori). Purtroppo, anche a propria insaputa, nessuno che si aggiri armato e in divisa in una zona d'occupazione è "innocente".
Che quei morti siano persone, esseri umani, non ci piove. Va però detto che [...] nessuno dei "nostri ragazzi" è stato prelevato a viva forza da casa sua, non ci sono "coscritti", ci sono persone che hanno consapevolmente scelto le forze armate come carriera, di guadagnarsi il pane con il mestiere delle armi, quindi dovrebbero avere messo in conto simili evenienze. Lo avevamo previsto tutti, mi sembrerebbe strano sentire che non lo avevano previsto loro. Quello che mi chiedo è: quelle persone si sono poste domande sulla loro presenza in Iraq come potenza occupante, come (diciamo pane al pane e vino al vino) COLONIALISTI? Se non diventano consapevoli loro, del gioco in cui si stanno intrappolando, che volete da noi, che questa guerra l'abbiamo avversata fin dall'inizio, anzi, ancor prima dell'inizio? Volete acquiescenza, silenzio? E' davvero utile far calare dall'alto un lutto imposto, obbligatorio, e cercare di cavarsela con la solita retorica patriottarda di Ciampi?

E nessuno che ricordi alcune cose: il "brodo di coltura" orrendo (il nonnismo violento che ha ucciso Scieri, il razzismo dello zibaldone) in cui si formano molti "nostri" militari.

Quanto all'uranio impoverito, chi mi contesta dev'essere un po' disinformato. Dal 1999 ad oggi i soldati morti di linfoma una volta rientrati dalla missione nei Balcani sono 23, e il numero è destinato a salire drammaticamente. Sono state fatte diverse inchieste giornalistiche, una molto buona l'ha fatta Canal + nel 2001 e s'intitolava "La guerre radioactive sècrete". Un'altra inchiesta è più volte andata in onda su RaiNews24 ed è visibile qui: http://www.rainews24.rai.it/ran24/speciali/uranio_2003/default.htm

Boh, spero di essermi fatto capire. Nei contesti a cui il testo era destinato, i riferimenti sarebbero stati colti subito e mi sarei risparmiato tutte queste parafrasi.

Non è escluso che un altro po' di can-can lo facciano i giornali di destra, tra oggi e domani, e chissà, forse anche qualche salotto televisivo di regime. La solita burrasca di merda.

Riporto un commento trovato su un forum, di una persona che ha capito perfettamente cosa intendevo:


E' ridicolo dire che WM1 "si bea e sorride sotto i baffi". In quello che ha scritto c'è dolore, e senso di impotenza per aver cercato - insieme a moltissimi di noi - di impedire quello che è successo, e non esserci riuscito.


E concludo con un altro commento dallo stesso forum:


Io ho fatto 5 cortei per la pace contro la guerra. io sapevo... e come me migliaia di persone nel mondo... [che] sarebbe finita così, e adesso è ipocrita non affermarlo... capisco che il "te l'avevo detto" non serve niente a nessuno.. ma io che posso farci? NOT IN MY NAME, si diceva... appunto... non mi sento "responsabile". non volevo questa guerra. non la voglio. a differenza di tutti quelli che hanno tolto la bandiera, la mia è ancora lì, sbiadita ma lì, perché la guerra è lì... tutto il resto (vespa, bush, berlusconi, il governo, il parlamento, il cordoglio) è un copione... quello sì, cinico spietato e volgare.

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[WM2:]
Nessun dubbio: "Mesi d'Autore" è un progetto open source, almeno quanto "La Ballata del Corazza", il racconto a nome "Wu Ming 2 feat. Giap" che siamo venuti a presentare qui a Trento.

Tanto per cominciare, le serate dovevano tenersi tra luglio e agosto, ma i colori che sembrano saltarti addosso dalle pendici del Monte Bondone vengono a dirti che siamo in autunno, nonostante il sole e quest'aria secca, tersa, che in confronto Bologna ti pare una palude.

Tanto meglio. "La Ballata del Corazza" si ispira a un branco di maiali che compare nell'affresco di Novembre del Ciclo dei Mesi di Torre Aquila. E' il 6 novembre, cosa vuoi di più? Slittamenti di questo genere ne capitano di continuo, altroché, piuttosto la cosa strana è che parte del problema sia il reperimento fondi, per una rassegna che è già al secondo anno di programmazione, fa in media 150 persone a serata, ha come bacino territoriale una provincia autonoma, ricca come poche altre. Della serie: non c'è gusto in Italia a fare cose interessanti.
E invece, fin dal primo incontro in stazione, capisci che Amedeo Savoia (sic) ci prova un gusto particolare, a organizzare tutta la baracca, pur coi contrattempi, le difficoltà, le porte in faccia. Il gusto dei testardi, sembra di capire.
Poi succede che l'attore che doveva leggere il racconto a una settimana dalla performance viene rapito da Claudio Baglioni, che se lo porta in tour come addetto alle luci. Niente paura. Se Amedeo Savoia si fosse affidato a un singolo attore, un contrattempo del genere poteva far saltare la serata. Invece l'allestimento scenico è affidato a un'intera compagnia, la Finisterrae Teatri, e quindi non è difficile trovare qualcuno che ci metta una pezza. Anzi. Perché Giacomo Anderle e Alessio Kogoj decidono che metterci una pezza sarebbe troppo poco, e si inventano una lettura a due voci, con echi, rimandi e controcanti, che sembra fatta apposta per la Ballata, molto da cantastorie, come i runoia della Finlandia che giravano sempre in due, si suddividevano i pezzi da memorizzare, si alternavano con una strofa a testa.

