TraumStadt. Paradisi fiscali, oleodotti e ritorno del rimosso: viaggio nel neoindipendentismo triestino

Corteo del Movimento Trieste Libera

di Tuco (guest blogger)

-What kind of music do you usually have here?
-Oh, we’ve got both kinds, we’ve got country and western.
(The Blues Brothers)

Il 15 settembre scorso Trieste è stata attraversata da due cortei, uno al mattino, l’altro al pomeriggio.

Di mattina hanno sfilato gli italianissimi, quelli che Trieste è cara al cuore di tutti gli italiani, quelli che il Piave mormorava, quelli che torneremo in Istria, quelli che allora le foibe… Non erano molti, al massimo trecento. All’arrivo del corteo, in Piazza S.Antonio, un rappresentante dell’Associazione Arditi d’Italia ha letto i nomi dei morti del ’53 con voce strozzata. Un furgone preso a nolo – i drappi tricolori non riuscivano a coprire del tutto la scritta «35$ AL GIORNO»- ha gracchiato dagli altoparlanti canzoni patriottiche. Poi l’adunata si è sciolta. Il tutto è durato un’ora scarsa.

Il corteo del mattino era stato organizzato in fretta e furia da una lista di associazioni nazionalpatriottiche (se non apertamente fasciste) come risposta al corteo del pomeriggio, quello del Movimento Trieste Libera, organizzato da più di un mese per rivendicare la piena attuazione del Territorio Libero di Trieste.

Il corteo del pomeriggio è imponente, eterogeneo, gente di tutte le età e di tutte le classi sociali, cinquemila persone come minimo. Bandiere rosse dappertutto – solo che non sono le nostre: al centro c’è l’alabarda bianca, simbolo di Trieste. Il concentramento è davanti alla stazione, vicino all’entrata del Porto Vecchio. E infatti un gruppo di portuali arriva e srotola uno striscione. C’è scritto: «Porto Libero di Trieste – Prosta Luka Trst», in italiano e sloveno. Nel centro della piazza, tra le bandiere rosso-alabardate, spunta un bandierone con il leone di S. Marco. Più piccole, vicino alla statua di Sissi, compaiono alcune bandiere con l’aquila bicipite, la galina con do teste, come si dice a Trieste. Arriva un furgone con una specie di sound-system. Roba da quattro soldi, soprattutto se si pensa all’aereo che gli organizzatori hanno noleggiato per filmare il corteo dall’alto. Gli altoparlanti sparano una musica piuttosto incongrua. Difficile definirla: epico-fantasy, forse. Il tipo di musica che su YouTube accompagna i video amatoriali su rettiliani e illuminati.

Servizio d'ordine MTLIl corteo comincia a muoversi, sotto la direzione di uno strano doppio servizio d’ordine. Ci sono quelli con la maglietta bianca, che indicano ai vari spezzoni come posizionarsi, e ci sono quelli con la maglietta nera, muscolosi, muniti di walkie-talkie, che si piazzano in testa e in coda e non parlano con nessuno. Tra quelli in maglietta nera c’è anche Sandro Gotti detto “Tonfa”, ex pezzo grosso del Muay Thai italiano, che in gioventù aveva frequentato marginalmente l’ambiente dell’Autonomia. In testa al corteo c’è uno striscione che recita: «We, the people«. Venti metri davanti allo striscione c’è Roberto Giurastante, leader del movimento, circondato dalle sue guardie del corpo.
La sfilata attraversa tutto il Borgo Teresiano, per almeno due ore, e si conclude in Piazza Borsa. Nessun comizio, solo slogan ripetuti ossessivamente: “Trieste Libera / dall’Italia!”, “Porto Libero / dall’Italia!”, fino alla tarda serata, quando tre cannonate segnalano che la manifestazione è finita.

Ma non sono fuochi d’artificio.

I razzi traccianti e le cannonate di domenica sera non erano uno spettacolo pirotecnico, si è trattato di un segnale convenzionale militare il cui significato è: siamo sotto assedio.

Che giornata è stata il 15 settembre? Cosa è successo? Com’è possibile che nella città più fascista d’Italia i numeri dei due cortei abbiano decretato in modo impietoso la fine del mito fascista per eccellenza, quello di Trieste italianissima? Significa forse che è finito una volta per tutte il tempo dei fascisti?

I confini del Territorio Libero di Trieste (1947 - 1954)

I confini del Territorio Libero di Trieste (1947 – 1954).

Per capire il senso di quel che sta accadendo a Trieste, è necessaria una breve premessa di carattere storico. Il 9 settembre del ’43 i tedeschi occupano il nord Italia, e nel nord-est istituiscono la Zona di Operazioni Litorale Adriatico (Operationszone Adriatisches Küstenland), soggetta di fatto alla sovranità del Terzo Reich.
Il 1 maggio 1945 i partigiani di Tito, dopo una battaglia durata quattro giorni, sfondano l’ultima linea di difesa tedesca, entrano a Trieste, e la tengono per quaranta giorni, prima di ritirarsi e di consegnare la città agli Alleati angloamericani.
Comincia così un periodo di incertezza riguardo al futuro assetto dei confini in una delle zone più delicate per gli equilibri del dopo Yalta. Il Trattato di Pace del 1947 sancisce la fine della sovranità italiana su Trieste e su gran parte della “Venezia Giulia”, e istituisce il Territorio Libero di Trieste, sorta di stato cuscinetto tra Italia e Jugoslavia.
Il TLT è diviso in due parti:
– la zona A (che comprende la città di Trieste e le immediate vicinanze) amministrata dagli anglo-americani;
– la zona B (che comprende l’Istria nord-occidentale) amministrata dagli Jugoslavi.
Il Trattato di pace stabilisce anche che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu dovrà nominare un Governatore del TLT, dando così inizio al processo costituente del nuovo stato. Il governatore però non sarà mai nominato, anche perchè con lo strappo di Tito del 1948 e con l’uscita della Jugoslavia dall’orbita sovietica la situazione internazionale muta radicalmente, e si determinano gradualmente le condizioni per una spartizione del TLT tra Italia e Jugoslavia.
Nel 1954, in seguito al Memorandum di Londra sottoscritto da Italia, Regno Unito, Usa e Jugoslavia, l’amministrazione della zona A passa dagli angloamericani all’Italia.
Nel 1975, con il Trattato di Osimo, Italia e Jugoslavia formalizzano la spartizione del TLT secondo i confini del ’54.

Diciamo subito che a Trieste l’indipendentismo non è una novità, e che a Trieste si sono sviluppati storicamente numerosi filoni indipendentisti, molto diversi tra loro per ispirazione culturale e ideologica: quello irredentista di Domenico Rossetti nell’Ottocento e quello austromarxista di Angelo Vivante (di cui si parla anche in Point Lenana di Wu Ming 1 e Santachiara) negli anni dieci del Novecento; poi quello austronazista al crepuscolo dell’Adriatisches Kustenland nel ’44/’45 (di cui parla Claudia Cernigoi su Carmilla), e quelli di stampo antifascista e filojugoslavo nel biennio ’45/’47 (di cui parla Andrea Olivieri su Carsica); durante gli anni del TLT (’47/’54) a Trieste erano presenti alcuni movimenti indipendentisti contrari alla spartizione del territorio tra Italia e Jugoslavia, e in quegli stessi anni fu indipendentista per un certo periodo anche il PC-TLT di Vittorio Vidali.

L’indipendentismo del Movimento Trieste Libera invece ha le sue radici più visibili nella protesta popolare esplosa in seguito alla firma del Trattato di Osimo nel ’75. In quel passaggio storico, la protesta ebbe un forte carattere nazionalista, anticomunista e antijugoslavo, e derivò soprattutto dalla percezione del Trattato come tradimento definitivo, da parte dell’Italia, delle aspirazioni e delle rivendicazioni degli esuli istriani sulla zona B del TLT.
In quegli anni di crisi economica e politica, le spinte autonomiste riuscirono a coinvolgere una fetta consistente della città, saldandosi con brandelli di precedenti autonomismi e indipendentismi. Nacque la Lista per Trieste, partito autonomista che per vent’anni avrebbe monopolizzato la vita politica cittadina, e che nel ’94 sarebbe diventata di fatto la frazione triestina di Forza Italia.
La frangia più radicale della protesta invece si coagulò in una sfilza di piccoli movimenti indipendentisti, che si connotarono fin da subito in senso marcatamente antiitaliano e filoaustriaco. Ci torneremo più avanti.

L’oggetto totemico di questo nuovo filone indipendentista è una lettera inviata da Giovanni Marchesich al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, nel lontano 1983, in cui si chiedeva al Consiglio di procedere alla nomina del Governatore del TLT. Secondo Marchesich, infatti, trattati multilaterali come il Memorandum di Londra del ’54 o bilaterali come il Trattato di Osimo del ’75 non potevano abrogare parti del Trattato di Pace del ’47; in particolare, non possono abrogare quelle parti che istituivano il TLT.
La risposta del Consiglio di Sicurezza, nel 1983, fu questa: la nomina del Governatore era stata tolta dall’ordine del giorno, su richiesta congiunta di Italia e Jugoslavia, in seguito alla firma del Trattato di Osimo. Per riportare la questione all’ordine del giorno, era necessario che uno dei paesi aderenti all’ONU lo chiedesse formalmente.

Jörg Haider (1950 - 2008)

Jörg Haider (1950 – 2008)

Da allora a Trieste la percezione di una “questione pendente” (la nomina del Governatore) è sempre sopravvissuta sotto traccia, a livello di subcultura, riaffiorando ogni tanto nel discorso pubblico di qualche frangia dissidente della Lega Nord locale.
Tuttavia, questo “indipendentismo della carta bollata” difficilmente poteva scaldare i cuori e gli animi. Inoltre in città la destra tradizionale, italianissima e fascistissima, era ancora largamente egemone.
Un primo segnale di cosa stesse covando sotto la cenere si ebbe all’epoca in cui Jörg Haider terrorizzava un’Europa che nasceva già in crisi d’identità. Una parte dell’opinione pubblica triestina guardava a Klagenfurt con occhi da innamorata, e quando Haider si schiantò con la sua Volkswagen dopo una notte di bagordi, si sentì irrimediabilmente orfana. Ma perché nascesse un movimento di massa, era necessario che intervessero altri fattori.
Questi fattori cominciarono a manifestarsi nuovamente a partire dal 2008, l’anno della crisi.

Per capire cos’è accaduto a partire da quell’anno, bisogna fare un piccolo passo indietro.
Nel 2007 la Regione Friuli Venezia Giulia approva una variante del piano regolatore del Comune di Trieste, che prevede il cambio di destinazione d’uso per un’ampia zona del Porto Vecchio, da decenni in stato di abbandono. Diverse cordate di imprenditori, locali e non, presentano i loro progetti per il recupero e la gestione dell’area. Tra queste, una è guidata dall’imprenditore svizzero-triestino Marcus Donato, titolare della Helmproject, società di brokeraggio marittimo. Il suo progetto prevede la trasformazione integrale dell’area in zona turistica, con alberghi, piscine, cinema, eccetera eccetera, con investimenti per 850 milioni di euro.

Helm Project

“Fossile” del sito Helmproject. Notare l’italiano a dir poco stentato. Clicca per ingrandire.

Nel 2008 a sorpresa il progetto di Donato viene escluso dalla competizione, si dice a causa di carenze nella documentazione (e va detto che Marcus Donato e la sua Helmproject appaiono avvolti da una nube di vaghezza, almeno a una ricerca superficiale su Google, cfr. screenshot qui sopra). Partono i ricorsi. Ma intanto Donato ha una visione. Studiando le carte per il suo progetto e per i ricorsi, “riscopre” la lettera di Marchesich del 1983 e “si accorge” che il porto di Trieste non è soggetto alla sovranità italiana. Non solo, è l’intera provincia ad essere sotto amministrazione fiduciaria. Comincia a frequentare i forum locali su internet, tastando il terreno e studiando le reazioni dei commentatori. Di lì a poco, dà vita al Comitato Porto Libero di Trieste.
Intanto la crisi economica e finanziaria comincia a mordere, e il sistema politico italiano entra in una crisi di rappresentanza via via sempre più profonda. Il comitato si proclama rappresentante dei cittadini del TLT (zona B compresa) presso le Nazioni Unite, denuncia le speculazioni edilizie in Porto Vecchio (sic!), e dà vita a una serie di assemblee ed eventi, che culminano con la prima “Festa del Territorio Libero di Trieste” nel settembre del 2011, e vedono una partecipazione popolare non ancora di massa, ma sicuramente non trascurabile.
Una cosa nuova, che balza subito agli occhi, sono le scritte bilingui, in italiano e in sloveno: un segno che le tensioni etniche sono superate? Forse, ma anche no. Ci torneremo più avanti.

Miclavez sindacoCome emanazione del comitato, nasce l’Associazione Cittadini del TLT, con presidente l’ex leghista Stefano Ferluga. L’ultima conferenza organizzata dall’associazione si intitola “Signoraggio e una nuova moneta a Trieste”, relatore Antonio Miclavez, un seguace delle teorie di Giacinto Auriti (cfr. queste FAQ sul signoraggio), poi candidato sindaco a Udine per Forza Nuova nel 2013.

Nel novembre del 2011 l’associazione si scioglie, e nasce il Movimento Trieste Libera. Il presidente è ancora Stefano Ferluga, e i soci dell’associazione vengono travasati nel movimento.

A questo punto entrano in scena due personaggi che saranno determinanti per le future fortune del movimento. Si tratta di Roberto Giurastante e Paolo G. Parovel. Entrambi provengono dall’associazione ambientalista Amici della Terra. Hanno alle spalle diverse battaglie contro discariche abusive e appalti poco chiari, e soprattutto contro il rigassificatore che la multinazionale spagnola Gasnatural vuole costruire nella zona industriale-portuale tra Trieste e Muggia.

Va detto che su Trieste convergono numerosi interessi, spesso contrapposti, nel campo dell’approvvigionamento energetico. Oltre al rigassificatore, sono in ballo il terminale del South Stream, il gasdotto della russa Gazprom (al progetto partecipa anche ENI) concorrente del Nabucco, e l’oleodotto che dovrebbe portare in Adriatico il petrolio proveniente dal Kazakhstan (anche in questo caso è coinvolta l’ENI).
Il fatto che Giacomo Franzot, vicepresidente del Comitato Porto Libero di Trieste, sia ingegnere presso la Agip KCO, proprio in Kazakhstan, produce comprensibilmente strane risonanze in chi cerca di districarsi in questo guazzabuglio.

Franzot su Linkedin
Torniamo a Parovel e Giurastante.
Parovel è un giornalista d’inchiesta, che in passato ha rivelato coi suoi articoli alcuni intrecci politico-affaristici legati ala gestione della Tržaška kreditna banka. Di lui si dice che negli anni sessanta fosse iscritto alla Giovane Italia, organizzazione giovanile del MSI, e che negli anni settanta abbia cambiato radicalmente le sue posizioni, trasferendosi a Lubiana e cominciando a denunciare le manipolazioni della storiografia italiana nel trattare la questione di Trieste. Nel dopo Osimo, è stato tra i promotori di Civiltà Mitteleuropea, associazione che si proponeva appunto di recuperare le radici culturali mitteleuropee della zona di Trieste. Giurastante fa parte del direttivo di MTL ed è di fatto il leader del movimento. Parovel invece non è iscritto al movimento, ma dalle pagine del suo giornale La Voce di Trieste è quello che al movimento fornisce i contenuti culturali e ideologici.

L’azione politica di MTL si svolge prevalentemente in tribunale, oltre che in piazza. A partire dalla primavera del 2012 Giurastante e altri esponenti del movimento cominciano a impugnare in tribunale le cartelle di Equitalia, sollevando il difetto di giurisdizione dello stato italiano sul TLT. Un’azione di questo tipo ha un forte impatto simbolico ed emotivo, in un periodo in cui migliaia di artigiani e piccoli commercianti si vedono pignorare merci e immobili, mentre lo Stato rinvia di mese in mese il rimborso dell’IVA. La cosa più interessante però è la scelta dell’avvocato fatta da Giurastante. Si tratta del pordenonese Edoardo Longo, uno che di sé scrive:

Edoardo Longo«Difensore senza attenuazioni opportunistiche nei processi politici contro i dissidenti antimondialisti di destra, ha riversato la sua esperienza in materia in alcuni libri e in moltissimi articoli contro le aberrazioni del sistema giudiziario al servizio delle lobbies plutocratiche internazionali. […] Dalla metà degli anni ‘8O svolge una intensa attività di ricerca culturale e pubblicistica, dapprima in ambito culturale tradizionale ( con nette influenze del pensiero di Julius Evola e Domenico Rudatis di cui era amico personale), poi in ambito più marcatamente politico.»

È facile rendersi conto che Longo è molto più di un avvocato. In rete la sua attività pubblicistica è documentatissima (cfr. quanto segnalato da Claudia Cernigoi), e ci porta direttamente in quell’intermondo dove si incontrano estremisti di destra (prevalentemente terzaposizionisti) e indipendentisti veneti.

Non è quindi un caso che al corteo del 15 settembre, in mezzo alle bandiere rossoalabardate, campeggiasse un bandierone col leone di S. Marco. Si trattava della delegazione del “Governo Veneto in esilio”, frangia indipendentista che in Veneto ha intrapreso le stesse azioni giudiziarie di MTL, facendosi anch’essa rappresentare da Edoardo Longo.

Oltre alle contestazioni delle cartelle di Equitalia, MTL ha intrapreso, o perlomeno sostiene di aver intrapreso, una serie di azioni presso non meglio precisate corti internazionali, allo scopo di ottenere il riconoscimento della sovranità del TLT e la nomina del Governatore da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Ma se provate a chiedere ai dirigenti come intende muoversi il movimento riguardo alla zona B, quella attualmente sotto sovranità (o amministrazione, a seconda dei punti di vita) croata e slovena: vi troverete nel porto delle nebbie.

Per seguire le cause internazionali è stata creata una Organizzazione non Governativa, la Triest NGO, con sede (virtuale) a Londra.

Schermata Triest NGO

La Triest NGO su Linkedin definisce se stessa «The Human Rights, Civil and Economic Development Initiative for the Free Territory of Trieste». Sul sito web della NGO, si può leggere: «The members of Triest NGO (…) believe in social justice, equity and respect for human rights, as all people should enjoy the rights they hold under international law and convention». Dichiarazioni d’intenti dal tono alato, che però stridono con quel che scriveva su facebook Sandro Gombač, vicepresidente di MTL e membro del direttivo della Triest NGO, nel marzo del 2011, a proposito dei boat-people tunisini.

Appena scendono fanno pietà, dopo due giorni stanno sul c... Cosa farebbero qui? Una zona di extraterritorialità in mano a loro, come a Padova o Mestre, dove davvero non puoi girare la notte, e spadroneggiano dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti? Li accoglierei si nell’ ex caserma, ma solo dopo averla minata.

In effetti MTL e la Triest NGO, più che i diritti umani, sembrano avere a cuore soprattutto questioni legate all’economia e alla finanza. L’applicazione completa del Trattato di Pace del ’47 infatti permetterebbe di estendere all’intera area del TLT il regime di zona franca in vigore nel Porto Vecchio, e di creare a Trieste un vero e proprio paradiso fiscale. E infatti l’off-shore finanziario, più che la portualità vera e propria, sembra essere la carta su cui punta MTL per lo sviluppo economico del TLT.
Oltre ovviamente all’incasso delle royalties per il passaggio degli oleodotti e dei metanodotti.

