Sul (non) tradurre (più) #Stephenking (o chi per lui) – di Wu Ming 1

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Credo sia giunto il momento di riportare qui su Giap e spiegare al maggior numero possibile di lettori una decisione che finora avevo solo annunciato a spizzichi e bocconi sul gruppo “STEPHEN KING: lettori italiani” di Anobii e in una puntata della trasmissione “Tabula rasa” su Radio Onda Rossa.
Voglio spiegare la decisione, e al tempo stesso “portarla un po’ più in là”, alla sua logica conseguenza.

Nel giugno 2011, in questa discussione tra fan di King, annunciavo che, per mancanza di tempo, avrei risposto “no” alla gentile richiesta di tradurre The Wind Through The Keyhole, sorta di “addendum” al ciclo della Torre Nera. In quell’occasione specificavo:

«Non ho mai chiesto né fantasticato di avere il “monopolio” della traduzione kinghiana. Anche nella mia primissima esternazione al riguardo […] ho detto che mi sarei volentieri dedicato all’esperimento, è un’operazione culturale a cui tengo, ma non ho detto di essere l’unico e perenne traduttore. Non ho un contratto per più titoli, è una cosa che viene discussa libro per libro. Ogni volta mi chiedono, io valuto la possibilità, e in base a quella rispondo sì o no.»

Sempre in quell’occasione, dicevo che “la scelta più logica” e “quella che per prima [veniva] in mente” sarebbe stata affidare la traduzione al veterano Tullio Dobner, “voce” italiana dell’intera saga The Dark Tower.
Mi risulta che Sperling & Kupfer abbia preso proprio quella decisione. Il 9 dicembre scorso la commentavo così:

«Nel giro di pochi mesi, SK avrà parlato con quattro voci italiane:
la mia (22/11/’63) [e il racconto Herman Wouk è ancora vivo apparso su “Internazionale”]
quella di Laura Serra (il racconto Duel, scritto a 4 mani con Joe Hill e incluso nell’Urania Lui è leggenda dedicato a Richard Matheson);
quella [di Giovanni] Arduino (la novella in e-book Miglio 81);
quella di Dobner (The Wind through the Keyhole).
Per me, questa è una situazione eccellente. I “cambi di mano” nel tradurre ravvivano la prosa di un autore, ne illuminano volta per volta aspetti diversi, sfumature particolari etc.»

In questo modo, tra l’altro, ci si avvicina all’Europa, e per una volta lo si fa aumentando i posti di lavoro anziché tagliandoli :-)
In Francia, a partire da It, la maggior parte dei libri di King ha la voce di William Olivier Desmond, ma gli ultimi volumi della Torre Nera li ha tradotti Marie de Prémonville, e altri titoli più o meno recenti (es. From A Buick 8 e The Girl Who Loved Tom Gordon) sono stati affidati a François Lasquin.
In Germania, diversi traduttori lavorano su King: Wulf Bergner è il nome più frequente, ma altri libri sono tradotti da Jürgen Bürger, Christel Wiemken, Peter Robert, Andrea Fischer, e il ciclo della Torre Nera è interamente tradotto da Joachim Körber.

Io ho ancora una missione “kinghiana” da compiere: insieme al contratto per 22/’11/63, a fine 2010 firmai anche quello per una nuova traduzione di On Writing. Non ho una scadenza, non so quando potrò finirla. Anzi, non so quando potrò iniziarla. Ed eccoci arrivati al punto.

Tradurre non mi fa più sentire bene.
In questi dieci-dodici anni le traduzioni mi hanno permesso di arrotondare, e all’inizio mi appassionavano: per uno scrittore possono essere una fantastica “palestra”, un vero e proprio corso di autoformazione. E quando traduci un autore che hai letto e amato per anni, come è stato il caso per Elmore Leonard prima e Stephen King poi, sembra la quadratura del cerchio…
E invece no, perché le traduzioni hanno sottratto tempo agli altri progetti, e la soddisfazione che ricavo dal tradurre non è paragonabile a quella che traggo dallo scrivere romanzi.
E’ “colpa” delle traduzioni se l’ultimo – e finora unico – mio libro solista (New Thing) risale ormai al 2004 e l’idea per un altro romanzo – ambientazione: l’isola di Ventotene nel 1939 – è rimasta nel cassetto.

