Augusto Masetti, l’uomo che sparò al bersaglio giusto

Vignetta di Giuseppe Scalarini. Clicca per vederne altre.

Il Resto del Carlino lo soprannominò “L’Arabo di Persiceto”, anche se in verità era nato a Sala Bolognese, e a San Giovanni in Persiceto ci si era trasferito solo per fare il muratore. Si chiamava Augusto Masetti, era cittadino italiano, ma per i giornalisti del Carlino doveva essere arabo, per forza, com’erano arabi i nostri nemici di cent’anni fa. Anzi, a voler essere precisi, nel 1911 i nemici dell’Italia non erano proprio arabi, ma turchi, perché lo “scatolone di sabbia” che oggi chiamiamo Libia, allora faceva parte dell’Impero Ottomano. Non a caso, alcuni guerrafondai si dicevano sicuri che gli arabi ci avrebbero accolto a braccia aperte, visto che andavamo a liberarli dal dominio straniero. Si fantasticava di certe lettere scritte dagli sceicchi libici al nostro Governo, per chiedere aiuto contro i despoti turchi. Si diceva che ai tempi dei Romani la Tripolitania era un immenso granaio. Se poi aveva smesso di esserlo, era per colpa dei beduini, che come agricoltori non ci sapevano fare. Pertanto, era compito storico degli italiani tornare laggiù e far rifiorire il deserto. Specie nel cinquantesimo anniversario dell’Unità nazionale, fatale occasione per mostrarsi al mondo forti, uniti e risoluti. Tutte panzane che servirono a giustificare una guerra ingiustificabile, dovuta agli intrallazzi libici del Banco di Roma.

«Nel 1911, l’Italia si annoiava. – scrisse all’epoca Gaetano Salvemini, in un articolo che pare pubblicato ieri: – I partiti democratici erano discesi all’ultimo gradino del pubblico disprezzo. Nessun uomo alle viste, che affidasse di un miglior avvenire. Qualunque cosa era meglio che quella stagnazione universale. Questa “qualunque cosa”, i quotidiani la presentavano nella “conquista della Terra Promessa”: conquista facile, niente costosa, enormemente produttiva, necessarissima all’Italia. E allora, viva la guerra! In poco tempo i giornali furono sopraffatti dall’impazienza isterica dei lettori: chi le diceva più grosse, vendeva copie di più; a furia di dirle l’uno più grosse dell’altro, a mezzo settembre ogni freno alle follie sparì. Ed allora bisognò che il Governo decidesse alla guerra d’un tratto: senza preparazione diplomatica, senza preparazione locale, senza un’immediata preparazione militare.»

Nonostante le bugie della propaganda, non furono pochi gli “arabi” contrari alla guerra: ci furono scioperi, contestazioni, diversi manifestanti uccisi dai carabinieri. Ci furono giornalisti dissidenti, come Gaetano Salvemini e Benito Mussolini, che vent’anni più tardi benedì lo sterminio dei ribelli libici, con impiccagioni di massa e armi chimiche.
Augusto Masetti, richiamato alle armi per combattere in Libia, si ritrovò insieme ai commilitoni nel cortile della caserma Cialdini di Bologna. In un’intervista del 1964,disponibile su YouTube, egli stesso spiega che cosa accadde:

«Eravamo in trecento soldati, schierati in tre fila, e otto ufficiali erano sul palco. Il tenente colonnello Stroppa ci fece la morale, dove disse che tutti abbiamo una famiglia, abbiamo le fidanzate, abbiamo insomma gli amici, ma in questo momento qua non abbiamo altro che la patria, da difendere. E io in quel momento lì misi il fucile sulle spalle di quello davanti e sparai un colpo, e quando tornai a caricare, allora mi saltarono addosso ufficiali e così via. Il tenente Stroppa rimase solo ferito, la palla deviò e andò a colpire un povero diavolo d’un soldato che stava lì vicino.»