Il movimento, soprattutto attraverso gli scritti dell’intellettuale di riferimento Paolo G. Parovel, si dichiara multiculturale. I volantini, gli striscioni del corteo, i siti su internet, (quasi) tutto è rigorosamente bilingue, italiano e sloveno. Del resto è il Trattato di Pace del ’47 a stabilire che lingue ufficiali del TLT sono l’italiano e lo sloveno. Una parte non trascurabile dei simpatizzanti del movimento proviene dalla comunità slovena di Trieste, e in ogni caso la zona B del TLT ora è popolata in larga maggioranza da sloveni e croati.
In una città in cui la destra tradizionale nazionalista, dai fascisti ai liberali fino al PSI di Craxi, è stata egemone per 70 anni di vita repubblicana, la comparsa di un movimento che sventola bandiere bilingui può apparire, a prima vista, un fatto rivoluzionario. A un’analisi più attenta tuttavia non possono sfuggire alcuni dettagli incongrui.
In uno spot su Youtube, MTL parla dei triestini come di un unico popolo in cui non ci sono minoranze ma in cui si parlano due lingue.

Affermazione piuttosto strana: a Trieste solo gli sloveni sono bilingui, gli italiani sono in generale rigorosamente monolingui, e non hanno nemmeno la possibilità di studiare lo sloveno nelle scuole italiane.
Affermazione strana e pericolosa: in un ambiente a stragrande maggioranza italofono, la negazione dello status di minoranza produrrebbe necessariamente l’assimilazione della comunità slovena.
Affermazione strana, pericolosa e mistificante: quella italiana e quella slovena non sono solo due lingue, ma sono anche due culture, e due identità nazionali. Una cosa è praticare lo scambio interculturale, e magari auspicare un meticciato dal basso che produca nei tempi lunghi sintesi nuove e imprevedibili. Altro invece è proclamare dall’alto l’inesistenza delle differenze culturali e politiche e dei legami comunitari, sia nella maggioranza, sia soprattutto nella minoranza, e ridurre la questione identitaria interna alla società triestina a pura questione linguistica, inventandosi un «popolo triestino in cui non ci sono minoranze ma si parlano due lingue».
La sensazione è che da parte dei vertici di MTL ci sia un uso strumentale del bilinguismo, come bandiera da contrapporre al nazionalismo italiano e come foglia di fico per coprire lo sciovinismo e il micronazionalismo localista che permeano il movimento. Perché non va dimenticato che nel Trattato di Pace del ’47 c’è scritto anche che sono cittadini del TLT con pieni diritti civili e politici solo i cittadini italiani residenti nel territorio il 10 giugno 1940 e i loro discendenti. Di quale multiculturalismo si sta parlando, quindi? Di una versione semplificata del multiculturalismo di 100 anni fa. Non certo del multiculturalismo di oggi, quello creato dalle migrazioni e dalla globalizzazione dell’economia e dell’informazione.

Broker che promettono investimenti per 850 milioni di euro, ingegneri dell’ENI in Kazakhstan, piccoli artigiani tartassati da Equitalia, portuali senza porto, ambientalisti col feticismo della carta bollata, avvocati evoliani, giornalisti d’inchiesta col pallino della mitteleuropa, esperti di arti marziali, sloveni che desiderano un riconoscimento ufficiale dell’uso della loro lingua, esuli della zona B che sperano di recuperare i beni confiscati dalla Jugoslavia… Cosa li tiene insieme?
L’insofferenza per lo status quo, certo. Molti di loro magari avevano votato Grillo in primavera. Ma non basta. Non basta per creare un movimento di massa in grado di contendere la piazza alla destra nazionalpatriottica e di conquistarla a mani basse. MTL non è M5S. Dal vertice alla base del movimento c’è un rifiuto viscerale non solo dello status quo, ma di tutta la costruzione mitologica dell’identità nazionale italiana intorno al simbolo Trieste a partire dal 1914.
Attenzione, però.
Abbiamo visto che nel discorso di MTL, a Trieste non esistono minoranze – esiste un popolo, quello triestino, che parla due lingue – e abbiamo visto quanto sia mistificante questo discorso.
Abbiamo visto che per MTL l’antifascismo è una discriminante solo quando il fascismo è quello nazionalista italiano. Non lo è più quando il fascismo è quello tradizionalista di stampo evoliano.
Abbiamo visto che si tratta di un movimento in cui portuali e broker marittimi si trovano a sfilare idealmente insieme nello stesso corteo.
È evidente che un movimento identitario e interclassista di questo tipo, che si regge sulla rimozione del conflitto interno alla società triestina, per riuscire a contendere l’egemonia alla destra nazionalpatriottica italiana ha bisogno di un Mito. E deve essere un Mito abbastanza potente da potersi confrontare con l’altro Mito, quello di Trieste italianissima eccetera eccetera.

Paolo G. Parovel«Il 30 settembre, una settimana dopo l’equinozio d’autunno, è dal 1382 l’anniversario dell’atto di dedizione spontanea con cui la piccola città indipendente di Trieste si affidò a Casa d’Austria, rappresentata allora dal duca Leopoldo III d’Absburgo, per restare libera invece di diventare una colonia di Venezia come le altre cittadine costiere dell’Adriatico nordorientale.
Iniziava così […] il legame volontario fra Trieste e l’Austria che durò 536 anni, sino al novembre 1918, garantendo per oltre mezzo millennio alla città la sua indipendenza, con la dignità di Paese membro dell’Impero, attraverso il legame personale diretto con il sovrano. […] Si deve quindi constatare, questo 30 settembre del 2013, la riapertura di un ciclo simbolico e pratico nel quale la popolazione vecchia e nuova di Trieste si trova nuovamente a dover difendere, nel mondo e nei modi di oggi, la propria sopravvivenza concreta e la propria dignità dai rappresentanti attuali dei medesimi interessi geoeconomici e politici aggressivi che minacciavano di travolgerla con la forza e l’inganno già nel 1382, quando ricorse per difendersi all’Austria. Oggi la difesa più diretta non consiste in un plebiscito di dedizione all’Austria, ma nell’esigere dal Governo italiano e dalla Comunità internazionale la piena e corretta attivazione, secondo il diritto vigente, dell’ordinamento di Stato della città di Trieste quale Territorio Libero […] Ma la stessa azione difensiva potrebbe anche tradursi, su richiesta della popolazione triestina alle Nazioni Unite, nel passaggio dell’amministrazione fiduciaria di Trieste al governo austriaco, che rimane il candidato storico più naturale e qualificato a gestirla se quello italiano continuasse scandalosamente a non voler adempiere ai propri doveri internazionali di amministratore provvisorio, e non di padrone coloniale.»

È Parovel che parla, dalle colonne della Voce di Trieste, alcuni giorni dopo la manifestazione del 15 settembre. Ed è il fantasma di Furio Jesi che risponde:

«-Che cosa vuol dire cultura di destra?
-La cultura entro la quale il passato è una sorta di pappa omogeneizzata che si può modellare e mantenere in forma nel modo più utile […]»

Perchè è vero che Trieste deve le sue fortune del secolo d’oro al fatto di essere stata porto dell’Impero, e che la fine dell’Impero ha segnato l’inizio del declino della città. È vero che nel 1915 l’Italia è entrata in guerra con l’Austria da aggressore e in modo canagliesco. Ed è vero che l’Italia nel 1918 si è comportata nella “Venezia Giulia” nello stesso modo in cui si è comportata in Libia nel 1911 e in Africa Orientale nel 1935. Ma che Trieste debba le sue fortune all’atto di dedizione del 1382 e al “legame personale e diretto col sovrano” è Mito (tecnicizzato, ça va sans dire). Il fantasma di Karl Marx lo spiega in modo molto chiaro:

«Come accadde, quindi, che Trieste, e non Venezia, divenne culla della rinascita della navigazione mercantile nell’Adriatico? Venezia era una città di reminiscenze nostalgiche; Trieste condivideva lo stesso privilegio degli Stati Uniti di non avere alcun passato. Modellata da una masnada variopinta di mercanti-avventurieri italiani, tedeschi, inglesi, francesi, greci, armeni ed ebrei, non era incatenata dalle tradizioni come la Città delle Lagune.» (“The Maritime Commerce of Austria”, New-York Daily Tribune, 9 gennaio 1857).

Non è stato lo sguardo benevole dell’Imperatore a fare di Trieste il porto più importante del Mediterraneo. È stato il capitalismo. E dove c’è capitalismo c’è conflitto (di classe). E infatti nel 1902 i fuochisti del Lloyd scioperano. E come da manuale la polizia spara e lascia a terra 14 morti e 50 feriti. Eccetera eccetera.

Da sinistra: i caporioni delle SS Odilo Globočnik e Friedrich Rainer. Rispettivamente, un nazista sloveno nato a Trieste e l'ultimo austriaco ad avere governato la città.

Da sinistra: i caporioni delle SS Odilo Globočnik e Friedrich Rainer. Rispettivamente, un nazista sloveno nato a Trieste e l’ultimo austriaco ad avere governato la città.

E poi. Visto che si tratta di Mito, allora per magia dalla storia di Trieste secondo MTL scompare il nazionalismo italiano prefascista di Ruggero Timeus, e scompare il fascismo endogeno: quello dei fratelli Cosulich, che si servono degli sgherri di Giunta per reprimere gli scioperi nei cantieri navali; e quello di Giuseppe Cobolli Gigli, grande costruttore di strade in Etiopia con largo uso di manodopera indigena. Scompare il collaborazionismo del biennio ’43/’45, e scompare l’imbarazzante dettaglio che l’ultimo austriaco che ha governato a Trieste è stato il gauleiter Friedrich Rainer, coadiuvato da un triestino di origine slovena, un certo Odilo Globočnik, reduce dell’Aktion Reinhard e ideatore e direttore del campo di sterminio della Risiera di San Sabba – cinquemila morti, ebrei, zingari e partigiani sloveni, croati e italiani.
Non solo. Se il Mito è l’Austria, deve scomparire anche l’austrofascismo di Engelbert Dolfuss, e ovviamente deve scomparire l’entusiasmo con cui gran parte degli austriaci accolgono l’Anschluss, l’annessione al Terzo Reich.
A meno che…
A meno che non ci si lasci sfuggire l’indicibile: «Nel ’43 i tedeschi ci hanno liberati».

Commento lasciato da Franzot nel forum triestino bora.la

Commento lasciato da Franzot nel forum triestino bora.la

Infine deve scomparire la Resistenza, perchè è un dato di fatto che i partigiani di Tito, il primo maggio del 1945, entrarono a Trieste combattendo contro i tedeschi.

Insomma, per farla breve: ci troviamo di fronte a una narrazione alternativa della storia di Trieste, contrapposta a quella della retorica ufficiale italiana, ma ugualmente tossica.

AGGIORNAMENTO 17 OTTOBRE 2013

Dieci domande che Il Piccolo, quotidiano di Trieste, non si è posto riguardo al Movimento Trieste Libera


N.d.R.
I commenti a questa inchiesta di Tuco – che ringraziamo – saranno attivati 72 ore dopo la pubblicazione, per consentire una lettura ragionata e – nel caso – interventi meditati (ma soprattutto, pertinenti).

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103 commenti su “TraumStadt. Paradisi fiscali, oleodotti e ritorno del rimosso: viaggio nel neoindipendentismo triestino

  1. Per prima cosa, desidero ringraziare Giap per l’ospitalità.
    Aggiungo qui nei commenti una cosa di cui non ho parlato nel post, per non appesantire un testo già sufficientemente lungo. Un’amministrazione austriaca per Trieste non è solo l’auspicio dell’intellettuale di riferimento Parovel, ma è una proposta concreta di cui il presidente di MTL, Stefano Ferluga, ha parlato con la stampa a Vienna, in occasione della manifestazione organizzata appunto a Vienna da MTL.
    http://diepresse.com/home/politik/aussenpolitik/1421638/

    Si tratta come ho detto di un desiderio ricorrente nell’immaginario di una parte della società triestina. Ma al di là dei desideri, dei miti e delle nostalgie asburgiche, non è che in Austria le comunità slovene se la passino meglio che a Trieste, come si può evincere da questo report:
    http://www.minorityrights.org/?lid=1884
    «There are a few bilingual kindergartens, and bilingual education is provided for the first three years of primary school. Secondary-school pupils can register for Slovene language instruction for four lessons a week, and for Slovene as a subject.
    The provincial government of Carinthia is openly anti-Slovene and has fought bitterly against the provision of Slovene education. Provision in primary schools is limited to the designated bilingual areas. Secondary education follows federal government policy, but this is administered by the provincial authorities. In 1995 the languages of all neighbouring countries, including Slovenia, were offered in secondary and higher education throughout Austria.
    In 2001 and again in 2006, the right-wing governor of Carinthia Jorg Haider, a leading member of the Freiheitliche Partei Osterreichs (FPO) and then of the Bundnis Zukunft Osterreich (BZO), refused to comply with Federal Constitutional Court decisions ordering him to put up bilingual Slovene and German language place-name signs in municipalities where Slovenes are 10 per cent of the population (previously the requirement was 25 per cent). He threatened to close Slovene-language kindergartens and stop Slovene language broadcasts. The BZO won 25 per cent of the Carinthian vote in the October 2006 elections, making it the second largest party in the province. The anti-Slovene campaigns of right-wing groups such as Karntner Heimatdienst have not been discouraged by the governing parties.
    However, some local councils are supportive and the Slovene language is used unofficially in public life at this level.
    The provincial government of Styria refuses to recognize the Styrian Slovenes. However, their cultural organizations have received support from federal funds. The federal government allowed a Styrian Slovene to represent the community on the Slovene Group Advisory Council from December 2003.
    There is no broadcasting in Slovene for the Styrian Slovene community.»

    ———–

    Ci sono poi alcune cose che mi risultano ancora nebulose. Ad esempio non mi è chiaro il passaggio dall’ Associazione Cittadini TLT al Movimento Trieste Libera. Dalle informazioni che si riescono a raccogliere in rete, sembra di capire che quel passaggio sia stato accompagnato da polemiche e accuse reciproche. In particolare, si trovano tracce di una polemica tra Parovel e Donato a proposito della zona B: per Donato il TLT è uno e indivisibile. Per Parovel invece la sovranità Slovena e Croata sulla zona B è sancita dal riconoscimento di Slovenia e Croazia da parte dell’ONU nel 1991. Tutta la questione della zona B comunque è piuttosto ingarbugliata, e se ho capito bene anche all’interno di MTL ci sono posizioni diverse a riguardo. Un’altra cosa che non mi è chiara è se MTL abbia intenzione di chiedere a qualche paese terzo di sollevare la questione TLT all’ONU, e se sì, a quale, oppure se ritenga percorribili altre strade. E poi c’è una questione che mi sembra importante. In questo commento su un forum triestino
    http://www.cayoeffe.it/forum-trieste/topic.asp?whichpage=-1&TOPIC_ID=6130&REPLY_ID=68696
    Trieste Libera parla di contatti con Nigel Farage dell’UKIP. Anche questo aspetto andrebbe approfondito.

    ————————

    Alcune precisazioni su punti secondari che mi sono stati fatti notare:
    1. Rossetti e Vivante, più che indipendentisti, erano autonomisti. Rossetti, nella prima metà dell’Ottocento, rivendicava l’autonomia nell’ambito dell’Impero in nome dell’Italianità di Trieste, e per questo è considerato da alcuni un precursore dell’irredentismo. Vivante, da austromarxista, negli anni dieci del Novecento riteneva che la soluzione migliore per Trieste fosse quella di una marcata autonomia nell’ambito di un Impero completamente rinnovato nel suo impianto politico e sociale.
    2. L’areoplano radiocomandato per le riprese del corteo non era preso a nolo, ma era di proprietà di un simpatizzante di MTL.
    3. Alla fine della manifestazione Giurastante ha tenuto un breve discorso, che mi è sfuggito perchè in quel momento ero al telefono.
    Più altre precisazioni che mi verranno in mente man mano.

    • Io invece ringrazio te Tuco, perché l’accuratezza del tuo post mi ha permesso di mettere a fuoco la questione del MTL e vederla da una prospettiva che mancava completamente.
      Per questo ho scelto di riutilizzare alcuni dei punti che hai analizzato per tentare di chiamare in causa il principale quotidiano (italiano) di Trieste, Il Piccolo, nel post che Wu Ming ha linkato in fondo all’articolo. C’è troppa opacità in tutta questa vicenda, e non riguarda solo i vertici dell’MTL e le loro radici come movimento politico.
      Tutta la storia di Trieste sta a testimoniare di questo, e non c’è altro modo per affrontarlo che quello che hai utilizzato tu, smontare i miti e andare alla materialità delle questioni.

  2. ciao, sono nuova e chiarisco subito dove mi colloco. ho scelto il nick zora in ricordo di zora perello, che era triestina, slovena, antifascista.

    delle questioni sollevate da tuco, mi interessano in particolare due aspetti: il problema della cittadinanza di un ipotetico tlt, che rimane sul piano teorico, e il coinvolgimento della comunità slovena di trieste nel MTL.

    riguardo al primo punto, i portavoce di mtl si dichiarano favorevoli al più ampio diritto di cittadinanza, nonostante i dettami del trattato di pace riservino il pieno godimento dei diritti politici e civili ai soli triestini “originari”, vale a dire ai cittadini italiani residenti nel territorio del tlt al 10 giugno 1940 e ai loro discendenti. quando si solleva la questione, i portavoce di mtl citano spesso la futura costituzione, con la quale il diritto alla cittadinanza potrà essere esteso anche ad altri. balle! chiunque abbia dato un’occhiata al trattato sa che la stesura della carta costituzionale è riservata all’assemblea costituente, a sua volta eletta e costituita esclusivamente da chi detiene i diritti civili e politici, ovvero i triestini originari.

    ma chi sarebbero, questi triestini originari? se escludiamo chi è arrivato a trieste dopo il 1940, restano gli italofoni che da generazioni risiedono nel centro cittadino, i cosiddetti patochi, cui si aggiungono gli esuli della zona B riversatisi in massa a trieste nel dopoguerra e prevalentemente di lingua italiana. infine ci sono gli sloveni, autoctoni come i primi, ma vessati quanto i secondi. chi ha vissuto a trieste, sa che tra i primi due gruppi e i s’ciavi non è mai corso buon sangue, ma sa anche che gli esuli sono malvisti sia dai patochi che dagli sloveni. per farla breve e dirla con montale: sì, a trieste ci odiamo ancora (anche se non più così tanto).

    come si fa a ricomporre queste tre componenti storiche della città ? si dice agli italianissimi che si sono fatti fregare dalla retorica della trieste cara al cuore e si indica il nuovo nemico: i lianta, i foresti venuti dal resto d’italia, i regnicoli che con la loro cattiva amministrazione avrebbero ridotto la città alla miseria, cancellando per sempre gli antichi fasti dell’austria. gli italianissimi, impoveriti e delusi, si trasformano di colpo in triestinissimi, cambiando la radice, ma mantenendo immutato il suffisso. ora che gli esuli e gli sloveni non sono più il bersaglio dello sciovinismo dei patochi, per la prima volta si sentono triestini di serie A. poco importa se tradizionalmente hanno sempre votato agli opposti, se sono diversi per provenienza, lingua e memoria collettiva, ciò che conta è lottare tutti insieme per il bene della città, per “realizzare il sogno” di una “patria triestina” (parlano proprio così, giuro).

    in una discussione su facebook, chi parla per conto di mtl ha definito ridicoli i termini nei quali in questo pezzo è stata posta la partecipazione della “minoranza linguistica” slovena al movimento (le virgolette sono loro, non mie). io invece credo che tuco abbia ragione quando dice che il bilinguismo del mtl è una foglia di fico, una bandiera, che serve principalmente ad attirare consensi, ma nel contempo anche a nascondere la merda che hanno imbarcato. è pur vero che i vertici del mtl si sono sempre dichiarati a favore della multiculturalità e della massima apertura anche nei confronti degli immigrati più recenti, però i movimenti non si fanno con i proclami e le buone intenzioni. si fanno con la gente reale e prima o poi dovranno farci i conti. speriamo non si facciano troppo male.

