Sulla gestione dell’emergenza pandemica e le rivolte a Cuba

Segnaliamo una testimonianza di prima mano sulle rivolte cubane. Offre un punto di vista diverso da quelli prevalenti nei media occidentali e negli ambienti della sinistra “radicale”, e collega quanto sta accadendo alla gestione dell’emergenza pandemica sull’isola.

L’autore è Giancarlo Guglielmi, italiano residente a Cuba da decenni, nostro antico collaboratore ed editore (e, per la cronaca, padre di Wu Ming 4). Il pezzo è stato pubblicato sul blog di cultura caraibica Mi Caribe e si può leggere qui.

Ci scusiamo se non attiviamo l’usuale spazio commenti di Giap, ma in questo momento siamo tutti e tre troppo impegnati a risolvere questioni inerenti il prossimo romanzo collettivo e non riusciremmo a moderare il thread, né tanto meno a intervenirci. Confidiamo nella comprensione di tutte quanti.

Il sentiero delle case ribelli. Sulle tracce della 36ª Brigata Garibaldi.

Nella primavera di tre anni fa si concludeva con successo la raccolta fondi per Grüne Linie, il progetto fotonarrativo di Giancarlo Barzagli e Wu Ming 2 dedicato alla “Repubblica del Carzolano”, una piccola valle dell’Appennino Tosco-Romagnolo, liberata dall’occupazione nazifascista nell’estate del ’44. Il libro pubblicato grazie a quel crowdfunding contiene un racconto (“Basta chiederlo ai faggi”) scritto da Wu Ming 2 dopo aver percorso il cammino che da Imola portava ragazzi e ragazze, medicine, armi, lettere e informazioni fino alle basi della 36ª Brigata Garibaldi, nel cuore della Linea Gotica. Quest’anno, ai primi d’ottobre, sarà possibile seguire lo stesso tragitto, in compagnia di Wu Ming 2 e in collaborazione con Viaggi&Miraggi, cooperativa sociale che dai primi anni Novanta propone viaggi alternativi al turismo di massa.

“Il sentiero delle case ribelli” si snoda per quattro giorni, più uno di arrivo a Imola, conoscenza reciproca e scoperta dei luoghi della città legati alla Resistenza e all’antifascismo (nonché al nostro Asce di guerra). Il programma completo, tappa per tappa, si può consultare qui, insieme alle informazioni su costi, date e prenotazioni. Sia il punto di partenza del percorso (Imola) che quello di arrivo (Crespino del Lamone) sono serviti dalla ferrovia e non è quindi necessario raggiungerli in automobile.

Il nome che abbiamo scelto per questo cammino fa riferimento alle 12 case sparse, nella Valle del torrente Rovigo, che ospitarono le compagnie della Trentaseiesima, quando la brigata contava più di 1500 uomini e donne. Di questi antichi edifici in sasso, otto sono ormai diroccati, uno è un bivacco incustodito, e i restanti tre sono piccole strutture ricettive (in una delle quali è previsto il pernottamento all’ultima tappa, sicuramente allietato da schiere di fantasmi). Prosegui la lettura ›

Disvisioni. Servitù volontaria e cecità selettiva ai tempi del Covid-19.

di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni*

1. Weird fiction

Cominciamo dalla “trama ontologica” di un romanzo uscito qualche anno fa. In un’epoca imprecisata ma contemporanea, in zona balcanica, due città che tutto – storia, lingua, geografia – apparenta, hanno imboccato vie diverse. Besźel ha scelto di vivere un tempo più lento, fatto di strade tranquille e polverose, edifici un po’ malandati ma a loro modo accoglienti, poche automobili e l’ubiqua presenza di vecchi caffè e bancarelle. È una città in cui non succede molto e dove l’economia procede lenta, più sul valore d’uso che su quello di scambio. Ul Qoma si è invece tuffata decisa nel flusso della modernità e ha quindi i suoni, i colori e le geometrie di tutte le grandi metropoli internazionali; i grattacieli e il traffico incessante di auto lussuose testimoniano di un’economia in rapida espansione, animata da un’umanità in piena “grande trasformazione” antropologica. Come accade anche nella penisola dei campanili, la rivalità fra le due città nasce proprio dalla vicinanza geografica: così i cittadini dell’una non perdono occasione per ironizzare sul modo di vita dell’altra e ciascuna sprezza, e segretamente desidera, ciò che l’altra ha.