Solo per tradurre 22/11/’63 di King ho travagliato dieci mesi, cioè quasi tutto il 2011.
Diciamolo pure: mi ci sono impantanato, anche perché non sono uno che “tira via”.
L’impantanamento del 2011 ha contribuito a rallentare  il lavoro sul nuovo romanzo di gruppo e le ricerche per il libro che sto scrivendo insieme al comandante Cienfuegos. Due progetti che mi appassionano mille volte più della traduzione più affascinante che chiunque possa affidarmi.

Al tempo che ho impiegato a tradurre, va aggiunto quello dedicato all’interazione coi lettori.
Sia per Notte buia, niente stelle sia per 22/’11/63, ho aperto e cercato di gestirmi al meglio uno spazio su Anobii in cui rispondere a tutte le critiche (anche alle più speciose), ai dubbi e perplessità, sovente pure agli attacchi. E’ la politica di Wu Ming: verifica pubblica del nostro lavoro, assemblea permanente con la “repubblica democratica dei lettori”.
[Nel complesso, il confronto è andato bene, considerato che due anni fa, il mero annuncio che avrei tradotto Notte buia, niente stelle suscitò raffiche di insulti, fu accolto da una serie di piccole provocazioni e diede il via a un “trollaggio” che in certi anfratti del web tuttora prosegue, seppure a braci umide.
Devo ringraziare, davvero, le persone che animano il summenzionato gruppo di discussione su Anobii, nato proprio per consentire una discussione civile dopo le pessime esibizioni viste altrove.]

Anche gli altri membri del collettivo Wu Ming, nello stesso lasso di tempo, hanno portato avanti attività di vario genere (dai corsi all’università all’insegnamento di arti marziali e yoga, passando per i reading musicati e il lavoro critico su Tolkien, per non dire della militanza culturale su Giap e in rete), ma io sono quello che ne esce con più senso di alienazione e gioco-che-non-vale-la-candela. Forse mi sono speso troppo, anzi: ne sono sicuro.

In somma e ragion per cui:
non solo il Sottoscritto non diventerà “il traduttore di Stephen King”, ma dalla fase appena trascorsa la sua attività di traduttore esce drasticamente ridimensionata, se non proprio azzerata.
Magari nei prossimi anni tradurrò, occasionalmente, un racconto, qualcosa di breve… Ma non più di questo.

Di questi tempi – “con ‘sti chiari di luna”, come suol dirsi – non è facile rinunciare a una fonte di reddito sicura. Come tantissimi, ho una famiglia, un mutuo da pagare… Ma ho fiducia che il tempo liberato e le energie meglio utilizzate si tradurranno in progetti più coinvolgenti, appaganti e remunerativi… a partire da quelli già avviati, ai quali potrò dedicarmi con meno peso sulle spalle.

Ecco qui.
Chi vuole, può anche commentare: “E ‘sti cazzi?”
Io sono contento, perché ho sputato gli ultimi pezzi di rospo.
Grazie dell’attenzione.

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33 commenti su “Sul (non) tradurre (più) #Stephenking (o chi per lui) – di Wu Ming 1

  1. Da affezionato lettore sia di Stepehen King che dei Wu Ming, la contaminazione fra i due elementi mi piaceva assai. Ma la scelta di separare il connubio non solo è legittima (siamo ancora in democrazia, mi dicono, quindi si è liberi di fare ciò che si crede meglio): è comprensibile.

    Capisco benissimo che le traduzioni possano diventare un gorgo assorbi-energie tanto quanto la scrittura di un libro, se fatte con coscienza. Poi credo che una ampia fetta di traduttori italiani non le faccia con coscienza ma alla valàchevaibene, ma questa è un’altra storia.