Secondo i verbali di allora, pare che l’Arabo di Persiceto abbia urlato (in italiano), «Viva l’anarchia, abbasso l’esercito» e poi ancora «Fratelli, ribellatevi».
Durante le prime indagini, apparve subito chiaro che Masetti era un anarchico antimilitarista, destinato alla pena di morte con una fucilata alla schiena. I giudici però, temendo di trasformarlo in un martire, preferirono sottoporlo a perizia psichiatrica, per farlo dichiarare infermo di mente e quindi rinchiuderlo in manicomio: una pena non prevista nei codici militari.
Nacquero così molti comitati “Pro Masetti”, per chiedere di liberare il muratore emiliano, e dopo qualche anno, di considerarlo rinsavito. Il suo nome fu al centro di molte proteste, anche contro la Prima Guerra Mondiale, finché nel 1919 gli venne dato il permesso di uscire dalla struttura. Si sposò, ebbe tre figli, riprese a vivere.
Nel 1935, quando Mussolini dichiarò guerra all’Etiopia, Augusto Masetti si rifiutò di partecipare alle adunate fasciste e venne condannato al confino per cinque anni, in provincia di Sassari.
Nel 1946 fu di nuovo arrestato, questa volta dai poliziotti della Repubblica: stava incollando dei talloncini di carta su alcuni manifesti di chiamata alle armi, per modificare il senso delle frasi e trasformarle in sberleffi contro l’esercito.
Morì nel marzo 1966, investito dalla motocicletta di un vigile urbano mentre se ne andava in giro in bicicletta per le strade di Imola.
Cinque anni più tardi, nei cinema d’Italia venne proiettato un “filmgiornale” per ricordare la guerra di Libia. La voce fuori campo invitava gli italiani a non vergognarsi per quell’impresa coloniale, e anzi a «guardare con coscienza tranquilla a questa terra Mediterranea che ha visto rinnovarsi, a distanza di mille anni, il prodigio della laboriosa, intelligente, umana operosità della nostra gente».
Brava gente italiana, che andò in casa di libici, eritrei, somali ed etiopi per fare giusto qualche lavoro di ristrutturazione. Voi non sareste grati a un muratore che vi entra in casa con la forza, uccide vostro padre, stupra vostra madre, pretende di farsi servire e in cambio vi dà una mano di bianco alle pareti?
Augusto Masetti, muratore di Persiceto, preferì non lavorare in una simile impresa edile.

Con quest’articolo, apparso nel numero appena uscito in edicola, si conclude la nostra collaborazione mensile alla rivista GQ – Italia. Dopo 24 personaggi maschili avevamo in mente di proseguire con una carrellata al femminile e in un modo o nell’altro, prima o poi, troveremo il modo di farla lo stesso.

Ascolta la canzone Il soldato Masetti
Ascolta la canzone “Il soldato Masetti”
Qui il testo + dettagli sull’esecuzione.

LINK CORRELATI

Tripoli, suol del dolore. Ieri è oggi

Bologna, “percorso libertà”

L’intervista del 1964 ad Augusto Masetti

L. De Marco, Il soldato che disse no alla guerra, Spartaco Edizioni

Scarica questo articolo in formato ebook (ePub o Kindle)Scarica questo articolo in formato ebook (ePub o Kindle)

Print Friendly, PDF & Email

28 commenti su “Augusto Masetti, l’uomo che sparò al bersaglio giusto

  1. Bellissimo pezzo!! Mi piace molto che Masetti il grande gesto lo fece in una caserma intitolata a quella merdaccia del Cialdini ;o)

  2. A partire dal 1861, Enrico Cialdini guidò la repressione del cosiddetto brigantaggio. Nato in provincia di Modena, lo si potrebbe considerare il padre del razzismo leghista emiliano, grazie alla frase:

    Questa è Africa, altro che Italia! I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono latte e miele!

    Nel suo primo anno di attività, e per la sola zona di Napoli, riferì al governo italiano le seguenti cifre:

    8968 fucilati, tra cui 64 preti e 22 frati; 10604 feriti; 7112 prigionieri; 918 case bruciate; 6 paesi interamente arsi

    Le stragi che ordinò a Casalduni e Pontelandolfo sono paragonabili – per vittime, modalità e ferocia – a quelle compiute dai nazisti a Monte Sole, Sant’Anna di Stazzema, Monchio delle Corti…
    Le piazze e le caserme intitolate a costui gridano vendetta… Masetti non si fece pregare.