    • Ecco un tipico esempio di gente poco “reale”: http://www.youtube.com/watch?v=vb7UG5qMrs8

      Tu dici “poco importa se tradizionalmente hanno sempre votato agli opposti, se sono diversi per provenienza, lingua e memoria collettiva, ciò che conta è lottare tutti insieme per il bene della città”
      È esattamente quello di cui c’è bisogno. E non si riesce a capire come potrebbe essere anche lontanamente un fattore negativo, per Trieste.

    • Ecco un tipico esempio di gente poco “reale”: http://www.youtube.com/watch?v=vb7UG5qMrs8

      Tu dici di noi: “poco importa se tradizionalmente hanno sempre votato agli opposti, se sono diversi per provenienza, lingua e memoria collettiva, ciò che conta è lottare tutti insieme per il bene della città”

      Infatti. È esattamente quello di cui c’è più bisogno, qui!
      E non si riesce a capire come potrebbe essere anche lontanamente un fattore negativo, per Trieste, questo pensiero.

      Se non per i pochi collusi con quest’amministrazione disastrosa, si intende.
      O per chi nelle divisioni — portate avanti senza ottenere il benchè minimo risultato — ci sguazza alla grande.

      • @triestelibera lo chiedo direttamente a voi: rodolfo taupal della triest ngo è quello della credit est?

        • Siamo sicuri lei abbia i mezzi ed il tempo libero per scoprirlo da solo.

          Figuriamoci se ci mettiamo ad agevolare ulteriori operazioni di killeraggio mediatico come questa… anche se in questo caso non sarebbe rivolta verso un nostro membro.

          Buon lavoro.

          • “inchiesta”, “analisi”, “disamina critica”. Capiamo bene, per voi sono termini e concetti nuovi, visto che nessuno aveva mai fatto davvero un’inchiesta (men che meno partecipata e dal basso), un’analisi seria, una disamina che non la buttasse sul folklore. Il Piccolo ha deciso di darvi pochi grattacapi sulle questioni concrete e di fondo, e di farsi poche domande. Ad ogni modo, mi sa che dovrete abituarvi, e decidervi a rispondere. Non vi riuscirà di sgusciare sempre via come saponette mezze sciolte. Grazie del “buon lavoro”, noi si procede.

  3. Complimenti come al solito. Segnalo un interessante articolo in merito uscito sul “piccolo” del 11.10.13

    http://www.scribd.com/doc/177150564/pcclTS11-10-2013-46

    Se non è permesso linkare chiedo scusa.

  4. Facciamo presente ai nuovi iscritti che su Giap il primo commento di ciascun utente rimane in coda di moderazione finché un amministratore non lo vede e lo autorizza. Da quel momento, i successivi verranno pubblicati senza questo passaggio. Dopo aver lasciato il commento abbiate pazienza, non siamo qui 24h al giorno, ma cerchiamo di controllare e sbloccare il più spesso possibile. Buona discussione.

  5. Articolo fondato su informazioni MOLTO approfondite.. ma con qualche “imprecisione”.
    Vediamo:

    “L’indipendentismo del Movimento Trieste Libera invece ha le sue radici più visibili nella protesta popolare esplosa in seguito alla firma del Trattato di Osimo nel ’75.”
    Per nulla. La lista per Trieste era antislava, con fortissimi elementi massoni (e/o ex-PCI), e MAI parlava di Territorio Libero di Trieste. L’opposto del nostro movimento.
    Occhio che noi NON siamo autonomisti, dell’autonomia non sapremmo cosa farcene. Viviamo in un Territorio già indipendente dall’italia, ma solamente sotto amministrazione fiduciaria (civile), situazione non più sostenibile.

    “L’oggetto totemico di questo nuovo filone indipendentista è una lettera inviata da Giovanni Marchesich”
    No, è solamente un pezzo del puzzle… e non necessariamente quello più importante. Si tratta solamente di una conferma fra molte, in grado di rafforzare il processo di legalità che portiamo avanti.

    Il collegamento fra Jörg Haider ed il nostro movimento, poi, è del tutto fantasioso… a meno che non si intenda usarlo come passaggio logico per collocarci verso una “ex-destra” — non ha senso, capacitatevene, per favore: noi ci schieriamo per la legalità, che una volta raggiunta potrà dar vita a movimenti, partiti, etc. di ogni tipo la cittadinanza riterrà necessario.

    “Nel novembre del 2011 l’associazione si scioglie, e nasce il Movimento Trieste Libera. Il presidente è ancora Stefano Ferluga”
    No, il primo presidente di Trieste Libera non era lui…

    “e i soci dell’associazione vengono travasati nel movimento.”
    Nessuno viene “travasato”, si decide semplicemente di darsi da fare, agendo in modo sempre più incisivo, più di quanto possa fare un’associazione culturale. Gli eventi (e il fatto che se ne stia qui a parlare) ci danno ragione, non credete?

    “Giurastante fa parte del direttivo di MTL ed è di fatto il leader del movimento.”
    Il nostro è un movimento a-leaderistico e popolare, con buona pace dei giornalisti.

    “Parovel invece non è iscritto al movimento, ma […] è quello che al movimento fornisce i contenuti culturali e ideologici.”
    NO. Parovel è una persona, con le sue opinioni, ed il movimento in alcuni punti concorda con lui, in altri no, com’è normale che sia.
    I contenuti ce li forniamo da soli…

    “La cosa più interessante però è la scelta dell’avvocato fatta da Giurastante. Si tratta del pordenonese Edoardo Longo”
    Errore: di avvocati ne abbiamo più d’uno. Dettaglio curioso: al contrario di Longo, altri avvocati che ci seguono vengono definiti da chi non ci ama “comunisti”. Dovreste decidervi, cari denigratori, almeno sceglietevi una linea unica!
    E se fosse proprio che delle idee personali di Longo (o di chicchessia) non ce ne potrebbe importare di meno?

    “Non è quindi un caso che al corteo del 15 settembre, in mezzo alle bandiere rossoalabardate, campeggiasse un bandierone col leone di S. Marco. Si trattava della delegazione del “Governo Veneto in esilio””
    1. c’erano anche altre rappresentanze; 2. la rappresentanza Veneta era composta da più di un gruppo. Quindi i vs collegamenti logici sono un po’ debolucci…

    — ora si scende nella malafede “spinta”… —

    “In effetti MTL e la Triest NGO, più che i diritti umani, sembrano avere a cuore soprattutto questioni legate all’economia e alla finanza.”
    Ed invece, per quanto riguarda il nostro movimento, sono importanti entrambi gli aspetti. Se poi non ci si fida a priori, non possiamo farci molto; la malafede a priori è una brutta bestia…

    “Il movimento, soprattutto attraverso gli scritti dell’intellettuale di riferimento Paolo G. Parovel, si dichiara multiculturale.”
    No, lo siamo nei fatti di ogni giorno, come i triestini che ci vengono a conoscere possono sperimentare.
    E chi non conosce altre lingue oggi, non può che sperare che il sistema scolastico del Territorio Libero possa colmare questa lacuna al meglio per il futuro.
    NB: per la prima volta con tutta naturalezza il 15 settembre migliaia di persone hanno gridato “Svobodni Trst” in piazza: per noi, è un momento di svolta storica.
    E, per l’ennesima volta, Parovel non è l’intellettuale di riferimento del nostro movimento, ma solamente di sé stesso o di chi decide di concordare con lui.

    — ora si scade nella negazione della realtà —

    “inventandosi un «popolo triestino in cui non ci sono minoranze ma si parlano due lingue”
    Questo è un dato di fatto: qui, non esistono minoranze. È un concetto che in una città-porto internazionale non è proprio applicabile.
    E chi ne ha mai visitata una, capirà che è proprio così.
    Con buona pace dei pochi che ci guadagnano qualcosa, dall’essere “tribù protetta”, facendo perdere qualcosa (molto) a tutto il resto della popolazione.

    “La sensazione è che da parte dei vertici di MTL ci sia un uso strumentale del bilinguismo”
    No, non è una sensazione, è una frasetta buttata lì senza nulla a supporto. Con quali fini, non si capisce.

    “nel Trattato di Pace del ’47 c’è scritto anche che sono cittadini del TLT con pieni diritti civili e politici solo i cittadini italiani residenti nel territorio il 10 giugno 1940 e i loro discendenti. Di quale multiculturalismo si sta parlando, quindi? Di una versione semplificata del multiculturalismo di 100 anni fa.”
    Abbiamo SEMPRE sostenuto che chi nasce qui per noi è triestino. Punto. E che chi vive e lavora onestamente qui ha tutto il diritto di sentirsi triestino, e di continuare a farlo. E che non promulghiamo alcun repulisti.
    Chi sostiene che la nostra posizione sia diversa da questa, lo fa per secondi fini, se non altro perché non è nemmeno venuto a chiedercelo prima di scriverlo.

    Ma quando si è in malafede, si fa finta di non sentire e si tira dritti…
    “Insomma, per farla breve: ci troviamo di fronte a una narrazione alternativa della storia di Trieste, contrapposta a quella della retorica ufficiale italiana, ma ugualmente tossica”
    1. Noi NON parliamo di storia, ma di attualità e di soluzioni dei problemi attuali. Difficile da capire? Per alcuni.
    2. Noi guardiamo avanti, non indietro.
    3. Gli elementi di “tossicità” paventati sono riconducibili ad una strana malafede, crediamo ampiamente dimostrata dai fatti, e da quanto qui specificato.

    Noi non parliamo di austro-fascismo, di moti, scioperi, morti, disgrazie, etc… semplicemente perché NON CI OCCUPIAMO DI STORIA, ma di attualità e di futuro.
    Per alcuni sembra difficile da capire, ma quell’ambito lo lasciamo ad altri, noi ci impegniamo per un futuro migliore per tutti, anche per quelli che ormai hanno deciso di incasellarci con elementi del tutto pretestuosi, spizzicati qua e là.

    — conclusioni deliranti —

    Insomma, pur di dimostrare che il nostro sarebbe un movimento di destra e pericolosissimo (nota bene: dall’ex-destra ci arrivano accuse OPPOSTE), si fanno collegamenti logici insensati, si mettono assieme post su facebook, articoli di giornalisti non iscritti al nostro movimento, un comitato PLT con un movimento con cui non ha NULLA a che fare, cercando di trovare fili narrativi dove sono – nella realtà – del tutto inesistenti.

    Non ce la fate, ex-destra ed ex-sinistra.
    Non ce la fate proprio a capire che il rifiuto dello status quo (dannoso) che ci ritroviamo significa anche un rifiuto viscerale del DIVIDE ET IMPERA che articoli come questo dispensano a piene mani.

    Basta. Fate applicare le leggi in vigore: ne va del bene di tutti. Ma proprio tutti. Esclusi i collusi e chi vive nel passato, si intende.

    Insomma, per farla breve (cit.) l’informatissimo anonimo autore (che conserva screenshot di post dei profili personali su facebook di inizio 2012, il che non è da tutti) conclude citando un commento di un individuo (Franzot) CHE NON FA PARTE DEL NOSTRO MOVIMENTO nè vi è in contatto, proprio come esempio conclusivo e “definitivo” di quella che si vorrebbe vedere come posizione del nostro movimento!

    Siamo sicuri che chi legge, e chi si è interessato alla questione del Territorio e del Porto Libero di Trieste (che peraltro appartiene alla cittadinanza TUTTA, e non ad un movimento o ad un altro), non si farà fregare così facilmente.

    • Quindi il Trattato di Pace è valido solo nelle parti in cui vi fa comodo?
      In secondo battuta: chi promulgherà cosa lo decidete già oggi? E il Governatore? E l’Assemblea Costituente?
      Sulle dichiarazioni di “Sandro Gombač, vicepresidente di MTL e membro del direttivo della Triest NGO, nel marzo del 2011, a proposito dei boat-people tunisini” non avete nulla da dire?

  6. Piero Purini, in un bel saggio pubblicato qualche anno fa, citava le parole con le quali i comunisti del PC TLT si riferivano ai progetti dell’indipendentismo triestino:

    «Con gli slogan né italiani né slavi, né destra né sinistra, Trieste ai triestini, cercano di inquinare la classe operaia col loro sporco cosmopolitismo fatto passare per “internazionalismo” […] Il loro cosmopolitismo è l’“internazionalismo” dei nemici dei lavoratori italiani e slavi, è internazionalismo alla rovescia […] Il loro principio è che tra sfruttatori e sfruttati triestini non c’è differenza. Sono tutti triestini.» (P. Purini, L’indipendentismo triestino, 2008).

    Ho l’impressione che il senso fondamentale di questa polemica non sia affatto superato, ed è per questo che la riflessione che avete pubblicato mi è sembrata di grande utilità. Tutti abbiamo visto i proletari (teniamoci buoni questi vecchi termini…) in corteo il 15 settembre: non si discute su quest’aspetto. Siamo stati in strada con alcuni di loro nel corso delle lotte degli anni scorsi, abbiamo toccato con mano la loro voglia di battersi. Ma è proprio qua che inizia il problema: tanti operai e disoccupati che pure in passato hanno saputo dare battaglia sono stati letteralmente “stregati” dai messaggi suggestivi di un indipendentismo concepito appositamente per tenere nascosti i loro interessi di classe. Perché la discussione possa procedere utilmente ci dev’essere, a mio modo di vedere, accordo su questo punto: la forza che dimostrano certi argomenti “comunitaristi” cresce impetuosamente con l’indebolimento del senso di appartenenza di classe. Quando sembrano sfilacciarsi le ragioni del conflitto di classe, prendono forma le aspirazioni più confuse, le strategie più velleitarie. Mesi fa questa dinamica ha preso nitidamente forma in un corteo dei portuali che attraversato Trieste: organizzato per denunciare il dilagare della precarietà in porto, ha radunato circa duecento manifestanti, letteralmente ignorati da gran parte di quanti si considerano parte della sinistra triestina. L’unico messaggio politico che rimbalzava in corteo era quello degli indipendentisti: non una parola contro i terminalisti, non una parola contro lo sfruttamento e il caporalato, solo slogan martellanti che inneggiavano al porto franco. Tanto assordante il silenzio della sinistra, quanto insistenti i mantra dell’indipendentismo: le due cose stanno assieme, e segnano con chiarezza le dinamiche delle discussioni che si svolgono oggi in città. Nessuno s’illuda che contro gli sfruttatori gli indipendentisti abbiano voglia di fare quel che la sinistra non sa più nemmeno tentare: il senso dell’orgoglio localistico non ha nulla a che fare con le ragioni dell’orgoglio di classe. Quando sapremo riscoprire le seconde, del primo ci dimenticheremo in fretta. Si tratta di un impegno per il quale vale ancora la pena di rimboccarsi le maniche, senza alcuna concessione alle suggestioni confuse (e pericolose) di un localismo scambiato per internazionalismo.

    • Importante riflessione quella di Donaglia, che centra il nocciolo del discorso “indipendentista” definendolo come un “internazionalismo alla rovescia” e crediamo che sia la formulazione più calibrata ed attagliata e che dovremmo introiettare e generalizzare. E’ evidente che, così come il M5S furoreggia sul piano nazionale, anche a Trieste le ragioni di un successo “popolare” di un movimento che si definisce nè di destra e nè di sinistra affondino le radici nel fallimento complessivo della sinistra istituzionale, nella sua completa incapacità di dare risposte ai problemi concreti della città. L’esempio dei portuali triestini invece introduce necessariamente una riflessione sul ruolo del movimento sindacale e sulle responsabilità dei dirigenti sindacali nella perdita di quell’importante senso di classe.

  7. Voglio provare a essere molto chiaro e diretto su un punto: quando mi hanno parlato del fatto che a Trieste stava prendendo piede un movimento che si richiamava all’indipendentismo la mia prima reazione è stata di forte curiosità e moderata simpatia. La ragione è semplice e personale più che politica: ero cresciuto nella Trieste degli anni Settanta e Ottanta dribblando occupazioni di scuole gestite dal Fronte della Gioventù di Almerigo Grilz … contro “il bilinguismo”!
    E’ difficile spiegare cosa significa crescere su una frontiera, amare attraversarla, sognare di demolirla e ritrovarsi ad avere a che fare con una retorica dominante che si fa un vanto di parlare una lingua in meno anziché di conoscerne una in più.
    Ho provato ad approfondire quindi, con sincera curiosità, e devo dire che mi sono letto più o meno tutto quello che l’MTL ha prodotto. E la simpatia si è affievolita parecchio osservando l’approccio del tutto burocratico che è stato adottato: continui richiami “alla legalità” per formazione personale e politica non potevano affascinarmi, limite mio forse, ma credo ci sia qualcos’altro che ho provato a declinare nel post sul mio blog che affrontava le origini dell’indipendentismo – è citato da Tuco quindi non lo linko di nuovo – partendo da una storia che conosco bene anche per retaggio familiare, quella del movimento operaio triestino.
    Al di là di tutte le questioni che il post di Tuco solleva – e sulle quali le risposte mi sembrano sempre di maniera – c’è il fatto che MTL propone di fatto un cambio di sovranità, nel 2013, nel mezzo del continente europeo, come se si trattasse di dirimere una controversia condominiale o una causa di separazione. E questo non solo mi fa sorgere qualche sospetto sulle reali intenzioni della proposta politica – perché non voglio dubitare dell’intelligenza o della salute mentale di chi la formula -, ma soprattutto mi sembra mettere la cosa su un terreno carico di passioni tristi e molto poco vicine all’idea che ho di un processo di cambiamento radicale. Che per me è sempre un processo costituente, che si nutre di conflitti reali, che dà parola ai/alle tanti/tante che non hanno voce né potere, che determina la sua Costituzione nel suo farsi giorno dopo giorno, lotta dopo lotta. E che cambia per forza di cose chi accetta di esserne parte.
    E’ l’esatto opposto della proposta del MTL che invece dice: “il TLT esiste già, funzionerà così, si amministrerà cosà. Basta che l’Onu ci dia il governatore e tutti i problemi di Trieste e dei triestini saranno risolti, perchè E’ GIA’ SCRITTO!”
    Nel chiudere il post sulla storia dell’indipendentismo ponevo proprio questo problema: un cambiamento radicale deve avere il coraggio di affrontare ed essere all’altezza dell’idea universale che sottende, altrimenti è pura accademia, manierismo, speculazione. O materia per tristi azzeccagarbugli.

