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Indignados

Da #OccupyGezi ai #NoTav e oltre: non esistono lotte «locali» – di Serge Quadruppani e Wu Ming

Occupy Gezi

Spagna, Germania, Svezia e ora Turchia.
Sapevamo che il continente sarebbe riesploso. E non solo il continente: negli USA si rioccupano Zuccotti Park e tanti altri spazi, la polizia risponde con la repressione ma non basterà, come non è bastato l’anno scorso.
Sapevamo che chi parlava di “fine” o “esaurimento” del ciclo di lotte e rivolte iniziato nel 2010-2011 aveva torto marcio. Lo sapevamo, perché eravamo in ascolto. Alla fine del 2012, in Spagna erano già chiarissimi i segnali di una “seconda ondata” del Movimento 15 Maggio: escraches ovunque, manifestazioni, blocchi contro le confische di case da parte delle banche… E tanti altri sintomi si manifestavano in altri paesi. Da noi, invece, toccava sopportare le banalità, i luoghi comuni, le sentenze sputate da chi non si informava: «Gli Indignados non ci sono più! Occupy è morta! Le proteste in Grecia non sono servite a nulla! Le primavere arabe hanno solo sostituito nuovi regimi a quelli vecchi! Rassegnatevi, i movimenti che piacciono a voi hanno fallito, siamo molto più avanti qui in Italia, grazie al Movimento 5 Stelle! Negli altri paesi non combinano niente, noi vinciamo le elezioni! Ditelo, che siete invidiosi di Grillo!» Prosegui la lettura ›

L’occhio del purgatorio, la rivolta e l’utopia

Ieri, 1 giugno 2011, Wu Ming 1 ha parlato alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena (la storica sede di via Roma 47, oramai in dismissione). L’occasione era l’ultimo incontro del seminario “Il lavoro culturale”, iniziato nel gennaio scorso e interamente organizzato e gestito da dottorandi, studenti e ricercatori precari. Il setting era la Sala Cinema Fieravecchia, antro gremito, denso d’afa e puteolente di sudori atavici e più recenti.
WM1 è partito dall’analisi di due diversi racconti di fantascienza (uno di William Gibson, l’altro di Jacques Spitz), entrambi incentrati sul vedere il futuro. Dopodiché, ha parlato della differenza tra futuro e “presente invecchiato”, affermato la necessità dell’utopia e proposto la distinzione – già introdotta da Fredric Jameson nel suo Archaeologies of the Future, 2005 – tra “programma utopico” e “impulso utopico”. Tutto ciò serviva a prendere di petto il problema del tempo e del controllo capitalistico sui tempi. Passando a un piano più esplicitamente politico, WM1 ha parlato del rischio che i movimenti subiscano tempi e ritmi del potere e non decidano in autonomia le proprie “scadenze”. Prosegui la lettura ›