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Insegnare a trasgredire. Provare a salvarsi – anche dalla Dad – leggendo bell hooks (1954-2021)

Insegnare a trasgredire

Insegnare a tragredire. L’educazione come pratica della libertà (Meltemi Editore). Clicca per leggere la scheda del libro.

di plv *

La notizia della morte di bell hooks cade nei giorni della chiusura delle scuole.

Non mi riferisco alla chiusura natalizia, ma allo stillicidio di chiusure per quarantena che in realtà già da parecchio tempo accompagnano la scuola italiana, riportando in auge la Dad e il malessere che questa produce. Chi è nelle chat dei genitori, degli insegnanti, dei vari movimenti, sa che questo è un problema rilevante da più di un mese. La differenza rispetto all’anno scorso è che le chiusure sono frammentate e non stabilite da un organo centrale. Ma di chiusure si tratta e sono destinate a fare danni.

Negli ultimi due anni abbiamo visto discutere di Insegnare a trasgredire di bell hooks in moltissimi ambiti, non solo tra insegnanti. Nel corso dell’estate anch’io ho letto il libro e quando l’ho chiuso mi è rimasta addosso una forte voglia di discuterne. In realtà, la voglia non mi veniva tanto dal libro in sé, ma dalla necessità di riadattare quelle riflessioni al contesto scolastico che stiamo attraversando.

Mi viene da citare Wolf Bukowski, che in un articolo pubblicato in questi giorni, più di parlare del Green Pass, ragiona sul tanto discusso «ritorno alla normalità»: «Avevo iniziato questi appunti in ottobre…». Prosegui la lettura ›

Contro un futuro arancione scuro – Per uscire dal circolo vizioso dell’Emergenza Covid

Arancione scuro, tonalità Abu Ghraibdi Wu Ming e Plv

Ci risiamo. Aumentano i contagi e si richiudono le scuole. Di ogni ordine e grado stavolta. È il provvedimento preso dalla Città Metropolitana di Bologna, che ha fissato le chiusure per due settimane a partire da lunedì 1 marzo, oltre alle restrizioni per le visite ai parenti, la chiusura dei confini comunali e la chiusura dei centri sportivi. E se tra due settimane i contagi non saranno calati, potranno protrarre il provvedimento.

Un giochino già visto. Oggi riproposto con ancora più ipocrisia, grazie alla trovata della tonalità “arancione scuro”, per non dire che si tratta, in buona sostanza, del lockdown di marzo 2020: pugno di ferro contro comuni cittadini e lavoratori, guanto di velluto coi padroni. E il velluto del guanto è ancora più morbido, dato che non si annuncia la chiusura di alcuna produzione “non essenziale”, nemmeno chiusure-farsa come quelle dell’anno scorso.

Ormai la strategia, l’unica condivisa dai governi e dalle amministrazioni locali, è conclamata: i settori che devono pagare per tutti sono cultura, sport e istruzione, individuati come quelli il cui sacrificio sull’altare della pandemia intacca meno la produzione e i profitti. A fare le spese di questa scelta tutta politica saranno non solo i lavoratori di questi settori, ma soprattutto le generazioni più giovani, adolescenti e bambini. Sulle loro spalle stiamo caricando il peso dell’inanità e incapacità politica della classe dirigente di questo paese. Gli togliamo la scuola, lo sport, la possibilità di frequentarsi. Per loro non ci sono autocertificazioni – soltanto i maggiorenni hanno “buoni motivi” per uscire di casa – né “ristori”.

La miseria e la miopia di questi provvedimenti dimostrano il totale disinteresse per le sorti delle generazioni a cui lasceremo le macerie di questo paese.

Un paese governato da gente che, dopo tutta la retorica sui vaccini e le fanfare squillanti sul loro arrivo in Italia, non è stata nemmeno capace di procurarseli in quantità sufficiente a mettere in salvo la popolazione anziana, tantomeno di organizzare uno straccio di campagna vaccinale.