    • Ringrazio Tuco per questa dettagliata inchiesta che chiarisce molte luci e ombre di un movimento che gli stessi triestini non riescono ben a capire, la domanda “ma da dove salta fora sti qua?” deve essere risuonata parecchie volte sotto il formaggino di Monte Grisa, e questo post le risponde molto bene.

      Un tweet di qualche giorno fa segnalava 1000 contatti unici dalla sola Trieste nel giorno stesso della pubblicazione del post e d’altronde qui sono intervenuti quasi esclusivamente triestini, la maggior parte dei quali peraltro conosco almeno di vista o di nome (TS non è una metropoli), tranne forse il fantomatico comitato “Trieste Libera” che aborre gli articoli scritti da pseudonimi ma si firma come entità misteriosa collettiva, chi è che parla? Gadu? Se Tuco si firmava “Comitato Free Bananas Now” era degno di risposte più esaurienti?
      Ma la vera domanda è: e gli altri? Di questo movimento indipendentista fotte veramente qualcosa oltre l’Isonzo? Questo articolo, come quello di Cernigoi su Carmilla, fa uscire la questione MTL dall’alveo provinciale ma l’impressione è che la cosa non piaccia molto a MTL come sarebbe logico aspettarsi… non solo, fino all’articolo di Tuco ero restio a trattare seriamente la cosa, ad esser sincero mi sembrava un fenomeno da C.I.M. – centro igiene mentale che a TS vanta molti avventori – l’inchiesta di Tuco obbliga con la sua dovizia di dettagli a prendere seriamente la cosa e neanche questo mi pare piaccia a MTL, sembra quasi che preferisca piuttosto lo sfottò de Il Piccolo… mah, saranno solo mie impressioni?

      Ho solo piccoli appunti: l’equazione identità=lingua va molto soprattutto fra gli sloveni e a odiare il termine “minoranza” sono soprattutto loro, che preferiscono “comunità”, non è da sottovalutare l’adesione a questo movimento da parte di costoro, ma soprattutto – ho notato – va alla grande tra i più meticci – qui lo siamo tutti, ma intendo dire tra coloro che masticano lo sloveno ma magari non tanto bene (in molti) preferendo magari parlare “per zakaj” (per i non triestini: trattasi di parlata che mischia dialetto triestino e sloveno)… il concetto di triestinità cosmopolita e multilingue non l’ha inventato MTL che cerca al massimo di cavalcarlo, ha origini lontane, anche colte se si considerano gli scritti di Magris e Ara, e popolari se si guarda a Carpinteri & Faraguna e la trasmissione radiofonica “El campanòn”, il concetto ha sapore nostalgico e vagamente conservatore (a tinte molto leggere) ma non è par mio necessariamente tossico di suo, può venir pesantemente intossicato questo sì, ma spesso riunisce persone sinceramente stufe di un secolo di contrapposti nazionalismi come Andrea Olivieri e come me, coi coglioni pieni sia di foibe che di Trst je nas… non è un aspetto da sottovalutare e secondo me è un dettaglio chiave per capire un aspetto che ancora non è stato indagato e che l’inchiesta su finanziatori e ideologi non riesce a spiegare: il legame affettivo, il senso di appartenenza che questo movimento riesce a innescare nelle persone più insospettabili, aldilà della follia dei suoi costrutti ideologici, attraendo anche “compagni” dei movimenti, ad esempio.

      P.S. Ma “Tonfa” era autonomo? Pensavo fosse dell’altra sponda politica…

      • Sai qual è il problema? Che il meticciato di cui si fregia una certa Trieste è un meticciato a ingredienti prestabiliti: patochi italofoni, istroveneti, sloveni e austriaci. Per dare un po’ di pepe, si può aggiungere a piacere qualcuno dei “popoli di Franz Joseph”, ma senza esagerare.

        Ma un istro-napoletano, un siculo-sloveno, un istro-furlano, un patoco-senegalese, un croato-libanese? Possono essere considerati con simpatia, ma saranno sempre degli estranei. Il meticciato “con gli ingredienti giusti” diventa quindi un nuovo elemento identitario. Chi non vive a Trieste troverà sorprendente questo paradosso, uno dei tanti di questa città.

        Per quanto riguarda gli sloveni, anch’io preferisco usare il termine “comunità” piuttosto che “minoranza”. Ma “minoranza” è il termine tecnico che viene usato nelle leggi di tutela. Devo dire anche che, da italofono, provo un certo disagio quando a Trieste sento altri italofoni (meticci o meno) rinfacciare agli sloveni il fatto di voler conservare una propria identità culturale e linguistica. E’ un discorso molto scivoloso, che può essere declinato in tanti modi, ma che la maggiorparte delle volte nasconde una certa insofferenza e un malcelato senso di superiorità, perchè gli sloveni, con la loro presenza, mettono in crisi non solo il mito dell’italianità, ma anche quello della triestinità.

        • Concordo con tutto quello che scrivi, per questo ho parlato di “multiculturalismo leggermente conservatore”, peraltro i riferimenti culturali che ho citato sono tutti “italofoni” e fanno breccia soprattutto sugli “italofoni” e semmai su “slavofoni mistilingui” di una certa età.
          Il discorso è molto scivoloso ma c’è da prendere atto che sta avvenendo un forte cambiamento antropologico nella città: sempre più italofoni (anche di provenienza extracittadina) mandano i propri figli alle scuole slovene, una cosa quasi impensabile o molto rara fino a dieci anni fa. La comunità slovena non reagisce molto bene a questa “invasione” dei propri spazi – gli italiani non sanno capirli perchè non sanno immedesimarsi e comprendere cosa significhi la paura dell’assimilazione culturale (da qui quel senso di superiorità fastidioso); gli sloveni reagiscono male passando spesso dalla parte del torto assumendo odiosi atteggiamenti intolleranti talora persino contro i bambini ignari, dopo anni di “s’ciavi raus” ora fanno loro la figura dei “taljani raus”… ci sarebbe bisogno di una forte attività di mediazione culturale, che solitamente si tira in ballo quando c’è urgenza di integrazione tra popolazioni molto lontane e non storicamente a contatto ma che difficilmente si accetta per culture contigue da millenni, dove l’uno è convinto di conoscere l’altro a menadito. Sul fatto che siamo dello stesso sangue misto non ci piove, ma in persone anche di identico pedigree convivono culture molto differenti con proprie specificità psicologiche e sociologiche, oltre che storiche e letterarie. Un meticciato reale richiederebbe molte rinunce, innanzitutto all’egemonia culturale (gli italofoni devono fare uno sforzo enorme anche solo per capire i propri bias relativi all’essere “maggioranza ufficiale”), poi bisognerebbe rinunciare a intere porzioni di identità da una parte come dall’altra. Per un triestino italofono non basta saper fare un’ordinazione in sloveno in osmiza (che è comunque già un bel passo in avanti), deve incominciare anche a studiare Kosovel, Cankar, Pahor, partecipare alla vita culturale anche prettamente slovena. Quando ho organizzato la presentazione triestina di Point Lenana ero veramente commosso, perchè una partecipazione così massiccia e così equamente ripartita tra sloveni e italiani ad un evento culturale non enogastronomico capita assai di rado. Ci sono realtà che promuovono questo incontro e questo meticciato a livello di letteratura, cinema, arte (che consistono nel far conoscere la cultura slovena agli italofoni, perché quella italiana gli sloveni triestini la conoscono già).
          Ovviamente di tutto ciò MTL se ne frega, non ci ha mai messo becco, molti hanno capito che a loro interessa proprio quell’attributo“vagamente conservatore” di tale multiculturalismo ovvero cercano di far leva su due conservatorismi tradizionalmente opposti, quello sloveno e quello italiano forse cercando di orientare in un certo modo (“territorializzante” o “tossico”) quel cambiamento antropologico scattato nell’ultimo decennio con il crollo del confine. È come se MTL cercasse di attrarre attorno a sé una certa paradossale “nostalgia del confine” che aveva un forte valore identitario, in modi diversi, sia per slavofoni che italofoni (spesso le loro foto nostalgiche utilizzano i cartelli confinari purilingui della Zona B!).
          Quello che intendevo dire è che dopo l’ottima disamina storica delle diverse componenti dell’indipendentismo attuata da Olivieri e Cernigoi e completata da te, dopo l’INDISPENSABILE indagine “funzionalista” su dove vogliono andare a parare i vertici di questo movimento e sui chi siano gli attori e le loro storie, occorre indagare anche l’aspetto “affettivo” o “antropologico-culturale” che attrae molti triestini, senza liquidarlo frettolosamente come bieco conservatorismo, anzi, andrebbe preservato l’aspetto positivo e “nomade” di questa nuova tendenza per contrastare la deriva “territorializzante” e manipolatoria di MTL, una sorta di Occupy Viva-là-e-po’-bon :D (e questa, mi dispiace, ma ai non triestini non riesco proprio a spiegarla…)

          • Infatti una battaglia da fare sarebbe quella per introdurre l’insegnamento dello sloveno nelle scuole italiane. Una battaglia difficilissima, in una città che ha crisi isteriche per un cartello bilingue “deviazione-obvoz” in un cantiere stradale in centro (con strascico di interrogazioni in consiglio comunale).

            Un esempio perfetto di quel che dici si trova in questo articolo del piccolo:

            https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10152052000138814&set=a.98173978813.86509.727113813&type=1

            Il festival della cultura slovena a Trieste liquidato in una riga, come “iniziativa d’oltreconfine”, e messo in un gran minestrone insieme a concomitanti manifestazioni folkloristiche come “Sissi in Piazza Grande” (puke!).

            • … o come “l’oktoberfest triestino” (?! dove peraltro sventolavano molte bandiere di MTL), la disinformazione sullo SLOFEST (sempre Il Piccolo e la sua prodigiosa”idea di giornalismo” di mezzo) e le battaglie sui cartelli sono vestigia della vecchia ignoranza, la battaglia per l’intercultura (più che multicultura) è ancora aperta e si gioca sulle nuove generazioni cresciute senza confine, di sicuro non si può lasciare che il vessillo di questa battaglia finisca in mani para-leghiste

              • Para-leghista sarà lei.
                Per noi è triestino allo STESSO modo l’istro-napoletano, il figlio di cinesi, o chi vive qui da 5 generazioni.

                Fatevene una ragione, e smettetela di usarla come scusa per dare contro a chi non capite — o con cui, evidentemente, non avete mai avuto alcun contatto. Grazie.

                p.s: alla manifestazione del 15 settembre scorso erano presenti triestini di ogni etnia, in tutta naturalezza. Altro che para-leghisti…
                http://www.youtube.com/watch?v=vb7UG5qMrs8

                p.p.s: ricordiamo ai lettori più disattenti — quelli per cui “tutto il mondo è lega” — che in Europa non mancano movimenti indipendentisti del tutto a-partitici e aconfessionali, e parecchi sono anche di sinistra. Quindi, per favore smettetela di farvi fregare da articoli del genere, incasellandoci secondo schemi mentali tipici del (piuttosto triste e inefficace) panorama civico-politico italiano.
                Ri-grazie.

              • Non è vero, perchè il dispositivo TLT (basato sul trattato di pace del ’47) esclude dal processo costituente chi non ha avi che il 10 giugno 1940 fossero cittadini italiani e residenti nel TLT. Come ho già detto, se le vostre posizioni a riguardo sono diverse, dovreste riflettere sull’assurdità di far partire un processo di autodeterminazione da una legge già scritta a priori, per di più 66 anni fa.

  8. @Trieste Libera
    1) Nell’articolo indico come radici più visibili non la Lista per Trieste, ma la protesta popolare seguita alla firma del Trattato di Osimo. La Lista per Trieste è stata figlia di quella protesta, come lo sono stati altri filoni indipendentisti, ad esempio quelli di ispirazione mitteleuropea, o quello di Giovanni Marchesich. A questo proposito, ricordo che nel febbraio 2012 avete organizzato un incontro in cui vi siete presntati insieme a Giorgio Marchesich e al Fronte Giuliano.

    2) La lettera di Giovanni Marchesich è l’oggetto totemico di tutti gli indipendentismi che a Trieste indicano nell’ applicazione del Trattato di Pace la via all’indipendenza.

    3) Non ho fatto nessun collegamento tra Haider e MTL. Infatti Haider è morto prima che nascesse MTL e addirittura COPLT. Ho parlato di Haider perchè all’epoca una parte di Trieste guardava a Klagenfurt. Si parlava di Euroregione, ed era visibilissimo l’asse Illy-Haider. La morte di Haider ha fatto tramontare l’Euroregione, e quelle spinte si sono incanalate altrove. Ricordo comunque le scritte “Fronte Giuliano – Marchesich come Haider” su più di un muro.

    4) Ok, il primo presidente non era Ferluga. Ma l’attuale sì. Considerate che è praticamente impossibile reperire informazioni sul vostro organigramma nei vostri siti web, e bisogna basarsi su articoli di giornale.

    5) Che i soci siano stati “travasati” è un’affermazione di Franzot: http://bora.la/2013/08/02/ripristinare-la-legalita-violata-da-un-paese-che-ha-occupato-militarmente-il-tlt/#comment-318332

    6) La posizione di Giurastante 20 metri davanti alla testa del corteo, cosa indicava, se non la sua posizione di leader?

    7) Ok, diciamo che Parovel è il vostro principale intellettuale di riferimento.

    8) Su Longo la vostra affermazione *qui e ora* è la conferma di quello che a noi (giapsters) interessa maggiormente: la caduta della pregiudiziale antifascista. Degli altri avvocati (e degli altri denigratori) non ce ne importa niente.

    9) Il Governo Veneto in Esilio ha (aveva) sede in Via Udine 2, cioè nella vostra sede. Su youtube si trova un video girato fuori dal tribunale di Cittadella in occasione di un’udienza in tribunale, in cui Longo patrocinava il Governo Nazionale Veneto. In quel video si nota una bandiera del TLT.

    10) Che credibilità possa avere nella difesa dei diritti umani uno che su fb dice di voler minare la caserma di Zgonik prima di accoglierci i profughi tunisini, lascio che siano i lettori a stabilirlo.

    11) Multiculturalità non significa qualche bandiera e qualche slogan bilingue. Multiculturalità significa confrontarsi con una città in cui ci sono 18 mila immigrati, istituzioni scientifiche internazionali, e ovviamente una comunità slovena autoctona con la sua identità nazionale, la sua memoria, le sue istituzioni e la sua dialettica interna. La multiculturalità si costruisce dal basso, nelle pratiche e nelle lotte, quando le linee del conflitto attraversano le diverse comunità (ad esempio su eguaglianza sociale, laicità, libertà individuali e, last but not the least, antifascismo).

    12) Dire che non ci siano minoranze a Trieste è una mistificazione. A Trieste c’è una comunità slovena che non è solo una minoranza linguistica, ma un comunità (con una sua identità nazionale, una sua cultura e una sua memoria) che fa parte di questa città, anche se gran parte della componente italofona di Trieste non lo vuole riconoscere. Un esempio: il piccolo ha definito SLOFEST “manifestazione d’oltreconfine”. Non occorre aggiungere altro.

    13) Che il bilinguismo di MTL sia strumentale sono in molti a sospettarlo, per i motivi di cui sopra (cf anche commento di Zora).

    14) La cittadinanza potrà essere estesa ai non originari solo dall’assemblea costituente, che però sarà eletta e costituita solo da originari. Per cui i non originari saranno esclusi dal processo costituente. Questo c’è scritto nel trattato di pace, quello che per voi è l’unico fondamento del TLT, la Legge. Se poi le vostre posizioni in merito sono diverse, dovreste meditare sull’assurdità di costruire uno stato a partire da una legge già scritta. Nello state building, la legge è il punto di arrivo, non di partenza, e la sua scrittura è terreno di conflitto, e deve coinvolgere tutti.

    15) Ho capito che voi non vi occupate di storia, ma è evidente quali siano i miti fondanti, quali le rimozioni, quali le mistificazioni storiche alla base di gran parte del vostro discorso politico. La risonanza tra la gita a Vienna e l’articolo di Parovel sull’atto di dedizione del 1382 è evidente a chiunque abbia un minimo di dimestichezza con Furio Jesi, oppure abbia semplicemente letto i commenti in rete di molti vostri simpatizzanti.

    16) Se Franzot dice che nel ’43 i tedeschi ci hanno liberato, io riporto questa affermazione, perchè la considero sintomatica di una memoria nascosta e indicibile che a Trieste esiste, e voi lo sapete benissimo. L’articolo non parla solo di MTL, ma del fenomeno neoindipendentista nel suo complesso, e Franzot e il COPLT fanno parte di questo fenomeno. Inoltre potete dire fin che volete che voi non c’entrate niente con il COPLT *adesso*, ma fino all’autunno del 2011 una parte di voi stava lì, con Donato e Franzot.

    • Una risposta la diamo a tutti, ma di stare qui a rispondere per filo e per segno a chi è in malafede (come ampiamente dimostrato dal ns commento precedente e da qualunque abilità logica di base) — essendo sicuri peraltro che qualunque cosa diremmo sarebbe utilizzata contro di noi (da chi va a cercare anni di status FB per provare logiche inesistenti è il minimo che ci si possa aspettare) non ci pensiamo nemmeno per un secondo.

      La stragrande maggioranza dei triestini sembra essere meno “boccalona” di come la vorreste, lanciando post di genere fantasy come questo.

      Au revoire, e un cordiale saluto ai vostri capi.

      p.s: non preoccupatevi, il messaggio “sono brutti, sporchi e fascisti” non sta passando. Non per altro, ma perché è una balla.

      • Prendo atto che non rispondete.

        L’affermazione sui “nostri capi” o è puerile, o è molto grave.

      • Quali sarebbero “i capi”? E di chi?

        Vedete, qua si stanno dicendo cose precise.
        Magai sbagliate, ma precise: e questo permette di discuterle, pubblicamente e tranquillamente (tra l’altro nessuno dice che mtl è una manica di fascisti: fa comodo a voi gruppetto dirigente spacciarla così, ma trovate un punto in cui di allude che mtl in generale sia questo..).

        Voi che commentate invece non rispondete se non sul vago o alludete, cercando di spostare la questione su un livello baso, in caciara, in comploti non definiti..
        Questo la dice lunga e proprio perché i triestini non sono certo più stupidi degli altri trarranno delle conclusioni su quanto possano fidarsi o meno di voi.

  9. Ci sono questioni calde che sono emerse nei giorni scorse su fb, particolarmente nelle discussioni tra me e MTL.

    Amando istintivamente ciò che costruisce autonomia e ciò che è costituente e diffidando di ciò che è costituito e immobile, non ho pregiudiziali per un movimento che ponga con passione queste questioni.
    Ne ho se comincio a sospettare che le usa strumentalmente.

    E, penso sia evidente, ciò che è costituente necessita l’apertura di spazi e prospettive che non sono già scritti e stabiliti.. per di più nel 1947 da forze di occupazione che usavano il territorio come pedina sullo schiacchiere post-bellico.

    Tantomeno penso che un “cambiamento radicale”, come lo nomina Albolivieri, possa darsi negandosi che esistono conflitti strutturali nella società che non dipendono per nulla dalla carta d’identità quanto invece dalle condizioni di vita in cui ognuno si trova (ciò di cui parla donaglia).

    Vorrei allora commentare su ciò, in modo secco, sperando di avere una qualche risposta altrettanto secca, cosa che solo parzialmente è arrivata su fb dopo ore di discussione.

