Boicotta Wu Ming

Fritz Lang l'aveva capito subito
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[L’ultima volta che abbiamo riflettuto in pubblico sulla “questione Mondadori” è stata nell’aprile scorso. L’occasione era lo scambio epistolare Saviano – Marina Berlusconi.
Quel post e la discussione in calce sono tuttora il miglior compendio della nostra posizione.
Pensavamo di non aggiungere altro, anche quando la lettera del teologo Mancuso a Repubblica ha riattizzato la querelle. Sono anni che discutiamo, rispondiamo, spieghiamo, e forse la nostra disponibilità a farlo è servita ai colleghi scrittori per evitare di esprimersi. Vadano pure avanti i Wu Ming.
Poi abbiamo ricevuto una telefonata da un “fantasma del passato”: Luca Casarini. Non lo sentivamo dall’ormai lontano 2002. Scazzi pesanti nella fase post-Genova, fine di ogni rapporto politico e personale. All’improvviso si rifà vivo: “Solo per dirvi che ho scritto una cosetta sulla questione Mondadori. Leggetela, se vi va”. L’abbiamo letta, e tocca dire che non è male. E’ pure divertente. Succede anche questo.
Nel frattempo, alcuni lanciavano in rete campagne di boicottaggio, “Mondadori no grazie”, “Convinci un autore ad abbandonare Einaudi” e altre populistiche amenità. La rete, al solito, si riempiva di ciarpame, obiezioni prive di senso, induzioni e deduzioni strampalate. Un sacco di gente ci tirava in ballo a sproposito, contestando affermazioni spacciate per nostre ma inventate ad hoc.
Una pulce è entrata nell’orecchio: ci siamo resi conto che molte nostre osservazioni e risposte erano sepolte in discussioni chilometriche su questo o altri blog, oramai irrintracciabili o quasi. Le abbiamo raccolte, risistemate, ne abbiamo tratto un nuovo testo che integra e aggiorna quello di aprile.
Non ci illudiamo, non sarà la mitologica “volta per tutte”: la volta per tutte non esiste.
Esiste però la “volta per molte”.
Buona lettura.]
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1. Serve a qualcosa porre ossessivamente la stessa questione, come se il problema fosse “farci aprire gli occhi”, “farci ragionare”? E’ tanto difficile rendersi conto che sulla «Questione Mondadori», nodo strategico che riguarda direttamente il nostro lavoro e il nostro stesso esistere, noi abbiamo ragionato, ragioniamo e continueremo a ragionare molto più di qualunque nostro interlocutore? Ed è tanto difficile accettare il fatto che abbiamo tratto conclusioni 1) chiare e 2) diverse da quelle di chi vorrebbe il boicottaggio? Prosegui la lettura ›

In mezzo alla polla sguazzava un pesce rosso

[Nei mesi scorsi può esservi capitato, assistendo a una presentazione di Altai o de Il sentiero degli dei, di trovare un altro tavolo accanto a quello coi nostri libri: il banchetto dei comitati per il referendum sull’acqua pubblica.
I promotori di questa campagna ci hanno chiesto un segnale, una presa di posizione, un contributo di qualche tipo. Ci è venuto il ghiribizzo, pensate un po’, di scrivere un racconto. Un apologo. Una quieta distopia. Pochi giorni fa è stato pubblicato (con un’illustrazione di Fabrizio Cicero) sul sito del Forum italiano dei movimenti per l’acqua, dove è disponibile anche in pdf. Lo riproponiamo ai lettori di Giap. E’ il nostro post ferragostano. Buona lettura, buon termine d’estate.]
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Sul blocco di pane nero c’era stampigliata una data: 4-4-2012. C’era anche un’altra scritta: Bundeswehr. Gli aiuti per le aree D provenivano spesso dalla Germania. C’erano würstel, barattoli di sottaceti, birra analcolica. Persino qualche bottiglia d’acqua da bere.
Forse solo le prugne sciroppate non erano di provenienza tedesca. Winston sorrise tra sé. Forse gli aiuti per le aree D in Germania – dovevano pur essercene – provenivano dall’Italia.
Winston aprì l’ugello di un fornelletto da campeggio e mise sulla fiamma una padella annerita. Tagliò una fetta di margarina rancida, ruppe i gusci di due uova sui bordi della padella, fece cadere chiara e tuorlo sul metallo sfrigolante di grasso vegetale.
Tagliò due fette dell’antico pane di segale, aprì una lattina di birra. Guardò le bottiglie d’acqua: sarebbero bastate per una settimana. Prosegui la lettura ›

A una libreria mai nata

Spedizione ordinaria. 30 chili. 15 euro. Porte girevoli. Il tintinnio degli ultimi spicci e del resto. “Grazie, arrivederci”. Il sole ha disarcionato gli ostacoli ed ora inonda piazza Battisti. Più che normale, per un 3 agosto. Le porte alle Poste si aprono e si chiudono di continuo. Noi il nostro l’abbiamo fatto. Il pacco è stato consegnato all’impiegato. Nel pacco, la Libreria della Plebe. O, meglio, quel che ne rimaneva. Rispedita al mittente, in quel di Rimini. Resa immediata, con disonore. Derivante, quest’ultimo, dal non aver battuto chiodo da mesi. Una settantina di libri. Qualche novità risalente ad aprile, qualche veterano dalla copertina sbiadita, cotta dal sole di decine di banchetti. Feste di partito, sagre, concerti, dibattiti colti. L’irriducibilmente invenduto. I sovversivi del gusto, l’Autobiografia di Duke Ellington, il Rimario della Orecchio acerbo, I piedi per terra della Dromadaire, che ci ha tenuto compagnia per 6 anni. Da quando tutto è cominciato.
Da quei primi pacchi arrivati l’ultimo giorno utile di luglio. A.D. 2004. Prosegui la lettura ›

La notte del Chueco

ovvero: 27 ore nella vita di Juan Manuel Fangio

Juan Manuel Fangio, 1911 - 1995

La Havana, 23 febbraio 1958, h. 20:45. Un uomo distinto, non tanto alto, i capelli tirati indietro sulla fronte spaziosa, percorre il vestibolo dell’Hotel Lincoln in compagnia di due persone. Gli addetti alla reception lo salutano ammirati, l’uomo ricambia con un sorriso e un cenno del capo. Gli ospiti seduti nella hall si voltano a guardarlo, dandosi di gomito. Due stanno un po’ in disparte, si alzano e vanno incontro al terzetto che avanza verso le scale. L’uomo al centro rallenta il passo e li scruta. Reporter? No, niente macchine fotografiche. Ammiratori? Probabile. Ha firmato autografi tutto il giorno, conteso tra fans, puttane in svendita e un attore americano che voleva a ogni costo una foto insieme a lui. Ora brama soltanto la cena in camera e una notte di buon sonno, per affrontare al meglio la gara dell’indomani. Dall’incidente di Monza non ha più commesso l’errore di presentarsi stanco a una partenza. Quella volta aveva guidato tutta la notte da Parigi, arrivando in Brianza appena mezz’ora prima dello start. Risultato: riflessi lenti, una sbandata in curva, la Maserati sale sul terrapieno, si invola, piroetta per aria prima di schiantarsi. Stagione e titolo compromessi. E’ passato del tempo, ma ogni tanto ci pensa ancora: la vita poteva finire quel giorno. Invece eccolo lì, a 47 anni, ancora pronto a infilarsi in un abitacolo e a interrogare con lo sguardo tre ammiratori cubani, in attesa che gli porgano una foto da autografare.
Me desculpe… – dice quello più alto, con la giacca di cuoio. Prosegui la lettura ›