Uno scenario piuttosto normale, salvo per un dettaglio: Besźel e Ul Qoma occupano lo stesso spazio geografico; non sono solo spazialmente contigue, ma sovrapposte, coincidenti. Sono poche le strade, gli edifici e le piazze che appartengono integralmente a una sola città: la maggior parte degli spazi urbani è condiviso fra le due secondo ritagli variabili (può capitare, ad esempio, che il basamento di un edificio sia in entrambe le città, i primi piani appartengano a Ul Qoma e gli ultimi piani a Besźel). E poiché le due città godono di completa autonomia legislativa ed esecutiva, le leggi che si applicano dipendono, punto per punto e soggetto per soggetto, dall’appartenenza all’una o all’altra comunità urbana. Prosegui la lettura ›

Dalla pandemia virale a quella di Opere Dannose & Inutili. Un monito dal Corno alle Scale.

Il lago Scaffaiolo e il Rifugio Duca degli Abruzzi.

Il cosiddetto “sviluppo sostenibile”, in Italia, ha da sempre un andamento altalenante: quando il piatto piange, le tasche sono vuote e bisogna accontentarsi del poco che c’è, allora la necessità può diventare virtù, e qualche progetto benemerito vedere la luce; non appena però si profilano all’orizzonte fondi sostanziosi, finanziamenti europei e soldi a pioggia, subito la sostenibilità torna ad essere soltanto una foglia di fico, un paravento retorico, dietro al quale innalzare opere inutili e dannose. Prendete ad esempio il settore del turismo: in tempi di vacche magre, un sindaco di montagna potrà anche convincersi a investire sulla rete dei sentieri, l’ospitalità diffusa, le produzioni locali, i cammini storici, il paesaggio. E pure questo non senza contraddizioni, con il pacchetto vacanze nell’antico borgo venduto come se fosse un soggiorno all-inclusive al Club Med, col vino rosso al posto del mojito e le faggete invece della barriera corallina. Ma lasciate che quel sindaco annusi l’odore della grana, di un bando che si sblocca o di un imprenditore che mette mano al portafogli, ed ecco che torneranno in pista gli impianti di risalita, le grandi strutture ricettive, i bob a rotaia e tutto l’immancabile luna park d’alta quota, ad uso e consumo di chi sta in città e ha denaro da spendere. Eppure, nonostante  l’inversione di marcia, si continuerà a sbandierare un grande impegno “per rispettare l’ambiente”, fingendo che non ci sia contraddizione tra il piano B per quando si era poveracci e quello adatto alla nuova, insperata liquidità. Anzi: i risultati ottenuti col primo verrano esibiti come un lasciapassare verde per il secondo. Prosegui la lettura ›

«Le conseguenze del ritorno», di Luca Giunti. Il lupo è di nuovo qui, cosa significa per noi? Un nuovo incontro ravvicinato del Quinto Tipo.

Le conseguenze del ritorno

Clicca per aprire la copertina completa di Le conseguenze del ritorno (con quarta e bandelle).

Ritornano. Scendono dai monti, si spostano col buio, appaiono inattesi al limite dei campi e negli hinterland delle grandi città.

È un eufemismo dire che i lupi si erano «quasi estinti». Li avevamo sterminati. A fucilate, con le tagliole, coi bocconi avvelenati. È accaduto più o meno cent’anni fa. All’epoca le nostre “aree interne”, sull’arco alpino e lungo la dorsale appenninica, erano ancora abitate. Nella seconda metà del Novecento si sono gradualmente spopolate. A partire dagli anni Ottanta, dalle minuscole e inaccessibili enclave dove si erano rintanati, i pochi lupi superstiti hanno ricominciato a guardarsi intorno. E a camminare. E a macinare chilometri. Sempre più chilometri. Decine di chilometri nel corso di una sola notte.

È stato così che il lupo ha ripopolato le nostre montagne, ed è ormai avvistato anche in pianura. Durante il «lockdown» del 2020 ha colto l’occasione per spingersi dove non avremmo mai immaginato, poco fuori le nostre città e a volte addirittura dentro.

Come stiamo rispondendo a questa riapparizione, a quest’antica e rinnovata presenza? Prosegui la lettura ›

Nuovo speciale «La Q di Qomplotto»: podqast con Gad Lerner, recensione di De Cataldo, musica, street art e un ritorno

Clicca per ascoltare la conversazione su La Q di Qomplotto tra Wu Ming 1 e Gad Lerner.

Avrete notato quanto, a partire dalla primavera, il flusso di articoli su Giap sia rallentato, fino a fermarsi negli ultimi venti giorni. Abbiamo pochissimo tempo ed energie da dedicare al blog, principalmente perché siamo immersi nella stesura del romanzo collettivo, La grande ondata del ’78. Dopo anni di lavoro siamo alla fase finale e il collettivo è in pieno “comunismo di guerra”. L’obiettivo è consegnare il testo alla casa editrice – Einaudi – nella prima metà di settembre, per uscire a novembre.