Un paese commissariato dalla BCE, ma con meno dignità della Grecia, che almeno provò a ribellarsi. E ancora meno dignità degli Stati Uniti, dove Black Lives Matter ha portato masse di persone in strada per tutto il 2020 (dando una bella spallata a Trump).

E allora è precisamente questo che bisogna augurarsi e per cui bisogna lavorare: organizzarsi e scendere in strada. Come scrive Plv – insegnante a Bologna e membro di Rete BESSA e Priorità alla Scuola – nel pezzo che segue e che lancia la manifestazione di oggi 26 febbraio, in Piazza Maggiore a Bologna, alle 18:00.

Buona lettura. Prosegui la lettura ›

«Vorrei ma non voglio». I danni della DAD, il ruolo delle Regioni e le contraddizioni di Bonaccini

di plv *

Il 23 Dicembre 2020, in diverse città d’Italia, Priorità alla Scuola è scesa in strada davanti alle scuole con cartelli che dicevano «Ci vediamo il 7». Tutti sapevano che la scuola non avrebbe riaperto. Tutti sapevano che la curva dei contagi si sarebbe alzata, sarebbe stato impossibile il contrario. E a quel punto quali sarebbero state le misure prese?
Prima un rinvio (all’11). Poi un po’ di articoli adeguati sui giornali giusti. Poi un po’ di shopping e infine l’ennesimo rinvio. Ad eccezione di Toscana, Valle d’Aosta, Abruzzo e Alto Adige, l’apertura delle scuole è stata rimandata a più avanti. In alcune regioni fino al 31 gennaio.

Come volevasi dimostrare.

Sulla chiusura della scuola si assiste a un dibattito tra istituzioni preoccupante, dal momento che diversi attori, pur giocando un ruolo chiave, non si assumono la responsabilità politica, portando a un’opacità de facto. È opaco il modo in cui si arriva alle decisioni (spesso poco chiare anch’esse), e non si capisce nemmeno chi sia l’effettivo decisore. Questo è grave, anche a prescindere dalla scuola.

In un sistema fondato sullo scaricabarile, tocca guardare anche alle azioni di chi sta su un gradino diverso.
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A scuola di rabbia. Sulla riapertura scolastica, la colpevolizzazione dei giovani e molto altro

La Dead Poets Society a distanza di sicurezza e con mascherina.

[Ospitiamo una riflessione del nostro compagno Plv – insegnante in quel di Bologna e membro della Rete Bessa – sulla débacle organizzativa e comunicativa a cui stiamo assistendo alla vigilia della riapertura/richiusura della scuola pubblica. Questo articolo è la prosecuzione ideale di quello che la Rete Bessa ha scritto per Giap il 20 aprile scorso. Tra l’altro quell’articolo aveva un postilla scritta da noi Wu Ming che oggi, alla luce dell’immobilismo del governo nei mesi appena trascorsi, suona terribilmente premonitrice. WM]

di Plv

17 agosto 2020. Estratto da una conversazione realmente avvenuta.

– Oh, poi mi spieghi la faccenda di come si torna a scuola?
– Oggi i giornali titolavano che si ritornerà a scuola in sicurezza.
– Ah, quindi?
– Nessuno aveva mai messo in dubbio che si ritornava a scuola in sicurezza, non c’era motivo per ribadirlo. Se lo fanno è perché stanno insinuando il dubbio.

Il lunedì dopo Ferragosto il Governo ha gradualmente esplicitato il suo piano per la scuola. Repubblica ha dedicato la prima pagina alla riapertura della scuola per 6 giorni di fila. Un’attenzione inesistente quando, poco più di un mese prima, le proteste per chiedere una riapertura della scuola in sicurezza erano nelle piazze e non sui social. Ma da Ferragosto in poi, ciò che fino a quel momento non era mai stato messo in dubbio è diventato prima discutibile, poi problematico, infine quasi impossibile. Prosegui la lettura ›

La riapertura di Giap, le prossime uscite, i progetti in corso, la strada chiama

«Butta la tua statua giù e resta giù, / resta giù!» (Area, Ici on dance!, 1978).