La prova generale fa già presagire il livello della serata. Unico problema: un piccolo monologo in dialetto toscano, messo in bocca al Corazza da uno dei modificatori del racconto, che letto da un trentino non fa proprio l'effetto che dovrebbe. In breve: non si capisce niente.

Mi avvicino a Giacomo e gli suggerisco di leggere in italiano, tanto il racconto è open source, possiamo cambiarlo quando ci pare. Lui annuisce, ma non sembra convinto. Più tardi, Amedeo mi racconta che quel monologo - dove Elvio Corazza cerca di ribellarsi alla sua stessa leggenda, rivelando al mondo di essere cacciatore e pure fascista - a Giacomo non gli è proprio andato giù. Preferiva che il Corazza se ne stesse zitto, insomma. Sulle prime ci resto un po' male - ma come? leggi che non si capisce niente perché il pezzo non ti piace? - poi invece penso che lo spirito open source non fa sconti a nessuno, nemmeno al presunto autore, e vorrei ritrovare Giacomo per dirgli che, se vuole, quel passaggio lo può pure tagliare...

Sempre nel segno del collettivo, anche il compositore scelto per la musica non è un autore singolo. Si chiama Quadrivium, autore a quattro teste formato da Nicola Straffelini, Maurizio Zanotti, Giovanni Fiorini, Alessandro Zanotti. A quanto pare, il pezzo che hanno composto è una roba da virtuosi, e sento dire che il primo violinista contattato, dopo aver visto la partitura, si è tirato indietro impaurito. Anche lo spartito era open source, scaricabile dalla Rete, aperto a proposte di modifica. Solo che con la musica contemporanea l'operazione è un po' delicata: già non è facile ascoltarla, figurati mettersi lì a proporre cambiamenti... Grossa sorpresa, comunque, nel vedere un pezzo del genere (per violino, clarini, tastiera, percussioni e basi elettroniche) inserirsi a meraviglia negli interstizi di una narrazione concepita come Ballata, e solo in apparenza distante mille miglia da sonorità di questo genere. Poi ascolti bene, e senti che dall'edificio di note si affacciano il motivetto dei Tre Porcellini, Faccetta Nera al contrario, la sigla dell'Eurovisione suonata in minore...

Alla fine, la serata risulta perfetta, ci sono pure le diapositive di Monica Condini, che si è infilata in una porcilaia per fotografare maiali; c'è la gente in piedi, c'è Giacomo che ha deciso di leggere il pezzo del Corazza fascista con voce stentorea, c'è Roberta Gottardi che fa ribollire i suoi clarini, Andrea Ferroni e Alessandro Giannotti che la inseguono con violino e tastiere, Roberto Pangrazzi che non si capisce con quante braccia stia suonando vibrafono e percussioni; ma soprattutto - lo dico senza piaggeria - ci sono quelle piccole parti di ballata che non ho scritto io, che mi sono state suggerite, che ho pescato in mezzo a interi racconti alternativi, c'è la similitudine delle strade coperte di merda secca che sembrano la schiena di un topo gigante, c'è la leggenda di Corazza trasformato nell'Uomo Maiale, con tanto di coda a cavatappi sul fondoschiena offeso, ci sono tutte queste piccole perle, incastonate nel collier, che ti fanno credere di essere venuto a Trento in groppa a una folla di gente, e non col Neurostar in compagnia di WM5, di Chiara e della piccola dentro il pancione.
Se dovessi scegliere, tra tutte le good vibrations di questa tre giorni trentina, sarebbe senz'altro questa l'emozione da mettere sottovetro e da portare a casa.

P.S. Finisterrae Teatri e Quadrivium sono disposti a portare in giro la serata. Il tutto dura 45'. Se volete organizzare chez vous, fatevi sentire.

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[WM2:]

Procede bene il progetto Ipertrame (racconto collettivo su virgilio.it), giunto ormai al quarto capitolo, quello centrale, dove uno dei tre "narratori di professione" (Lucarelli, Brizzi, Wu Ming), dovrà cercare di dirigere il traffico, imprimere nuove direzioni alla trama, sbrogliare intrecci e aggrovigliare matasse. L'appuntamento è per lunedì 17, oppure sul blog, che aiuta a fare il punto sul dipanarsi del racconto.

Quando abbiamo lanciato l'iniziativa, alcuni giapster hanno storto il naso, in particolare rispetto a tre questioni che vorrei riprendere brevemente.

1) La scelta di un sito commerciale e generalista, con banner di donnine seminude e altre pinzallacchere, associati a "roba nostra".