    (1) Longo, l’eversione nera, il fascismo, l’antisemitismo

    Voi sostenete che è possibile essere “multiculturali” (si veda il precedente commento di Tuco su questo), e “per i diritti umani” e contemporaneamente lavorare a stretto contatto con una persona che orgogliosamente professa antisemitismo e contiguità con una cultura razzista e fascista.
    Voi ieri su facebook dicevate, e ripetete qui, di essere “neutrali” sulle idee dei singoli.
    Ora vi chiedo:
    (a) potete essere neutrali sull’eversione nera coi cui esponenti Longo (smentirà se sbaglio) ha avuto storicamente rapporti?
    (b) potete essere neutrali su antisemitismo e razzismo?

    (c) .. se potete.. è una decisione condivisa? da chi? in quale sede? con quale dinamica decisionale? questa decisione è chiara alle migliaia di persone che si avvicinano a MTL?

  10. (2) “siamo tutti triestini”

    dite che dobbiamo smettere di essere conflittuali fra di “noi”, fra “triestini”.
    Ieri qualcuno a voi molto vicino sosteneva che il vivere la stessa città ci mette in relazione e questo ci unisce, sia che si tratti del direttore delle Generali che un qualsiasi precario di un suo call center. E voi, che pure partecipavate alla discussione, non l’avete contraddetto.

    In un thread su facebook c’è il seguente scambio:

    IO: cosa significa “smettere le lotte fra triestini”?
    significa che le paghe saranno giuste, che non ci saranno più la precarietà e le angherie che triestinissimi padroni esercitano tutti i giorni?
    Vuol dire che gli affitti saranno giusti e nessuno sarà sfrattato o in strada perché “siamo tutti triestini”?
    No perché se è così io ci sto in piena!! Ma davvero dico.
    Peccato che non lo fate comparire sul vostro fb, che secondo me interesserebbe a tanti dei 5000..

    MTL: Significa che con una spesa pubblica pro capite da 1.5x (super-conservativo) a 3x (con il porto a tutta) quella attuale, i fondi per uno stato sociale degno di questo nome non mancheranno.
    Quindi la risposta è “sì, se i triestini lo vorranno” (e non si capisce perché non lo dovrebbero volere).

    IO: può anche essere che ci sia invece una grande concentrazione di capitali, come succede sempre. Dipende dalle scelte esplicite che si fanno, nulla avviene da solo.
    quindi: confermate, con parole semplici e dirette, che non siamo tutti uguali perché siamo triestini?
    che la trama sociale, in ogni caso, deve essere costruita e non è data dal trattato del 1947 e che quindi sarà frutto di una fase costituente e, verosimilmente, di un aspro confronto (chiamalo, se vuoi, conflitto..)?
    confermate che è ovvio che i proprietari di quei 10mila alloggi sfitti continueranno a non interessarsi ai 5mila triestini in cosa per la casa ATER, come fanno già oggi e che bisognerà “convincerli”?
    (no, altrimenti è possibile che, poiché volete fare del TLT un paradiso fiscale, li affittino o vendano a caro prezzo alle eventuali corporations che cercheranno una sede di facciata..)

  11. @Trieste Libera

    Approfitto della vostra partecipazione a questa discussione, per porre direttamente a voi alcune domande che mi girano per la testa.

    1) Perché nell’autunno del 2011 avete rotto con Donato?

    2) Prima di rompere con Donato, quelli di voi che stavano nel COPLT erano d’accordo coi suoi piani per Porto Vecchio (alberghi di lusso, marina per megayacht ecc.)? Se sì, che cosa li ha fatti cambiare idea? Se no, perchè stavano in COPLT? Sapevano che Donato, insieme a Cervesi e altri, aveva anche formato un comitato per la risistemazione di Barcola a spiaggia (all’epoca si diceva, col solito provincialismo: la Copacabana di Trieste)?

    3) Perché Longo è stato sospeso dall’ordine degli avvocati nel marzo di quest’anno? Si tratta di questioni legate al TLT, come par di capire da questo post su fb? https://it-it.facebook.com/MovimentoTriesteLibera/posts/358453597607890 Se sì, quali? Se no, quali? E sempre se no, perchè avete fatto intendere ai vostri simpatizzanti che sì?

    4) A quale stato vi appoggereste per sollevare la questione TLT all’ ONU? O ritenete che siano percorribili altre strade?

    5) Zona B: aspettate che si sviluppi qualche insorgenza anche lì, oppure nelle corti internazionali avete intenzione di porre direttamente voi la questione per tutto il TLT?

    5) Che rapporti avete con Nigel Farage?

  12. @TriesteLibera

    vagando su twitter noto il vostro account: dice che rappresentate

    “gli interessi della *stragrande* maggioranza dei triestini”

    (https://fbcdn-sphotos-f-a.akamaihd.net/hphotos-ak-ash4/1381290_10201112990401656_1723950761_n.jpg)

    Quindi non di “tutti”.
    Quindi ci sono interessi diversi e contrapposti.

    Ma quali? e quali sono quelli della stragrande maggioranza?
    Giuro che io vorrei capire sta cosa del #MTL, ma mi pare che il gruppetto dirigente non voglia far capire tanto.
    Ma non solo a me.
    Anche a migliaia di persone, che cominceranno anche a chiedersi “ciò ma i me ciapa come uno che i ga in scarsea oppur conto qualcossa? o i xe come staltri, ciò”

    Basterebbe interloquire. O aprire un dibattito su Il Piccolo che tanto di domande non ve ne ha fatte e su twitter risponde che loro fanno giornalismo e non romanzo..

    sacrosanto che ognuno scriva ciò che gli pare Noi continuamo con il nostro lavoro, giornalismo non romanzo ;-)— Alberto Bollis (@abollis) October 17, 2013

    • “gli interessi della *stragrande* maggioranza dei triestini
      Quindi non di “tutti”.
      Quindi ci sono interessi diversi e contrapposti.”

      Ecco un perfetto esempio di sofismo. Da manuale.

      Bollis del “giornalismo non romanzo”, è noto anche per la sua incontenibile passione per i facoceri e per altre perle, quali “giornalismo è selezione” (da leggersi: pubblico solo quel che ca%%o mi pare)

      • Ma che sofisma da manuale.
        Si chiama ironia.
        Se vuoi te la presento, perché pare che non l’avete mai incrociata.

        A parte l’ironia, insomma quali sono gli interessi non rappresentati?

        • Il sofisma sbugiardato viene chiamato ironia: curioso… :D

          Comunque, sei tu quello che (facendo fare alla logica un triplo salto mortale con doppioavvitamento carpiato) ha asserito che ci sono interessi “diversi e contrapposti”: tocca quindi a te adesso esporli…

          • Ma non è sbugiardato, hanno solo ripetuto le parole.
            Gli interessi contrapposti li ho nominati più volte su fb e anche qui.
            Sono banali, quelli di tutti i giorni: ad esempio quelli contrapposti dei 5000 triestini iscritti alle liste ater e dei proprietari dei 10mila allogi sfitti.
            Cosí per dire.
            Chiedi ai tuoi mitici “triestini” se va tutto bene nelle condizioni al lavoro e se sono convinti che questo magicamente sia risolto da un tlt, in sé

  13. Il Movimento #Trieste Libera ha deciso di non rispondere alle domande poste qui. Lo ha dichiarato lì:
    https://www.facebook.com/photo.php?fbid=621358891243925&set=a.113239712055848.6213.100001094595244&type=1&theater&notif_t=like

  14. C’è un passaggio che, da triestino, mi sento di contestare vivamente:
    “Affermazione piuttosto strana: a Trieste solo gli sloveni sono bilingui, gli italiani sono in generale rigorosamente monolingui, e non hanno nemmeno la possibilità di studiare lo sloveno nelle scuole italiane.
    Affermazione strana e pericolosa: in un ambiente a stragrande maggioranza italofono, la negazione dello status di minoranza produrrebbe necessariamente l’assimilazione della comunità slovena.
    Affermazione strana, pericolosa e mistificante: quella italiana e quella slovena non sono solo due lingue, ma sono anche due culture, e due identità nazionali.”

    Affermazione semplicistica e mistificante, influenzata forse anche dalla propaganda politica che ha minato per decenni la particolarità etnica di Trieste, strumentalizzando i nazionalismi italiano da una parte e sloveno dall’altro.
    Mi spiego: oggi possiamo dividere al massimo, volendo, i triestini tra slavofoni e italofoni. Pretendere di trasformare questa in una differenziazione anche culturale, se non addirittura nazionalistica, è ingiustificato.
    Io sono di lingua italiana; balbetterò, al massimo, una ventina di parole in sloveno. Mio padre parlava sia italiano che sloveno; suo padre solo lo sloveno, e poco l’italiano; suo padre ancora, tedesco e sloveno; e suo padre ancora solo il tedesco.
    Posso reputarmi quindi “italiano” per questo?
    Peraltro, gli slavofoni a Trieste non parlano uno sloveno impeccabile (e sono anche oggetto dileggio dagli sloveni “di Slovenia” per il loro modo di parlare). Ma anche noi, triestini italofoni, in Italia spesso ci sentiamo porre domande imbarazzanti (“Ma Trieste è in Jugoslavia?”)
    Per altri aspetti però slavofoni ed italofoni sono molto più simili e vicini di quanto non si sia portati a credere, ed il “modo di sentire” è straordinaramente comune (anche se molti non lo ammetteranno mai).
    La realtà è che nell’ultimo secolo c’è stata una strumentalizzazione nazionalistica da entrambe le parti, che ha soffiato sul fuoco di queste presunte differenze etniche.
    Nella realtà, il triestino ha un etnia particolare ed unica, forgiata proprio dal fatto di vivere, storicamente, sul confine tra diverse realtà culturali, linguistiche, religiose (e, solo da metà 800, anche nazionali).
    Il triestino, sia che parli sloveno, sia che parli italiano, è in grado di comprendere (e tollerare, e confrontarsi) con queste differenze, che ormai fanno parte del suo DNA.
    E’ questo che ci differenzia dagli “italiani”, ed è questo che l’Italia, nell’appropriarsi di Trieste, non ha capito.

    • @Alabardo
      Iniziamo col dire che Tuco quel passaggio che tu critichi non lo scrive a caso ma a partire dall’affermazione del MTL contenuta nel video, argomento che tu ometti:
      “IN UNA TERRA DOVE NON ESISTONO MINORANZE
      MA SOLO UN POPOLO UNICO”
      Il popolo in questione sarebbe quello triestino, e solo scriverlo, io nato e cresciuto a Trieste, rione San Giacomo, non so se mi fa più ridere o tremare.

      Questo argomento dell’appartenenza linguistica è una falsa pista, perché ce l’abbiamo tutti chiaro che in un mondo ideale probabilmente cresceremmo imparando tre/quattro lingue di default, o parleremmo un patois universale e panumano, o chissà che altro. Forse comunicheremmo non verbalmente. (Peace & Love, chitarre e panorami mozzafiato, come nel video)

      Ma qui stiamo parlando del presente e del futuro prossimo della società globalizzata del Ventunesimo secolo, e del fatto che nemmeno se nascesse il TLT domani – e quelli del MTL sanno che non nascerà – non ci sarebbe possibilità di garantire piena cittadinanza alle varie differenze (linguistiche ma non solo) in assenza di meccanismi di tutela dall’assimilazione ai gruppi più consistenti. Cioè riconoscendo l’esistenza di minoranze – che il termine faccia cagare è questione ben diversa.
      Tuco non mi pare attribuisca un giudizio di valore alla cosa quando scrive che “quella italiana e quella slovena non sono solo due lingue, ma sono anche due culture, e due identità nazionali”. Per quanto mi riguarda significa prendere atto di una situazione storicamente determinata, che si è stratificata e con la quale ci tocca avere a che fare. Ci piaccia o no.

      Lo so anch’io che è pieno di triestini come me che se ne sbattono i coglioni di queste appartenenze, anche molti calabresi che conosco lo fanno, persino degli egiziani e dei cinesi: un po’ ovunque ci sono umani che non giudicano e non ti/si riconoscono in base alla lingua che hanno imparato mentre venivano allattati, alla bandiera che gli hanno detto di considerare come propria, alla letteratura su cui hanno imparato a leggere, agli eserciti per cui li hanno costretti a combattere. E tutta questa gente siamo forse una minoranza, di certo non riconosciuta, per niente tutelata, a volte persino lasciata annegare affinché non tocchi Terra, perché altri riescono a dimostrare – carte alla mano – che una certa terra non è la loro.

      La questione linguistica per come la utilizza l’MTL è fumo negli occhi, perché la questione problematica e pericolosa che sottende il discorso è il tentativo di costruire una nuova identità e creare intorno ad essa un’appartenenza: “il Popolo triestino”, ovviamente onesto e non corrotto, come direbbe Peppe. E come sappiamo bene, quando c’è l’appartenenza, prima o poi scatta anche l’esclusione di chi a quell’appartenenza non viene ammesso.

      • @albolivieri,

        solo per dirti che è davvero molto bella l’espressione che usi “gente lasciata annegare affinché non tocchi Terra, perché altri riescono a dimostrare – carte alla mano – che una certa terra non è la loro”.

      • Non allarghiamo il problema oltre i confini del ragionevole.
        Se ci limitiamo al (presunto) problema delle due etnie principali del TLT (italiana e slovena), nel momento in cui riconosciamo che il contrasto nazionalistico tra le due è stato artificiosamente montato a fini propagandistici, il problema si risolve da solo.
        Se volessimo estenderlo al problema di etnie “altre” (che sia il cinese, il nigeriano o il mghrebino: cambia nulla…): è un problema che siste oggi in Italia come a Trieste come a Capodistria come a Lubiana. Ed è un problema DIFFERENTE.
        L’Italia attuale non solo non sa risolverlo, ma non sa nemmeno affrontarlo, mi sembra un po’ assurdo che si pretenda che questo problema venga affrontato e, soprattutto, risolto dal TLT prima ancora di nascere.
        Quello che mi fa sorridere (tristemente), delle tante contraddizioni italiane… è che gli “italianissimi” (quelli del propatria, del SRS, ecc. ecc. … gli manca solo il “dolce et ducorum est…”), sono poi gli stessi prontissimi poi a dare del terrone a chiunque viva 30 metri più a sud di loro…

        • Il problema non è presunto e non si risolve da solo, perchè al di là della lingua, ci sono legami comunitari e memorie diverse, che si sovrappongono solo in parte. Il fatto che qualcuno utilizzi queste diversità per trarne profitto politico, non significa che queste diversità non ci siano. Negare che ci siano e attribuirle ad agenti esterni è un altro modo di specularci sopra.

        • E perchè dovremmo limitarci al “(presunto) problema delle due etnie principali del TLT”? Se MTL afferma a ogni pié sospinto che il TLT sarebbe come Singapore questo significa che il TLT nel momento stesso della sua “nascita” (ma non era già nato???) diventerebbe una delle prime mete per migranti da ogni dove.

          • A questo proposito, vale la pena di osservare che nell’allegato VIII, art. 18, c’è scritto che nell’ambito del porto la precedenza nelle assunzioni va ai cittadidini del TLT (whatever it means).

            “In tutte le assunzioni di personale la preferenza deve essere data a cittadini del Territorio Libero.”

            Osservo poi che in generale, nelle free-trade zones:

            “The free-trade zone laws also allow a company of any nationality to employ workers of the same nationality under that country’s labor laws and social security systems”

            http://incorporateinitaly.wordpress.com/2013/04/08/free-trade-zones-in-italy/

            Il combinato disposto di queste norme avrebbe prevedibilmente questo risultato: la creazione di un doppio mercato del lavoro, uno supergarantito per i residenti con diritto di cittadinanza, e uno in balia della competizione più spinta nella corsa al ribasso su diritti e salari, in cui i residenti senza cittadinanza entrerebbero in competizione diretta con trasfertisti cinesi ecc., secondo le regole cinesi.

            • Nei fatti, non avviene questo: quando prendi dei (poniamo) cinesi e li trapianti in occidente, avranno sempre ritmi di lavoro inconcepibili per noi, ma comunque diversi (e migliori) rispetto a quelli originali. Insomma, una Foxconn sarebbe impossibile: i lavoratori cinesi comunque dovrebbero rispettare le leggi sanitarie e sulla sicurezza del TLT. Inoltre, nelle “free zones” il personale straniero impiegato non lo è mai per operazioni di bassa manovalanza (non è conveniente…), ma solo per mansioni dirigenziali o di responsabilità (insomma: l’azienda straniera preferisce affidare i posti di responsabilità a quadri della medesima nazionalità: ed in questo non c’è nulla di strano…)

              • Scusa, ma nel link che ho riportato c’è scritto che le ditte straniere possono applicare la legislazione del lavoro in vigore nel loro paese. Questo significa che una ditta cinese può portarsi a Trieste i suoi operai e farli lavorare secondo le regole cinesi. Questo è.

                Questa sarà anche internazionalizzazione, ma di sicuro non è internazionalismo.

              • Per farla breve: noi ci battiamo contro questo sistema di sfruttamento basato sul “divide et impera”, per usare un’espressione a voi cara. Solo che per noi il “divide et impera” è quello perseguito scientificamente dalle elite economico-politico-finanziarie per dividere i lavoratori, attraverso il razzismo della carta bollata. Questo sfruttamento non conosce frontiere, e per noi la vostra lettura sovranista della crisi *è parte del problema*. Tutta la merda del razzismo come meccanismo regolatore del mercato del lavoro la troviamo tal quale nel dispositivo TLT, e non potrebbe essere altrimenti, viste le premesse (identitarismo + offshore finanziario).

              • “Legislazione del lavoro” è quella che riguarda orari, emolumenti, ferie, carriera, formazione.
                “Leggi sulla sicurezza” e “sanitarie” sono differenti.
                Quindi, il cinese avrà una paga (in teoria) cinese, lavorerà il numero di ore previsto dai contratti cinesi ecc.
                Ma dovrà farsi i corsi per la sicurezza, e rispettare le leggi sulla sicurezza.
                E se le leggi della sicurezza prescrivo (p.es.) che un ruspista non può fare turni superiori alle 4 ore, me ne sbatto che il contratto cinese preveda 23 ore di lavoro continuato: quel ruspista, dopo 4 ore, scende dalla ruspa e si fa sua pausa.
                Comunque, prendi un cinese che si trova in Italia da un paio d’anni, ed un dipendente della Foxconn, e dimmi se hanno la stessa mentalità, o se pensi che il cinese emigrato in Italia sia ancora in grado di andare a lavorare alla Foxconn…

              • Ah si’, perchè ovviamente lo sfruttamento dipende dalla mentalità del lavoratore e non dal fatto che ci sono gli sfruttatori, e che ci sono delle leggi e degli apparati repressivi fatti apposta per permettere lo sfruttamento.

              • @Tuco: “Ah si’, perchè ovviamente lo sfruttamento dipende dalla mentalità del lavoratore e non dal fatto che ci sono gli sfruttatori, e che ci sono delle leggi e degli apparati repressivi fatti apposta per permettere lo sfruttamento.”