Rieccoci. Dopo la pausa d’agosto – pausa solo per Giap, non per noi –, annunciamo la ripresa delle pubblicazioni, aggiorniamo sui progetti in corso e le prossime uscite,  segnaliamo alcuni appuntamenti di settembre e ottobre.

Durante l’estate abbiamo continuato a lavorare insieme al romanzo La grande ondata del ’78 – che consegneremo all’Einaudi nella primavera 2021 – e ciascuno per conto proprio ai vari progetti solisti. Non dovendo più seguire alcun profilo sui social– a settembre sarà un anno tondo che abbiamo abbandonato Twitter – e con il blog rallentato e poi sospeso, abbiamo raggiunto un livello di coordinazione e ottimizzazione degno del Toyotismo. Una Toyota senza dipendenti, dove il management lo fanno tutte e tutti.

La scelta di “allentare” Giap non era dovuta solo alle esigenze di scrittura, ma anche alla necessità di una decongestione dopo il flusso impressionante e ingestibile della primavera. Ora riapriamo e vedremo come andrà. Prosegui la lettura ›

L’epidemia e la rivoluzione. A dieci anni dalla scomparsa di José Saramago (1922-2010)

Saramago nel 2001 alla marcia dell’EZLN, Città del Messico (Foto di Francisco Olvera).

di plv *

José Saramago era uno spaccamaroni.

E va scritto così, senza esitazioni, con tanto di turpiloquio e vocabolo assente da ogni dizionario. Occorre mettere in disparte, da subito e senza timidezza, quel senso reverenziale che rischia di intimidirci ogni volta che parliamo di qualcuno di importante.

Perché è vero, José Saramago era un grande scrittore, ha regalato alla storia della letteratura testi indimenticabili che forse, direbbe lui, non salveranno il mondo, anche se possono ancora cambiare la vita di qualcuno. Ma se i suoi testi hanno questa forza è perché José Saramago era anche molto altro. Prosegui la lettura ›

«Prima i poveri!» La resistenza dell’#ExTelecom e la gestione del potere a #Bologna (e in Italia)

Bologna, 20 ottobre 2015. Alcune occupanti dell'Ex-Telecom.

Bologna, 20 ottobre 2015. Alcune occupanti dell’Ex-Telecom.

di plv

Ho cominciato questo articolo per Giap stanotte, appena tornato dal presidio, con gli occhi che mi si chiudevano, e l’ho finito stamattina.

Sulla giornata di Bologna del 20 ottobre si scriveranno decine di resoconti. Si dirà che è stata una giornata drammatica, piena di lacrime e gonfia di rabbia, sporca del sangue delle teste rotte dai manganelli della polizia. Ma la prima cosa da dire, quando siamo arrivati ormai a notte fonda ed è possibile fare un primo parziale bilancio, è che nella drammaticità della situazione oggi si è portata avanti una lotta che ha saputo guardare in faccia i potenti senza fare un passo indietro. Una lotta che ha messo in campo le capacità, le competenze, la cura, i corpi e la rabbia di tutti coloro che hanno resistito in via Fioravanti per diciotto ore. Una lotta appoggiata con generosità da tutti quelli che hanno potuto mettere a disposizione anche solo un minuto del loro tempo.

Ieri, le 300 persone che da quasi un anno occupavano l’Ex-Telecom sono state sgomberate, ma una trattativa su un loro ricollocamento è stata vinta, e questo è stato possibile perché si è lottato insieme e con tutti i mezzi possibili. A Bologna, a Roma, ad Alessandria, Brescia, Pavia, Livorno… Uomini, donne, bambini, facchini, disoccupati, senza tetto, studenti e studentesse, migranti, pensionati, occupanti e solidali a comporre un’unica lotta: quella dei migranti sugli scogli di Ventimiglia, dei facchini contro la Granarolo, dei residenti contro gli sfratti, quella dei braccianti di Foggia, quella dei poveri contro i ricchi, dei deboli contro i potenti. Prosegui la lettura ›