Verso il novantesimo anniversario della marcia su Roma

Emilio Lussu«Nella confusione, uno dei dimostranti più infuriati trovò il modo di portarmi via il portafogli che conteneva qualche migliaio di lire. Me ne accorsi subito e indicai il ladro. Ma i più frenetici s’interposero e inscenarono una dimostrazione clamorosa:
– A chi l’Italia? – domandarono i corifei.
– A noi! – rispondeva la turba.
Vanamente io mi adoperai a dimostrare che non si trattava dell’Italia ma del mio portafogli. Le mie proteste non furono prese in considerazione neppure dal capo della polizia che mi rispose con una esclamazione: – Incidenti della politica.
Mentre io mi allontanavo, la voce di un oratore fascista rintronava nella piazza: “I valori morali…” »

Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, 1933.

Questo libro non invecchierà mai.

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34 commenti su “Verso il novantesimo anniversario della marcia su Roma

  1. http://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_del_No

    e perchè non festeggiare questo giorno con un bel presidio?

    • Il problema è che Metaxas, il primo ministro greco che respinse al mittente l’ultimatum di Mussolini, è tutt’altro che un uomo da celebrare. Il suo regime imitò volentieri lo “stato corporativo” fascista, bandì i partiti politici, proibì gli scioperi, censurò la stampa, bruciò libri, si dedicò a uno spietato anti-comunismo. A me riesce difficile distinguere quel “No” dal losco figuro che l’ha pronunciato.

      • Hai ragione su Metaxas; però tieni presente che questo No ha dato la stura ad una delle più belle esperienze di resistenza e di autogoverno della storia moderna, non solo greca. Concordo con te che non è facile scindere le due cose, ma bisognerebbe anche essere in grado di cogliere quello che resta di buono

  2. Marcia su Roma e dintorni, di Emilio Lussu, è semplicemente un capolavoro di lucida ironia: un testo intriso di eroismo e profonda consapevolezza.

    Il 28 ottobre 1922 l’Italia è in stato d’assedio. L’esercito controlla ogni punto strategico. A Milano, Mussolini è in stato d’arresto. Le colonne fasciste albergano lontane dalla capitale, senz’armi né viveri. Eppure il Parlamento è debole, alla guida del Governo c’è una banderuola. Il primo ministro va dal re. Vittorio Emanuele III si rifiuta di controfirmare lo stato d’assedio. Luigi Facta si dimette. Benito sale su un treno e diventa il Duce.

    Questo libro dovrebbe essere un testo di riferimento in ogni scuola media, in ogni liceo: credo che finché continueremo a rimuoverlo, insieme ai fatti, correremo sempre il rischio di ricascarci.

    Per chi vuole rileggerlo in chiave social, ho costruito questa board su Pinterest:

    http://pinterest.com/torinoanni10/e-lussu-marcia-su-roma/

    Per il 28 ottobre 2012, invece, l’ho ricomposto in un racconto di 64 tweet, che pubblicherò dalle 7 alle 23, utilizzando l’hashtag #MarciaSuRoma.

    Ancora non so quanto la circolarità di Twitter si presti a ricostruire la sequenza dei fatti – si rischia l’equivoco – ma credo che questa storia meriti di essere raccontata: mi pare un dovere civico. Cosa ne pensate?

    Hassan Bogdan Pautàs
    http://www.torinoanni10.com

    • Bè, mi sembra una bella operazione… Lussu meriterebbe di essere citato più spesso in riferimento a quegli anni, Marcia su Roma e dintorni è anche a mio avviso un testo imprescindibile, farlo circolare il più possibile, invogliare chi non lo conoscesse alla lettura mi sembra di per sé già meritevole.