Certo, non è un bel vedere. Le cose stanno così: ci convinceva l'idea di portare quest'esperienza del racconto collettivo on-line fuori dall'ambito ristretto della newsletter. Ci convinceva l'ipotesi di creare uno strano vicinato tra una comunità abituata a certe tematiche come alla minestrina di mamma (copyleft, autore collettivo, letteratura open source...) e un'altra del tutto estranea alle medesime. Ci convinceva e ci convince. Non ha senso elaborare pratiche e linguaggi se poi non si cerca di esportarli, di contaminare altri territori, magari col rischio di sporcarsi un po' , di doversi mettere in discussione, di non poter dare tutto per assodato. Ringraziamo quanti ci hanno seguito in questo gioco. E a chi fino ad ora ha fatto lo schizzinoso, chiediamo di farsi avanti, che c'è posto, tempo e whisky per tutti.

2) Problema più grave quello dell'iscrizione a Virgilio, obbligatoria per chi voglia inviare i suoi contributi. Questioni legali, a quanto pare. Solite seccature sui diritti d'autore, per cui chi fornisce contenuti al sito deve in sostanza firmare una liberatoria (che non può essere implicita), da cui consegue che i diritti sono ceduti a Virgilio. Questa passaggio, già di per sè un po' nebuloso, non è stato poi disgiunto dall'iscrizione ad altri servizi (come ad esempio la casella e-mail), cosa che in effetti ha sorpreso anche noi. Soluzione: se proprio non avete voglia di passare per queste forche caudine, potete inviare il vostro contributo all'indirizzo opensource@wumingfoundation.com. Così vediamo di sbrigarcela noi. Ovvio che se ne arrivassero una ventina, a quell'indirizzo, avremmo pure un dato oggettivo per dimostrare a Virgilio che l'iscrizione, così com'è, finisce per disincentivare la partecipazione a certe iniziative. Senza la massa critica, al contrario, dobbiamo entrare dalla finestra.

Altrimenti potreste scrivere allo staff del sito e segnalare il vostro fastidio per questo tipo di restrizione.

Come si vede, esportare le proprie tematiche fuori dall'orticello di casa, produce anche salutari conflitti, possibili rivendicazioni, assalti a nuove fortezze.

In ogni caso, si tratta di un problema che non riguarda solo Virgilio. Anche libero.it, negli ultimi tempi, ha posto forti restrizioni all'uso dei suoi servizi da parte di chi non si connette con Libero.

3) Dubbi sulla natura copyleft del progetto, dal momento che chi contribuisce deve rinunciare ai diritti sul proprio testo. In realtà, è proprio un meccanismo di questo genere a garantire la "libertà " del testo, perché se non ci fosse questa rinuncia, qualcuno potrebbe saltare su e impedire che il racconto di Ipertrame venga diffuso, in quanto contiene "roba sua". Funziona nello stesso modo del copyright sui nostri romanzi: hanno la (C), ma soltanto per garantirne la libera circolazione, che viene stabilita con la nota formula, ed evitare che qualcuno se ne impadronisca per farne un uso commerciale o impedirne la circolazione stessa.


Detto questo, a risentirci il 17 novembre su:
http://sapere.virgilio.it/extra/racconto/index.html

oppure

http://xaiel.it/scripta

o infine sul blog:
http://blog.virgilio.it/ipertrame

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Valerio Mastandrea

[WM5:] Domenica mattina. Devo fare la comparsa in un film ambientato nel '77 bolognese. Il film lo abbiamo scritto con Guido Chiesa, il regista, e questa è la prima esperienza positiva nel magico mondo del cinema: contatti con cinematografari di ogni risma ci avevano resi tesi, sospettosi, forse addirittura prevenuti. Invece in questa interazione siamo cresciuti dal punto di vista tecnico e umano. Tenevamo perciò ad apparire sullo schermo, seppur - come sempre - in posizione defilata: un tributo ai precursori, ai fratelli maggiori, a chi ha trasmesso informazioni, saperi e valori, a chi (Guido) sa interpretare il proprio ruolo con coerenza, senza alcuna sicumera. Occorre però calarsi nella parte con attenzione. Il '77 appartiene a un mondo trascorso, di cui ho memoria ma che sembra non avere attinenza con il contesto urbano di oggi e con la gente che lo attraversa. Beh, di gente in giro ce n'è poca. La città sembra respirare, restituita alla nettezza delle stratificazioni architettoniche, alla logica dei sistemi che ne percorrono le viscere, al cielo quasi terso, appena meno imbevuto di benzene, meno grigio e polveroso del solito. Via Zamboni, dove dobbiamo girare le scene del corteo, è deserta, c'è quel clima emotivo tipico dei momenti in cui la perniciosa illusione della "vita ordinaria" viene sospesa, come durante le manifestazioni vere, le feste di piazza, l'arrivo del circo.


Massimo Coppola

[WM1:] Le riprese del corteo si faranno di fianco alla chiesa di S. Giacomo Maggiore. Il prete esce e vede centinaia di persone con passamontagna e spranghe, manifesti annì70 affissi ai muri della via... Il prete va fuori di testa. Gli spiegano che è un film, lui si incazza ancora di più, dice che lui tra un po' deve fare messa e noi non possiamo fare casino. Ad un certo punto vede un carabiniere, gli si avvicina e gli chiede di fare qualcosa, non può permettere una cosa del genere, e che è, non si può più stare tranquilli nemmeno nel giorno del Signore? Il carabiniere gli risponde che, sì, non ha tutti i torti, forse questa cosa era meglio non farla però non dipende da lui, lui ha ricevuto precise istruzioni dai suoi superiori. Il prete e il carabiniere continuano a chiacchierare, ora li unisce una sorta di cameratismo della lamentela. Ad un certo punto uno dei capicomparsa si avvicina al carabiniere e gli dice: "Forza, che dobbiamo girare. Quelli vestiti da carabiniere si mettano là in fondo". "Ok", fa la comparsa, e mentre si avvia si gira a fare l'occhiolino al prete, a cui nel frattempo è caduta la mascella.


