Oh, che bella guerra! Speciale su «L’invisibile ovunque» e i suoi fratelli

Due lavoratrici della National Shell Filling Factory No.6 a Chillwell, Nottinghamshire nel 1917

A tre mesi esatti dall’ultimo speciale congiunto, torniamo a proporvi recensioni, ascolti e interviste relativi al nostro Tridente del Centenario (L’invisibile ovunque, Cent’anni a Nord-Est e Schegge di Shrapnel). Cogliamo anche l’occasione per anticipare un dato dell’Operazione Glasnost 2016: nei sei mesi tra l’uscita (novembre 2015) e il 31 maggio 2016, L’invisibile ovunque ha venduto 33.848 copie (dove per venduto si intende il saldo tra copie distribuite/rese nel periodo). Grazie a tutti i lettori che lo hanno comprato, recensito, suggerito, regalato, diffuso e ai librai che lo hanno consigliato e promosso.

Qui sotto, partiamo volentieri da un testo che va oltre l’incrocio tra le nostre narrazioni e suggerisce rimandi tra L’invisibile ovunque e PCSP (Piccola Controstoria popolare) di Alberto Prunetti.
A seguire, Enrico Manera su DoppioZero, Wu Ming 4 intervistato dal Corriere di Romagna, l’audio delle presentazioni di Cattolica e Venezia, Giovanni Pietrangeli recensisce Cent’anni a Nord-Est e la prossima data del Wu Ming Contingent.
Buona lettura e buon ascolto.

Oh, Che Bella Guerra!
Controcelebrazioni della’anniversario 1915 e resistenza all’orrore.

di Franco Pezzini
(pubblicato su L’indice, Luglio/Agosto 2016.)

«…Di una turbolenta Maremma antimilitarista, antifascista, spesso antistalinista, racconta in un vorticoso itinerario tra fonti di polizia, giornali e saggi specializzati, con gusto sapido da narratore e intensa partecipazione, Alberto Prunetti in PCSP (Piccola Controstoria Popolare). Di una vera e propria controstoria si tratta, perché gli eroi popolari che ritrae non sono macchiette buonistiche, ma ribelli sanguigni allergici alla mediazione: figure impresentabili per un certo antifascismo pubblico – che li archivierebbe quali fenomeni residuali di devianza, bizzarrie della storia o casi da repertorio lombrosiano.

Nei confronti della realtà strumentalizzante, nullificante del Grande Conflitto, quella degli eroi popolari maremmani di PCSP è una strategia di resistenza: e su tale tema s’incentra un altro “oggetto letterario non indentificato”, il grande polittico L’invisibile ovunque dei Wu Ming. Grande non per le dimensioni, ma per la scintillante, vorticosa intensità di suggestioni rimbalzanti tra l’uno e l’altro dei testi di cui è composto, e insieme per la forza delle provocazioni che attiva: una macchina per pensare che non si esaurisce nelle storie offerte e incalza i lettori a seguirne i fili nell’attualità.

L’invisibile ovunque si presenta come un quartetto di racconti di resistenza individuale – talora in forme equivoche, politicamente o psicologicamente problematiche – e fuga dall’orrore di una guerra che ha assunto nuovi connotati rispetto a tutte quelle precedenti a memoria d’uomo. Una guerra invisibile, multiforme e ubiqua, da cui è impossibile sfuggire col mettersi al sicuro lontani da un fronte, ma che si estende in tutto il paese in forma di spionaggio per conto degli organi militari, di legge marziale o stato d’assedio; una guerra che dilaga dentro le persone anche tramite il martellare della propaganda.»

[L’articolo completo si può scaricare qui.]

Enrico Manera recensisce L’invisibile Ovunque su DoppioZero:

«A dispetto della mappatura storiografica che ci ha restituito i diversi volti e vissuti della guerra, dei soggetti promotori o che ne furono travolti, il dispositivo culturale mainstream che il centenario del 1915-18 ha sollecitato e indotto continua a girare intorno ai luoghi comuni nel segno della retorica nazionale, monumentale e celebrativa: una guerra risorgimentale, nazionale e patriottica, in cui ci sono eroi e martiri, vittime del nemico. Ancora oggi, “noi” contro “loro”. Contro tutto questo L’invisibile ovunque racconta quattro storie di quella guerra: quattro movimenti di pensiero e di macchina, diversi per tema e registro. Non un romanzo ma un four-track E.P. in progressione e a complessità crescente.»

La recensione integrale si può leggere qui.

Maria Teresa Indellicati intervista Wu Ming 4 per il Corriere di Romagna:

«La sfida era scrivere qualcosa di diverso dal coro: non una denuncia, che in fondo non ci interessava, ma mettere a fuoco la possibilità, e la fatica, che comporta la permanenza dell’umano nella totale disumanizzazione di un conflitto».