      Io – di mio – volentieri faccio circolare il board. Per quanto riguarda la sponda twitter magari potresti usare direttamente l’hashtag #MarciaSuRomaeDintorni giusto per essere chiari ;)
      (ma mi rendo conto che quei 9 caratteri in più potrebbero rivelarsi un problema)

      Emilio Lussu è per me un punto fermo nell’universo antifascista…

      • Immagino non sia un caso se ti firmi Mr. Mills ;-)

        • Ebbene si, per pudore non l’ho esplicitato ma ben lieto che sia stato colto… ;)

          Spieghiamolo a sto punto: Mr Mill – senza “s” finale, nel mio nick c’era e poi l’ho tolta – era il nome in codice, il nome di battaglia, con cui Lussu era conosciuto dagli organizzatori della resistenza in esilio, prima in Francia e poi via via in giro per l’Europa.

          Io scoprii questo particolare leggendo un libro intervista a Joyce Lussu – “Joyce Lussu. Una vita contro” di Silvia Ballestra – che consiglio come pochi libri consiglierei… Joyce – che un pò mi scoccia di dover nominare così qui, associata al marito Emilio, ma non voglio perdere l’occasione, e poi fu lei che volle acquisire il cognome Lussu, rivendicando questa scelta – è stata, per quanto spesso oggi dimenticata, una protagonista della Resistenza europea e italiana… e dopo la guerra – qui cade a pennello visto il lavoro su colonialismo e post-colonialismo che i Wu Ming stanno portando avanti – viaggiò in Africa, Turchia, Kurdistan, nord ed est Europa e tradusse poi poesie di autori di questi paesi quali “documentazione dei popoli nuovi”, spiegando in “Tradurre poesia” (1967) – dove raccolse queste stesse poesie – che nel permettere alle parole di viaggiare sentiva di portare avanti anche i valori della Resistenza.

          • @mrmill, Intanto ho escluso a priori di usare Facebook, perché è evidente che lì i fraintendimenti sarebbero molteplici. Su Twitter l’esito è dubbio, – se i tweet sono troppo condensati otturano la timeline di chi legge, se sono diluiti è difficile mettere insieme il capo della storia con la sua coda, – ma vale la pena di provare: ho provato in tutti i modi a pigiare l’hashtag #MarciaSuRomaeDintorni nei tweet, ma poi mi sono arreso; del resto sarebbe un bel paradosso, se solleticato da #MarciaSuRoma un nostalgico si ritrovasse davanti la ‘spada fiammeggiante’ di Giustizia e Libertà ;)

            Su Joyce Lussu, penso anche io che citarla in funzione del marito è quasi farle un torto. E’ Lussu stesso a spiegare – in Diplomazia Clandestina – come di fatto fosse più temeraria di lui: non ho sottomano il testo, ma ricordo che la loro clandestinità fu possibile perché Joyce aveva uno splendido francese, fabbricava documenti falsi e studiava crittografia; memorabile la scena in cui i due vengono arrestati al confine fra Francia e Svizzera e Joyce riesce a prendere per il naso i gendarmi di Vichy. Più che altro, resta il rammarico che le loro biografie siano quasi scomparse dalla memoria collettiva: è così ingenuo domandarsi perché?

            • Se il 90esimo della marcia su Roma farà conoscere vita e opera di Emilio e Joyce Lussu a chi le ignorava, sarà senz’altro servito a qualcosa.
              In “Diplomazia clandestina”, molto bella anche la parte in cui i due vanno in Portogallo presentandosi a tutti come francesi, e constatano che *tutti* i portoghesi con cui parlano odiano l’Italia, parlano male dell’Italia, identificano l’Italia col fascismo e parlano del Duce come di un buffone arci-italiano. Sounds familiar? Lussu commenta (vado a memoria): se ci fossimo presentati come italiani, in quella Lisbona ci saremmo trovati parecchio male…

              • Per esempio io di Joyce Lussu non sapevo praticamente nulla.
                Adesso mi sono preso cinque minuti cinque e sono partito dal basso: wikipedia, tanto per avere una mappa a grande scala e molto superficiale.
                Strano come si aggregano le cose. Tra le prime notizie che ho trovato: il fatto che abbia conseguito la maturità classica da *privatista*, che abbia viaggiato in *Kenya* e in seguito in altre zone in *Africa*, dove si è occupata di *sfruttamento colonialistico*.
                Dovrò assolutamente approfondire, ma intanto non ho potuto fare a meno di stupirmi per come la sua storia incroci *tutte* le vostre tematiche recenti.