Valerio Binasco

[WM5:] Visto che prendo le cose seriamente, ho provato a reimpostare il mio linguaggio del corpo (nelle scene ho un passamontagna sul volto) in modo da essere credibile nel ruolo di un giovane di venticinque anni fa. I corpi sono cambiati, da allora. L'alimentazione, materiale e spirituale, è differente. Non solo la foggia dei vestiti o la lunghezza dei capelli (credevo di ricordare un mondo di capelli lunghi: le immagini dell'epoca smentiscono questo ricordo culturale), ma anche la materia che andava a costruire ossa e carne e il cibo che nutriva la mente e muoveva il corpo. Nel '77 avevo 13 anni. Cerco di ricordare le andature, le gestualità dei ragazzi più grandi. In altri termini, mi comporto come se la riuscita del film dipendesse da me: tendo a responsabilizzarmi un po' troppo, di fronte a certe cose. E' freddo, ma il cuore sta bene. Si crea solidarietà immediata tra le comparse che partecipano al corteo, tra i tecnici e gli attori. Gli occhi brillano mentre Valerio accende & lancia una molotov finta. Mi guardo intorno: mi sembra tutto decisamente credibile, vivido. La passione di chi sta lavorando al progetto è palpabile, ma l'atmosfera è rilassata. Marciamo. Intoniamo slogan. Piangiamo, venticinque anni dopo, la morte di uno studente di medicina.


Manuel Agnelli

[WM1:] Quando Guido ci ha detto che per la parte degli Area aveva scelto gli Afterhours, e che Manuel e compagni stavano registrando una cover di "Gioia e rivoluzione", ho subito detto che la cosa mi convinceva. Ora, in questo parco del Pilastro che è una distesa di fanghiglia, sento la canzone e dico: bella. Non solo la band non sfigura, non solo Manuel non sfigura, ma il pezzo è stato reinventato in modo intelligente. Le comparse applaudono *davvero*, anche quando non dovrebbero. Oggi non c'è Leo. Nei giorni scorsi, durante le riprese in via Begatto, via Bibiena e via S. Sigismondo, era sempre sul set, anche se il suo personaggio (ispirato a Filippo Scozzari) non compare mai negli esterni. Veniva a importunare tutte le donne del cast e della troupe, a raccontare alle comparse versioni fantasiose della trama del film (c'è un racconto di Woody Allen il cui protagonista viene arrestato per aver insegnato i numeri romani a un nano), viene a tampinare Massimo Coppola e Valerio Mastandrea. Per fortuna non era presente quando ha recitato Claudia Pandolfi. Mentre guardo le riprese della morte di Lorusso (il padre del vero Lorusso è sul set, cosa che non può non emozionarci), vedo Leo che parla con Claudia, dall'altra parte della strada. "Senti, io lo so che ciò che sto per dirti potrebbe essere controproducente, perché i Wu Ming hanno scritto questa parte per me etc., ma io ti guardo, e si vede che non ti basta un maschio solo..."


Claudia Pandolfi

[WM3:] Sul set ci sono stato acquattato nelle retrovie, in mezzo alle comparse, a sentire l'umore della truppa e sbirciare dentro quel quadratino di monitor che dovrebbe far capire al regista che cazzo sta girando. Vestito anch'io in abbigliamento Seventies da esproprio, pronto a svaligiare un'armeria o innescare "bocce" da tirare a carabinieri amici dei manifestanti. Le comparse di un film sanno pressoché nulla della storia che stanno girando. Fanno domande, si annoiano, sopratutto aspettano, leggono il giornale, fanno altre domande, vengono continuamente redarguite da quelle altre brave persone addette alla produzione e trattate come gregge. Brave persone davvero, sia chiaro, è proprio che non c'è altro modo. Il cinema visto da dentro è fatto di attese di ore per riprese di pochi secondi, da ripetere tante volte. Perché a un certo punto si gira davvero. E' divertente, ci si stanca, si sbaglia, non sai bene cosa viene ripreso ma sai cosa devi fare. Pochi secondi ripetuti decine di volte, passano così le giornate del cinema. Guido ha una bella baracca da gestire, faticosa, complessa. Ho buone speranze e faccio il tifo per lui. Gli attori sono bravi e si impegnano, le facce mi sembrano giuste, determinate. Mastandrea è un grande. E i due formidabili armieri romani, responsabili degli effetti speciali? Mi hanno insegnato a caricare un'arma automatica (per esigenze di scena, sia chiaro). Spiegatemi voi perché non ne dovrebbe venire fuori un grande film.