Se aggiungiamo che ciascuno di noi ha anche altri impegni a cui tener fede nel tempo che resta, dalla promozione de La Q di Qomplotto e Il sentiero degli dei a laboratori di scrittura a semplici (che semplici non sono mai) questioni di famiglia, si capirà perché il blog temporaneamente langue. Ma un calendario c’è, da qui a metà luglio almeno cinque post li dovremmo poter garantire.

Intanto doverosi aggiornamenti su La Q di Qomplotto. Che Alegre ha di nuovo ristampato. Siamo alla terza edizione in tre mesi, grazie a tutte e a tutti per il sostegno, l’apprezzamento e il passaparola.

Del libro è da poco tornato a occuparsi – dopo la lunga recensione con cui lo aveva accolto all’uscita – Gad Lerner. Non solo: ne ha scritto il collega Giancarlo De Cataldo, autore di Romanzo criminale e di molte altre opere. Non solo: sono uscite altre recensioni, pare proprio che il libro abbia ispirato un’opera di street art, e un’intervista rilasciata ad hoc da Wu Ming 1 è diventata un mixtape (un «Reyetto Tape») trasmesso su Radio Raheem. Procediamo con ordine. Prosegui la lettura ›

«Glosse a La Q di Qomplotto», di Giuliano Santoro (più recensioni, interviste e calendario aggiornato delle presentazioni)

Poster La Q di Qomplotto

Come aveva già fatto con diversi nostri libri a partire da L’Armata dei Sonnambuli, il nostro collaboratore di lungo corso Claudio Madella, riscopritore dell’arte tipografica tradizionale, ha realizzato un poster ispirato a La Q di Qomplotto. Tiratura limitata (cinquanta copie numerate), stampato a caratteri mobili in legno (Grotesk fronte e retro) e piombo (Futura bold, quelli nella foto qui sopra), formato trenta centimetri per quaranta, rosso fluo + nero. Si può vedere qui. Sarà in vendita soltanto alle presentazioni di LQdQ, a partire da quella di domani, 4 giugno, a Siena. Il calendario aggiornato è in fondo al post

[Questo nuovo speciale su La Q di Qomplotto è imperniato su un testo di Giuliano Santoro ricavato dai suoi appunti di lettura. Riflessioni che non potevano trovare spazio nella recensione poi uscita sul manifesto.
A seguire segnaliamo nuove recensioni, tutte molto angolate e idiosincratiche.
Segnaliamo anche un’intervista rilasciata da WM1 in inglese, nell’ambito di un interessante progetto di ricerca anglo-nordamericano su cospirazionismo e gamification.
Infine, il calendario aggiornato delle presentazioni del libro.
A proposito, Claudio Madella ci ha regalato un nuovo poster, vedi didascalia dell’immagine di testa.
Per quanto riguarda l’audioserie La Q di Podqast, invece, ci siamo presi una pausa necessaria a preparare le ultime puntate, una delle quali sarà (forse) registrata dal vivo di fronte a un pubblico. Le prime sette puntate sono qui.
Buone letture e buoni ascolti. WM]

di Giuliano Santoro *

Mentre leggevo La Q di Qomplotto annotavo a margine le cose che si intersecavano coi macrotemi di cui mi sono occupato in questi anni: la reazione che assume alcuni dei tratti della rivoluzione; il modo in cui le destre utilizzano la cultura nazionalpopolare per rafforzare la loro egemonia, soprattutto in relazione alla mutazione digitale e all’esplosione del lavoro nell’arco dell’intera esistenza…

Più che di un testo organico si tratta di un file zippato di idee, link e ipotesi di lavoro. Forse soltanto la discussione e la sperimentazione collettiva sono in grado di capire se vale la pena decomprimerlo, di isolare e sviluppare alcune tracce.

Prima abbiamo imparato che far saltare la disciplina della grande fabbrica non è stato sufficiente per liberarci dallo sfruttamento (anni Settanta).

Poi abbiamo dovuto prendere atto che la pur imprescindibile disseminazione capillare di esperienze di autogoverno, autoproduzione e comunicazione indipendente non ha prodotto automaticamente organizzazione politica (anni Novanta).

Adesso si tratta di ragionare attorno al fatto che il potenziale accesso alle informazioni e alla comunicazione orizzontale telematica della stragrande parte della cittadinanza non genera necessariamente maggiore consapevolezza collettiva (Anni Dieci del secolo successivo).

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