  3. In due anni di rubrica, siamo riusciti a far passare su una rivista come GQ italianissimi omaggi a compatrioti quali:

    Michael Nothdurfter
    (comunista bolzanino che in Bolivia sequestrò un boss della Coca Cola)

    Bruno Fanciullacci
    (partigiano comunista fiorentino che uccise il filosofo/barone fascista e collaborazionista Giovanni Gentile)

    Gaetano Bresci
    (anarchico pratese che uccise il malvagio Umberto I di Savoia)

    Augusto Masetti
    (anarchico bolognese che sparò al tenente colonnello cavalier Stroppa)

    Uhm…

    …che stessimo cercando di dire qualcosa?!

  4. stavo appunto per notare una cosa simile: le storie che avete raccontato sono fantastiche e oltre a quello c’è il fatto di averle pubblicate su una rivista come GQ… rasenta il sabotaggio ;-)

  5. @ bani

    può darsi che alla lunga se ne siano pure accorti, ma credo che il motivo più terra terra sia legato a problemi di budget: la rubrica costava troppo. Insomma la crisi è arrivata anche nelle riviste patinate. Peccato per la serie femminile…

  6. Davvero peccato sì, credo che sarebbe stato quasi più interessante.. magari ne potreste scrivere per qualcun altro….
    Su Cialdini, se esce il mio romanzo, farò una campagna pazzesca, vorrei davvero fare una mobilitazione comune per comune, chiedendo di sostituire il nome della via..

  7. @Monica
    Vasto programma, in bocca al lupo!
    E non dimenticarti che a Vicenza ci sono una scuola elementare e una strada dedicate a Pier Eleonoro Negri, il colonnello vicentino che materialmente guidò i bersaglieri italiani nella strage di Pontelandolfo.

  8. Ma chi, i bersaglieri brava gente? ;o))

  9. @ Monica Mazzitelli: a Milano ci sono Piazza Cadorna e Viale Mac Mahon…

  10. eheh, un po’ di tempo fa, fine anni novanta, ho vissuto per due due anni a rostock, nella ex ddr. quando sono uscito dalla stazione, ho imboccato rosa luxemburg-strasse, ho preso il tram e sono andato alla foresteria in bertolt brecht-strasse. al corteo del primo maggio ho sfilato lungo la karl marx-strasse… (sono soddisfazioni)

    che io sappia, ad oggi la toponomastica non e’ cambiata.

  11. @tuco: e a Berlino, vicino a Rosa Luxemburg Platz c’è pure Karl Liebknecht-strasse. Che poi si incrocia con Karl Marx Allee…

    @Wu Ming: mi piacerebbe sapere cosa pensa un lettore-tipo di GQ riguardo ai compagni di cui avete narrato le gesta?
    Magari potrebbero esserci delle sorprese (ma non credo).

  12. Anche a Bologna esisteva Via Carlo Liebknecht, detta anche “via Spartaco”. Nei primi anni Venti fu ribattezzata così la centralissima via San Vitale. Il nuovo nome durò pochi anni, poi venne ripristinata la denominazione storica. Molto tempo dopo, in ricordo di quella breve stagione, fu dato il nome di Via Spartaco a una viuzza di periferia, tuttora esistente, proprio fuori porta San Vitale.

  13. @ Clettox,

    in due anni di collaborazione alla rivista, incredibile dictu, non abbiamo MAI ricevuto NESSUN commento. Chessò, la rivista non ci ha mai inoltrato la mail di un lettore, entusiastica, perplessa o piccata che fosse. Nessuno ci ha mai scritto dicendo di averci letti su GQ. Totale assenza di feedback.