Guido Chiesa

[WM2:] La maggior parte delle comparse sa a mala pena di cosa parla il film, chi sono gli attori, chi è il regista, che altri film ha fatto. La cosa è ovvia, naturale, ti servono trecento persone per fare il corteo del 12 marzò77 a Bologna, e non puoi pretendere che si leggano l'intera sceneggiatura, che si documentino sulle ragioni di quel corteo, che sappiano questo e quell'altro. Sarà anche ovvio, sarà pure naturale, ma è lo stesso una strana sensazione. Come se al tuo matrimonio ci fosse qualcuno che non sa nemmeno chi si sposa.
Fatto sta che tutta questa gente che è qui per respirare l'aria del set e mettersi magari in tasca un centinaio di euro, deve trasformarsi nel giro di un'ora in uno dei cortei più agguerriti che abbiano attraversato questa città. Prova una volta, prova due. Ciak, motore, è partito, azione. Alla fine, l'idea. "Pensate a Bologna, pensate a quanto pagate d'affitto per un posto letto, pensate agli ingorghi di auto nel centro storico, al puzzo, ai cantieri senza fine, al carovita..." E poi subito lo slogan pensato per l'occasione:
"Bru-ce-rà, bru-ce-rà, oggi Bologna bru-ce-rà".

Magia.

Ecco la rabbia che mancava.

Ecco Guido che sorride.

Ecco un finto corteo del '77 che quasi si trasforma in un vero corteo del 2003.

E se non ci fosse la voce di Roy, a richiamarci all'ordine da dentro il megafono, puoi star sicuro che tireremmo dritti, giù fino a porta Zamboni, a bloccare il traffico sui viali e a bruciare col pensiero la Bologna degli ultimi dieci anni.

***

da L'Unità-Bologna di domenica 1 novembre 2003, articolo di Mauro Favale:

Lo sguardo dei numerosi passanti indugia sorpreso su una Golf nera vecchio modello rovesciata in piazza Verdi. Osserva le decine di sampietrini sparsi sul selciato di via Zamboni, insieme a fogli di giornale e volantini. Appena più in là, da due bidoni di latta si alzano anche le fiamme di piccoli fuochi. Agli angoli della strada sventolano due bandiere rosse e, appeso alle colonne del Teatro comunale, un grande striscione bianco recita "Pagherete caro, pagherete tutto". Così, con grande dovizia di particolari, giovedì sera la zona universitaria bolognese è tornata a parlare il linguaggio degli scontri che hanno caratterizzato il marzo 1977. A completare fedelmente il quadro di quelle giornate anche due barricate, costruite con sedie, cattedre ed enormi assi di legno per bloccare l'accesso a via Petroni e spezzare via Zamboni, dividerla in due, all'altezza del numero civico 25. Un'ambientazione ricostruita con accuratezza dai tecnici e dagli scenografi che partecipano in questi giorni alla realizzazione del nuovo film di Guido Chiesa, "Lavorare con lentezza". Bologna torna a misurarsi col suo passato attraverso un grande set cinematografico che negli ultimi 10 giorni ha caratterizzato alcune delle zone più note della città. Da via Zamboni squassata dagli scontri tra studenti e celerini a via del Pratello cuore e anima di Radio Alice che in quei giorni del marzo 1977 rappresentò una voce importante del movimento studentesco, la città è stata attraversata dai ricordi di chi quei giorni li ha vissuti in prima persona e dalle domande sorprese dei tanti studenti che ventisei anni fa non erano nemmeno nati. Così giovedì sera il grande set allestito in piazza Verdi, tra le luci dei riflettori delle troupe dirette da Guido Chiesa e quelle dei fuochi accesi nei bidoni di latta, si è trasformato in un piccolo evento socializzante. "Che succede qui?", si domandavano in tanti. La zona recintata da un nastro bianco e rosso, la presenza della polizia municipale e l'ambientazione da "guerriglia urbana" ad alcuni ha anche fatto pensare ad un grave incidente. Ma il passaparola è stato immediato e da un preoccupato stupore si è presto passati ad una divertita curiosità. Un gruppo di inglesi capitato per caso all'incrocio con il Teatro Comunale ha abbozzato anche un commento: "It's like a war", è come una guerra, ignorando probabilmente che proprio in quei giorni, per sedare la rivolta e le occupazioni studentesche, a Bologna intervennero anche i carri armati. Giornate attraversate da una rabbia e una violenza che produssero anche una vittima, Francesco Lorusso, studente di medicina, ucciso da un colpo di pistola sparato dalle forze dell'ordine in via Mascarella. Giornate nelle quali si concluse anche l'esperienza di Radio Alice l'emittente di via del Pratello, sgomberata dalla polizia proprio in seguito alla morte di Lorusso, accusata di farsi megafono del movimento studentesco. E proprio quelle giornate faranno da sfondo alle vicende raccontate da Guido Chiesa (che già nel 2002 aveva dedicato un documentario molto dettagliato su Radio Alice) nel suo "Lavorare con lentezza", scritto insieme al collettivo di scrittori bolognesi Wu Ming e interpretato, tra gli altri, da Valerio Mastandrea e Claudia Pandolfi. Da alcune indiscrezioni, al centro del film ci sarà un fatto di cronaca passato in secondo piano in quei giorni di marzo di ventisei anni fa [...]