    Per “On writing”, buon lavoro. Non conosco l’altra traduzione italiana, il testo originale è solo apparentemente facile… :-)

  2. bè, WM1, trovo la tua decisione molto politica, e anche “in atmosfera” con la posizione del collettivo rispetto a twitter…
    Il rischio di questi tempi qua è quello di dire sempre di sì, “tanto poi un modo si trova”: e si affastellano gli impegni, ci si deve relazionare con sempre più persone. Ma le energie quelle sono: possiamo consumarle, darle, usarle, ma da qualche parte si devono pur ricaricare! E hanno bisogno di respiro, le energie, di battere e levare, di un ritmo interno lento e cadenzato.
    Sono convinta anch’io che qualche “no” ben mirato (e non capriccioso) libera energie per progetti più appaganti… :-)!

  3. In passato mi era capitato di leggere SK solo distrattamente spesso lasciando i libri a metà…
    Poi, sarà che è capitato in un momento spazio/temporale più felice, mi sono appassionato a 22/11’63 e ora sono pronto per riprendere in mano IT; questo solo per dire che la tua esperienza come traduttore per me è stata fonte di immenso piacere.
    Capisco che tenere il piede in troppe scarpe sia, alla lunga, estenuante.
    Vorrà dire che ne beneficerranno gli altri progetti con altrettanto mio immenso piacere.

  4. Se devo scegliere tra vedere tradotti i romanzi di King da una grande penna, oppure vedere più libri del gruppo o del solo Wu Ming 1, preferisco di sicura la seconda ipotesi…
    Certo sapere che anche persone talentose come Wu Ming 1 possano essere attratti da una fonte di reddito sicuro mi mette tristezza, chi ha talento deve avere la libertà di lasciarlo sfogare in ogni sua forma. Tra le libertà includo anche quella economica.
    Per quanto riguarda me io acquisto sempre i libri nonostante siano disponibili in modo gratuito (anche per vie traverse), cercando sconti ed edizioni economiche a salvaguardia della mia libertà economica…

    Wu Ming 1… tutto questo bisogno di tradurre On Writing io non lo sento, ma sento tanto il bisogno del nuovo romanzo del collettivo ;-) … buon lavoro!

    Un fedele lettore Kinghiano.

  5. @ wfm83

    consòlati :-) Negli anni, sono stati molti di più i lavori che ho/abbiamo rifiutato di quelli che ho/abbiamo accettato. Non abbiamo mai fatto qualcosa solo per sbarcare il lunario… anche se sbarcarlo bisognava e bisogna. Se una proposta non sembrava darci l’opportunità per portare avanti le nostre prassi, se ci sembrava tradire il nostro stile, se sembrava non aggiungere un nuovo mattoncino al progetto comune, noi l’abbiamo rifiutata, anche quando ce l’avrebbero pagata bene.
    Traducendo King, io credo di aver fatto un lavoro coerente col progetto comune. Altrimenti non l’avrei fatto. Più o meno in simultanea, io e WM4 abbiamo lavorato su due dei grandi narratori fantastici, io su King, lui su Tolkien. Ma, come dicevo sopra, la “medaglia” ha un rovescio che mi è sempre più difficile gestire, e per liberarmi del rovescio, mi libero pure della medaglia. Amen.

    • Ah, poi io non lo so se sono “una grande penna” oppure no, in ogni caso non sta a me dirlo e neanche pensarlo. Però so che la penna, in futuro, voglio usarla per scrivere romanzi, “oggetti narrativi”, insomma, quella roba lì, da solo e con la band. Voglio seguire le storie che mi intrigano, essere il più possibile libero di raccontarle.

  6. Il rovescio della medaglia c’è anche per il lettore, per me fai la scelta giusta… di certo non puoi dividerti in due.

  7. Per quel poco che vale la mia opinione:
    Ho sentito WM1 in un podcast a Fahrenheit parlare di traduzione, e ne sono rimasto affascinato.
    In particolare, mi ha fatto venire voglia di leggere Elmore Leonard nelle due traduzioni, quella di WM1 e quella “vecchia”, per fare i confronti.