    @ Tuco

    mai stato in quella fantastica banlieue di Parigi che si chiama Ivry-sur-Seine, o “il villaggio di Asterix”, come la chiama un compagno che ci vive e ho conosciuto? Dal 1944 a oggi, è stata ininterrottamente amministrata dal Partito Comunista Francese, che alle elezioni prende (ancora oggi) il 51% (e l’intera sinistra supera l’80%). Bene, la toponomastica è molto “bolognese”. Noi qui abbiamo Viale Lenin, via Stalingrado, via Marx, via Gramsci, viale Togliatti, la via Spartaco che ricordava WM2 e decine di vie con nomi di caduti partigiani. Loro hanno:

    Rue Lénine
    Rue Robespierre
    Rue Saint-Just
    Avenue Henri Barbusse
    (è dove stavo ospite io)
    Allée Gagarine
    Rue Marat
    Impasse Proudhon
    Rue Blanqui
    Boulevard de Stalingrad
    Parc Maurice Thorez
    Pont Nelson Mandela
    Place Insurrection d’Aout 1944
    Avenue Jean Jaurès
    e anche loro hanno un sacco di vie con nomi di eroi partigiani, da Marcel Lamant a Gabriel Péri, da Louis Rousseau ai fratelli Blais.
    E le storie che stanno dietro questi ultimi nomi le ho scoperte dopo, incuriosito dalla toponomastica.
    [Un problema della cultura di sinistra italiana è che non abbiamo coltivato la Resistenza in una dimensione europea: anche chi conosce le storie di quella italiana, sa poco di quella francese, di quella jugoslava, di quella greca etc.]

  14. Meraviglioso, il post. (E pure gli altri pezzi, e cazzo, però io adesso rosico, fatela qua la parte “femminile”, almeno!)

    Quanto alla questione toponomastica, non posso non pensare (avendolo vissuto, con annesse lotte, ulcere da incazzatura ecc ecc ecc) all’impasse di inizio decennio qua a Benevento, dell’ex sindaco AN che dichiarava di ascoltare “i discorsi di Mussolini il 25 aprile” (cito pari pari) e che aveva deciso di cambiare Piazza Matteotti in Piazza Santa Sofia.

    Riguardo alla questione Cialdini e vie dedicate, adesso che ci penso, da queste parti (Benevento, ma anche le stesse Casalduni e Pontelandolfo), invece, non c’è manco mezzo vicolo dedicato alle vittime delle stragi o simili.

  15. A Torino sto scoprendo molte strade e vie dedicate a partigiani (che fanno da contr’altare ai nomi dei re, reucci e cortigiani sabaudi), ieri ad esempio ero a lavorare in via Enrico Giachino “Erich”.
    Passo spesso da
    Viale dei partigiani
    Piazza CLN
    via Antonio Gramsci
    C.so Giacomo Matteotti

    (uhmm, mi sa che il lavoretto che avrei voluto fare sulla toponomastica torinese un senso ce l’ha)

    Poi tornare in via Di Nanni è sempre un’emozione.

  16. @ yamunin

    ‘azz, Dante Di Nanni! Chapeau per sempre. Immancabilmente mi commuovo…
    Da ascoltare e riascoltare:
    http://www.youtube.com/watch?v=XXnEMfoXaCU

  17. Anche nella versione dei Gang:
    http://youtu.be/My8TXeI1Dl0

  18. Eh, il paese nel quale sono nato (Irsina) è stato governato ininterrottamente dal PCI dal ’46 al’91 (e dal PSI prima del ventennio fascista). La toponomastica è pressochè tutta dedicata a rivoluzionari e antifascisti.

    Giusto per dire: le scuole materne sono una in via Togliatti, l’altra in piazza Andrea Costa, quella elementare in via Martiri della Resistenza, quella media in corso Di Vittorio, il liceo in piazza Garibaldi. Le vie dalle quali si è letteralmente obbligati a passare sono corso Di Vittorio, corso Canio Musacchio, corso Matteotti. Sono cresciuto in via Salvemini prima e in via Gorky poi. E poi via Lenin, piazza Carlo Marx, via Oscar Romero, via Eugenio Curiel, via Carlo Salinari, via Rasella, via Repubblica dell’Ossola, via Carlo Cafiero… c’è pure un’ortodossa via Gagarin.