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[Questo racconto è apparso sul n.3 della rivista Frame, che al momento si trova in cartaceo soltanto a Bologna (MODO Infoshop, Libreria Incontro, Feltrinelli) oppure scrivendo a: info@framemagazine.org. In origine si trattava di un intervento sull'inquinamento luminoso, che si è trasformato in un'avventura del protagonista di Antracite di Valerio Evangelisti.]

CITTA' DI METALLO E LUCI

Pantera guardò di fronte a sè e vide il cielo in fiamme, ma non era fuoco, era come una nube lucente, anzi, una distesa di liquame fluorescente sospeso a mezz'aria. Da dentro la borsa, lo nfumbe gli mandava segnali d'allarme. Sotto di lui, l'immensa città sparava verso l'alto luci malsane.
Pantera non aveva mai visto un cielo senza stelle.

Oltre alle luci, dalla Città provenivano clangori stridenti e rumori simili a rombi di tuono. Pantera guardò nel cannocchiale e vide che la Città era una vasta distesa di metallo. Il metallo s'avvinghiava per ogni dove, si contorceva e urlava. La città era viva. Forse urlava di trionfo, o forse di dolore. Forse si offriva al cielo che la sovrastava, o forse inveiva contro di esso. Anche lo nfumbe sembrava urlare: diceva a Pantera che quello era un luogo di morte.

Una vita intera da palero rayado, sacerdote del mayombe, non aveva preparato il messicano a quello spettacolo. Sulla valle incombeva una magia più potente della sua. Dalla collina, rivolse una silenziosa richiesta a Ogun, dio della terra e dei metalli, ma la trasmissione era disturbata. Troppa luminanza.


Nei giorni e nelle notti precedenti, viaggiando a cavallo, Pantera aveva colto presagi nella natura e s'era svegliato in preda a visioni.
Due notti prima di arrivare, aveva visto una striscia di luce ramata staccarsi dall'orizzonte. Era la Città.
I committenti gliel'avevano detto: un terzo dell'illuminazione della Città si disperde verso l'alto. Un immane spreco di energia, sacrificio a dei maligni, come se il cielo sopra la vallata fosse uno nganga da nutrire di sangue. Ogni anno due miliardi di dollari sprecati per nascondere le stelle. L'equivalente di otto milioni di tonnellate di carbone. - E va sempre peggio - aveva detto il dottor Sladek - Chissà che sarà diventata la Città al nostro ritorno...

Il giorno dopo, già a poche miglia dalla Città, gli zoccoli del cavallo si muovevano a fatica su una specie di melma alta una decina di centimetri. Pantera era sceso a controllare: migliaia di uccelli morti in putrefazione. Uccelli notturni, disorientati dal bagliore durante la migrazione, e uccisi da qualcosa di terribile.

Sladek gli aveva spiegato la situazione:
- Il bagliore della Città minaccia molte specie animali, interferendo coi loro ritmi biologici. Gli uccelli notturni trovano la via grazie alla luna e alle stelle. A volte interi stormi si sfracellano contro edifici iper-illuminati, torri, centri commerciali, o ci girano intorno finché sono esausti e precipitano a terra... Per gli uccelli marini è anche peggio: le specie che si nutrono di plancton luminosi sono a rischio d'estinzione. Le luci della Città impediscono di vedere il cibo. Sulle spiagge dove si riproducono le tartarughe marine, i nuovi nati, anziché andare verso il mare, sono attratti dalle luci alle loro spalle, si dirigono verso la Città e la morte sicura. Ogni notte, intorno a ciascun lampione, muoiono centinaia di insetti. Milioni e milioni di insetti attirati dalla luce e immolati, con enormi conseguenze su ciò che rimane degli ecosistemi. Gli insettivori non trovano più cibo, e si spostano verso nuovi territori. Ma gli insettivori tengono sotto controllo certi parassiti degli alberi. Sul lungo periodo, l'effetto domino è catastrofico. Senza gli alberi, il metallo si riproduce senza ostacoli. Si estende, e ricopre tutto quanto.
Pantera non aveva preso l'immagine alla lettera, ma ora sapeva che la Città era un mostro, un organismo crudelmente sfigurato da poteri maligni.

- Inoltre, - aveva proseguito Sladek - alcune ricerche stanno dimostrando che l'eccessiva illuminazione notturna interferisce con la secrezione della melatonina, aumentando il rischio di cancro al seno.

Pantera non sapeva nulla della melatonina, e se ne fotteva delle tartarughe, ma sapeva molte cose sulle stelle. Molti rituali delle reglas dovevano svolgersi sotto la volta del cielo. Per la sua religione, sequestrare il cielo era già un'azione intollerabile.
Tuttavia aveva un dubbio:
- Ho sentito dire che in molte città e regioni del mondo si stanno facendo leggi contro l'inquinamento luminoso, e che sempre più persone si rendono conto del problema... Che bisogno avete dei miei poteri?
Un ghigno ironico era apparso sul viso di Sladek. - Quando vedrà la Città, signor Pantera, si renderà conto che il problema è oltre la portata di legislatori benintenzionati. Nella Città non c'è più legge. Crediamo sia necessario l'intervento di un potere superiore.


