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Esternazioni

Blank Space QAnon. Sul successo di una fantasia di complotto come gioco collettivo di interpretazione testuale

English version here.

di Florian Cramer e Wu Ming 1

QAnon – il movimento secondo cui Donald Trump combatte una guerra segreta contro élites sataniste e pedofile – non è la solita credenza complottistica, ma funziona come un gioco collettivo di interpretazione testuale. Questo è anche il motivo della sua spropositata diffusione, che ora abbraccia i soggetti più diversi, dai Reichsbürger tedeschi [convinti che il Reich esista ancora e che la Repubblica Federale di Germania sia una compagnia senza basi legali registrata a Francoforte] a chi nega che sia in corso una pandemia. Il fatto che la premessa narrativa di QAnon derivi da un assemblaggio di fonti letterarie e della cultura pop – tra le quali un romanzo del 1999 scritto anche da uno dei due autori di quest’articolo – non suscita dubbi nei seguaci.
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A proposito di tamponi, di positivi al tampone, di quarantene, di provvedimenti irrazionali e sacrifici umani

di Wu Ming

Nella discussione in corso sotto il post «Va bene tutto» sono stati disseminati spunti e link a inchieste e ricerche che rischiano di sparire nel marasma di commenti, e che vale la pena segnalare a parte.

Una delle questioni più importanti emerse è questa: cosa vuol dire, oggi, «essere positivi al tampone»? Quale tampone? «Impennata dei positivi», «oggi tot positivi»… Ma positivo in che senso?

Già a fine agosto un’inchiesta del New York Times metteva in guardia contro il problema dei falsi positivi, dicendo che forse riguardava addirittura il 63% dei tamponi eseguiti a New York e concludendo che il tampone naso-faringeo è uno strumento inadeguato per comprendere le reali dimensioni della pandemia e isolare i focolai. Questo perché da un lato è troppo sensibile e rileva anche minimi residui di RNA virale non infettanti, e dall’altro la procedura è troppo lenta e dunque sui focolai si è sempre in ritardo.

A fine settembre il New England Journal of Medicine riprendeva il tema in uno studio dove si affermava che «migliaia di persone sono messe in quarantena per dieci giorni in seguito a tamponi RNA-positivi nonostante abbiano già superato la fase di contagiosità». Prosegui la lettura ›

«Va bene tutto». Come un messaggio in bottiglia sulla «seconda ondata»

Bologna. Piazza San Francesco in queste sere.

«Finché possiamo dire: “quest’è il peggio”, vuol dir che il peggio può ancora venire».
W. Shakespeare, Re Lear

La desolazione di Piazza San Francesco ti sorprende una sera di fine luglio, mentre attraversi in bicicletta il centro di Bologna, per andare da tua madre a riparare un rubinetto.
Lo spazio di fronte alla facciata gotica della chiesa è serrato da un recinto di transenne. Vuoto, ad eccezione di un’auto dei vigili urbani parcheggiata proprio al centro.
Avevi letto sui giornali dell’ultimo provvedimento «contro la movida». Sapevi che con la scusa della pandemia il sindaco aveva colpito un luogo di ritrovo indecoroso, perché i ragazzini prendono a pallonate la porta della chiesa e i giovani bevono le birre fredde dagli ambulanti abusivi, seduti per terra. L’avevi sentito dire, eppure pensavi che «piazza chiusa» fosse una metafora, un modo di dire, non un’altra voce nella lista di ordinanze e sparate per le quali Virginio Merola lascerà ai Bolognesi un ricordo sgradevole. In questo caso quello dell’inquilino del Palazzo che dà la colpa alla Piazza, perfettamente in linea con gli altri amministratori di vario colore e grado. Prosegui la lettura ›

Per Dana, per Stefano e per tutte quanti. Il «diritto penale del nemico» non fermerà la lotta No Tav

I tentacoli dell’Entità. Il disegno che Zerocalcare ha dedicato a Dana. Clicca per leggere l’ottimo riassunto della vicenda e le acuminate riflessioni del collettivo Alpinismo Molotov.

Tante volte abbiamo scritto dei modi in cui il braccio giudiziario del «Sistema Torino», si accanisce contro la lotta No Tav.

Nel corso degli anni dieci la magistratura del capoluogo piemontese ha sviluppato un vero e proprio «diritto penale di lotta» – o «diritto penale del nemico» – il cui fine non è vagliare i fatti per stabilire le responsabilità concrete di un imputato, ma criminalizzarne il carattere e le scelte di vita, le abitudini e predilezioni, le amicizie e frequentazioni.

Volta per volta, si prende di mira lo stile di vita di un singolo per tentare di isolarlo dalla comunità. Si punta a disarticolare il movimento No Tav, che è fatto soprattutto di relazioni, mutuo appoggio, convivialità. Tanto le misure cautelari quanto le sentenze di condanna riflettono questa strategia di fondo. Si è arrivati addirittura a criminalizzare la scelta stessa di risiedere in Valsusa: non andare a vivere altrove è ritenuta – citiamo testualmente – un’«aggravante». Di fatto, un intero territorio è considerato complice dei crimini che presuntamente vi sono commessi. Prosegui la lettura ›

Il mondo di QAnon: come entrarci, perché uscirne. Su Internazionale, la seconda puntata dell’inchiesta

Il mondo di QAnon

È on line su Internazionale la seconda puntata dell’inchiesta di Wu Ming 1 su QAnon e altre fantasticherie di complotto.