Qui l’intervista completa.

 

Audio della presentazione allo Spazio Z di Radio Talpa (Cattolica – RN), 26 aprile 2016.
Wu Ming 2 dialoga con Jacopo Nacci.

 

IcRecensione di Cent’anni a Nordest apparsa sul n.280/2016 di Italia contemporanea, trimestrale dell’Istituto Nazionale di Storia del Movimento di Liberazione in Italia (INSMLI).

Wu Ming 1, al secolo Roberto Bui, storico di formazione, è uno dei sodali del collettivo un tempo chiamato Luther Blissett e oggi noto come Wu Ming, che da vent’anni produce narrazioni di soggetto storico, ottenendo ottimi risultati in termini stilistici e di seguito presso il grande pubblico. In questo libro l’autore affronta alcuni temi già toccati in Point Lenana, precedente fatica pubblicata al di fuori del collettivo. In Point Lenana, seguendo la singolare vicenda dell’alpinista Felice Benuzzi e della sua prigionia in Kenya, Bui ci aveva introdotto in uno straordinario mosaico storico e umano, al cui centro si trovano Trieste, le ex province asburgiche del Triveneto, le montagne che le contornano e le persone che le hanno scalate. Ripreso in mano il materiale preparatorio per quel volume, Wu Ming 1 ha scelto dunque di approfondire alcune questioni legate all’identità (o meglio, alle identità) di quel territorio di confine. L’autore ha colto l’occasione del centenario della Prima guerra mondiale, appuntamento che come spesso avviene per tutte le celebrazioni ha inondato gli scaffali delle librerie di volumi sull’argomento più o meno validi, e ha iniziato a pubblicare il risultato di queste ricerche come reportage a puntate per la rivista “Internazionale”. Di fronte all’accoglienza positiva dei lettori ha trasformato successivamente questo reportage in un vero e proprio libro. Di questa origine il volume conserva il taglio della narrazione, che non può essere certamente assimilata ai saggi storiografici veri e propri. Interessato alle forme non convenzionali di scrittura della storia (a partire da Giochi di pazienza, pubblicato nel 1975 da Carlo Ginzburg e Adriano Prosperi) Wu Ming 1 ha inaugurato un genere che viene non a caso definito oggetto narrativo non identificato. Superata la fase del romanzo storico, con Point Lenana prima e Cent’anni a Nordest ha quindi intrapreso questa nuova via nel percorso della narrazione del passato. Il volume fa dialogare continuamente dimensioni temporali e spaziali differenti, tra passato e presente, tra un versante e l’altro delle Alpi Orientali, mantenendo il baricentro del racconto sull’eredità che la Grande guerra ha lasciato al Triveneto. Un’eredità che è tanto culturale quanto materiale: lingue, dialetti e autorappresentazioni delle comunità locali vivono oggi una rielaborazione che ha le sue radici, vere o presunte, negli irredentismi e nel conflitto tra nostalgici dell’Impero asburgico e sostenitori dell’italianità delle regioni nordorientali, in un sovrapporsi di tradizioni inventate, revanscismi territoriali e rimozioni selettive della memoria. Dal punto di vista dell’eredità materiale va invece sottolineato il tentativo di Wu Ming 1 di portarci con lo sguardo sui luoghi della Grande guerra e della sua celebrazione. Il fronte, i monumenti e i cimiteri di guerra hanno profondamente ridefinito il paesaggio alpino e le città che lo punteggiano. Il rapporto dell’autore con queste particolari fonti è centrato sulla ricerca di un punto di vista “spiazzante” rispetto a quello che solitamente viene imposto dalla narrativa monumentale e per farlo ha scelto di utilizzare il divenire storico di questi spazi. Per esempio, osservando il sacrario di Redipuglia (pp. 150-154), Wu Ming 1 sottolinea l’elemento della contemporaneità tra la sua inaugurazione, il 18 settembre 1938, e la presentazione delle leggi razziali, avvenuta lo stesso giorno a Trieste, proponendo così una diversa contestualizzazione dell’opera e del suo messaggio. Alla stessa maniera si concentra sul monumento al corpo degli Alpini a Bolzano, dedicando particolare attenzione alle polemiche che nel corso dei decenni hanno portato anche a una serie di attentati volti a danneggiarlo (pp. 130-136). Cent’anni a Nordest si colloca dunque all’incrocio tra reportage, “storia pubblica” e “uso pubblico del passato” sollecitando il lettore su questioni di viva attualità come l’attività della destra xenofoba o neofascista nelle città del Triveneto. Wu Ming 1, nel raccontare le storie del Nordest e della Prima guerra mondiale, si introduce in un territorio certamente complicato, ma lo fa muovendosi consapevolmente nelle interpretazioni più familiari allo storico, quelle della bibliografia accademica. Tuttavia, è esplicito il tentativo di sottrarsi dall’autoreferenzialità che spesso costringe saggi e libri anche di alto livello epistemologico: l’obiettivo è al contrario quello di porre interrogativi complessi sulla storia d’Italia a un pubblico quanto più vasto possibile. Wu Ming 1 lo fa per altro dando anche voce a storici che si sono cimentati con linguaggi diversi da quelli della scrittura, come Piero Purini e la sua “conferenza-concerto” Rifiuto la guerra, in cui si alternano interventi, letture e musica sul tema della renitenza e della diserzione. Cent’anni a Nordest è dunque un esperimento ben riuscito di oggetto narrativo non identificato, che sa entrare in relazione con un pubblico più vasto della saggistica accademica, ma allo stesso tempo pone questioni importanti e pienamente nell’agenda del dibattito scientifico. Non è solo divulgazione, in quanto l’autore svolge anche molto lavoro di ricerca originale, di cui presenta non solo le fonti, ma anche i percorsi di scoperta, produzione e interpretazione delle stesse, in una sezione definita «Titoli di coda», ormai familiare ai lettori del progetto Wu Ming in quanto chiude spesso i libri a firma del collettivo o dei suoi singoli membri. Riprendendo lo studio di Monica Martinat, Tra storia e fiction, è possibile affermare che Wu Ming 1 opera «una mediazione linguistica e culturale», che non va banalizzata come mera operazione commerciale. Va infatti sottolineato il carattere di “laboratorio” che hanno i libri del collettivo Wu Ming. Attraverso la pagina web www. wumingfoundation.com gli autori proseguono il dibattito su temi portanti o più liminali delle loro opere, coinvolgendo voci esterne, “esperti” e gli stessi lettori attraverso una sezione “Commenti” particolarmente vivace. In Cent’anni a Nordest Wu Ming 1 esercita un «uso pubblico della storia» non retorico e volto a interrogare il grande pubblico sui temi rimossi della Grande guerra: le diserzioni, la repressione dei renitenti, l’autoritarismo delle gerarchie militari, i conflitti lasciati in eredità a un territorio di confine sul quale, ancora oggi, si confrontano visioni e narrazioni differenti della storia d’Italia e delle identità nazionali. Giovanni Pietrangeli