    Quando ho letto su Giap che si era cimentato nella traduzione di 22/’11/63 mi sono buttato a leggerlo, interessato molto più al traduttore che al tradotto.
    Ho trovato 22/’11/63 una cagata pazzesca, avrà anche mestiere SK ma secondo me lo usa parecchio male: sarà che ho una mente scientifica e ho letto con sommo piacere tutto Asimov, ma uno che tratta in modo così cialtronesco le implicazioni / contraddizioni logiche dei viaggi nel tempo merita solamente l’oblio.
    In particolare quella frase del menga, “ma chi vuoi che vada ad ammazzare il sé stesso più giovane”, ma imbecille, ti potrebbe capitare di ammazzarlo per sbaglio, il tuo io + giovane, e se sei un romanziere devi pensarci ad affrontare la questione, altrimenti sei un cialtrone.
    Non me ne frega 1 cazzo se il tipo è bravo a creare atmosfere, voglio 1 minimo di coerenza logica anche in un’opera letteraria (oppure un’incoerenza ben pensata) , altrimenti tanto vale leggersi Rosemary Altea.

    E comunque complimenti a WM1 per la sua parte, non ho trovato nessun refuso logico di quelli che di solito si trovano causati da traduzioni “buttate via”

    • Le mie riserve su 22/11/’63 sono di altro genere, pertengono più al regno del poetico/politico che a quello della tenuta logica “asimoviana”. Le ho espresse nella discussione qui:
      http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=5856

    • So che siamo un filo OT ma, per quanto spietato nelle parole, Roberto Danzo centra un punto su cui nessuno si è soffermato abbastanza, cioè la faciloneria con cui il tema del viaggiare nel tempo viene affrontata nel romanzo di King. Che, per il resto, mi è pure piaciuto.
      Ma direi che l’assenza di una “incoerenza ben pensata”, che rappresenta spesso l’ingranaggio della SF utile a chi si rende conto di toccare temi scivolosi, evitando così di scivolare, ha il suo peso.

      Per quanto riguarda la scelta di WM1 dico solo che la sua scelta di tradurre un autore contribuisce a farlo riscoprire (io, ad esempio, non leggevo King da 15 anni almeno). E questo aspetto, insiema alla palestra che il lavoro di traduzione rappresenta per la sua arte, non è mai da sottovalutare.

      Chi conosce il lavoro culturale dei WM (basterebbe aver solo letto Q per farsene un’idea molto chiara) vede, dietro una traduzione, una scelta che va molto oltre la necessità di sbarcare il lunario, o di affrontare un autore che si è amato. Senza nulla togliere alla verità dei due aspetti.
      Ed è questa probabilmente, dalla prospettiva della Repubblica del Lettori, la questione centrale. Vedere il nome di un traduttore di pensiero, oltre che di scrittura, sulla copertina di un romanzo, è uno splendido monito a non trascurare l’importanza del saper leggere.
      Per questo, chiudere la parentesi con On Writing è una coincidenza che, da sola, varrà il prezzo del biglietto.

      m.

    • sarà che non ho una mente scientifica ma mentre leggevo ero talmente preso dalla vicenda che non ho proprio pensato a queste questioni..oddio magari mi ha pure attraversato il dubbio “e se incontrasse se stesso bambino e/o i suoi genitori giovani?” ma devo averlo risolto con un “chi se ne frega, goditi la storia”…non so se sia un pregio ma io mi affido al narratore, mi affido alla storia, e se è Stephen King a raccontare mi ci tuffo e anche stavolta non sono rimasto deluso

      • c’è anche da dire che forse per quel che ricordo nel ’63 Jake non era ancora nato quindi che incontrasse se stesso era improbabile..e comunque chissene. Ora mi taccio

  8. @WM1
    proprio perché so che non tiri via, devo fare due domande, che hanno ottime possibilità di risultare stupide, sul titolo:
    1) perché l’hashtag #stephenking ?
    2) L'”(o chi per lui)” è un’ironia sulle teorie, sempre più scatenate (mi pare), di “negri” al servizio del Re?