            • Io in effetti conoscevo lei per aver letto “Padre, padrone, padreterno”, ma non lui (anche se le opere che avete citato sono nella mia “lista d’attesa” insieme ad altre centinaia di libri da leggere, quindi sicuramente ne avevo già sentito parlare :-))

              • Come scrive qui sopra @VecioBaeordo ha dell’incredibile come la storia di Joyce Lussu incroci le tematiche wuminghiane recenti: per fare un esempio ulteriore, in questi giorni – parallelamente a Timira – sto leggendo Tradurre poesia, è una lettura molto interessante e la storia di Joyce traduttrice è avvincente e piena di episodi molto interessanti. Tutta la prima parte racconta il suo incontro con il poeta turco Nâzım Hikmet (Joyce è stata la sua traduttrice in Italia, pur non conoscendo il turco…), ad un certo punto lei scrive di un poema di Hikmet scritto nel 1935 intitolato “Un giovane abissino in Italia”, dedicato a un giovane etiope fucilato in Italia, che “suscitò un incidente diplomatico con il governo fascista; per cui l’editore turco deve cambiare il titolo in Taranta Babù”. Con quel titolo venne pubblicato in Turchia. Purtroppo la poesia non si trova in rete e io non l’ho letta… chissà che storia vi è dietro questo episodio.

            • Il già citato libro di Silvia Ballestra “Joyce L. una vita contro” è un libro intervista, è veramente emozionante “ascoltare” Joyce anziana parlare a ruota libera della sua vita e di quella di Emilio Lussu. Un aneddoto che mi par di ricordare: una volta finita la guerra, quando Emilio diventò Ministro della Repubblica, lei si rifiutò anche solo di entrare al Ministero in quanto anarchica libertaria.

              Scrisse anche poesie e provò anche a spiegare a cosa servono (può tornare utile ai monogami militanti): http://spazioinwind.libero.it/soloparole/acosaservelapoesia.htm

  3. Di Lussu consiglio anche “Diplomazia clandestina”, uscito per Dalai qualche anno fa.
    Inoltre, consiglio la biografia di Lussu scritta da Giuseppe Fiori, “Il cavaliere dei Rossomori” (Einaudi).
    Di Marcia su Roma e dintorni andrebbero fatti reading in giro per l’Italia, tanto in serata ad hoc quanto in modalità flash-mob. Meritoria l’iniziativa su Twitter di Torino Anni 10.

    • Nel 2008 Gwynplaine ed. ripubblicò di Lussu “Teoria dell’insurrezione” – con una prefazione di Valerio Evangelisti – che pur essendo stato scritto nel 1936 fu pubblicato per la prima volta nel 1950. Scritto nella forma di manuale, Lussu si proponeva di offrire strumenti atti a organizzare e condurre una rivoluzione politica e sociale con lo scopo di abbattere il regime fascista, anticipando quella che sarà l’organizzazione della resistenza armata. Una lettura meno avvincente di “Marcia su Roma e dintorni” ma molto interessante per inquadrare sia il periodo storico che l’antifascismo di Lussu.