                Comprendo che per chi si è bevuto tutti mattoni de “Il Capitale” possa esser duro da ammettere, ma è ANCHE così: uno è sfruttato perchè è culturalmente e pedagogicamente predisposto ad esser sfruttato.
                Certo, tutto il corollario di leggi ed infrastrutture è poi anch’esso indispensabile, ma anche la disponibilità a lasciarsi sfruttare fa la sua aprte.
                Altrimenti, non si spiegherebbe il perchè, dopo aver provato condizioni diverse, il lavoratore (per esempio) cinese non sia poi più tanto disponibile a lasciarsi sfruttare come lo era prima…
                Ribadisco (ed a te l’onere di dimostrare che non è vero): i lavoratori del terzo mondo, abituati ad altri ritmi, una volta emigrati in occidente si occidentalizzano, e non sono più disponibili allo sfruttamento incondizionato che subivano in patria.
                Quando lo vuoi mantenere, devi ricorrere a sistemi di coercizione psicologica fortissimi (tipo i riti wodoo a cui sono sottoposte le prostitute nigeriane per non ribellarsi, oppure minacciare ritorsioni sulla famiglia rimasta in patria).
                Tant’è che, in molti casi, il ritorno in patria del lavoratore emigrato non viene neppure visto di buon occhio, in quanto lo stesso sarebbe portatore di idee pericolosamente sovversive…

          • Considerato che emigrare verso Singapore non è assolutamente semplice, direi che il tuo parallelo non calza. Singapore ha leggi sull’immigrazione estremamente restrittive, ed il governo – che vorrebbe renderle meno restrittive per risolvere il problema demografico – ha incontrato fortissima opposizione.
            Quindi no, non è vero che a Singapore sia una meta per migranti di ogni dove.
            Con ciò non intendo che il TLT avrà per forza delle norme restrittive sull’immigrazione, o quanto. Certamente – a differenza di quanto avviene oggi in Italia – dovrà essere regolamentata.
            Infine: a qualcuno piace richiamare il modello di Singapore, a me piace richiamare quello del Delaware.
            Ottenere una Green-card per il Delaware non è più semplice che ottenerla per il New Jersey, la California o il Texas…

            • Guarda che in Italia le regole ci sono, ma fanno schifo. Sono tra le più restrittive, classiste, razziste e criminogene d’Europa. Questo non assolve gli altri paesi europei, sia ben chiaro.

              • Sono d’accordo con te che tra una regola inapplicabile e nessuna regola c’è poca differenza nei risultati, ed anzi è preferibile la seconda nella pratica.
                Ciò non significa che una regolamentazione efficace sia impossibile: significa solo che in Italia siamo incapaci di concepirla, prima ancora che di attuarla.

      • @albolivieri
        Esatto, quando dico che “quella italiana e quella slovena non sono solo due lingue, ma sono anche due culture, e due identità nazionali”, si tratta di una constatazione, non di un giudizio di valore. La stratificazione e la sedimentazione delle identità e delle memorie collettive è un dato reale, e fare gli apprendisti stregoni su questioni così delicate è un gioco abbastanza pericoloso.

        • Infatti confesso che ero un po’ perplesso su quel passaggio del tuo post, ho dovuto rileggerlo diverse volte per capire che lo stavo filtrando attraverso le lenti del mio meticciaggio frustrato, quello di cui parla Lo.Fi. nel vostro scambio.

          • Ah beh, se parliamo di meticciaggio frustrato, calcola che io sono tra quei meticci “con gli ingredienti sbagliati” di cui parlavo con Lo.Fi.

        • Invece io ti dico che la costruzione di queste due identità è molto più artificiale (ed artificiosa) di quanto non si creda.
          Un triestino slavofono ed uno italofono hanno tra di loro molti punti in comune in più rispetto ad altri “fratelli” italiani.
          E vorrei ricordarti che il 15 settembre, in piazza della Borsa, si è inneggiato “Trieste libera” in italiano E in sloveno: e lo hanno fatto tutti, slavofoni ed italofoni assieme.
          Negli anni ’70, in un frangente del genere, sarebbero volate molotov…

          • Una settimana prima, a Bazovica, quanti italofoni c’erano alla commemorazione dei fucilati del 1930?

            Per chi non è di Trieste:

            https://www.youtube.com/watch?v=nRVokJJ-KIg

            E’ di questa memoria che stiamo parlando, non di identità ancestrali, che non esistono.

            p.s. lo scorso primo maggio a Opcina/Opčine, alla festa di RC, il coro Pinko Tomažič si è esibito davanti a centinaia di sloveni e italiani, con un repertorio misto. Da sempre nei partiti di sinistra le bandiere e i manifesti sono bilingui, e nelle situazioni ufficiali i saluti e i discorsi introduttivi sono in due lingue. Non siete il primo movimento politico a Trieste in cui si parlano due lingue.

            • Quella manifestazione (come peraltro quelle degli italianissime sulle foibe) travalica quella che è la sempre doverosa pietà umana verso i morti, per farsi strumento di un mal riposto spirito nazionalistico; di verso opposto rispetto ai ridicoli “propatria”, ma ugual direzione.
              A Trieste sono finiti i tempi in cui questi giochini erano strumentali ad entrambe le parti per mantenere lo status quo; e questo sta gettando nel panico i pochi e scarsi (in tutti i sensi) esponenti della sinistra locale, che si sono resi conto troppo tardi che la loro “giocosa macchina da guerra” ha il motore fuso.
              Sinceramente, non me ne frega nulla che non ci fossero italofoni a quella manifestazioen, come non me ne frega nulla che non ci fossero slovenofoni al corteo di Trieste pro patria: quello che importa, e che ha gettato nel più completo panico la sinistra locale, è che il 15 settembre al pomeriggio italiani e sloveni abbiano sfilato assieme, scandendo slogan sia in italiano che in sloveno.
              E questo evidentemente proprio non vi riesce ad andar giù, non solo non riuscite a digerirlo: non lo concepite proprio come possibile…
              Ah, controlla bene: il PD è “rigorosamente bilingue” solo sull’altipiano: in “città” mantiene un “bilinguismo simbolico”. Sa benissimo quanto in passato sia stato strumentale tutto questo, e sapeva benissimo quanti voti si sarebbe giocato a insistere troppo con insegne bilingui in centro…

    • alabardo

      Ti hanno risposto già in tanti, perciò mi limito a farti due domande semplici.

      Se tu non accetti che ti si imponga un’identità italiana, mi spieghi perché io dovrei accettare che mi si imponga quella triestina? Se ho sempre rifiutato l’etichetta di “italiana di lingua slovena” perché ora dovrei accettare quella di “triestina slavofona”? Perché me lo dici tu o il mtl?

      P. S. Gli argomenti che usi – la nostra parlata “non impeccabile” e il “dileggio da parte degli sloveni di Slovenia” – somigliano molto agli argomenti che non molto tempo addietro usavano i difensori dell’italianità di Trieste dietro i banchetti di raccolta firme contro il bilinguismo.

      • Zora, non ti conosco, non so i tuoi trascorsi, non so nulla della tua storia quindi necessariamente in questa mia risposta generalizzerò. Me ne scuso anticipatamente, ma l’alternativa sarebbe non risponderti.
        Gli “sloveni di Trieste” sono, piaccia o no, diversi dagli “sloveni di Slovenia”: diversi culturalmente, diversi per lingua, diversi per storia etnografica.
        Come pure gli “italiani di Trieste” sono diversi dagli “italiani d’Italia” per gli stessi motivi e nella stessa maniera.
        Tutti i triestini “italiani” hanno almeno qualche antenato sloveno (e austriaco, oltre a magari qualcuno anche greco, cipriota, ecc. ecc.)
        E tutti i triestini “sloveni”, parimenti, hanno spesso anche antenati italiani.
        Ciò porta anche a situazioni isteriche: mia moglie (che si considera “slovena”, anche se lo sloveno lo balbetta a malapena) ha in realtà più antenati italiani di quanti non ne abbia io (che mi considero “italiano”).
        Nella realtà, la differenza tra “italiano” e “sloveno”, a parte la madrelingua, è probabilmente più nell’educazione e formazione che abbiamo ricevuto, che non in una reale differenza etnica.
        (Potrei qui fare un colto ed approfondito excursus storico, ma è quasi mezzanotte e non mi pare il caso…)
        Concluderò con una chiosa: dici che gli argomenti che ho citato sembrano argomenti da “italianissimo”.
        Ti rivelerò che io ho un passato da “italianissimo”: ho fatto le superiori all’epoca di Osimo, con cortei ed occupazioni per “Bilinguismo mai”, “Boia chi molla” ecc. ecc.
        E’ un passato di cui mi pento, che mi rendo conto esser stato un errore, ma che non rinnego perchè ritengo sarebbe disonesto farlo.
        Dell’epoca, ricordo le vignette con un Dante ciclopico che guardava con supponenza un minuscolo Preseren.
        Invece, il modo con cui gli “sloveni di Slovenia” trattano gli “sloveni di Trieste” (e che ricorda tanto il modo in cui gli “italiani” considerano gli “italiani di Trieste”) l’ho scoperta molto dopo, in ambiente sportivo: ero entrato in amicizia con alcuni atleti di una squadra di Lubiana, e sono stati loro a sorprendermi con la (bassa) considerazione che avevano verso gli “sloveni di Trieste” (avevano un termine particolare per definirli, che adesso non ricordo… non ne so il significato esatto, ma non pareva molto lusinghiero).

        • Capisco, la nuova identità triestina è catartica. Mi fa piacere per te, tua moglie e tutti gli altri come te.

          Però se non hai più crisi isteriche identitarie, si può sapere perché insisti tanto su questo punto e non rispondi alla domande che ti hanno fatto gli altri?

          • A quale delle tante domande poste da Tuco & C. ti riferisci?

            La cui tecnica dialettica, approfitto per osservare, è di una grossolanità disarmante.
            Sommerge il lettore di domande e, se qualcuno osa rispondere in maniera circostanziata ad una di queste, comunque è pronto con il ” e perchè non rispondi a quest’altra?”
            Anche perchè di alcune domande non si capisce il senso…
            Uno è ex-leghista? ECHISSENEFREGA! Solo i paracarri non cambiano idea, che uno abbia trascorsi politici nella Lega o financo nel PLI… NON ME NE PUO’ FREGARE SI MENO!
            Se i suoi trascorsi politici lo potessero aver avvicinato alle leve del potere (ovvero se fosse stato in passato parlamentare o almeno consigliere regionale) potrei anche preoccuparmi; dei passati politici di piccolo cabotaggio di chicchessia invece non ha proprio senso parlare.
            Ma questo, solo a titolo di esempio… di domande a cui aspetterebbe risposta ce ne sono almeno una dozzina (tipo “Chi è Carneade… pardon, Markus Donato ?”), quindi sinceramente non so a quale ti stai riferendo tu.

  15. MTL precisa che il suo primo presidente non è stato Stefano Ferluga ma non dice chi era. Era quel Sandro Gombac del quale Tuco ha riportato il commento postato su facebook, del quale successivamente commenta “che credibilità possa avere nella difesa dei diritti umani uno che su fb dice di voler minare la caserma di Zgonik prima di accoglierci i profughi tunisini, lascio che siano i lettori a stabilirlo”. Ora Sandro Gombac non è più presidente, ma è vice-presidente di MTL.
    All’epoca in cui era presidente dell’associazione Cittadini del TLT, Stefano Ferluga, attuale presidente di MTL, era iscritto alla Lega Nord, della quale è stato un candidato alle elezioni comunali del 2011. La Lega Nord di Trieste, in interviste sul Piccolo del proprio deputato Fedriga e del proprio consigliere provinciale – ex assessore regionale – Polidori, si è espressa pubblicamente a favore del TLT, anche se lo ritiene irraggiungibile. Inoltre Polidori ha partecipato più volte a manifestazioni di MTL e ha anche, al pari di MTL, contestato la giurisdizione della magistratura italiana a Trieste in una sua causa, nella quale è imputato per espressioni ritenute anti-semite. Tutto questo è uscito sul Piccolo, nella cronaca giudiziaria e in interviste dei due esponenti leghisti.
    Sandro Gombac, il primo presidente e attuale vice-presidente MTL, nel 2011 è stato candidato a presidente della provincia per il movimento locale “La tua Trieste”, dopo essere stato iscritto al M5S, nel quale è rientrato il 14 marzo 2013, vedi http://www.meetup.com/beppegrillotrieste/members/84652302 .
    Dunque presidente e vice-presidente (già precedente presidente) di MTL non sono due verginelle politiche, nate con MTL, ma hanno ben precise storie politiche ed elettorali alle loro spalle – e anche nel loro presente nel caso di Gombac, a meno che non si sia dimesso recentemente dal M5S, ma sembra improbabile vista la recente interrogazione al governo sul tema del TLT del deputato triestino del M5S, Aris Prodani, che, tra l’altro, chiede al governo italiano di rivolgersi al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per chiarire la questione del TLT e cioè di fare esattamente quel che MTL vorrebbe e cioè trovare uno stato che rimetta la questione del TLT all’ordine del giorno del consiglio di Sicurezza.
    Dunque i vertici di MTL hanno storie e intersecazioni politiche attuali ben precise.

    • Il M5S in molti casi fa esplicitamente proprie le idee pro-TLT: nulla di strano in ciò.
      La Lega Nord invece è in avanzata crisi agonica: è mantenuta in vita solo per accanimento terapeutico, ed è comprensibile che i suoi esponenti – in preda al panico da annegamento – cerchino di tenersi a galla afferrando quello che capita.
      Ne è consapevole chi ha avuto modo di assistere a quella vergognosa disfatta dialettico-politica che hanno subito nell’incontro con MTL nella tristissima cornice della loro “festa padana”.

  16. Per quell’infelice mio post, di cui non ricordavo l’esistenza, anche su questo blog, cosi come ho fatto su facebook, chiedo scusa a tutti coloro i quali possono essersi sentiti offesi da quelle mie irrazionali parole.

    L’avevo scritto in un momento di incazzatura frustrata dopo che la mia automobile era stata presa a calci in una buia piazzola presso una zona industriale di Padova; si trattava a mia insaputa di zona off limits, evidentemente.

    Dal 1976 fino alla nefasta “svolta della Bolognina” sono stato iscritto all’allora PCI ed ho svolto attività sindacale dapprima con la CGIL/FIOM nel settore metalmeccanico come delegato di reparto “piccola meccanica” alla Fincantieri di Trieste, poi, per un paio d’anni, nel difficile e frammentato settore del turismo e commercio, sempre con la CGIL/FILCAMS di Trieste, precisamente dal 1989 al 1992.

    Ho partecipato costantemente alle assemblee del Movimento 5 Stelle nella fase nascente, fino alle prime elezioni provinciali e comunali dell’estate 2011, alle quali mi ero candidato (si fa per dire) alla provincia di Trieste con i Comitati di Quartiere di Maurizio Fogar, ottenendo, con tre settimane di campagna elettorale e 200 euro di budget raccolti in un’assemblea pubblica, 1866 preferenze e – credo – l’ 1.6% dei voti.

    Non partecipo più all’attività politica del M5S da quella volta, e, dal 16 ottobre 2013 non faccio più parte del Direttivo di Trieste Libera, di cui sono stato socio fondatore, presidente e vicepresidente; ho presentato le mie dimissioni e sono state accettate.

    • Io continuo a osservare una vaghezza e una reticenza che rischiano di diventare la cifra della modalità di comunicazione del MTL. Le dimissioni di un membro del direttivo sono una notizia importante. Sul sito e sul profilo fb di MTL non c’è traccia di questa notizia. Curioso che Gombač le annunci con tre giorni di ritardo, e proprio qua. Comunque approfitto dell’ intervento di Gombač per chiedergli se si è dimesso anche dal direttivo della Triest NGO, oppure se le sue dimissioni dal direttivo di MTL significano appunto che d’ora in poi il suo impegno si concentrerà principalmente proprio nella Triest NGO.

    • Sempre a proposito di vaghezza e di Triest NGO, chiedo a Gombač se Rodolfo Taupal del direttivo della Triest NGO è quello della fu Credit Est.

  17. Identità territoriale (triestina), appartenenza omogenea (“popolo” indifferenziato), mito tradizionale (Austria felix come epoca pre-moderna, pre-nazionale e pre-classista), geopolitica di civiltà (civiltà mitteleuropea), corporativismo produttivo (contro la finanza) mi sembrano i connotati principali di questo essere “nè di destra nè di sinistra” del neo-indipendentismo triestino.
    E’ la concretizzazione su scala locale triestina dello schema “popoli produttivi/oppressi vs europa finanziaria/tecnocratica” sul quale sta lavorando un vasto network di forze in Europa che si dichiarano “nè di destra nè di sinistra”, si rifiutano di farsi etichettare di estrema destra o anche di destra, per esempio dall’UKIP inglese al Fronte Nazionale francese, dalla Lega Nord in Italia al Fpoe in Austria, e al quale occhieggiano anche Grillo-Casaleggio, pur con tutte le contraddizioni del M5S.
    Con la crisi la stagione è cambiata e il serpente sta cambiando pelle per adattarsi alla nuova stagione. La vecchia pelle che non funziona più – quella formatasi dopo la prima guerra mondiale – viene lasciata alla memoria di pochi nostalgici e la nuova pelle presenta anche le facce di nuovi dirigenti. Sotto la pelle “politica”, in parte o del tutto nuova, c’è sempre lo stesso animale che cerca la stessa preda, una risposta identitaria alla crisi.

  18. Una precisazione sul South Stream. Su fb qualcuno ha fatto notare che il link nel testo mostra come terminale la Puglia. In realtà il South Stream prevede diverse diramazioni, una delle quali, attraverso Serbia, BiH, Croazia e Slovenia, dovrebbe appunto raggiungere Trieste.

    http://abarrelfull.wikidot.com/south-stream-gas-pipeline

    • Per sviluppi più recenti, si veda anche questo:

      http://italintermedia.globalist.it/Detail_News_Display?ID=39531

      • South Stream è un po’ come il percorso della TAV Trieste-Milano: continua a spostarsi di qua e di là, e non si capisce mai bene dove alla fine si dovrebbe realizzare…
        Quelli che tu indichi come “sviluppi recenti” datano ottobre 2012, ed in quel link si indica come inizio dei lavori dicembre 2013.
        A marzo 2013 invece non erano neppure cominciati gli espropri, di cui avevano appena cominciato a discutere.
        Non ho idea se e quanto siano andati avanti da quella volta…

  19. @ alabardo

    Visto che sei l’unico che dialoga qua dentro, lo chiedo a te, ammesso che tu sia tra i dirigenti di MTL e non un semplice iscritto o simpatizzate.
    Rodolfo Taupal della Triest NGO è quello della fu Credit Est?