    Una cosa a lato. A me ha sempre affascinato molto il modo in cui le opere di King (e altri autori molto venduti) escono in contemporanea alla versione originale in vari paesi e lingue. Ho anche immaginato che ai traduttori vengano date parti dell’opera non ancora conclusa. In generale mi piacerebbe molto conoscere il flusso di lavoro di una traduzione di King o altro scrittore di best-seller mondiali.
    Un saluto e spero presto di sentirti\leggerti solista oltre che in band (anche in duo con Cienfuegos va bene, ovviamente).

    • @jumpinshark: se non l’hai ancora fatto, ti consiglio a proposito della “cosa a lato”, di ascoltarti questa bella intervista a WM1, dove parla anche del flusso di lavoro nella traduzione di King:

      http://www.ondarossa.info/node/5114/Wu%20Ming%201%20su%20Stephen%20King%20e%20001%20Edizioni

      m.

    • Il titolo è una foresta di significati: non tradurrò più Stephen King e non uso/usiamo più Twitter (da due settimane il nostro profilo non fa che riprodurre il feed dei commenti di Giap), quindi non mi occuperò più nemmeno di… #stephenking. Ma la decisione non riguarda solo King, riguarda proprio le traduzioni in generale, e quindi al nome di SK si può sostituire quello di qualunque altro autore, tanto non tradurrò nemmeno lui.

      SK non ha “negri”, scrive tutto lui. Se avesse dei “negri”, la sua produzione non sarebbe così “deviante” e meravigliosamente diseguale :-)

      Sul flusso della traduzione di/da King: la prassi dell’uscita simultanea in tutto il mondo rende tale flusso ben poco scorrevole. In pratica, a soffrire le conseguenze di questa politica sono traduttori ed editor. Per rispettare i tempi, si inizia a tradurre quando nemmeno King ha ancora una stesura definitiva. Si lavora su un mastodontico, ingestibile scartafaccio di fogli A4, su un testo che King continua a modificare e riscrivere mentre tu lo stai traducendo, così a un certo punto ti arriva una versione nuova, cioè un secondo scartafaccio, e ti ritrovi la casa piena di fogli e ti tocca ricontrollare riga per riga la parte già tradotta per vedere se ci sono aggiunte o tagli (per fortuna ci sono anche gli editor, da solo uno perderebbe il lume della ragione!). Solo se hai culo a un certo punto l’orrido scartafaccio verrà sostituito da una bozza rilegata più o meno definitiva, altrimenti un cazzo, continuerai a fare wrestling coi fogli.

      Nel caso di 22/11/’63, una bozza rilegata non è mai arrivata.

      Lo scartafaccio consisteva in 1200 fogli A4 + 1200. Se ci fai delle barchette di carta, ci riempi l’intera superficie di un laghetto.

      Inoltre, King ha fatto modifiche in extremis, aggiungendo righe e paragrafi poco prima di andare in stampa.

      “Il flusso”, dici?

      Frate’, vattela a pija’ ‘nder culo! :-D

  9. e immagino che anche per te tradurre letteratura che pure ti è ‘necessaria’ non “rubi” solo tempo a scritture altre, ma le parassiti anche, in modi che alla lunga possono diventare troppo complicati da gestire, o malsani, o semplicemente tali che “non permettono (più) di portare avanti le proprie prassi”.
    in questo caso, hai tutto il mio incoraggiamento: taglia, taglia, e scrivi quello che adesso senti che devi scrivere. la traduzione secondo me serve agli scrittori in primo luogo per la propria scrittura (e tanto più quanto più è “non tirata via”, del resto): appena la disturba in modi non (più) fecondi-interessanti, va eliminata.
    se davvero ti senti cosi’ da otto anni, mi chiedo come tu abbia potuto continuare fino adesso. magari è perché sei davvero un buon traduttore.. ;)
    in ogni caso, bon courage, e grazie per il candore e la generosità con cui parli di una cosa cosi’ delicata.