  19. a trieste abbiamo via gramsci, via curiel, piazza 25 aprile, via frausin, e altre che non mi vengono in mente. sono cio’ che resta di una breve stagione, negli anni ’70, in cui alcune circoscrizioni furono conquistate dal pci.

    negli ultimi 10 anni sono state fatte scelte oscene, tipo scala grambassi (volontario fascista in spagna), via almerigo grilz (militante di estrema destra e giornalista freelance, morto in afganistan), e altre.

    la piu’ oscena pero’ e’ li’ da 90 anni: via ruggero timeus:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Ruggero_Timeus

  20. in compenso a koper/capodistria c’e’ titov trg, e a nova gorica c’e’ ulica IX korpus :)

  21. ad aquileia: via sacco e vanzetti

  22. @ tuco

    e molto appropriatamente, via Timeus sta in una parte della città costantemente tappezzata di manifesti di Forza Nuova :-P

  23. @Wu Ming 1
    sì conosco la canzone (preferisco la versione dei Gang) e sì mi commuovo anch’io e mi piace pensare che, in non so che modo, continui a girare ancora per la città Dante Di Nanni. :-)

  24. @wm1 “Un problema della cultura di sinistra italiana è che non abbiamo coltivato la Resistenza in una dimensione europea: anche chi conosce le storie di quella italiana, sa poco di quella francese, di quella jugoslava, di quella greca etc.”

    in effetti un modo per “salvare” la resistenza italiana dal revisionismo fascista potrebbe essere proprio quello di considerare la resistenza italiana come parte della resistenza europea. e a sua volta la resistenza europea non dovrebbe essere confinata al periodo ’40-’45, ma includere ad esempio la guerra in spagna etc.

  25. A Savona abbiamo il Lungomare Matteotti che prosegue in via Gramsci, Piazza Martiri della Resistenza, via Andrea Aglietto (partigiano e primo sindaco savonese dopo la liberazione), via dei Partigiani, piazza Martiri della Resistenza e casa mia sta su via Vittime di Brescia.

    Nonostante ciò qua nelle vicinanze c’è il paese d’origine di Antonio Ricci…

  26. @Wu Ming1
    il fatto di non ricevere feedback dai lettori di una rivista non mi stupisce molto, anzi, il contrario sarebbe stato la vera novità. Dipende anche da quanti lettori effettivi ha GQ, immagino almeno 8/10.000, e la loro predisposizione alla scrittura e alla lettura (questa è una cattiveria gratuita, lo so:-). C’è da dire che, le volte in cui mi è capitato fra le mani il cartaceo, i vostri pezzi erano ben in fondo, stipati fra decine di pagine pubblicitarie, un po’ sfuggevoli…

    Sulla toponomastica, pensate che qui a Milano, “grazie” all’intelligenza dell’amministrazione pubblica, abbiamo
    i giardini Montanelli e il parco don Giussani.
    Meglio di Timeus e compagnia cantante elencata da Tuco, ma sempre, beh, storicamente imbarazzante (non mi viene in mente un termine migliore, sorry)

  27. Io ho abitato gran parte della mia vita in via Insorti Bosco Martese, nome che richiama la poco conosciuta ma comunque gloriosa battaglia di Bosco Martese:

    http://www.resistenzateramana.it/Bosco_Martese.html

    Qualcuno l’ha definita la prima battaglia campale della resistenza italiana, ma non so quanto sia vero, voi WM ne sapete qualcosa?

  28. Masetti indirettamente fu la causa, insieme a Antonio Moroni (militare di Napoli condannato alle compagnie di disciplina per i suoi precedenti di sindacalista rivoluzionario) dello scoppio della Settimana rossa (7-14 giugno 1914) ad Ancona. Proprio durante una manifestazione nel capoluogo anconetano, pro Masetti e Moroni, promossa tra gli altri da Malatesta e Nenni, tre ragazzi persero la vita, nel giro di poche ore la città divampò e messa a ferro e fuoco. Una settimana intensa, che fece tremare il parlamento e l’Italia tutta. Poi arrivò l’esercito, Malatesta fuggì, Nenni fu arrestato, iniziò il processo… ma questa è un’altra storia. Grandi ragazzi, magistrali come sempre!