  20. Curiosi, questi “semplici simpatizzanti molto accesi di MTL”. Intervengono su un punto, un solo punto, dell’inchiesta di Tuco, si inchiodano su quello, e non sembrano per nulla interessati a quanto sta emergendo sui vorticosi giri di valzer di un nutrito gruppo di loro dirigenti, ex-dirigenti, ex-compagni di strada dei dirigenti, tra affaristi improbabili, società di brokeraggio che partecipano a gare d’appalto sette anni dopo essersi sciolte, piste russe e kazake, Credit Est, non meglio precisati imprenditori che sostengono la causa, neonazisti friulani in combutta con separatisti veneti che hanno la loro sede alla stessa via e numero civico di MTL, e in generale un’opacità, reticenza e tendenza a svicolare che quando le fai notare e ne chiedi conto produci (sempre da parte dei dirigenti, o meglio, della misteriosa “voce ufficiale” che interviene in rete a nome di tutto il movimento) reazioni isteriche, grida al complotto, minchiatelle da poracci beccati con le dita nella marmellata tipo “i vostri capi”. A un “semplice simpatizzante” del movimento tutto questo dovrebbe interessare eccome, ma quello che interviene qui sembra volerlo ignorare e parlare d’altro. Buffo. E allora io lo chiedo a tutti gli iscritti e simpatizzanti in buona fede della causa indipendentista triestina: sapevate queste cose sul gruppo dirigente e quel che ci sta attorno? Siete stati coinvolti nelle decisioni? Sapete qualcosa dei precedenti politici e affaristici di certi personaggi, ad esempio di alcuni dirigenti dell’ONG con sede a Londra che è diretta espressione di MTL? Siete tutti d’accordo sulla dichiarata “neutralità” del vostro gruppo dirigente rispetto alle idee e pratiche razziste e antisemite di un personaggio a cui MTL si è affidato per la battaglia sul piano legale? Più in generale, non vi sorge il vago sospetto che anche la Trieste pro-TLT stia sviluppando – a sua insaputa, almeno fino a tre giorni fa – una sua “casta”, le cui attività non paiono proprio brillare per trasparenza?

    • Dimenticate che siamo proprio in parecchi, e ci facciamo il c… giorno dopo giorno, senza guadagnarci nulla, ma sacrificando amici, famiglia, lavoro.

      Per conoscerci basta passare ad una nostra assemblea o evento, e chiederci di tutto per filo e per segno. Ma, ovviamente, questo vi guardate bene dal farlo. Meglio sputtanare in stile fantasy.

      Di certo, se volessimo diventare “nuova casta” troveremmo delle vie più facili di quelle che stiamo portando avanti (di cui voi evitate accuratamente di parlare, e non a caso), non credete?

      Ma, come si diceva, quando si parte convinti del nulla (sempre se possiamo parlare di buona fede, nel vostro caso), non si può che dare sostanza allo stesso vuoto pneumatico.

      — — —

      Sentiamo:
      A voi va bene che, un paio di giorni dopo la pubblicazione di questo scritto fantasy una (spontaneissima di sicuro) delegazione cerchi di accusarci pubblicamente di essere fascisti (delirio puro)?
      Appoggiate questo tipo di azioni telecomandate a distanza?
      Poi:
      È onesto accostarci a comitati e altre persone, che non sono iscritti al nostro movimento, facendo intendere che siano tali?
      È minimamente onesto accostarci a Globocnik, o anche ad Haider?

      Perchè non avete menzionato le opinioni dei due Pahor, per esempio?
      Perchè avete infarcito l’articolo di divise naziste?
      Perchè avete evitato di riportare il fatto che migliaia di triestini, per la prima volta hanno gridato “Trieste libera” e “svobodni Trst”? E voi osate parlare a noi di “coscienza pulita”?

      Provate VOI a rispondere a queste banalissime domandine.

      — — —

      Il cercare di accostarci a fascismo etc. non fa che convincere ancora più chi con noi ci ha parlato, NEL MONDO REALE, riguardo alla bontà della nostra azione, da quanto possiamo sentire.

      Poi, vedete voi se è il caso di continuare a fare la “mano sporca” del disastroso gruppo di potere/malaffare triestino, oppure no: sono scelte di vita, ognuno fa le proprie.

  21. Con questo Trieste Libera ha raggiunto il fondo. Due ore fa sul loro profilo fb hanno pubblicato questo:

    —-
    I “compagni” del blog wu ming (parola che significa”anonimo”, bello, vero?) vorrebbero sottoporci ad un interrogatorio, che neanche nei peggiori uffici della questura degli anni di piombo …

    Sono diretti da una parte dei servizi e sono – loro si – assai ben foraggiati dall’area pd, la loro spedizione squadrista ad un nostro banchetto (nella quale hanno avuto la peggio) di ieri, fa parte di questa strategia concertata, sono furenti perchè loro, ben che vada, solidarizzano con 20 persone, compresi parenti stretti, nessun triestino, va sottolineato … la loro frustrazione sfocia in teorie super complottiste.

    Trieste libera, per loro, sarebbe un super concentrato di loschi finanzieri (non divise grigie) internazionali, chiaramente sfruttatori del “loro” proletariato triestino, la loro idiozia fa passare il “piccolo” per l’Herald Tribune, ma leggete qui sotto cosa ne pensavano in tempi non sospetti a proposito del Territorio Libero di Trieste, dal loro libro intitolato “54″, chiaramente anonimo, libro che spiega molte cose a proposito del loro odio nei confronti dei Triestini.

    A proposito: chissà perchè gli “antagonisti”, più di ogni altra cosa, sono rimasti reiteratamente annichiliti dalla presenza dell’aeroplanino (drone a costo zero) che riprendeva dall’alto la manifestazione del 15 settembre; sono come le tribù del Borneo in adorazione degli aerei da carico, li considerano divinità, boh?

    “Le grandi potenze non volevano che i popoli della Venezia Giulia, d’Istria e di Dalmazia scegliessero liberamente il proprio destino, italiani tra gli italiani. Trieste era diventata un limbo, chiamato con sprezzo del ridicolo «Territorio libero». Né di qua né di là, né carne né pesce: la città e i territori a Nord assegnati al Governo militare alleato e denominati «zona A»; a Sud dei confini comunali, la «zona B», amministrata dalla Jugoslavia. L’umiliante imposizione era sancita dal cosiddetto «Trattato di pace» del ’47.
    Ma la pace di chi?”
    —-

    https://it-it.facebook.com/pages/Movimento-Trieste-Libera-Svobodni-Trst-Slobodni-Trst-Free-Triest/295946387109249

    —-

    I Wu Ming sono quattro romanzieri che vivono a Bologna e voi dite che in venti hanno aggredito il vostro banchetto. State delirando. I Wu Ming decideranno come procedere legalmente. Io intanto rilevo che il passo citato da “54” è un discorso indiretto libero, e riporta il pensiero dell’irredentista Rizzi. Per sapere cosa pensano i Wu Ming dell’ “italianità” di Trieste e della “Venezia Giulia”, si legga Point Lenana

    • “I Wu Ming decideranno come procedere legalmente”. Certo è una querela già vinta a mani basse. Ma visto che qui non è certo la nostra street credibility o reputazione a essere in discussione, tieni conto che la soddisfazione ottenuta per vie legali non è minimamente paragonabile all’efficacia di inchieste come la tua che fanno affiorare la vera natura di certi movimenti “nénéisti”. La reazione scomposta e calunniosa di questi figuri sulla pagina facebook ufficiale del loro movimento dice più di qualunque replica o arringa d’avvocato. Si chiama autoevidenza ;-)

      • Sentiamo:
        A voi va bene che, un paio di giorni dopo la pubblicazione di questo scritto fantasy una (spontaneissima di sicuro) delegazione cerchi di accusarci pubblicamente di essere fascisti (delirio puro)?
        Appoggiate questo tipo di azioni telecomandate a distanza?
        Poi:
        È onesto accostarci a comitati e altre persone, che non sono iscritti al nostro movimento, facendo intendere che siano tali?
        È minimamente onesto accostarci a Globocnik, o anche ad Haider?

        Perchè non avete menzionato le opinioni dei due Pahor, per esempio?
        Perchè avete infarcito l’articolo di divise naziste?
        Perchè avete evitato di riportare il fatto che migliaia di triestini, per la prima volta hanno gridato “Trieste libera” e “svobodni Trst”? E voi osate parlare a noi di “coscienza pulita”?

        Provate VOI a rispondere a queste banalissime domandine.

        — — —

        Il cercare di accostarci a fascismo etc. non fa che convincere ancora più chi con noi ci ha parlato, NEL MONDO REALE, riguardo alla bontà della nostra azione, da quanto possiamo sentire.

        Poi, vedete voi se è il caso di continuare a fare la “mano sporca” del disastroso gruppo di potere/malaffare triestino, oppure no: sono scelte di vita, ognuno fa le proprie.

        • p.s: niente esclude che i wu ming bolognesi si stiano facendo fregare alla grande da qualche simpaticone triestino, eh. Ma devono prima rendersene conto…

          • Se è per questo, niente esclude nemmeno che un bel po’ di triestini si stiano facendo fregare da qualche altro simpaticone triestino. Che so? Magari qualcuno che scrive di Wu Ming cose che farebbero scappare da ridere a chiunque ci conosca anche solo per sentito dire…

    • il delirio è spassoso, ma c’è un brano che colpisce: ” sono come le tribù del Borneo in adorazione degli aerei da carico, li considerano divinità, boh?”.

      Proprio questa caricatura razzista mi ha fatto tornare in mente l’inizio dell’ultimo libro di Jared Diamond, che si apre con la descrizione di un areoporto internazionale gestito e frequentato proprio a quelle “tribù del Borneo” di cui ci si prende gioco nel post.

      Un libro, tra parentesi, che dovrebbe essere letto, soprattutto da chi auspica un ritorno a un mitico “buon tempo andato”…

      Questo atteggiamento mi ricorda quegli europei che vanno in Africa a vedere i balli dogon, rinforzando i loro preconcetti di superiorità turistica, ignari del fatto che chi balla ha studiato danza a Parigi.

  22. @tieste libera

    Se non spiegate a cosa state alludendo quando parlate di aggressione a un vostro banchetto, nessuno, noi per primi, può avere la minima idea di cosa state parlando.

    Detto questo:

    1) nessuno vi ha accusati di essere fascisti. Si è detto che le vostre parole (“per noi non sono importanti le idee di Longo, basta che sia efficace come avvocato”) dimostrano in modo autoevidente che per voi non vale la discriminante antifascista.
    2) Ho già detto, ma evidentemente fate finta di non aver letto, che il riferimento a Haider riguarda una fase precedente alla nascita di MTL e anche di COPLT. Si parla della fase dell’ Euroregione (asse Illy-Haider, e Marchesich che si atteggiava a Haider triestino). Il mio articolo non parla solo di MTL, ma anche di quel che c’era prima e di quel che si muove intorno, che voi ne siate consapevoli o no.
    3) Il riferimento a Odilo Globocnik e a Rainer non è un accostamento ma è la presa d’atto di una rimozione. Quando a Trieste si mitizza l’Austria, ci si dimentica di quel che accadde tra il ’43 e il ’45. Ci si dimentica del collaborazionismo. Si tende a minimizzare, come ad esempio in questo articolo di Walter Mendizza, in cui la Risiera è declassata a campo di concentramento e transito: “Non si può dire che i triestini fossero più fascisti o meno fascisti del resto degli italiani, quello che si può dire è che essi certamente pagarono il prezzo più alto. Negli stessi giorni del maggio 1945 cominciò l’esodo di 300 mila istriani, sistemati poi a Trieste in 109 campi profughi, compreso quello allestito nella Risiera di San Sabba (stabilimento per la lavorazione del riso intitolato a un santo serbo medioevale quasi sconosciuto) che durante l’occupazione tedesca era stato destinato a campo di prigionia e di smistamento per i deportati in Germania e Polonia.” http://www.triestelibera.org/2013/05/la-questione-di-trieste-di-walter-mendizza-imperdibile/ E per favore non rispondete dicendo che Mendizza non è un vostro iscritto. Non lo so se lo sia o meno, e non importa. Io sto parlando di un certo modo di raccontare la storia, basato sulla rimozione delle sue parti scomode.
    4) Nell’articolo non ho riferito dello slogan “slobodni Trst”, ma ho ben scritto che gli striscioni erano bilingui. Ho detto che tra i manifestanti e i simpatizzanti una componente non trascurabile proviene dalla comunità slovena.
    5) Le attestazioni di simpatia (per la causa indipendentista, più che per MTL in sé) di Samo Pahor e Boris Pahor non possono essere utilizzate come contrappeso del vostro agnosticismo nei confronti delle idee militanti (e non personali) di Edoardo Longo.
    6) Per quanto riguarda i rapporti tra MTL e COPLT, ripeto di nuovo che *adesso* forse non ci sono; ma una parte di voi proviene da lì. E allor ripeto di nuovo le mie domande. Prima di rompere con Donato, quelli di voi che stavano nel COPLT erano d’accordo coi suoi piani per Porto Vecchio (alberghi di lusso, marina per megayacht ecc.)? Se sì, che cosa li ha fatti cambiare idea? Se no, perchè stavano in COPLT? Sapevano che Donato, insieme a Cervesi e altri, aveva anche formato un comitato per la risistemazione di Barcola a spiaggia (all’epoca si diceva, col solito provincialismo: la Copacabana di Trieste)?
    7) Ci sono varie domande a cui continuate a non rispondere. Ad esempio questa: in un forum triestino avete detto di avere rapporti con Nigel Farage. Che tipo di rapporti? E’ una domanda di carattere politico. Gradirei una risposta.

    • p.s. e lasciate perdere le insinuazioni e le supposizioni su miei presunti contatti e cazzate varie. Tutto quel che c’è scritto nell’articolo si trova in rete, spulciando nei vostri siti web, nei forum di discussione, e utilizzando google con un minimo di metodo. Mollate l’osso, dai, ché fate solo cagare, con questo vostro complottismo.

      • p.s.2 Se vi foste presi la briga di spulciare su Giap come io ho fatto nei vostri siti web, vi sareste accorti che qua da più di un anno stiamo riflettendo sulla natura dei movimenti né-destra-né-sinistra che stanno spuntando un po’ dappertutto. Ci siamo occupati in lungo e in largo del M5S. Siamo stati criticati e attaccati duramente, ma mai, dico mai, a nessuno è venuto in mente di accusare i wuming e gli altri giapsters di essere manovrati dai servizi segreti. Solo da Trieste poteva saltar fuori una cagata del genere.

        • E “foraggiati dall’area pd”?
          Se questi sapessero… :-)))))))))))))))))))
          E assaltatori di banchetti in quel di Trieste quando viviamo a trecento chilometri di distanza?
          :-)))))))))))))))))))
          Erano più credibili se ci accusavano di essere a capo di un complotto orchestrato dai marziani per conquistare il pianeta.

          • Facciamo coming out? Il nostro quartier generale è nel Mother Plane.

            http://www.thenationofislam.org/themotherplane.html

          • 1. The Mother Plane is made of the finest steel in Asia.

            2. It was made on the Island of Nippon (Japan) in 1929, and also took flight that same year.

            3. Black, Brown, Red and Yellow Scientists built the Mother Plane.

            4. The Scientists did not know what they were building.
            …..

            mh, però… assomigia a Trieste Libera….

    • Guarda, io (come ho già detto) sono solo un simpatizzante di MTL, e quindi non so e non sono in grado di rispondere a tutte le tue domande.
      Però, sinceramente, anche se tu ti limitassi a chieder “che ora è”, il tono inquisitorio e sarcastico con cui ti proponi mi farebbe passare la benchè minima voglia di rispondere.
      E adesso mi risponderai “E allora che fai qui?”
      Mi illudo di riuscire a costruire un dialogo. ma forse la mia è solo un’illusione, perchè in realtà a te il dialogo non interessa.
      Questa, ormai, è la mia impressione.
      A te, nel caso, l’onere di farmela cambiare.

  23. Da qualche settimana abito nel rione triestino di San Giacomo; per chi non è di Trieste dirò molto rapidamente che è uno dei rioni più popolari della città, con una forte presenza operaia radicata da più di un secolo e, anche se molto è cambiato negli ultimi anni, il tessuto sociale è rimasto grosso modo lo stesso. Qualche giorno fa, con mia enorme sorpresa, ho visto appesa a una finestra del pianterreno di un palazzo nel cuore del rione una bandiera del t.l.t. che, in alfabeto cirillico, inneggiava in serbo-croato al territorio libero e vi posso assicurare che se una cosa del genere fosse successa solo un paio d’anni fa, la bandiera in questione sarebbe stata strappata nel giro di qualche minuto. Eppure non è successo. il bilinguismo in questa città, come più di qualcuno ha osservato nei post precedenti, è stato per decenni un feticcio della destra che sbandierava il pericolo slavo comunista come male assoluto che minacciava i nostri confini. Allora mi sono chiesto cosa sta succedendo: dovevo essere contento della fine di uno stupido tabù oppure gatta ci cova? Purtroppo credo che questa improvvisa concessione sia solo un trucchetto per adescare qualche pollo in più, una concessione e basta, appunto. Ritengo che nessuna persona sana di mente possa ragionevolmente credere all’effettiva possibilità della creazione ex novo di un territorio libero a cui do più o meno le stesse chances dell’anarchia comunista internazionale realizzata, ci saranno molti in buona fede, questo non lo metto in dubbio, ma sulla buona fede di chi è ai vertici di questo movimento, beh, più di qualche dubbio ce l’ho. Leggendo poi gli interventi rabbiosi comparsi su questo blog, i dubbi sono cresciuti in modo esponenziale e condivido la lettura del fenomeno proposta da Tuco nell’articolo che ha dato il via alla discussione. La mia opinione è che questi signori hanno cavalcato un’onda favorevole creandosi il loro partitino per tirar su qualche soldo che di questi tempi non si sa mai, e mi dispiace vedere quanti miei concittadini si lasciano infinocchiare dall’ennesimo falso movimento, tra l’altro Trieste è molto piccola e di su o di giù ci si conosce quasi tutti, soprattutto nella fascia d’età tra i trenta e i quarant’anni e tra i simpatizzanti del movimento ho visto dei personaggi francamente impresentabili, ma magari queste sono opinioni mie personali che lasciano il tempo che trovano, per carità. In ogni caso, accusare Wu Ming di essere al soldo dei servizi segreti o, peggio, del PD, è davvero esilarante e la dice lunga sugli argomenti che gli indipendentisti alla busara hanno per rispondere alle legittime domande che gli vengono poste. A scanso di equivoci vorrei sottolineare che sono nato e vivo a Trieste da più di quarant’anni e che la mia famiglia si è stabilita qui nei primi del novecento, quindi credo di avere qualche titolo per poter parlare della città in cui vivo.

    • “Ritengo che nessuna persona sana di mente possa ragionevolmente credere all’effettiva possibilità della creazione ex novo di un territorio libero”

      Non dev’essere creato ex-novo: già esiste.
      È solamente amministrato (male e con procedure illegali) da un governo di un altro paese.
      Vedesi: http://www.triestelibera.org/it/documenti/

      “La mia opinione è che questi signori hanno cavalcato un’onda favorevole creandosi il loro partitino per tirar su qualche soldo”

      No, aspetta, sei sicuro di quanto affermi? Fra noi ci sono molti disoccupati o sotto-occupati, e tutto quello che abbiamo ricevuto, come donazioni o da altre entrate, è stato re-investito per far crescere il movimento.
      Quando dobbiamo fare delle spese, le facciamo sempre al minimo possibile.
      Quando dobbiamo spendere, ci diamo da fare per ottenere il massimo con il minimo della spesa possibile.

      Questo come RISPETTO alle migliaia di cittadini che ci supportano.
      Sai com’è: sentirci dire così dal nulla che un movimento del genere è nato per arricchirsi, da’ un po’ fastidio, a chi si va un c… così per portarlo avanti ogni giorno (e siamo parecchi)…

      “accusare Wu Ming di essere al soldo dei servizi segreti o, peggio, del PD, è davvero esilarante”

      Se non lo sono loro, lo è chi ha firmato l’articolo. Se non lo è chi ha firmato l’articolo, lo è chi lo ha scritto. Se non lo è nessuno di questi, trattasi di utili idioti, perché dare contro a noi con questi pretesti equivale a rafforzare sia gli “italianissimi” che il PD nostrano dalle mille careghe.