  10. Bel post! Grazie perchè questa è una bella lezione.
    Ci insegnano sempre a stringere i pugni e ad andare avanti, senza renderci conto di aver perduto gli obiettivi più importanti. Me lo ha insegnato la mia maestra non si può solo stringere i pugni, a volte bisogna aprire le mani.

  11. Grazie a te per l’attenzione con cui ci hai sputacchiato gli ultimi pezzi di rospo. :-P
    Non ho mai letto SK, chissà che non comincio ora.

  12. Io sono tornato a leggere King dopo tanti anni (l’ultimo era stato Misery), ma nonostante alcune buone cose (credo in parte ‘made in WM1’) l’ho trovato un libro bruttino, credo sia troppo tarato sulla mentalità USA per avere qualche punto di contatto con cui ‘agganciarmi’
    Daccordissimo con @Klara, una delle priorità è rivalutare il concetto di priorità

  13. L’uovo di Colombo è che Stephen King traduca Wu Ming.

    • o che traduca e rielabori Wu Ming… vi immaginate i traumi infantili del Cardinale Carafa?

  14. Anche se sono soltanto un traduttore editoriale e non porto avanti altri progetti di scrittura di natura professionale, capisco bene come si possa arrivare alla decisione di ridimensionare drasticamente l’attività di traduttore, malgrado “‘sti chiari di luna”. Tradurre aiuta sicuramente ad affinare le proprie capacità di scrittura, oltre a permettere di entrare più a fondo di qualunque altro lettore o critico nei meccanismi di un testo e nel modo di pensare e operare del suo autore. Quando però diventa un’attività che per mesi ti impegna quasi tutti i giorni per lunghissime ore, e specie se lavori su un testo ancora in fieri e soggetto alle più svariate modifiche ma che va tradotto e pubblicato a spron battuto, alla lunga ti spreme, ti logora, ti snerva. Consuma energie (mentali, ma spesso anche fisiche) al più alto livello. Così, a un certo punto diventa pressochè inevitabile fare un punto della situazione e (ri)stabilire delle priorità.
    Massima comprensione, allora, per la decisione presa, e l’augurio che il tempo e le energie così liberati possano rilanciare ai più alti livelli i progetti di scrittura del collettivo e in proprio.

    PS Se può interessare, rimando a un vecchio post sul mio blog che riporta la poesia di Guillaume Collettet “Contre la Traduction” e la versione che ne ha dato di Valerio Magrelli http://is.gd/Cv5htA

    • Mi ci farei una decalcomania sulle chiappe, con la poesia di Colletet, perché è esattamente così che ci si sente, anche se l’intento è caricaturale, c’è un consapevole tono grottesco, perché io, e te, e Colletet ai tempi suoi, e pure Magrelli, sappiamo bene che esistono lavori peggiori, peggiori fin quasi all’incommensurabile, tipo… stare all’altoforno, scendere in miniera, smaltire l’amianto dei treni dismessi, pulire i cessi delle caserme, incatramare le strade, fare la stagione in riviera con le gambe gonfie e i piedi pieni di calli… La “dismisura” della poesia serve anche a questo, a conservare senso della misura :-)

  15. Allora amen, e auguriamoci che le traduzioni letterarie vadano ai tanti traduttori di talento, disoccupati o malpagati, che le “fonti di reddito sicure” se le sognano nonostante abbiano studiato e faticato per questa professione.

    • Mi associo all’augurio, ovviamente.
      Anche perché, davvero, non se ne può più di questi scrittori e poeti che pretendono pure di tradurre altri scrittori e poeti. Quante migliaia di anni deve ancora durare quest’infausta tradizione? ;-)
      P.S. Io comunque facevo le traduzioni già prima di campare come scrittore.