      • @Wu Ming 1, quest’estate ho assistito al reading di Wu Ming 4 e Antar Mohamed su Timira – che proprio in questi giorni sto leggendo, – nell’atrio juvarriano del Museo Diffuso della Resistenza, a Torino. Forse dovreste pensare a una lettura pubblica di Lussu per il prossimo 10 giugno, nello stesso posto: le pagine di Marcia su Roma e dintorni che ne raccontano l’assassinio sono altrettanto emozionanti e chiarificatrici. E poi si potreste proiettare Il delitto Matteotti (Florestano Vancini, 1973): http://youtu.be/ypJV6NsFk80 (nello spezzone, al minuto 5:57 Emilio Lussu con gli occhiali tondi sul naso redarguisce Roberto Farinacci). Verremmo in molti ad ascoltarvi: credo ad esempio che @yamunin ne sarebbe molto contento ;)

        @MrMill Teoria dell’insurrezione, così come Il cavaliere dei Rossomori, mi manca ancora; mentre sia in Un anno sull’altipiano sia in Diplomazia clandestina mi hanno sorpresso il modo in cui Lussu sapesse combinare pensiero, azione (e narrazione): la sua idea di organizzare uno sbarco in Sardegna per cominciare da lì la Resistenza al fascismo era praticabile, ma di fatto non trovò seguito anche perché Lussu esplicitò sempre agli inglesi che lui mai si sarebbe prestato a fare l’agente per i loro servizi segreti: spettava agli Italiani decidere del proprio futuro. Che dire? Se penso alla levatura morale dei leader a noi contemporanei tremo.

        • [refuso: “le pagine di Marcia su Roma e dintorni che raccontano l’assassinio DI MATTEOTTI sono altrettanto emozionanti e chiarificatrici.”]

  4. La mia insegnante d’italiano delle scuole medie (ormai molti anni fa) ci fece leggere Un anno sull’altipiano e Marcia su Roma e dintorno come testi di narrativa rispettivamente in II e III media, contribuendo non poco alla mia crescita antifascista e antinazionalista.
    Anni dopo la stessa insegnante mi suggerì di leggere Padre padrone e padreterno…

    • ho avuto la gioia di condividere le tue due letture di Lussu, anche se in età matura, grazie ad una mia grande amica/sorella/Compagna; il mio antifascismo e antinazionalismo erano già maturi e sono state per me due letture veramente spassose, in particolare Un anno sull’ altipiano. Entrabi i testi oltre ad essere dei buoni testi di testimonianza storica e sociale alla portata di tutti, hanno in se una carica di umorismo neanche tanto sottile che, in età adulta appunto, mi hanno restituito un po di sorriso e mi hanno ricordato che tempi grami già ci son stati e non è un caso particolare quello che io e noi tutti ci troviamo a vivere oggi

      • @nik66, credo anche io che la straordinaria capacità di Lussu stia nel narrare ciò che è tragico ridendoci sopra, restituendo al lettore il pieno senso del dramma: penso alla figura del Generale Leone, che in Un anno sull’altipiano mette a rischio la vita dei suoi uomini con ridicola ignoranza. O all’infinita serie di antifascisti di maniera che in Marcia su Roma e dintorni diventano uno dopo l’altro fascisti di rango (ministri, parlamentari, prefetti, ecc.). E’ come se Lussu ci dicesse che per comprendere il trasformismo degli Italiani bisogna adottare una chiave di lettura comica: non toglie l’amaro in bocca – Lussu lo patì sulla sua pelle con le aggressioni fisiche, il confino e la clandestinità, – ma apre la mente e ci restituisce i fatti nella loro interezza.

  5. Prima di leggere il post non conoscevo Emilio e Joyce Lussu, lacuna notevole. Come @VecioBaeordo ho letto le loro pagine su Wikipedia. Seguirò il lavoro di @TorinoAnni10 cercando di dare una mano su Twitter (anche se davvero il rischio della caciara è alto). Le storie da disseppellire, così come quelle da riscoprire e togliere dall’oblio sono molte.
    La lista dei libri da leggere si allunga.
    Giap! resta il mio corso di sopravvivenza on line preferito. Grazie ai padroni di casa e a tutt* voi.

    • Be’, dopo una maratona di sedici ore attaccato a Twitter mi sa che chiederò asilo qui su Giap!