Doveva forse evocare gli spiriti del buio, gli endoki, per sconfiggere le potenze del grande bagliore arancione? O doveva agire in un altro modo? Lo chiese allo nfumbe, il morto il cui teschio era parte della prenda, dentro la sacca di pelle. Lo chiese e si guardò attorno. Quando posò gli occhi sugli zoccoli del cavallo, ancora sporchi di resti di uccelli, il morto gli diede un chiaro segnale di speranza. Doveva aggiungere alla prenda le ossa di quegli animali uccisi dalla luce. Richiamare gli spiriti di quegli animali, migliaia e migliaia di spiriti. I loro corpi erano tutt'intorno.

Pantera si accovacciò e affondò le mani nella melma. Con cura, staccò e pulì le piccole ossa e i teschi. Ne ammucchiò decine e decine su una roccia piatta. Mentre lavorava, l'urlo del metallo si alzava sempre più forte. Anche un palero con l'esperienza di Pantera poteva perdere la concentrazione. Chiese aiuto allo nfumbe, che lo rasserenò.

Quando giudicò di avere un numero sufficiente di ossicini, li triturò con un sasso e ne fece una polvere fine. Aprì la borsa, tolse la nganga e l'appoggiò sulla roccia, spostò alcuni elementi della composizione e versò la polvere negli interstizi. Poi si alzò e pregò gli orishas.

Da un momento all'altro, il suolo si animò, la melma fu scossa dai battiti di migliaia di ali. Si formò come un'onda, che si trasmise a tutto il terreno, per miglia e miglia, fin dove arrivava la distesa di carcasse sfatte.

Da terra si staccò un colossale stormo, gli spiriti di milioni di volatori, che si diedero convegno sulla Città fino a formare un manto e coprirla del tutto, ostruendo le luci nella loro salita al cielo. Pantera sentì il metallo urlare ancor più forte, poi il grido divenne un rantolo, un respiro asmatico, infine si spense.


Gli uccelli si rialzarono e volarono via, dissolvendosi nel nero.

Il metallo taceva, immobile. La Città sembrava respirare con la cautela di chi si sorprende di essere ancora vivo.
Sopra di essa, il cielo era tornato nero e chiazzato di stelle. Al centro, era visibile il bordo della Via Lattea.
Pantera pensò che sembrava fango cosmico, composto da miliardi di anime di uccelli.

Wu Ming 1, 20 ottobre 2003, tributo al magister Valerio Evangelisti.

www.inquinamentoluminoso.it
www.darksky.org
www.cielobuio.org

www.astrofili.org

Pantera è il protagonista dei romanzi di Valerio Evangelisti Metallo urlante (Einaudi 1998), Black Flag (Einaudi 2002) e Antracite (Mondadori 2003).

Il sito di Valerio Evangelisti è: www.eymerich.com

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[Questo articolo di WM5 è apparso sul n.1 della rivista "Altrove" (da non confondersi con l'omonima rivista sugli stati alterati di coscienza), numero monografico sui consumi, ottobre 2003-gennaio 2004, altrove@xaiel.it.
Ocio che è denso!]

IL BUON BORGHESE USA E DETERIORA
La società opulenta consuma il pianeta

di Wu Ming 5

Attraverso la produzione di oggetti che non sono più pensati per essere utilizzati fino a un vero e proprio "consumo", ma per essere rimpiazzati a una velocità sempre più vorticosa in base a meccanismi di desiderio indotto, la materia vivente e quella non-vivente del pianeta vanno, queste sì, davvero consumandosi. Il consumo di merci equivale alla consunzione della materia della quale si compone la Terra. Produzione e consumo di merci sono come acqua e vento che erodono le rocce di una montagna fino a spianarla. Unico ostacolo alla pertinenza e alla precisione dell'analogia: i tempi previsti per la consunzione finale del mondo non sono geologici. Appartengono al futuro prossimo. La società che va consumando il pianeta è la più ricca e opulenta che la storia dell'uomo abbia conosciuto. La ricchezza e l'opulenza vengono pagate dalla maggior parte degli organismi vivi attualmente sul pianeta.

Secondo Locke (Trattato sul Governo), il limite dell'accumulazione di ricchezze per un "primitivo" è inscritto nella sua capacità di conoscere e comprendere il mondo. La comprensione e la conoscenza del mondo è quella razionale: un "selvaggio" che cerca di accumulare "più ricchezze" di quanto le sue scarne conoscenze gli consentano di consumare spreca risorse e finisce per privare altri membri della comunità della "loro parte". La ricchezza materiale di un selvaggio si deteriora in fretta. Conoscenze di ordine affettivo, simbolico, mitico, empatico non entrano in questo ordine discorsivo. La conoscenza razionale determina l'azione, e l'azione tipica della forma di vita uomo è quella economica. La moneta non si deteriora; è impossibile "prenderne troppa". Non c'è limite all'accumulazione di ricchezze per un uomo che viva in una società e in una comunità di beni fondata sulla ragione: il denaro è incarnazione economica e simbolica della ragione. Attraverso questa *epifania della razionalità nel mondo dell'economia* all'uomo è data la possibilità di "mettere in opera" il mondo.
Il mondo, che è stato dato in usufrutto perpetuo agli "uomini laboriosi e ragionevoli" (non certo agli Irochesi, o agli Africani) ha valore solo se viene trasfigurato e razionalizzato dall'attività produttiva degli uomini.