  16. Peccato da un lato (sognavo di vedervi tradurre LoTR), molto meglio dall’altro: sia per @WM1, sia per noi lettori…

  17. In uno dei miei (pochi) racconti, un tale dopo aver passato tutta la notte a scrivere prende i fogli che ha scritto, ne fa barchette e le lascia allontanarsi in mare. Ma una flotta di 2400 barchette del Re è qualcosa di inimmaginabile, o quasi, una roba da oscurare la vista (del lago, almeno): un po’ come Amarcord il passaggio del Rex ;-)

  18. Prima di tutto un saluto a tutti voi. Dopo aver letto in passato “Cuori in Atlantide” di SK, “Q” e “54”, quando il mese scorso mia moglie al telefono mi preannunciava l’uscita del libro “22/11/63”, le chiesi di regalarmelo per Natale, essendo il titolo la mia data di nascita.
    Scartocciando la carta da regalo, la prima cosa che ho notato è stata che la traduzione era di @WM1, e la cosa mi ha fatto aumentare la curiosità.
    Dopo quasi due mesi di lettura (il mio “rate” è di circa mezz’ora al giorno) devo dire che il libro mi piace tantissimo e trovo il testo italiano ben scritto.
    Non è una sviolinatura, anzi è un riconoscimento per l’immenso lavoro che @WM1 ha dovuto affrontare.
    Io rispetto la sua volontà di smettere di tradurre SK, anche perché ho potuto constatare quanto possa essere stato duro trasporre in italiano concetti tipicamente “yankee”.
    Non sono molto d’accordo con @RobertoG, perché “22/11/63” mi sta dando le stesse emozioni di “Cuori in Atlantide”, che se la memoria non m’inganna aveva un salto temporale non male.
    Comunque, @WM1: sei un mito…

  19. beh da semplice lettore poco competente ed egoista penso che la traduzione di SK non valga neanche 5 pagine di 54 e di qualsiasi altro romanzo vostro. E’ come vedere totti che fa’ lo stopper. Comunque mi sono divertito a leggere 22/11/63 ma niente a che vedere con le le gesta de le grand diable o le peripezie del McGuffin. I Apologize per il commento complimentoso e di bassissimo livello ma “sti’ cazzi” di SK meglio Giap e i romanzi vostri.

    PS commento senza tenere in dovuto conto i $$ che ti pagano per tradurre.

  20. A proposito di King, qui:
    http://laramanni.wordpress.com/2012/02/28/se-king-non-entra-in-classifica/
    Lara Manni si chiede: come mai 22/11/’63 non è entrato in classifica? Ovviamente, è una domanda che serve a introdurne altre, anche più rilevanti.

  21. sto per tradurre The wind through the keyhole col traduttore di google.. prima di questo folle gesto mi spieghi perchè non lo fai più tu? e soprattutto…adesso chi lo farà?!

    • “Perché non lo fai più tu?”

      Non è che non lo faccio “più”: non ho proprio mai avuto intenzione di farlo. L’ho sempre detto che non avrei tradotto “The Wind Through The Keyhole” :-)
      Se invece ti riferisci ai motivi per cui non traduco più Stephen King (anzi, che non traduco più e basta), sono quelli spiegati nel post qui sopra. Le traduzioni hanno divorato il mio tempo e mi hanno impedito di mettere in cantiere altri libri solisti dopo “New Thing” (2004). Ora sto scrivendo un libro con un co-autore, scriverlo mi appassiona e avrei potuto già lavorarci a capofitto nel 2011 se non avessi dovuto passare dieci mesi su “22/11/’63”. Alla lunga tradurre mi stava danneggiando come scrittore, e ciò mi è risultato intollerabile. Per cui non traduco più.

      “Adesso chi lo farà?!”

      Anche questo è scritto nel post sopra: lo farà Tullio Dobner, almeno nel caso di “The Wind Trough The Keyhole”. Dopo, ammetto di non averne la più pallida idea. Forse Dobner, boh. Certamente non il Sottoscritto.

  22. Allora la mia attesa nei confronti del tuo lavoro sul libro proveniva da un’informazione finta, una delle tante in cui ci si imbatte navigando e non :)
    Ti chiedo scusa quindi, ma ho letto e riletto 22/11/’63 e sarei stato davvero contento se te ne fossi occupato tu, ma capisco che il dispendio di tempo e energie non è necessariamente direttamente proporzionale all’appagamento professionale. Grazie lo stesso :)