      Comunque direi che nonostante i punti deboli del mezzo ce l’abbiamo fatta; oggi si è parlato (anche) di Emilio Lussu:

      http://storify.com/torinoanni10/marciasuroma-emilio-lussu

      Senza l’aiuto dei padroni di casa‬, di @EinaudiEditore, di @AsinoMorto e di molti altri non ci saremmo riusciti.

      Concordo, la lista dei libri da leggere si allunga.
      E ci divertiremo ;)

  6. […] Alcuni giorni fa, su Giap, Wu Ming 1 ricordava come “di Marcia su Roma e dintorni andrebbero fatti reading in giro per […]

  7. http://video.repubblica.it/edizione/bologna/fascisti-a-predappio-per-i-90-anni-della-marcia-su-roma/109130?video=&ref=HRESS-11

    scusate il candore naïf: vi risulta sia stata da poco abrogata l’apologia di fascismo? in secondo luogo, Predappio è ancora all’interno della giurisdizione dello Stato italiano? non che mi spiaccia l’idea di non poterlo più annoverare nella lista dei comuni italiani, giusto per informazione.
    certi eventi non so se mi suscitino più timore, disgusto o rassegnazione.

  8. Qualcuno ci avrà fatto caso: noi non tiriamo mai in ballo il reato di “apologia di fascismo”. Comprendiamo chi invoca il rispetto di quell’articolo del codice penale, e di certo non ci stracciamo le vesti quando i fascisti si prendono quella denuncia (che, come nel caso di Affile, può anche avere un valore tattico e comunicativo), però non crediamo che si possa imperniare su questo una strategia efficace e di lungo corso.
    Non è chiedendo alle guardie di arrestare Lucignolo che si risolve il problema di un’ideologia da Paese dei balocchi che trasforma gli italiani che abboccano in ciuchi. Tanto più che, sovente, le guardie sono complici dell’industria che vende i ciuchi.
    Una roba così è debole e tutta “difensivista”, e inoltre associa irrimediabilmente l’antifascismo allo statu quo, alle richieste di repressione, di carcere etc. Oltre al fatto che la storia e l’indole di quella legge sono controverse, e se parliamo delle sue epigone più recenti, come la legge Mancino, la questione è ancora più sfuggente.
    Fermo restando che se i fasci usano le denunce in modo tattico, è giusto che se le prendano anche, noi pensiamo che l’offensiva debba essere principalmente su altri piani: contrattacco culturale con ogni mezzo necessario, bonifica degli spazi dove il fascismo prospera. Spiegare in tutti i modi possibili (e magari sperimentando anche quelli oggi ritenuti impossibili) che il fascismo non è nemico dello statu quo, che è un’ideologia servile, che produce solo falsi eventi, che serve ai padroni come diversivo e arma contro le lotte reali, che ci sono precise responsabilità istituzionali nel fatto che l’Italia non ha fatto i conti col fascismo e non li sta facendo coi neofascismi etc.
    Una denuncia può anche andare bene per accendere un riflettore, rompere i coglioni etc. ma gridare continuamente alla repressione del reato di apologia di fascismo è limitato e può essere controproducente.
    So che è una faccenda spinosa e vorrei avere più tempo per articolarla, ma sono giorni difficili. Intanto getto il sasso nello stagno, si esprima anche qualcun altro.

    • Sono d’accordo. Probabilmente, nel momento in cui è stato scritto, quell’articolo aveva un senso diverso, oggi mi pare che la sua funzione più evidente sia permettere ai fascisti di recitare il loro ruolo preferito, facendo la parte delle vittime, di quelli perseguitati dal sistema perchè ‘non conformi’, e via discorrendo.
      Anzi, rispetto a quanto detto da Wu Ming 1 io insisterei molto sull’andarci piano anche nell’uso ‘tattico’, sul valutare bene, caso per caso, se non si finisca per fare loro un favore.
      Anche perchè trovo che invocare la ‘giustizia’ come risolutore di ogni problema sia un errore che in Italia è stato commesso già troppe volte.