La prima puntata era un resoconto il più possibile dettagliato di come QAnon vede e descrive il mondo; questa va più in profondità, affrontando la questione da un punto di vista anticapitalista e al tempo stesso basato sulle scienze cognitive.

Cosa succede nella mia mente mentre scivolo nella «buca del coniglio»? Perché QAnon ha una simile presa? Perché si sta ibridando con – tagliando con l’accetta – il mondo New Age? Come mai cedono a QAnon et similia anche persone un tempo (o che ancora si pensano) di sinistra?

Wu Ming 1 esplora anche quelle che ha chiamato «le cinque dimensioni di QAnon», propone un’inquadratura a volo d’uccello di QAnon in Italia ed espone il ruolo-chiave avuto dal Movimento 5 Stelle negli anni dieci. È stato il M5S a “traghettare” molte persone dalla sinistra al cospirazionismo in stile QAnon.

M5S o meno, il problema, come si spiega nella puntata, è che a sinistra c’è già una predisposizione alle conspiracy fantasies. Di tale predisposizione dobbiamo liberarci, perché fa il gioco del sistema.

→ Buona lettura.

Il mondo di QAnon: come entrarci, perché uscirne. Su Internazionale, la prima puntata di una nuova inchiesta

Questi, ad esempio, dicono che Trump deve invadere la Germania e instaurare il Reich. Non è una battuta né un’iperbole: è quello che dicono. I tuoi amici e le tue amiche, o genitori o parenti, che stanno scivolando nella “buca del coniglio” di QAnon si ritrovano costoro come compagni di strada, anzi, fratelli di culto. La Germania è solo qualche metro avanti a noi. Nel febbraio scorso, a Hanau, un tizio ha ucciso dieci persone, compresa la propria madre, poi si è suicidato. Nel suo ultimo video su YouTube denunciava l’esistenza di basi sotterranee dove si adora il diavolo e si tengono schiavi bambini per succhiarne il sangue. Queste basi sono ovunque! Negli USA formano un continuum che va dalla California a New York! Anche in Italia abbiamo gente che ci crede. A questo e a molto altro. Due anni fa vi avevamo avvisati. 🙄

Da oggi sull’edizione online della rivista Internazionale trovate la prima puntata di una nuova messa a punto di Wu Ming 1 su QAnon, cospirazionismi, pandemia e social media. Citiamo dall’introduzione:

«Con ogni probabilità partito come una burla, QAnon sta giocando un ruolo importante nella campagna elettorale americana, sta mettendo in difficoltà gli amministratori delle grandi piattaforme social ed è a tutti gli effetti una rete – o una setta, a cult, come sempre più spesso è definito – globale.

Del tema mi sono occupato più volte. In particolare, nell’ottobre 2018 ho scritto un’inchiesta in due puntate dove segnalavo le strane risonanze tra QAnon, le controinchieste sugli “abusi rituali satanici” condotte dal Luther Blissett Project negli anni Novanta e il romanzo Q, uscito in Italia nel 1999 e pubblicato negli Stati Uniti cinque anni dopo.

Nel 2019 il fenomeno è sembrato calare di intensità. In realtà ha continuato a estendersi e a ramificarsi. Poi sono arrivati il nuovo coronavirus e i lockdown. La situazione si è evoluta e aggravata, ed è necessario rifare il punto. Prosegui la lettura ›

A scuola di rabbia. Sulla riapertura scolastica, la colpevolizzazione dei giovani e molto altro

La Dead Poets Society a distanza di sicurezza e con mascherina.

[Ospitiamo una riflessione del nostro compagno Plv – insegnante in quel di Bologna e membro della Rete Bessa – sulla débacle organizzativa e comunicativa a cui stiamo assistendo alla vigilia della riapertura/richiusura della scuola pubblica. Questo articolo è la prosecuzione ideale di quello che la Rete Bessa ha scritto per Giap il 20 aprile scorso. Tra l’altro quell’articolo aveva un postilla scritta da noi Wu Ming che oggi, alla luce dell’immobilismo del governo nei mesi appena trascorsi, suona terribilmente premonitrice. WM]

di Plv

17 agosto 2020. Estratto da una conversazione realmente avvenuta.

– Oh, poi mi spieghi la faccenda di come si torna a scuola?
– Oggi i giornali titolavano che si ritornerà a scuola in sicurezza.
– Ah, quindi?
– Nessuno aveva mai messo in dubbio che si ritornava a scuola in sicurezza, non c’era motivo per ribadirlo. Se lo fanno è perché stanno insinuando il dubbio.

Il lunedì dopo Ferragosto il Governo ha gradualmente esplicitato il suo piano per la scuola. Repubblica ha dedicato la prima pagina alla riapertura della scuola per 6 giorni di fila. Un’attenzione inesistente quando, poco più di un mese prima, le proteste per chiedere una riapertura della scuola in sicurezza erano nelle piazze e non sui social. Ma da Ferragosto in poi, ciò che fino a quel momento non era mai stato messo in dubbio è diventato prima discutibile, poi problematico, infine quasi impossibile. Prosegui la lettura ›