E' un problema di riduzionismo. Il mondo è immaginato come campo d'azione di un buon borghese. Il mondo è stato creato per essere sfruttato economicamente.
Tratto antropologico della borghesia è l'incapacità di pensare l'altro. Tale tratto è amplificato, reso parodistico (e pericoloso) nella potenza che incarna la visione del mondo elaborata nell'età dei lumi da Locke, Smith e vari eccetera. Ci avete mai fatto caso? Nei film americani tutto la gente che è vissuta sul pianeta in tutti i tempi e in tutte le latitudini, (Antenati, Pronipoti, Antichi Romani, Egizi, Inglesi del Medioevo, Marinai Persiani, Dèi ed Eroi) persino gli extraterrestri (fino a Star Trek - Deep Space Nine), tutti si comportano come una famiglia media americana contemporanea. E' l'universo a essere borghese. Le motivazioni degli extraterrestri sono potere & profitto.

I Flintstones sono in competizione coi vicini di casa: Barney & Betty hanno una nuova automobile. Fatta di tronchi e pietra rozzamente lavorata.

Per trovare senso e significato, l'individuo razionale produce e consuma. E' un'attività fondamentalmente edonistica, dato che la base dell'agire umano è, per i pensatori del secolo dei lumi, l'interesse personale. Forza motrice apparentemente inarrestabile e tendenzialmente onnipervasiva, l'intelligenza sociale della specie messa al servizio dell'ideologia dell'interesse personale ha compiuto in un lasso di tempo relativamente breve l'impresa di *produrre* il mondo, di ricostruirlo secondo parametri razionali, di individuare nell'umano, nell'organico e nel biologico un "rumore di fondo" indesiderabile e residuale, di slanciarsi verso un dominio dell'essere tendenzialmente postumano. Nel mondo della produzione e del consumo attuali, ogni nostro atto e ogni evento è reso sotto la spoglia dell'informazione pura. La messa in opera finale del mondo è la costruzione della virtualità, l'illusione abbacinante del tempo reale. Il divenire viene sospinto nella direzione dell'evanescenza.

Esiste d'altra parte una gerarchia nelle merci ed esiste una gerarchia nei consumi. L'accesso ai consumi d'èlite determina il ruolo gerarchico del consumatore. All'interno di ciascun phylum merceologico il vertice è rappresentato da una ipermerce dalla quale discendono e verso la quale tendono le merci inscritte in quel settore dell'Essere Tecnico: attraverso la logica interna nota come obsolescenza programmata l'intero phylum declina sè stesso in serie di varianti evolutive in cui il vertice della gamma, l'ipermerce, appare segnata appena meno delle altre dalla transitorietà, dall'instabilità, dall'impermanenza. Il vertice deve attirare su di sè la somma e il senso del flusso di desiderio che concretizza e consuma la merce; per questo rimane entro l'orizzonte della produzione del mondo per un lasso di tempo relativamente più lungo.

In realtà, nel mondo della produzione e del consumo nulla si "consuma" più veramente. Non esistono più abiti lisi, non si risuolano più le scarpe. Il tempo non ha più una presa reale sulla materia degli oggetti la cui panoplia viene rinnovata in base a logiche di desiderio. Il desiderio indotto per via di condizionamenti culturali non ha, del resto, una natura ontologicamente diversa dal desiderio per così dire "naturale".
Attività come la conservazione, la manutenzione, la riparazione sono ascritte ormai ai settori complessi della metamacchina, quelli che riguardano funzioni vitali per la collettività: trasporti, reti energetiche, eccetera. Segnati in misura sempre maggiore dalla complessità e dalla dispersione entropica, a causa della velocità vorticosa del flusso energetico che li attraversa tali settori sono gli unici a "consumarsi" veramente.

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Lorenzo Cassata, il giapster che aveva sudato sette felpe per trovare Ecocidio di Rifkin, lo ha letto e lo ha recensito sul suo blog: http://salgalaluna.clarence.com/archive/035716.html
Dalla sua recensione è partita una discussione con WM1, che dopo un po' ha preso altre vie ed è proseguita qui:
http://salgalaluna.clarence.com/archive/036335.html

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Il prossimo numero di Nandropausa verrà spedito nei primi giorni di dicembre. Tra le varie cose, conterrà le recensioni dei seguenti libri:

Antracite di Valerio Evangelisti (Strade blu Mondadori); La presa di Macallè di Andrea Camilleri (Sellerio); Trick Baby di Iceberg Slim (ShaKe); Miami Blues di Charles Willeford (Marcos y Marcos); Via da Brooklyn di Tim McLoughlin (Marsilio Black); Tempo fuor di sesto di Philip K. Dick (Fanucci); Mammagialla di Claudio Dionesalvi (Rubbettino).

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"...E quando avremo macellato i vostri figli, ragazzi
e quando avremo macellato i vostri figli
avrete una stecca del nostro chewing gum, ragazzi

avrete un po' del nostro bubble gum.

Possediamo mezzo mondo, come ben sapete

e il nome dei nostri profitti è "democrazia"

quindi, volenti o nolenti, dovete essere liberi

perché noi siamo gli sbirri del mondo, ragazzi

siamo gli sbirri del mondo.
"

Phil Ochs, Cops Of The World, 1965

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