      • Nel caso di Affile le denunce al sindaco hanno senso, perché Viri si affanna a dire – contro ogni evidenza – che il sacrario NON è apologia di fascismo, e addirittura nega che Graziani fosse fascista, cosa che non solo è autoevidente ma è stata più volte ribadita con orgoglio dal diretto interessato. La denuncia per apologia di fascismo tira giù questi veli sbrindellati.

        • Si, in questo caso (in generale verso chiunque abbia cariche pubbliche) mi sembra che la via legale sia molto appropriata.

      • Ieri con alcuni amici ci chiedevamo proprio questa cosa. E ho pensato: in fondo, essendo ripresi da Repubblica.tv, hanno raggiunto il loro scopo.
        Non so neanche se evitare di parlare di queste manifestazioni sia una tattica vincente, parlando sul lungo corso. Forse bisognerebbe usare questi servizi in maniera migliore. Le riprese amatoriali fatte danno un’idea stile “raduno dei cacciatori della quaglia balcanica”. La mancanza di un filtro del giornalista impedisce qualsiasi tipo di ragionamento ulteriore, e di contestualizzare. E, penso, creano più danno che altro.

        • ecco, questo è un discorso ulteriore che io trovo interessantissimo, il gioco di sponda involontariamente (si spera) offerto dagli organi di comunicazione in occasione di queste manifestazioni degne -nella forma- di quelle di Fantozzi e Filini.

        • Qui un documentario di Le Monde molto più articolato sulla situazione a Predappio. È piuttosto lungo.

          http://www.lemonde.fr/laducevita/#/prehome

    • Sono molto d’accordo, estenderei anzi il ragionamento anche all’invocare ossessivo della Costituzione in troppi volantini antifascisti.

      Se l’antifascismo è visto come difesa di questa cagata di Repubblica Italiana “nata dalla Resistenza”, questo gioca solo a favore dei fascisti, che da sempre usano a proprio vantaggio la retorica della corruzione e dell’ingiustizia su cui si basa lo Stato italiano post-1945. Ritengo che sia offensivo verso i partigiani, verso gli scioperanti del ’43, verso gli insorti del 25 Aprile e in generale verso chiunque ha lottato per la libertà e per un’Italia diversa, dire che questa porcheria sia figlia legittima di quella lotta.

      Semmai il regime democristiano è nato dal tradimento delle aspirazioni egualitarie e di giustizia della Resistenza – un tradimento attuato con la collaborazione di Togliatti, Stalin & co.

      Detto questo, siccome la Costituzione certe cose le dice e siccome leggi che colpiscono certe forme esteriori del fascismo esistono, non vedo perché non usarle. Ma un conto è usarle come arma tattica, un conto è usarle nella propaganda dei movimenti antifascisti come se fossero argomentazioni decisive.

      Sono abituato a pensare sempre in scala internazionale, e in molti Paesi non esiste alcuna disposizione legale che bandisca il fascismo. Forse negli Stati Uniti non cercheremmo di fermare le attività del Partito Nazista Americano o del Ku Klux Klan solo perché sono legali e costituzionali? Forse in Polonia o nella Repubblica Ceca accetteremmo legislazioni “speculari” che bandiscono la falce e il martello e il marxismo? E se in Italia cambiassero la Costituzione e abolissero quelle leggi, dovremmo sentirci tenuti ad accettare i neofascisti?

      Del resto, se si invoca la legge come argomentazione allora si finisce per dover accettare chi della legge è costituzionalmente garante, cioè la magistratura; la giurisprudenza sull’apologia del fascismo e sulla XII Disposizione Transitoria è variegata e spesso contraddittoria, e rischieremmo di aggrapparci ad un ramo molto fragile.

      Coi fascisti per me valgono anche i colpi bassi, non me ne frega niente delle loro minchiate sul “codice cavalleresco” e sul “combattere da uomini”. Ma i trucchi per incastrarli non devono ostacolare la nostra capacità di fare un ragionamento più ampio per convincere e per creare consapevolezza.