Audio dell’incontro con Wu Ming 2 al Festival dei Matti – VII Edizione – Nel nome degli altri – Venezia, Auditorium Santa Margherita, 14 maggio 2016

https://soundcloud.com/radiocafoscari/festival-dei-matti-wu-ming-2-linvisibile-ovunque?in=radiocafoscari/sets/festival-dei-matt

Il prossimo appuntamento con Schegge di Shrapnel e il Wu Ming Contingent sarà alla XIV Edizione del Marina Café Noir di Cagliari, uno dei festival più genuini e preziosi del panorama nazionale, per il secondo anno consecutivo costretto a fare i conti con un drastico – e immotivato – taglio di finanziamenti.

Suoneremo venerdì 2 settembre, ma per i dettagli è ancora troppo presto.

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5 commenti su “Oh, che bella guerra! Speciale su «L’invisibile ovunque» e i suoi fratelli

  1. Intanto congratulescions per il successo del romanzo. Credo che queste 35mila copie siano un ottimo risultato.
    Ho riletto la mitica discussione del 2012. Davvero ancora stimolante.
    E rilancio la mia proposta di allora, anche alla luce di nuovi esperimenti.
    Secondo me, una sorta di Giapflix sarebbe una mossa da pensare. Con molta attenzione, capire bene come, ma da non sottovalutare.

  2. Scusate, il secondo audio non va, c’è una finestra grigia con scritto “Ops, we couldn’t find that track”

    • Grazie della segnalazione. Per qualche motivo devono averlo rimosso, oppure è un problema tecnico temporaneo. Non dipende da noi, è il canale Soundcloud di Radio Cà Foscari.

  3. Cristicchi ha appena presentato il suo nuovo lavoro sulla Grande Guerra…potreste eseguirlo in combinazione con schegge di Shrapnel ? :-) (a scanso di equivoci, sono vagamente sarcastico)

    http://www.ladige.it/eventi/musica/2016/08/18/guerra-parole-note-cristicchi-coro-pasubio

    Però, dopo le “approssimazioni” di Magazzino18, sarà curioso vedere come ha trattato la prima guerra mondiale…