      In ogni caso, se si fosse stati onesti, sarebbe bastato chiedere a noi, magari con un’intervista, prima di pubblicare certe castronerie.

      Se (come pare) si tratta invece di malafede alla luce del sole, però, questa va inquadrata cme parte di strategie della delegittimazione (ed isolamento di chi è scomodo) vecchie come l’Italia stessa.
      Peccato che buona parte dei triestini abbia la pellaccia dura, a riguardo, e non ci caschi più con tanta facilità.

      • “Se non lo sono loro, lo è chi ha firmato l’articolo. Se non lo è chi ha firmato l’articolo, lo è chi lo ha scritto. Se non lo è nessuno di questi, trattasi di utili idioti, perché dare contro a noi con questi pretesti equivale a rafforzare sia gli “italianissimi” che il PD nostrano dalle mille careghe.”

        Insomma: o con voi o contro di voi (in malafede, of course). Che qualcuno la pensi diversamente, si ponga delle domande, sollevi dubbi, non è nell’orizzonte delle possibilità.
        Interessante. Mica una cosa nuova, eh…

  24. No dai, questa non posso lasciarla correre. Leggo nel thread in corso su fb:

    Trieste Libera: “(…) Costoro sono a conoscenza di fatti del tutto marginali, a cui poi loro, da romanzieri, appunto, costruiscono attorno tesi demenziali; chi ha riferito a wu ming che il Signor Gabriele De Pieri (ex leader del governo nazionale veneto) aveva – A NOSTRA TOTALE INSAPUTA – eletto a domicilio della “Cooperativa San Marco” (e non di un “governo in esilio”) la nostra ex sede di via Udine?
    Noi l’avevamo saputo solo dalla corrispondenza che giungeva presso il nostro indirizzo, a nome di questa cooperativa, ed avevamo avvisato immediatamente le camere di commercio di Trieste e di Treviso della non – esistenza di questa cooperativa presso la ns. sede e, contemporaneamente, avevamo diffidato per iscritto le persone nominate sulla loro visura camerale dal rifare una simile puttanata … chi l’ha detto a wu ming?”

    ma date un’occhiata qua: http://www.governonasionaeveneto.org/web/vec/

    in fondo alla pagina c’è scritto:

    Governo Nasionae Veneto in exilio, Via Udine (Belvedere) 2 – 34132 Trieste – Territorio Libero di Trieste

    Ecco, tanto per dare l’idea del livello di paranoia di ‘sta gente.

    • SVEGLIAAA!!!1!&!! Lo sanno tutti che la cellula wuming per scambiare informazioni con l’esterno utilizza una flotta di piccioni viaggiatori. E’ ampiamente spiegato nella loro opera divugativa “54”

  25. Sono Paolo G. Parovel, giornalista investigativo e direttore de la Voce di Trieste, citato da “Tuco” nella sua analisi che ha dato origine al dibattito. Rispondo perciò direttamente quella, ed alle sue integrazioni, senza tenere conto degli altri commenti più o meno condivisibili.

    Trovo professionalmente interessante l’analisi di “Tuco”, che è evidentemente costruita con intelligenza per convincere la gente di sinistra (a quella di destra ci stanno pensando altri, ed in forme più viscerali).

    E mi sembra significativo che l’analisi venga proposta sotto pseudonimo quando non pare vi siano seri motivi per non identificarsi pubblicamente con nome e cognome.

    Nello scritto mi sembrano inoltre evidenti quattro aspetti professionali classici.

    Il primo è una capacità insolita di analisi ed esposizione, con un impianto generale serio ed accattivante per quel settore di lettori, in particolare per il riconoscimento deciso delle colpe del nazionalismo in queste terre, e per il vecchio richiamo della foresta alla lotta di classe.

    Il secondo è un parco dati insolitamente ricco di particolari che pochissimi annotano od acquisiscono se non professionalmente.

    Il terzo è l’espediente professionale classico del mescolare alla pari sia cose vere e non vere, sia fonti ed informazioni fuori gerarchia logica e fattuale, saltando con disinvoltura dai valori fondamentali ai pettegolezzi, e viceversa.

    Il quarto è quello di non offrire grossolanamente una tesi netta, sempre facile da contestare, ma una direzione a più opzioni, ognuna delle quali porti a conclusioni negative lettori con livelli logici e sensibilità differenti.

    Alcuni degli equivoci proposti sono un po’rozzi, ma possono funzionare bene con lettori non abbastanza preparati sull’argomenti (la quasi totalità) o meno critici.

    Ad esempio gli equivoci nazionalisti che non sembrano tali: il differenziare italiani e sloveni a Trieste come entità culturali separate senza tenere conto della fascia mista, o differenziare gli sloveni dai ‘cittadini italiani’ come se la cittadinanza fosse etnica.

    Ma ne sono esempio anche gli equivoci che l’anonimo ha scelto di evocare sulla mia persona, come se la mia biografia integrale non fosse accessibile in rete su http://www.lavoceditrieste.net/impressum/paolo-g-parovel/

    Il vero problema di base dell’analisi di “Tuco” è però un’altro, e macroscopico anche se nascosto dalla ridondanza di parole ed argomenti eterogenei, che quella carenza fondamentale riduce a poco più che chiacchiere d’aspetto colto e pensoso.

    Il problema vero è precisamente il fatto che la sua analisi va a considerare impressionisticamente un po’ di tutto, a macedonia di frutta, fuorché quello da cui un analista professionale sa bene di dover partire, e cioè i documenti fondamentali che fissano le tesi di un movimento politico.

    Questo è infatti il primo grado di analisi corretta, dalla quale discendono poi la verifica se, come, quanto e perché gli aspetti concreti del movimento coincidano o meno con quelli dichiarati, ed infine l’analisi delle cause generanti.

    Sempreché i documenti fondamentali esistano e siano accessibili.

    Ma nel caso del Movimento Trieste Libera lo sono, e consistono nel ben noto documento che tutte le parti critiche, dal Governo italiano ai suoi professionisti della comunicazione, sino ai politici più grezzi, tentano in ogni modo di eludere con discorsi a vanvera.

    È l’ “Atto di reclamo e messa in mora” del 18 giugno 2013 che Trieste Libera ha notificato entro luglio a tutte le autorità italiane ed internazionali pertinenti, come base per i previsti ricorsi internazionali.

    Contiene infatti, in sintesi adeguata e semplice da leggere e comprendere, l’intero apparato giuridico ed analitico dello status internazionale di Trieste, dei diritti dei suoi cittadini, dell’adeguamento alla situazione internazionale odierna, degli obblighi del Governo italiano, di quelli dello Stato italiano, delle violazioni, dei diritti della Comunità internazionale, e quant’altro occorre sapere per capire l’intera questione in un paio d’ore di studio non difficile.

    Soltanto partendo da questo atto consolidato ufficiale si possono perciò impostare discussioni serie ed utili sull’argomento.

    Altrimenti non si fa che riproporre e discutere a spirale ignoranze e costruzioni disinformative più o meno ben fatte ed articolate per nascondere proprio quel vuoto fondamentale.

    Come questa stessa analisi dell’anonimo ma professionale “Tuco”, così accuratamente labirintica per far confondere torti e ragioni ad un pubblico impegnato a sinistra.

    E per indurlo così a non approfondire l’argomento perché c’è il rischio, come sta infatti accadendo, che scopra che le tesi del Territorio Libero sono fondate, concrete ed utili per tutti al di là ed al di sopra degli ideologismi vecchi e nuovi che ognuno ha il diritto di coltivare.

    Se volete inserire qui quel documento come base appunto seria di discussione, ditemi a quale mail posso mandarvelo. La mia mail è: nma.anm@gmail@com.

    Grazie a tutti per l’attenzione cortese.

    Paolo G. Parovel

    • Mi permetto solo un appunto, visto che – almeno formalmente – sono un “analista professionale”. Nessuna ricerca seria che tratta di un movimento, partito, associazione, condominio, si basa esclusivamente sui documenti da esso prodotto. I documenti sono importanti ma rappresentano soltanto uno (e quasi mai quello fondamentale) degli elementi a disposizione dell’analista. Che poi provvede a integrarli con – esempi alla rinfusa – interviste degli esponenti, dichiarazioni alla stampa, comportamenti tenuti in occasioni di eventi posizioni assunte in merito a problemi vari, ecc. ecc. Esiste una famosa raccomandazione per gli studiosi di Scienza politica: “distinguete sempre da quello che i partiti dicono e quello che i partiti fanno”.

      • copiaincollo da fb questo commento firmato trieste libera:

        ——–

        Wu Ming (o come cazzo si chiamano): “Mi permetto solo un appunto, visto che – almeno formalmente – sono un “analista professionale”. Nessuna ricerca seria che tratta di un movimento, partito, associazione, condominio, si basa esclusivamente sui documenti da esso prodotto. I documenti sono importanti ma rappresentano soltanto uno (e quasi mai quello fondamentale) degli elementi a disposizione dell’analista. Che poi provvede a integrarli con – esempi alla rinfusa – interviste degli esponenti, dichiarazioni alla stampa, comportamenti tenuti in occasioni di eventi posizioni assunte in merito a problemi vari, ecc. ecc. Esiste una famosa raccomandazione per gli studiosi di Scienza politica: “distinguete sempre da quello che i partiti dicono e quello che i partiti fanno”.
        Un “antagonista analista professionale” che taglia/incolla foto di Globocnik e Haider per raccontare ai suoi simili italiani (radical chik che non hanno mai fatto un cazzo nella loro vita) le ragioni delle differenze storiche e culturali sfocianti nell’indipendentismo di Trieste? Un analista professionale che si appoggia a quattro sfigati non triestini però agenti a Trieste per depistare l’opinione pubblica, esattamente con gli stessi metodi usati per decenni dai fetidi servizi segreti fascisti di Gian Adelio Maletti, Antonio La Bruna, Vito Miceli e Junio Valerio Borghese?

        ——

        • Oltre ad attribuirci le affermazioni (per altro condivisibilissime) di un commentatore sul blog, mi pare che continuino a non centrare il punto. Noi siamo agenti Romulani che devono preparare il terreno per l’invasione di Trieste. Ormai i giochi sono scoperti.

    • L’autore dell’articolo le risponderà sicuramente, ma intanto bisogna che le si faccia notare che il suo intervento non ha dissipato nemmeno uno dei dubbi e dei quesiti sollevati da Tuco. Non entra nel merito, non controargomenta, non confuta alcunché. Cita un documento. Uno solo. Che sarà importante finché si vuole, ma Tuco ha provato a scandagliare la composizione e la provenienza di alcuni aderenti al movimento, a capire quali pulsioni, frustrazioni, prospettive esso vada a cogliere, in quale contesto si inscriva, ecc. E lei risponde dicendo “carta canta”? Tutto qui?
      Come è già stato fatto notare, su questo blog si sta ragionando da parecchio tempo sui movimenti “né di destra né di sinistra”, a partire ovviamente dal più vistoso: il M5S. E ogni volta, invece di contrargomentazioni e controprove, ci sentiamo rispondere così: siete i soliti intellettuali di sinistra in malafede, fate il gioco di questi e quelli, ecc. (però nessuno era ancora arrivato a ipotizzare che fossimo pagati dai servizi segreti, o dal PD…evidentemente non c’è limite allo sprezzo del ridicolo). Mai che ci tocchi un contradditorio nel merito. Uff…

  26. Parovel non risponde ad alcuno dei fatti documentati riportati dall’inchiesta di Tuco, ma accusa Tuco di essere l’ala sinistra di un attacco professionale al neo-indipendentismo triestino, senza portare alcun fatto documentato a supporto di questa tesi.
    Vorrebbe invece reimpostare la discussione sull’Atto di reclamo e messa in mora del 18 giugno 2013 presentato da Trieste Libera. Come dire che dovremmo discutere del berlusconismo a partire da un documento approvato dal consiglio nazionale del PDL. Un’ovvia assurdità.
    Ma, anche volendolo fare, ci si ritrova nel solito pantano opaco di MTL. Quel documento – che ho letto per essere stato pubblicato non mi ricordo dove – è su carta intestata di MTL, ma non è firmato dal suo presidente, Stefano Ferluga. E’firmato da un membro del direttivo, Roberto Giurastante, da Tuco e da molti identificato come il leader effettivo di MTl. Ma MTL ha smentito di avere dei leader.
    Perchè la cosa è rilevante? Perchè in quel documento si sostiene la tesi giuridica, con evidenti riflessi politici, che solo la zona A del TLT, quella italiana, è ancora TLT, mentre per la zona B, quella divisa tra Slovenia e Croazia, viene riconosciuta la sovranità di questi due stati, in quanto ritenuti non successori della Jugoslavia, lo stato che ha firmato il trattato di pace che ha riconosciuto il TLT.
    Il problema è che, su questo punto, i sostenitori di MTL hanno idee diverse, dibattute tra loro anche sul web, e molti ritengono che il TLT debba comprendere sia la zona A che la zona B, senza rinunciarvi riconoscendo la sovranità di Slovenia e Croazia.
    Al di là delle tesi giuridiche i riflessi politici sono notevoli perchè in un caso si scontentano gli esuli istriani provenienti dalla zona B e altri triestini italofoni vicini al movimento e, nell’altro caso, si scontentano gli sloveni vicini al movimento.
    Tentando di capire la posizione di MTL su questa questione strategica, come ha scritto Tuco, si entra nel “porto delle nebbie”. Zona B sì o no?
    Nel documento citato da Parovel si scrive di no. Alla fine della manifestazione del 15 settembre, dov’erano presenti anche i filo-TLT della zona B, è stato detto detto di sì e cioè che il rivendicato TLT arriva fino al Mirna/Quieto e dunque comprende anche la zona B. La stessa posizione sembra esprimere il video di MTL inserito da Tuco.
    La posizione di Parovel a riguardo la sappiamo ed è quella espressa nel documento che egli stesso cita. Ma Parovel dice di non essere neanche iscritto a MTL.
    Quindi il punto è: MTL ritiene che il TLT debba essere quello previsto dal trattato di pace o debba riguardare solo la zona A successivamente assegnata all’Italia.
    Almeno su questo punto strategico riguardante l’estensione del territorio del TLT si può avere una posizione ufficiale di MTL, approvata da un suo organo – direttivo o assemblea – e pubblicata sul sito?

  27. @Paolo Parovel

    Come fatto notare da altri qua sopra, l’ atto di messa in mora è solo uno dei tanti documenti da prendere in considerazione, e nemmeno tra i più importanti. La mia ricerca si basa sulla lettura di centinaia di articoli di giornale, post, discussioni su forum e su altrettante ricerche con google. L’atto di messa in mora cristallizza la posizione del citante (Giurastante) in un dato momento, e non ci dice niente su cosa c’è prima, dopo, intorno. Ma a parte questo, dico in modo chiaro che il “frame” della messa in legalità è proprio quello che volevo evitare, perchè lo ritengo fuorviante. La mia ipotesi di lavoro è stata: diamo per buono che dal punto di vista giuridico abbiano ragione. Occupiamoci di tutto il resto. Si tratta di una scelta non solo tecnica, ma anche politica. Per me, come per molti altri giapsters, la sovranità di uno stato e il modo in cui la esercita su un certo territorio non è un dogma, ma un dato storicamente definito e modificabile. Lo è a Lampedusa, lo è a Susa e lo è a Trieste. Ma proprio perchè non è un dogma, io e molti altri proviamo un fortissimo disagio davanti a rivendicazioni che si basano sull’applicazione di una legge già scritta e solo da applicare. La mia, la nostra idea di processo costituente è molto diversa. Per me, per noi, non è concepibile ad esempio che da un processo costituente siano esclusi a priori coloro che non hanno avi residenti nel TLT alla data del 10 giugno 1940. Se poi leggiamo l’atto di messa in mora, tra le varie richieste troviamo questa: “garantire dovunque possibile la precedenza nei posti di lavoro ai cittadini e residenti del Territorio Libero di Trieste”. Ecco, questa è una proposta politica concreta che è piuttosto difficile etichettare come neutra, né-destra-né-sinistra.

    Detto questo, mi rivolgo al giornalista Parovel e gli rivolgo alcune domande.

    Quando è cominciata tutta questa storia, con Marcus Donato che fonda il COPLT, il giornale il Tuono ha appoggiato e sostenuto questo embrione di movimento indipendentista. Poi c’è stata una rottura, di cui ho trovato traccia in alcuni scambi tra lei e Donato sulle colonne del Tuono (2 ottobre 2010). Siamo ancora nel 2010, quindi ben prima che nasca MTL. La rottura riguardava proprio la questione della zona B. Nella lettera inviata da Donato, quest’ultimo denuncia anche i tentativi di speculazione edilizia in portovecchio. La mia domanda è: perchè nemmeno sul Tuono si è mai parlato di questa storia della Helmproject? Eppure sui volantini del COPLT c’era scritto esplicitamente: “Comitato Porto Libero c/o Helmproject”. Io vorrei capire bene come mai nell’autunno del 2011 il COPLT praticamente scompare, e di lì a poco nasce MTL. Alcune persone di MTL, tra cui Ferluga, provengono dall’ Associazione Cittadini TLT, emanazione del COPLT. Ho capito che c’è stata una rottura. Ma ho capito anche che chi stava in COPLT prima di fondare MTL ha condiviso per un certo periodo i progetti di Donato per Porto Vecchio, quelli che prevedevano alberghi di lusso ecc.. Se lei che ha seguito quelle vicende da vicino potesse aiutarci a illuminare questo cono d’ombra, penso sarebbe utile per tutti.

    Un’ altra domanda a cui sarebbe interessante ricevere qualche risposta è: che rapporti ci sono tra MTL e Nigel Farage dell’ UKIP?

    E un’altra ancora: per quali motivi l’avvocato Longo è stato sospeso dall’ordine degli avvocati nel marzo di quest’anno? Si tratta di questioni legate al TLT, come par di capire dal post su fb che ho linkato sopra? Se sì, quali? Se no, quali? E sempre se no, perchè si è fatto intendere che sì?

    La ringrazio per l’intervento e per le risposte che eventualmente mi/ci vorrà dare.

    • p.s. Come ho già scritto precedentemente, questo articolo si inserisce in una riflessione più genereale che qua su giap stiamo facendo da circa un anno sulla natura dei movimenti né-destra-né-sinistra che stanno spuntando un po’ dappertutto. Non solo. In questi mesi qua su giap abbiamo discusso di miti, di rimozioni storiche, di “Venezia Giulia” e del ruolo che il discorso sulla “Venezia Giulia” ha avuto nella ridefinizione in chiave imperialista della politica italiana a partire dagli anni dieci del Novecento. La vicenda del neo-indipendentismo triestino è molto interessante perchè riguarda il rimosso, ciò che la costruzione mitologica sull’italianità di Trieste ha tentato di cancellare, e che ora riemerge a sua volta sotto forma di mito.

  28. Attenzione, qui chiudiamo i commenti, la discussione prosegue qui.

  29. […] una settimana fa abbiamo pubblicato un lungo articolo di inchiesta sul neoindipendentismo triestino. Non solo sull’organizzazione che afferma di rappresentarlo in toto, il Movimento Trieste […]