      • Ricordiamoci, e prepariamoci a ribattere, della prossima ventura cagata televisiva di Roberto Benigni, che su Rai 1 il 17 dicembre condurrà il programma “La più bella del mondo”, in riferimento ala costituzione della repubblica italiana.
        Al confronto di questo qua, che riprende una frase ripetuta ossessivamente da Pierluigi Bersani (il quale ha però votato la firma del trattato di Lisbona, che di fatto prevarica anche la nostra “bellissima” costituzione), Crozza sembra un outsider. Benigni è figura, assieme a Bersani, del PCIno divenuto “liberale” e compiutamente borghese (addirittura aristocratico acquisito, nel caso di Benigni). E se da quelle parti si grida “fassisti” e si invoca lo strampalato reato di apologia del fascismo credendo che valga qualcosa, noi non possiamo che vederlo come espediente tattico – come “colpo basso” -, ma si devono pensare ed attuare misure più “offensive”, come sta succedendo in Grecia, dove i fascisti sono sempre più forti e menano; lì, appunto, sono già partite ronde popolari a difesa degli immigrati, obiettivi privilegiati dei fasci.

        Come giustamente argomenti, la fiducia nella magistratura possiamo lasciarla in cantina senza perderci nulla.

  9. mi ero accorto della “lacuna”, e questa circostanza, insieme alla formazione da giurista, mi hanno portato a sottoporre la questione.

    sono d’accordo col fatto che il fascismo non si combatta, perlomeno in maniera efficace, con denunce, sequestri e confische: non tanto perchè in questo modo si creano martiri, ma più che altro perchè, come giustamente osservato da WM1, il ricorso all’apparato repressivo dello Stato (peraltro spesso in combutta con i nostalgici e teste rasate) è una strategia effettivamente difensiva, di rimessa, incapace di formare una coscienza realmente antifascista nel popolo.

    Tuttavia, credo che l’aspetto tattico non debba essere completamente svalutato in favore di quello strategico, per almeno due motivi.
    Primo: le denunce danno la dimensione dell’illegalità di un comportamento, specie in un paese incline al giustizialismo come l’Italia. Finchè si potrà scorrazzare in giro per le città (e i cimiteri e le scuole, vedi Roma in questi stessi giorni) inneggiando al Duce certi della propria immunità, non si creerà mai una consapevolezza -embrionale- dell’esacrabilità del comportamento, secondo me base necessaria per l’edificazione di una coscienza antifascista diffusa (a maggior ragione in un momento in cui le coscienze dei più sono ancora intorpidite per il lungo sonno ed alle prese con problemi avvertiti come ben più “concreti”).
    Secondo: io credo fortemente nell’utilità tattica deterrente delle denunce. Non stiamo parlando -meglio, non parliamo solamente- di giovanotti come quelli della JNR francese, cui accenna il video postato un po’ di tempo fa proprio su Giap, per i quali i procedimenti penali e i trascorsi in carcere erano altrettanti attestati di valore. Nel video si vedono chiaramente vecchi arnesi, pensionati che spolverano la divisa in occasione delle mascherate, ragazzetti quasi imberbi e facce comuni, di operai e liberi professionisti; non manipoli inquadrati di duri e puri, ma perlopiù turisti e simpatizzanti domenicali resi forti dalla certezza della propria impunità: persone che si squaglierebbero come neve al sole di fronte ad una reazione organizzata e ferma dello Stato, che significa stigma pubblico, tempo e sopratutto soldi da buttare nelle cause. Vorrei precisare che non amo le Forze dell’Ordine, per quello che concretamente sono e per quello che astrattamente rappresentano, ma non posso negare che se le avessi viste intervenire in maniera decisa, avrei potuto dirmi soddisfatto; almeno in occasione di questi raduni, per minare le certezze e sfoltire le fila. Una vittoria di Pirro? un successo tattico limitato? Forse; ma sempre di un successo si tratta.